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Tour de France, Rogli� è pronto a sorprendere

Eppure nel momento in cui perde il controllo del suo salto, nella testa di Primož Rogli� qualcosa si blocca. Da quel giorno non riesce più a saltare con la spensieratezza necessaria e smette di vincere. Un altro infortunio al ginocchio, poi, lo costringe a un lungo stop e a una terapia di riabilitazione che lo porta a salire su una bici.

Quegli anni sono i più difficili della sua vita sportiva. Con gli sci ai piedi non riesce più a sentirsi a suo agio, ha perso l’entusiasmo e la grinta per essere di nuovo competitivo. La bici diventa il suo unico conforto e, per questo motivo, nel 2011 lascia gli sci per dedicarsi al ciclismo. Cambiare disciplina a 21 per un atleta è una decisione complicatissima, quasi suicida, soprattutto se si passa ad uno sport così diverso e competitivo come il ciclismo. Abbandonare tutto ciò per cui hai lavorato fino a quel momento e cambiare del tutto carriera ad un’età già avanzata per un’atleta è, per usare un facile gioco di parole, un vero e proprio salto nel buio.

Una nuova vita

Dopo gli inizi da amatore, nel 2012 Rogli� firma per la Adria Mobil, una squadra slovena diretta da Bogdan Fink che, tra le altre cose, è anche l’organizzatore del Giro di Slovenia. Rogli� corre in bicicletta da poco, è inesperto ma ha la mentalità del campione e si mette in mostra fin da subito. La prima vittoria arriva nel 2014, in una tappa del Tour dell’Azerbaijan, quando l’ormai ex-saltatore ha già quasi 25 anni. L’anno successivo vince di nuovo la tappa più dura del Tour dell’Azerbaijan e la classifica generale. Ma è nella corsa di casa, il Giro di Slovenia, che il mondo del ciclismo si accorge davvero di lui.

Alla terza tappa, da Dubrovnik a Trije Kralji, RogliÄ� va via in salita con Mikel Nieve e lo brucia sul traguardo: vince tappa e maglia, che porterà fino alla fine mantenendo i 5â€� di vantaggio dallo spagnolo del Team Sky. Dopo quella vittoria arriva la chiamata della Lotto NL – Jumbo, una squadra olandese che fa parte del circuito del World Tour. È il salto nella Serie A del ciclismo.

In Olanda, Rogli� cresce ancora. Impara innanzitutto ad andare in salita con un rapporto agile, che gli consente di avere un minore tempo di recupero fra una tappa e l’altra. E poi impara ad andare a cronometro, con cui è amore a prima vista. Rogli� sembra essere una persona solitaria, abituata a gareggiare solo per se stessa, a sfidare i suoi limiti cercando l’equilibrio dentro di sé. La cronometro, una specialità in cui il ciclista pedala da solo contro i secondi che passano per chilometri e chilometri, diventa la sua nuova casa.

Nel 2016 partecipa per la prima volta al Giro d’Italia e sorprende tutti durante il cronoprologo di Apeldoorn arrivando con lo stesso tempo del beniamino di casa, Tom Dumoulin, che gli soffia la maglia Rosa per una manciata di centesimi. Pochi giorni dopo, nella cronometro del Chianti (40.5 chilometri da Radda in Chianti a Reve in Chianti), parte senza grandi pressioni. Prima della partenza aveva dovuto sostituire la sua bici per un problema meccanico con un’altra, più piccola e senza portaborracce. Dopo qualche chilometro di gara, il computerino per rilevare i dati fisici e la velocità si stacca dal manubrio e vola via. RogliÄ� percorre quasi tutti i suoi 51’45â€� di gara praticamente al buio. Eppure non si scompone, tira dritto e vince la sua prima gara a cronometro, la sua prima tappa in un Grande Giro. «Ho deciso di continuare rilassato», dirà al traguardo «ma ho capito che in salita stavo andando bene ed ho spinto solo per divertirmi». Un mese dopo vince anche il campionato nazionale a cronometro, mantenendo per 50 minuti e 51 secondi una media di 51,917 km/h (per intenderci, un fenomeno come Chris Froome nella cronometro della Vuelta 2017 viaggiò con la media di 51,319 km/h per 47 minuti netti).

Rogla

Nel 2017 vince la Volta ao Algarve battendo avversari del calibro di Michal Kwiatkowski, poi chiude al 4° posto la Tirreno-Adriatico vinta da Nairo Quintana, 5° al Giro dei Paesi Baschi vinto da Alejandro Valverde e 3° al Giro di Romandia vinto da Richie Porte. Ovunque vada, tiene testa ai migliori ciclisti del panorama internazionale, tiene le loro ruote in salita e spesso li batte a cronometro. Ha già 27 anni, ma il suo fisico è ancora fresco. È un grande punto interrogativo del ciclismo europeo: ha le potenzialità per poter diventare uno dei migliori ma non si capisce se il suo background possa favorirlo o svantaggiarlo nel lungo periodo.

Al Tour de France 2017 si consacra come idolo nazionale vincendo in solitaria la tappa del Galibier con 1’13� di vantaggio sul gruppetto di Chris Froome. Al suo ritorno in albergo viene fermato da un gruppetto di tifosi sloveni in delirio.


Fonte: https://sport.sky.it/rss/sport_ciclismo.xml


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