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    Strade Bianche, dove vedere la gara di ciclismo in tv e streaming: gli orari

    È il giorno della corsa toscana, con partenza e arrivo a Siena dopo 215 km e 15 settori di strade sterrate. Al via tante stelle, tra cui il vincitore uscente Pidcock, Pogacar, Alaphilippe, Mohoric, gli azzurri Bagioli, Formolo e Bettiol. In diretta dalle 14 su Eurosport 2 (canale 211 del telecomando Sky), visibile anche sull’app SkyGo 
    STRADE BIANCHE: LA GARA IN DIRETTA LIVE

    Tutto pronto per la 18^ edizione della Strade Bianche, prima corsa UCI WorldTour italiana dell’anno e considerata ormai al livello delle altre Classiche monumento del calendario (Milano-Sanremo, Parigi-Roubaix, Giro delle Fiandre, Liegi-Bastogne-Liegi e Giro di Lombardia). Percorso rinnovato e grandi stelle nella start list per la gara toscana, soprannominata “La classica del Nord più a sud d’Europa” perché unisce le caratteristiche della Roubaix con i suoi oltre 70 km in sterrato alla difficoltà dei “muri” che ricordano quelli del Fiandre. Il recordman di vittorie è Fabian Cancellara con tre successi (2008, 2012 e 2016). Moreno Moser l’unico corridore di casa nostra capace di conquistare l’ex Eroica, nel 2013. 

    Il percorso 
    Fino al 2013 la partenza era stata situata a Gaiole in Chianti, nel biennio 2014-2015 prese il via da San Gimignano e dal 2016 la corsa inizia dalla Fortezza Medicea (in piazzale della Libertà) e finisce nella iconica Piazza del Campo di Siena, che ha sempre ospitato l’arrivo della gara. Allungata rispetto agli anni passati: 215 km con 15 settori e 71 km di sterrato, con l’introduzione di un circuito finale da ripetere due volte. Percorso molto mosso e ondulato sia sul piano planimetrico che altimetrico, privo di lunghe salite, ma costellato di strappi più o meno ripidi. 

    I settori sterrati

    Al Km 14: VIDRITTA (lunghezza 2.1 km)
    Km 21.3: BAGNAIA (5.8 km, pendenza massima 15%)
    Km 33.4: RADI (4.4 km, 12%)
    Km 44.1: LA PIANA (6.4 km)
    Km 76.8: LUCIGNANO D’ASSO (11.9 km)
    Km 89.7: PIEVE A SALTI (8 km, 11%)
    Km 112.7: SAN MARTINO IN GRANIA (9.5 km, 12%)
    Km 131: MONTE SANTE MARIE (11.5 km, 18%)
    Km 161.3: MONTEAPERTI (0.6 km, 16%)
    Km 165.7: COLLE PINZUTO (2.4 km, 15%)
    Km 171.9: LE TOLFE (1.1 km, 18%)
    Km 175.4: STRADA DEL CASTAGNO (0.7 km)
    Km 189.2: MONTECHIARO (3.3 km)
    Km 195.9: COLLE PINZUTO (2.4 km, 15%)
    Km 202.2: LE TOLFE (1.1km, 18%)

    I favoriti
    Il numero 1 sarà sulle spalle di Thomas Pidcock, trionfatore nel 2023. Le Crete Senesi vedranno l’esordio stagionale di Tadej Pogacar, dominatore dell’edizione 2022, in un cast che vede la presenza – tra i vincitori – di Julian Alaphilippe (2019) e Michal Kwiatkowski (2014, 2017). Tra le stelle più attese anche Valentin Madouas, Richard Carapaz, Kasper Asgreen, Christophe Laporte, gli azzurri Andrea Bagioli, Davide Formolo, Alberto Bettiol, Simone Velasco. E poi Matej Mohoric, già a segno alla Volta a la Comunitat Valenciana a inizio stagione.

