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Caso Polo: De Lellis e De Joannon assolti. Polo rimane l’unico condannato in un caso da “muro di gomma”

MODENA – È probabilmente la fine di tutta la vicenda, quasi certamente la fine delle speranze di Alberto Polo di avere la sua personale giustizia.
Ciò che rimarrà agli atti del caso di doping più grave e misterioso nella storia del volley italiano è il ritratto di un giocatore che, per la giustizia sportiva, ha fatto tutto da solo. Alberto Polo ha infatti assunto le sostanze dopanti che ne hanno determinato la squalifica di quattro anni (Meldonium, testosterone, idroclorotiazide) senza l’aiuto del medico sociale di Piacenza, Umberto De Joannon, e del preparatore atletico Juan Carlos De Lellis, chiamati in causa nel dibattimento, condannati a pene severissime in primo grado (pare 6 e 8 anni rispettivamente) ma completamente assolti in appello, da quella Corte d’Appello che aveva invece inasprito la condanna nei confronti del giocatore da 2 a 4 anni. Questo almeno secondo quanto riportato da Sportpiacenza, fonte solitamente attendibile su notizie che riguardino la Gas Sales.

Già, dobbiamo rifarci a un portale di editoria: non esiste un documento ufficiale pubblico nel quale vi sia menzione della sentenza di primo grado su De Joannon e De Lellis, né a oggi vi è menzione di quella d’appello. È davvero questa la trasparenza che si vuole per lo sport in Italia e per vicende che coinvolgono tutti noi e la nostra etica?

In tutto ciò si inserisce il silenzio del giocatore e del suo entourage: parlerà finalmente Alberto Polo, dopo che il castello difensivo è crollato e anche il ricorso al Tas di Losanna rischia di andare mestamente in cavalleria, visti gli sviluppi italiani?
Un ricorso che già in partenza aveva poche possibilità di successo, ora ridotte al lumicino. C’è una versione del giocatore, depositata agli atti, ritenuta attendibile oltre ogni interpretazione dal giudice di primo grado ed evidentemente non creduta o creduta soltanto in una parte minima dal giudice della corte d’Appello. Perché non renderla pubblica ora, almeno per togliersi il peso di una responsabilità univoca che in sede dibattimentale Polo ha respinto?

Siamo a raccontare la fine della carriera di un giocatore, probabilmente. Sicuramente siamo a raccontare una pagina nera per l’antidoping italiano: come mai nessuna comunicazione ufficiale riguardo De Lellis e De Joannon, ripetiamo? Perché non è mai uscita la notizia della loro condanna in primo grado, come mai nessuno ora spiega i motivi della squalifica prima e dell’assoluzione poi o i motivi della severa pena inferta al centrale? Come mai ancora non sappiamo cos’è successo davvero in quel marzo del 2021, quando l’atleta è stato trovato positivo? Un muro di gomma che dura da un anno e che ha, bisogna ammetterlo, svolto perfettamente il suo ruolo. Se l’ex centrale di Piacenza non parlerà non avremo mai una verità completa sulla vicenda. O meglio, dovremo accontentarci di quella della giustizia sportiva: Alberto Polo ha fatto tutto da solo.

Sì è persa una grande occasione. Che peccato.
E allora ci rivolgiamo a te in prima persona, Alberto, con una preghiera: raccontaci quello che è successo davvero. Noi crederemmo certamente più a te che a un sistema che ha fatto di tutto per non farci arrivare a nessuna informazione.

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