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Gianni Mura, il nostro caro campione

Se n’è andato nel primo giorno di una primavera deserta, ma già piena di margherite. Alle otto di mattina di un sabato in cui il suo ciclismo (Milano-Sanremo) aveva smesso di correre e alla vigilia di una domenica senza calcio. Chissà, forse Gianni in un mondo così, «senza», non ci stava più. Aveva telefonato la sera prima: «Bevete, anche se io non ci sono». Pronta la risposta: «Ma no Gianni, ti aspettiamo». Ma non c’è più nulla da festeggiare. Aveva voluto il computer in ospedale, perché era un uomo di doveri, e c’erano i Sette giorni di cattivi pensieri da scrivere. Paola, la moglie, glielo aveva portato, con il quaderno a quadrettoni, dove lui annotava i suoi giochi di parole. «Stanotte, ne ho pensato uno: diamante, gioiello extraconiugale».
Cronaca


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