    Strade Bianche femminile
    Al via sempre sabato la 10^ edizione della Strade Bianche Woman: percorso identico a quello riservato agli uomini, con partenza anticipata della gara femminile di un paio d’ore. Speranze italiane affidate a Elisa Longo Borghini, l’unica italiana a trionfare a Siena (nel 2017). Al via anche Lotte Kopecky e Demi Vollering, vincitrici – rispettivamente – nel 2022 e 2023.

    Dove vedere la Strade Bianche in tv e in streaming
    La 18^ edizione della corsa è in programma sabato 2 marzo, in diretta dalle 14 su Eurosport 2 (canale 211 del telecomando Sky), visibile anche sull’app SkyGo.

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    Ciclismo
    Strade Bianche: storia, favoriti e albo d’oro

    Alla prima edizione vinse Kolobnev, nel 2023 il successo di Pidcock. Il recordman della classica toscana è Cancellara con tre sigilli, soltanto un italiano è stato capace di conquistare l’ex ‘Eroica’: ricordate chi è stato? Storia, favoriti del 2024 e albo d’oro della corsa, in programma sabato dalle 11.10 in diretta su Eurosport 2 (canale 211 del telecomando Sky), visibile anche su SkyGo
    STRADE BIANCHE: LA GARA IN DIRETTA LIVE

    EROICA

    In principio era l’Eroica, un omaggio ai pionieri del ciclismo e alle loro imprese sulle terrribili strade sterrate del Novecento. Il nome della corsa cambiò dalla terza edizione, per quella che ormai viene ribattezzata la ‘sesta’ classica monumento del calendario: Strade Bianche, quelle tipiche della campagna senese. Oggi è considerata da molti al pari delle cinque Classiche Monumento (Milano-Sanremo, Parigi-Roubaix, Giro delle Fiandre, Liegi-Bastogne-Liegi, Giro di Lombardia)

    CAMBIO DI STAGIONE

    La prima edizione è stata vinta nel 2007 dal russo Aleksandr Kolobnev (nella foto della premiazione con Paolo Bettini e Fiorenzo Magni). Fu l’unica autunnale: dall’anno successivo venne spostata a inizio marzo, prima della Tirreno-Adriatico e della Milano-Sanremo. La Strade Bianche è anche soprannominata “La classica del Nord più a sud d’Europa”, perché unisce le caratteristiche della Roubaix con i suoi oltre 70 km in sterrato alla difficoltà dei “muri” che ricordano quelli del Giro delle Fiandre

    PIAZZA DEL CAMPO

    Fino al 2013 la partenza era stata situata a Gaiole in Chianti, nel biennio 2014-2015 prese il via da San Gimignano e dal 2016 la corsa inizia e finisce nella iconica Piazza del Campo di Siena, che ha sempre ospitato l’arrivo della gara. 

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    Strade Bianche, l’albo d’oro della gara di ciclismo: curiosità e favoriti

    Alla prima edizione vinse Kolobnev, nel 2023 il successo di Pidcock. Il recordman della classica toscana è Cancellara con tre sigilli, soltanto un italiano è stato capace di conquistare l’ex ‘Eroica’: ricordate chi è stato? Storia, favoriti del 2024 e albo d’oro della corsa, in programma sabato dalle 11:15 in diretta su Eurosport (canale 210 del telecomando Sky) LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Trofeo Laigueglia: vince il francese Lenny Martinez

