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In Ferrari serve serenità. Vettel è una risorsa, non un problema!


Serve calma e serenità. Se c’è qualcosa che serve alla Ferrari e a Vettel in questo momento sono proprio questi due elementi.

Dopo un fine settimana difficile, probabilmente il più complicato della stagione considerando le aspettative iniziali e le prestazioni mostrate a Singapore, per la Ferrari è tempo non solo di analizzare con calma i motivi che hanno portato alla debacle asiatica, ma anche di ritrovare quella serenità che al momento sarebbe vitale per il proseguo del campionato.

Nonostante il passivo di 40 punti nel mondiale piloti e di 32 in quello costruttori, nulla è perduto. Il destino di questo mondiale è ancora nella mani del team di italiano, di Sebastian Vettel e di chiunque stia lottando per realizzare il sogno, riportare i titoli iridati a Maranello.

Cosa è andato storto a Singapore?

Quello di Singapore doveva essere l’appuntamento della riscossa per la Ferrari dopo la cocente sconfitta di Monza. Un Gran Premio in cui alla vigilia di pensava che il team di Maranello potesse riuscire a fare bottino pieno, portandosi a casa la vittoria e recuperando punti vitali per il campionato. La pista ha però decretato un verdetto diverso, un’amara realtà che ha visto la Ferrari protagonista del suo peggior weekend della stagione, in cui nulla ha funzionato come avrebbe dovuto. Solo in Spagna probabilmente si era vista una Rossa così “inadeguata” in termini di performance, a cui si erano anche aggiunti dei problemi di affidabilità sulla vettura di Kimi Raikkonen. Se in casa Ferrari regnava il buio, la Mercedes splendeva sotto i riflettori, dimostrandosi veloce, competitiva e ben bilanciata anche su una pista dove si pensava avrebbe riscontrato maggiori difficoltà. I tedeschi, invece, sono stati protagonisti di un weekend perfetto, non solo per la pole position e per il successo finale, ma anche per la forza dimostrata nell’arco delle due sessioni. La W09 non solo si è dimostrata veloce e ben bilanciata, ma ha anche saputo gestire nel modo migliore le gomme, sia per finestra di utilizzo che per usura.

È chiaro che, indipendentemente dal risultato finale, qualcosa non sia funzionato in casa Ferrari, perché raramente si era vista una SF71H così in difficoltà quest’anno, non solo nei confronti dei rivali, ma anche nel riuscire a tirare fuori il massimo dal proprio pacchetto. Un problema di set-up potrebbe essere la soluzione più ovvia, dato che, come confermato dai piloti, il team di Maranello ha faticato a far funzionare le gomme nel modo ottimale, e ciò ha ovviamente impattato negativamente sia sulle performance che sullo sfruttamento in gara della mescola. Quello di Marina Bay, infatti, è uno di quegli appuntamenti dove la ricerca del set-up perfetto fa davvero la differenza tra la vittoria e la terza fila. Chiaramente ciò che è avvenuto a Singapore deve essere preso con le pinze, perché potrebbe semplicemente trattarsi di un episodio sporadico, di una situazione che non si presenterà nuovamente per il resto del campionato. Ma, al contempo, deve essere anche un piccolo campanello di allarme, per fare capire come in questa lotta mondiale ci sia assolutamente bisogno della perfezione e che non sono permessi altri errori.

La strategia era sbagliata?


