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Le imprese di Gimondi, monumento del ciclismo

Nella storia di tutti prima o poi c’è un Eddie Merckx che ti attraversa la vita e te la peggiora. A Felice Gimondi toccò in sorte proprio l’Eddie Merckx vero, in carne ed ossa, quello che non ti molla mai una tappa. Eppure guai a chiamarlo “eterno secondo”, guai a considerarlo meno di quanto grande è stato in carriera Felice Gimondi. Fu capace di vincere il Tour de France nel 1965 alla sua prima partecipazione, alla sua prima stagione da professionista. E dopo di lui abbiamo dovuto aspettare Pantani nel ’98 e poi Nibali nel 2014 per vedere un italiano primo sui campi Elisi. Gimondi è stato un grande dello sport italiano, un bergamasco ruvido ma gentile, un uomo grande quando ha vinto ma se possibile grandissimo nel momento del declino, capace di aiutare il compagno De Muynch a vincere il Giro nel ’78.

Tre Giri d’Italia, un Tour e una Vuelta. Un Mondiale al Montjuic battendo in volata proprio Mercvkx. E poi la Parigi-Roubaix, la Milano Sanremo. Se vi sembra un carnet di un eterno secondo… Di Merckx era amico e fu proprio il Cannibale a rendergli un grande onore nel ’76. L’ultima grande vittoria di Felice. Giro d’Italia. Merckx è ormai tagliato fuori ma non si ritira, vuole arrivare fino alla fine. Perché Gimondi possa dire di aver vinto il Giro con Merckx nell’ordine d’arrivo. Lui, Felice Gimondi, che non volle indossare la maglia rosa quando al belga la tolsero per un problema di doping. Gesti d’altri tempi, per uomini d’altri tempi.


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