    Per il secondo anno consecutivo il Trofeo Laigueglia parla francese: dopo la vittoria dello scorso anno di Nans Peters, a trionfare quest’anno nella classica che apre la stagione italiana delle corse su strada che si appresta a entrare nel vivo con le corse di Primavera, è stato Lenny Martinez (Groupama-FDJ). Ancora una volta secondo, come lo scorso anno, l’italiano Andrea Vendrame (Decathlon AG2R La Mondiale), mentre ha chiuso al terzo posto lo spagnolo Juan Ayuso (UAE Team Emirates). Martinez sulle strade del ponente ligure conferma il suo talento: 20 anni, da due professionista il francese (che è figlio d’arte, il papà Miguel è stato campione olimpico di mountain bike a Sydney 2000) a inizio stagione si è imposto nella Classic Var. Il talento della Groupama-FDJ, dopo essersi inserito nel tentativo d’attacco giusto, ha fatto la differenza sull’ultima scalata di Colla Micheri, staccando poi l’ultimo avversario, un altro giovanissimo, Jan Christen (UAE Team Emirates), in discesa. A muoversi fin dai primi chilometri sono stati Alex Martin (Polti-Kometa), Diego Bracalente (MBH Bank Colpack Ballan), Ben Granger (Mg.K Vis-Colors for Peace), Marco Palomba (General Store-Essegibi-F.lli Curia) e Immanuel D’Aniello (Work Service-Vitalcare-Dynatek), che hanno guadagnato fino a 5 minuti sul gruppo e Bracalente che è transitato per primo in testa sulle salite di Cima Paravenna e Testico. Tutti i fuggitivi sono stati ripresi poco prima dell’ingresso nel circuito finale di Laigueglia, a poco più di 50 km dall’arrivo. Sul finire della prima scalata di Colla Micheri  si è mosso Lorenzo Rota (Intermarché-Wanty), bravo a scavare un solco di 20″ sul gruppo in discesa, salvo poi desistere e farsi riprendere dal gruppo. Il secondo passaggio da Colla Micheri ha mandato in frantumi il gruppo grazie soprattutto al forcing di Jan Christen e su Capo Mele sono andati via in 7: lo stesso Christen, con Darren Rafferty (EF), Alessandro Pinarello (VF Group-Bardiani CSF-Faizanè), Andrea Vendrame (Decathlon AG2R), Davide De Pretto (Jayco AlUla), Lenny Martinez (Groupama-FDJ) e Christian Scaroni (Astana Qazaqstan). Il tutto si è andato a decidere sull’ultima scalata al Colla Micheri: Lenny Martinez ha provato in tutti i modi ad andare via e all’ennesimo scatto ci è riuscito, sorprendendo proprio in cima Christen. Gran sfida tra il francese e lo svizzero nella discesa successiva, un inseguimento costante, che ha visto prevalere Martinez.  LEGGI TUTTO

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    Sagan, intervento al cuore: “Sto bene, nei prossimi giorni torno in bici”

    Peter Sagan ha subito oggi un intervento al cuore per curare un’aritmia. “Peter sta bene. Tornerà in bici tra una settimana con lo stesso programma che aveva originariamente. Tutto è sotto controllo”, ha detto un rappresentante del suo staff, come riporta l’ANSA. Lo slovacco di 34 anni, tre volte campione del mondo su strada e sette volte vincitore della maglia verde al Tour de France, è stato operato ad Ancona, in Italia. Con un post su Instagram, ha voluto rassicurare i suoi tifosi: “Ciao ragazzi, solo un breve aggiornamento. Tutto sotto controllo e tra pochi giorni torno sulla mia bici!”. Sagan ha detto addio al ciclismo su strada lo scorso autunno dopo 121 vittorie in carriera e ora punta a difendere i colori della Slovacchia ai Giochi Olimpici di Parigi nella specialità mountain bike, sport da cui tutto aveva avuto inizio. Sagan aveva avuto un episodio anomalo di tachicardia durante una corsa di Mtb domenica scorsa, quando aveva superato i 200 battiti al minuto.  LEGGI TUTTO

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    Marco Pantani, uno dei più grandi sportivi italiani di sempre

    Marco Pantani non è stato solo uno dei più forti corridori di sempre, è stato uno dei più grandi sportivi di sempre. La sua apparizione sulle scene rappresentò anche una ‘rivoluzione’ nel modo di vivere e raccontare il ciclismo. Oggi quel ciclismo non esiste più, ma molto è nato da lì
    PANTANI PER SEMPRE: LO SPECIALE