Nì. O meglio, lo era, ma bisogna inserirla nel suo contesto. Era chiaro a tutti che in quel di Singapore la Ferrari non avesse il passo per giocarsi la vittoria, quindi era necessario provare qualcosa di diverso, qualcosa di aggressivo per riuscire ad ottenere quel successo che avrebbe alimentato le speranze mondiali, come un tentativo di undercut in una fase delicata della corsa, in cui Hamilton stava prendendo il largo mentre Vettel non riusciva a tenere il ritmo del rivale. Una prima parte di gara incentrata sulla tattica, in cui la Mercedes non ha saputo abilmente gestire la mescola hypersoft, ma è anche riuscita a bloccare un possibile tentativo di undercut proprio da parte del tedesco della Ferrari, tenendo alto il ritmo di gara in modo che il gruppo rimanesse compatto. La strategia delle Frecce d’Argento ha ottenuto gli effetti sperati, fino al momento in cui si è denotato un cambio di passo da parte Hamilton, in modo da metterlo definitivamente al riparo da un possibile attacco dopo la sosta. La situazione per la Rossa a quel punto è diventata ancor più complicata. Le scelte erano due: anticipare la sosta e sperare di riuscire a sopravanzare Lewis con un undercut, o restare in pista e vedere il gap crescere giro dopo giro, perché era chiaro che in quei momenti il pilota britannico stesse tirando fuori il meglio del pacchetto a sua disposizione. In Ferrari probabilmente si è adottata una strategia che potremmo quasi definire dell’ultima spiaggia, provando qualcosa di pazzo nella speranza che il talento di Vettel potesse poi riuscire a gestire nel migliore dei modi la situazione, magari anche con l’aiuto di una Safety Car. Ma anche in questo caso l’amara verità ha raccontato una storia diversa, dato che il tentativo di undercut non è poi andato a buon fine, lasciando Vettel in una condizione di stallo, anche dietro a Sergio Perez, cosa che gli ha fatto perdere ulteriore tempo e che gli è poi costata la seconda posizione ai danni di Max Verstappen. L’utilizzo della ultrasoft era chiaramente obbligato per provare a far funzionare la strategia, anche se sin dal primo momento vi erano stati dubbi sulla possibile durata della mescola e se fosse stato necessario fermarsi nuovamente per una seconda sosta. Chiaramente questa si è poi rivelata una strategia che non ha dato i suoi frutti ma che, anzi, ha messo anche a rischio il podio del tedesco, permettendo ad Hamilton di guadagnare ulteriori punti. Ma è una strategia che va messa nel suo giusto contesto, un tentativo di cambiare le sorti della gara e forse del campionato in un momento in cui ve ne sarebbe stato estremamente bisogno e su un circuito dove una tattica del genere avrebbe anche potuto dare i suoi frutti.

