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Social – Moraschini: Olimpia, Messina e passato

Social - Moraschini: Olimpia, Messina e passato

Riccardo Moraschini ha partecipato oggi a una Q&A in diretta Instagram con la community di basket “Schiaccio E Non Faccio Fatica” (LINK). Ecco le sue dichiarazioni. 

IL LOCKDOWN E LA RIPRESA: «Sono rientrato a casa per qualche giorno di pausa dagli allenamenti. In Olimpia abbiamo ripreso la scorsa settimana. Non tornavo a Cento da oltre due mesi, ma domani salgo di nuovo a Milano. In queste settimane ho fatto fisioterapia, un po’ di lavoro e di esercizi, quello che si poteva fare. Il riposo per noi atleti non esiste. Abituato a lavorare con i pesi in palestra e ad andare subito in campo a tirare, durante il lockdown dopo un po’ di giorni senza la palla ho iniziato a scricchiolare mentalmente. Questi due mesi però sono passati abbastanza veloci, non li ho sentiti più di tanto. È da due anni che sono sempre in giro, anche in estate con la Nazionale. E poi all’Olimpia i miei primi sette mesi sono stati impegnativi. Trascorrerne due a casa senza giocare sicuramente è stato molto strano, però ho avuto tutto tempo per riposare».

L’ARRIVO IN OLIMPIA: «Sono molto felice di essere all’Olimpia, una società al top non solo in Italia ma anche in Europa. Qui l’ambiente è diverso, anche gli obiettivi societari e di squadra sono di un altro livello. Milano rappresenta il passo che tutti vorrebbero fare. È stata una scelta molto importante per me e per la mia carriera, e per tutti gli anni che verranno. Spero di vivere tante stagioni con la canotta dell’Olimpia. Il momento più bello quest’anno è coinciso con la vittoria in casa contro il Panathinaikos. È stato l’incontro più emozionante anche per il pubblico e l’atmosfera del Forum. Davanti a quattordicimila tifosi ho disputato una delle mie migliori partite della stagione. Entrato in campo ho realizzato subito due bombe dall’arco».

IL SOGNO DELL’EUROLEGA: «In generale l’Eurolega è diversa dal campionato italiano. C’è più fisicità. In Europa si corre meno e si gioca più a metà campo. Ci sono più uno contro uno, è uno scontro più fisico. Il mio esordio è stato traumatico, ero molto teso anche perché giocavamo su un campo difficile come quello di Monaco. Poi però mi sono rifatto contro il Real Madrid: 21 punti. Non è un caso se dopo quella partita si è bloccato tutto il pianeta (ride, ndr). Quando arrivi in una nuova società come l’Olimpia che vanta allenatori di altissimo profilo tutti pretendono molto da te. E poi l’Eurolega richiede uno sforzo in più, è un passo al quale bisogna adattarsi. In sette mesi a Milano mi sono ritagliato un ruolo e prima della pandemia stavo iniziando a carburare bene. Fin dall’inizio ero curioso di potermi allenare con giocatori di Eurolega per capire come si ponevano mentalmente, non solo in partita ma tutti i giorni in allenamento. Mi ha impressionato la loro leadership silenziosa. Hanno sempre cercato di indirizzare tutto il gruppo verso un solo obiettivo: vincere insieme».

GLI INIZI E IL RAPPORTO CON MESSINA: «Io solo calciofilo, lo sono sempre stato. Fino a sedici anni, tutte le estati andavo a giocare a calcio con gli amici, a calcetto e a calcio a cinque. Partecipavamo anche ad alcuni tornei. Un bel giorno però ho deciso di abbandonare i piedi e ho scelto le mani. Sono cresciuto alla Virtus Bologna e da piccolino vedevo i derby dagli spalti e coach Messina era in panchina. L’ho seguito anche da grande appassionato quando era in NBA. È molto strano averlo ritrovato da allenatore. Mi ha chiamato lui durante l’estate, è stato qualcosa di incredibile, di pazzesco, qualcosa che non avrei mai sognato. Quando era nata l’idea di creare un nuovo ciclo a Milano, ci siamo parlati. Il coach mi ha dato tanta carica, energia e fiducia fin da subito».

I COACH DELLA SUA CARRIERA: «Sono tanti gli allenatori con cui ho lavorato dalla giovanili di Bologna ad oggi. Giordano Consolini è stato il coach che sicuramente, più di tutti, mi ha spinto a crescere. Mi ha allenato molto giovane e mi indirizzato sulla strada giusta, anche dal punto di vista mentale. È stato importante per me, in quegl’anni ero considerato un po’ la superstar del gruppo. Quando ho fatto il salto in prima squadra, in Virtus, ho avuto qualche difficoltà con coach Lino Lardo. È stato il momento più difficile della mia carriera. Ho vissuto dieci anni, dagl’otto ai diciotto, indossando quei colori e quando lui arrivò a Bologna io avevo già esordito in prima squadra. Mi fece alcune promesse che poi però non sono state mantenute. A Brindisi invece con Frank Vitucci è stato diverso. Il coach mi ha dato tantissimo, tanta fiducia e mi ha lasciato giocare. Ho potuto così esprimermi al meglio. L’anno scorso si è visto palesemente: è merito anche
suo se oggi sono all’Olimpia Milano. E poi c’è coach Messina. In sette mesi con lui ho realizzato cosa devo fare davvero per giocare ai livelli dell’Eurolega. Conoscevo già le qualità di Messina. L’avevo visto a Bologna anche da coach avversario quando una volta si allenò in città con il Cska Mosca. Avevo quindici anni. Mi impressionò il suo metodo di allenamento».


BRINDISI E…BIELLA: «L’esperienza di Brindisi è stata speciale. È stato un anno bellissimo 
anche perchè ho vinto il riconoscimento di miglior giocatore italiano. Abbiamo portato tanto entusiasmo in città. La settimana prima di andare via, c’era una festa in qualsiasi bar e ristorante del centro. Le persone del sud sono fatte così, si legano tantissimo anche agli sportivi. Ho un bellissimo ricordo di Brindisi e dei suoi tifosi. Tornerò a trovarli appena posso. Brindisi ha una tifoseria davvero calda. Anche Biella. A Biella in casa c’era “l’effetto Biella”, poi però in trasferta era spesso diverso. Oggi sono a Milano e mi godo il momento, ma anche a Biella tornerei molto volentieri».

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