    Ci sono modi e modi di raccontare o ricordare un campione. Se poi quel campione è Marco Pantani tutto diventa diverso. Perché, a distanza di vent’anni, si fa ancora fatica a non emozionarsi quando si parla o si scrive di lui. Perché Marco Pantani è stato il campione di tutti. Quello capace di rendere ancora più popolare uno sport che è da sempre nel DNA del nostro paese. Dai tempi di Coppi e Bartali, passando per la guerra e gli anni immediatamente successivi fino ad arrivare al dualismo Saronni-Moser. Solo per citare alcuni esempi. Ecco Marco Pantani non aveva un rivale italiano, ma è stata la miccia che ha fatto reinnamorare del ciclismo milioni di italiani. Soprattutto una generazione, quelli dell’inizio degli anni ’80, che aveva ricevuto in dono, per lo più dai nonni, la passione per uno sport che alcuni ritenevano per vecchi. Il ciclismo agli inizi degli anni 90’ non era quello di oggi. Ecco perché, provare a raccontare chi è stato Marco Pantani, per chi come chi scrive l’ha vissuto nella fase della fine dell’adolescenza, a chi è nato dopo il 2000 può essere un modo diverso di far capire di raccontare il Pirata. All’epoca le dirette integrali delle tappe erano un sogno. Ci si accontentava dei vari rotocalchi che precedevano il Giro e degli ultimi 40-50 km della tappa, raccontati dalla mitica voce di Adriano De Zan con il commento tecnico di Vittorio Adorni. Diretta preceduta dalla immancabile sigla Rai (“Nessun dorma”) cantata da Pavarotti. Quando partiva quella canzone era il momento di andare a svegliare nonno Felice perché “la corsa”, come la chiamava lui, stava per cominciare. Era un appuntamento fisso che si ripeteva ogni pomeriggio.

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    Una rivoluzione anche mediatica
    Ecco Pantani rappresentò una rivoluzione anche dal punto di vista televisivo. Perché per la prima volta. Nel 1993 il Giro non fu trasmesso dalla Rai, ma da Mediaset. E si trattò di una autentica rivoluzione. Perché Giovanni Bruno capo progetto di quei Giri riuscì a rovesciare completamente il modo di raccontare la corsa. Di fatto cominciò a nascere l’idea di creare “l’evento”, in cui l’attesa della tappa diventava parte integrante del racconto. E così quando Pantani si fece conoscere agli occhi del mondo, nella 15^ tappa del Giro 1994, la voce non era più quella di Adriano, ma di suo figlio Davide De Zan con Beppe Saronni al commento tecnico. 195 km da Merano ad Aprica con Stelvio e Mortirolo nel mezzo. Da quel momento, da quello scatto, da quell’arrivo in solitaria la Carrera non sarà più solo Chiappucci. Ma anche e soprattutto Marco Pantani.

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    Ciclismo
    “Pantanissimo”, un eroe sempre in prima pagina

    Con le sue gesta straordinarie, Marco Pantani ha stregato il mondo del ciclismo e non solo. A vent’anni dalla sua morte, vogliamo ricordarlo nelle sue numerose imprese a Giro e Tour, testimoniate dai titoli e dalle prime pagine dei più importanti quotidiani sportivi dell’epoca
    PANTANI PER SEMPRE: LO SPECIALE

    IL MITO DI MARCO PANTANI SULLE PRIME PAGINE DEI QUOTIDIANI SPORTIVI

    Dal 1994 al 2000, il Pirata ha fatto innamorare il mondo del ciclismo. A vent’anni dalla sua morte, vogliamo ricordarlo nelle sue numerose imprese a Giro e Tour, testimoniate dai titoli e dalle prime pagine dei più importanti quotidiani sportivi. In un’epoca in cui i social ancora non esistevano, ecco come veniva celebrato il campione di Cesenatico sui media

    3 AGOSTO 1998: MARC DE TRIOMPHE

    La Gazzetta dello Sport celebra la vittoria di Pantani al Tour 1998 con un geniale “Marc de Triomphe”, con la foto del Pirata festeggiato da Felice Gimondi, ultima maglia gialla italiana prima di lui nel 1965