Sebastian Vettel è una risorsa, non un problema

La Ferrari ha perso fiducia in Sebastian Vettel? Potremmo classificare queste voci come semplici sciocchezze, soprattutto se valutate in base a semplici fattori come gli errori in pista. Della stagione 2018 del tedesco ci sarebbe molto da discutere e riflettere, ma è importante sottolineare che per questa Ferrari Vettel è una risorsa, non un problema. Mark Hughes, noto giornalista d’Oltremanica, ha usato parole semplici ma chiare per spiegare cosa il quattro volte campione del mondo significhi per il team italiano in questo momento: “Sebastian Vettel is Ferrari’s rock”. Noi tutti conosciamo il suo carattere e le sue qualità, quindi non deve sorprendere che all’interno del paddock Sebastian sia visto come una un punto fermo per la Ferrari. È pilota e una persona generosa, che da tutto in pista – a volte forse anche troppo -, che si integra perfettamente nella metodologia di lavoro che il team di Maranello ha pensato per i suoi weekend di gara. Il suo essere analitico e pragmatico come pochi altri in griglia è sicuramente un punto di forza che fa la differenza in questa Ferrari. Indubbiamente, però, il tedesco ha commesso diversi errori quest’anno, impossibile negarlo e sicuramente Vettel sarà il primo ad esserne cosciente, ma l’analisi della sua stagione e della sua posizione all’interno della squadra non deve e non può fermarsi qui. Si deve tener anche conto della differenza fatta in pista, di quelle volte in cui il suo talento ha permesso di portare a casa il massimo risultato possibile nonostante una situazione complicata e di inferiorità tecnica della vettura, come in Australia o in Bahrain, oppure di effettuare sorpassi spettacolari che hanno cambiato il corso della gara, come in Inghilterra o in Austria. Quello Ferrari non è un ambiente facile, un fattore spesso sottovalutato. Correre per il team di Maranello non equivale a correre per un’altra squadra, vuol dire correre per la squadra che ha fatto la storia di questo sport, di quella che lo rappresenta a livello mondiale, da cui tutti si aspettano la vittoria, ogni stagione ed ogni gara. È una pressione schiacciante, difficile da gestire e non per tutti. E quando ti ritrovi non solo a dover gestire quello che fai in pista, ma anche a doverti preoccupare per le strategie durante la gara, per la posizione nel giro di out lap in qualifica o per tanti altri piccoli fattori, la pressione sulle tue spalle continua ad aumentare. Ti ritrovi a gestire così tante cose che ad un certo punto è facile perdere la concentrazione o commettere un errore. Ciò non vuol dire che Sebastian non regga la pressione, anzi, è uno dei pochi piloti che è in grado di gestirla, ma è chiaro che a tutto c’è un limite e che ci deve anche essere la perfezione da parte del team per aiutarlo a dare il massimo. Andando ad analizzare uno ad uno i vari episodi durante la stagione, si può notare che non parliamo di errori particolarmente gravi dal punto di vista di guida, ma di errori che, seppur piccoli, hanno avuto un grande impatto in termini di punti, avvenuti anche in situazioni particolari. Ma alcuni di questi errori sono anche riconducibili ad una gestione non particolarmente accurata da parte del muretto della situazione in pista, vuoi in Azerbaijan per la sosta troppo anticipata, in Germania per non aver dato un ordine di scuderia – che si voleva dare – nel momento più adatto, o in Austria dove una mancata comunicazione è poi costata a Vettel l’opportunità di ottenere il successo finale per la relativa penalità. Quando ti ritrovi anche a dover gestire queste situazioni all’interno dell’abitacolo, che purtroppo si sono verificate un po’ troppo spesso in stagione, la pressione si alza sempre di più, mentre dovresti essere ancora concentrato solo sulla guida per portare a casa il miglior risultato possibile. E tutti noi ci aspettiamo che sia sempre Vettel a metterci una pezza. Chiunque in quei momenti avrebbe potuto “sparare a zero”, prendersela con il team o gettare la spunga, ma Vettel no, perché sa bene quanto proteggere questa squadra e questo ambiente, quantomeno dai media, sia di vitale importanza. Ovviamente la sua stagione non è stata perfetta. Ma andrebbe valutata con calma, soprattutto a fronte di determinati commenti di sfiducia nei suoi confronti. Di questo Ferrari ne è consapevole e non a caso talento del tedesco è spesso un elemento rimarcato nelle interviste dei vertici Ferrari. Vettel è una risorsa, non un problema. Hamilton è un rivale tosto, probabilmente in una delle sue migliori stagioni dal punto di vista della costanza, ma non è imbattibile.

C’è bisogno di calma

Ciò di cui ha bisogno ora la Ferrari è ritrovare un equilibrio ed una serenità che gli permetta di esprimersi al massimo potenziale, in ogni situazione. Serve riuscire a gestire il team e dargli quella sicurezza di cui ha bisogno per tirare fuori il massimo e questo sarà il compito di Maurizio Arrivabene per le prossime gare. Perché non si tratta semplicemente di vincere ed ottenere risultati, ma anche di mettere pressione all’avversario. Abbiamo visto già più volte come anche Mercedes sotto pressione commetta degli errori, spesso anche di una certa importanza, oppure di come anche Hamilton in situazioni difficili possa andare in palla e perdere fiducia. Bisogna evitare di mettersi pressione da soli, compattando il gruppo e prendendo le scelte giuste. Nulla è perduto. È una sfida difficile, ma Ferrari ce la può fare se riesce ad esprimersi come ha già dimostrato più volte durante l’anno.


Fonte: http://www.circusf1.com/2018/feed


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