    3 AGOSTO 1998: PANTANISSIMO

    L’Equipe conia un superlativo in ricordo del grande Fausto Coppi (Campionissimo) per descrivere la vittoria di Marco Pantani al Tour del 1998. Un grande onore per il ciclista romagnolo

    Un ciclismo inimmaginabile 
    Era un ciclismo inimmaginabile quello di allora per i ragazzi d’oggi. Le gabbiette per le scarpe avevano lasciato da poco tempo spazio alle tacchette. Le bici non erano leggere come oggi. Pensate che qualsiasi bici moderna fa apparire come un pezzo di antiquariato i top di gamma dell’epoca. Il carbonio sarebbe arrivato molti anni dopo. I telai erano in alluminio. Le ruote ad alto profilo non esistevano, al massimo per le crono si usavano le lenticolari. Ma nulla a che vedere con quello che si vede in corsa oggi. I freni a disco sono una scoperta degli ultimi anni. Le leve del cambio avevano già lasciato i tubolari per andare sulle leve dei freni. E va da sé che i cambi elettronici sembravano fantascienza. Stesso discorso per gps e computerini vari. Si iniziavano a vedere i primi cardiofrequenzimetri e le crisi, di fame e non, erano abbastanza comuni. I gel non esistevano e i corridori facevano il carico di carboidrati con la pasta a colazione, con panini di rinforzo, dolci e salati in corsa. Spesso in discesa per ripararsi dal vento utilizzavano dei giornali sotto la maglia. L’obbligo del casco per l’intera durata della corsa è arrivato solo nel 2003. Non a caso uno dei gesti tipici di Pantani, un must ormai, il simbolo dei suoi attacchi: era il lancio della bandana prima dello scatto in salita.

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    La sfortuna prima dei grandi successi
    Il Giro del 1994 fu solo l’inizio. In mezzo tanta sfortuna, ma nessuna voglia di mollare. Fino a quel giro 1998. La voce era tornata quella di Adriano De Zan con accanto un giovane Davide Cassani. La squadra di Pantani non era più la Carrera, ma la Mercatone Uno. Erano cambiati i rivali, su tutti, un altro russo: Pavel Tonkov. Corridore tosto, a cronometro come in salita. Con una resistenza allo sforzo incredibile. La tappa era la 19esima: Cavalese-Plan di Montecampione. Pantani appassionava ed entusiasmava tanto la gente che la diretta integrale della tappa stava per abbandonare l’ambito dell’eccezione, per entrare in quello della normalità. Tonkov non molla. Davanti alla tv c’è un Nazione intera a tifare per la maglia Rosa. Marco ha un vantaggio ristretto sul russo e alle porte c’è una cronometro, in cui Tonkov parte nettamente favorito. A 3km dall’arrivo, nella parte transennata, arriva l’attacco decisivo e vincente del Pirata. Una cavalcata stupenda segnata da tanta sofferenza anche per chi seguiva da casa.

    La doppietta Giro-Tour
    Pantani vince quel giro davanti a Tonkov e Guerini e va al Tour. All’epoca la doppietta Giro-Tour non era un azzardo come spesso viene visto oggi. Non a caso, la scelta di Tadej Pogacar di correre i due grandi giri per eccellenza quest’anno continua a fare discutere. Ma all’epoca non era così. Certo non era una passeggiata. Ma nemmeno una chimera. Per intenderci: Indurain riuscì a piazzare la doppietta nel 1992 e nel 1993. Quel Tour fu un Tour strano, caratterizzato dalla macchia del doping, dalle sirene delle gendermerie. Dalle minacce di sciopero dei corridori. Ma fu soprattutto il Tour di Marco Pantani. Il suo rivale era un tedesco: il capitano della Telekom. Uno che la Grande Boucle l’aveva vinta l’anno prima: Jan Ullrich. E se Tonkov era tosto, Ullrich lo era all’ennesima potenza. Ma Pantani era uno di quelli che non mollava mai. E il Pirata lo dimostra nella Grenoble-Les Deux Alpes. In una giornata infernale, sotto una pioggia torrenziale, sul mitico Galibier, a 50 km dalla fine, sulla penultima salita, Marco parte. “Un attacco annunciato” come lo definirà Cristiano Gatti, ospite della Rai. Perché ormai l’attacco di Pantani era parte dello spettacolo delle frazione di montagna. Qualcosa di atteso. Che vagava nell’aria. E così un uggioso pomeriggio di luglio francese entra nella leggenda grazie a Marco Pantani, che plana in discesa e va a vincere con 9’ di vantaggio su Ullrich. Una doppietta Giro-Tour che lo manda nell’Olimpo dello sport. Perché Pantani non è stato solo uno dei più grandi ciclisti di sempre. E’ stato uno dei più grandi sportivi di sempre. Uno capace da audience da finale di mondiali di calcio. Uno capace di entrare nel cuore delle persone. Un campione capace di far innamorare del ciclismo anche quelli che non avevano a casa un nonno capace di trasmettergli la passione per questo meraviglioso sport. Questo era Marco Pantani per chi è nato agli inizi degli anni ’80. 

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    Chi era Marco Pantani: resta per sempre il simbolo del ciclismo

    Sono passati  venti anni da quel tremendo 14 febbraio 2004: quel giorno morì Marco Pantani. Ma il “Pirata” resta vivo più che mai: è e resta il ciclismo, la sua fatica, la sua sofferenza e le sue imprese mitiche
    PANTANI PER SEMPRE: LO SPECIALE

    Vent’anni sono tanti o non sono nulla. Il tanto può essere riferito a quel lasso di tempo che intercorre dalla data…14 febbraio 2004. Il nulla riguarda il valore personale del ricordo e quello pubblico delle sue imprese. Se torno a quella maledetta data di venti anni fa e che celebra la festa degli innamorati, non è altro che un brivido lungo la schiena, lo stesso che avevo quando, con mani basse sul manubrio, Marco Pantani scattava appena la strada saliva. Ora quel brivido e urlo di letterale gioia mi si strozza in gola, diventa un macigno, un vero e proprio uragano, un maledetto vortice emotivo di immane tristezza ed angoscia. Quel giorno facemmo “nuda cronaca” quando invece volevamo solo piangere. Una giornata, serata, passata a dare informazioni, all’epoca Sportime, il primo tg di SkySport, senza sosta e senza soluzione di continuità vista la gravità dell’episodio. Quel giorno raccontammo, annientati dal dolore, tutte le sue vittorie, tutte le sue gesta, tutti i suoi momenti ripercorrendo passo dopo passo la sua vita, assai breve e per certi versi triste e drammatica come epilogo. 

    Le tante domande
    Così si è celebrato il campione, così si è omaggiato il personeggio con mille domande sulla sua fine. Un turbinio di emozioni e sensazioni che frullano nella testa nel bene e nel male. Ora è indubbio che si è detto, scritto, visto e non visto anche troppo. Di considerazioni e ragionamenti ve ne sono ed eccome ma di Marco Pantani è bello e doveroso ricordare altro. Certo è che tra inchieste, processi, sentenze, appelli, indiscrezioni, verità nascoste, scoop o simili, rilievi, pareri, confessioni, rivelazioni, ipotesi e tanto ma tanto altro ci hanno inondato, sommerso e troppe volte annientato. E ancora, avvocati, famiglia, manager, sostenitori, denigratori, amici o finti tali, fans, tifosi, malavitosi, ergastolani, corrieri, fidanzate, parenti, psicologi, criminologi, esperti, tuttologi e…non so chi altro sono intervenuti con perenni dichiarazioni, supposizioni, congetture e deduzioni. Un vero mistificante frullato del nulla. Non voglio dire che non bisogna arrivare alla verità o rispondere ai tanti perché, ci mancherebbe…ma ne sono uscite troppe, mai chiare e francamente poco edificanti per la sua Memoria, maiuscolo. 

    Una cosa è certa. Marco Pantani quel giorno è morto. Marco Pantani non c’è più da quel 14 febbraio del 2004. Marco Pantani, quell’omino con la testa luccicante al sole, che diventa un gigante sulla bici non è mai morto. Come tutti i grandi, le leggende e i miti, Marco Pantani corre sempre nei ricordi e nella memoria di tutti. Mi ha fatto un gran piacere i recenti paragoni che hanno avvicinato la popolarità di Sinner ad Alberto Tomba, Valentino Rossi e… Marco Pantani. Ecco perché non manca, è sempre lì mani basse smorfie all’ultimo tornante e poi il colpo di pedale, quello con cui staccava tutti diveniva più soffice e morbido sotto lo striscione dell’arrivo. Marco Pantani è ed era il ciclismo, quell’eroe che si esalta solo al vedere in lontananza la montagna. Una sfida infinita: “Vado così forte in salita per abbreviare la mia agonia”. Ecco chi era Pantani. Abbiamo tutti presente che cosa ha fatto con la maglia Carrera e qualche capello in testa o con i colori della Mercatone di Luciano Pezzi con bandana ed orecchino. Giro e Tour. Ha vinto poco o molto per troppo poco tempo…inizi da giovane gregario e spalla di campioni come Chiappucci poi libero di interpretarsi con pezzi di autore, poi i tanti incidenti le tante ripartenze i regolamenti e la lotta con sé stesso. Il suo vissuto è una sorta di continuo saliscendi e in questo si inserisce anche il nostro racconto. Ci ha portato ed accompagnato su tante strade, ha fatto tifare tutta l’Italia senza distinzione di età, ci ha fatto scoprire il concetto dell’impresa, della sofferenza, della solitudine del numero Uno. Ecco chi era Pantani, attore protagonista di un film con ragazzo innamorato della bici. Il suo cavallo alato che lo liberava dalle sue angosce era un ragazzo libero quando cavalcava la sua bici. Si aspettava Marco Pantani, dalla Tv le immagini uscivano con la voce rotta di Adriano De Zan e di un giovane esordiente Davide Cassani, un racconto di esaltante epopea di un quasi antico ciclismo. Record di ascolti e di presenze agli arrivi e sulle strade. Ecco chi era Marco Pantani. I suoi gesti, il suo rituale era la preparazione a quello che attendevi…scatti e controscatti per stroncare chiunque, il popolo ciclistico in visibilio, il suo autografo per il ricordo perenne. Ecco chi era Marco Pantani. Il suo sguardo sfuggente ed impaurito quando aveva intorno troppa gente mi è sempre presente. Il suo sorriso liberatorio ad occhi chiusi e braccia larghe sotto i traguardi è stampigliato nella mia memoria. La rabbia per l’ennesima rinascita e i pugni al cielo sono per me indelebili. Strade, salite, strappi, discese, curve e tornanti, ogni metro percorso sono i suoi lasciti. “Per vincere Pantani non ha bisogno del Doping, ha bisogno delle salite”, diceva in terza persona, quanto è vero Marco. Mi permetto di passare al tu per quelle volte che abbiamo pedalato insieme e per le tante che ti ho raccontato anche nel finale di quel pantano della vita reale. Immagini, foto, maglie raccontano il piccolo grande uomo. 20 anni che non cambiano le nostre emozioni.
    Ecco chi era Marco Pantani.

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    Ciclismo
    Le vittorie di Pantani a Giro e Tour

    A vent’anni dalla sua morte, ricordiamo le imprese del ciclista romagnolo sulle strade del Giro d’Italia e del Tour de France, vinti con una storica doppietta nel 1998. Dalle scalate dell’Alpe d’Huez al miracoloso recupero di Oropa, dai successi a Les Deux Alpes e all’Aprica fino agli ultimi acuti sul Ventoux e Courchevel, ecco le immagini che hanno fatto la storia del Pirata
    PANTANI PER SEMPRE: LO SPECIALE

    1994, MERANO E APRICA: IL MONDO CONOSCE MARCO PANTANI

    L’esuberanza di Marco Pantani si palesa al mondo alla prima vera occasione: il 24enne romagnolo fa impazzire l’Italia vincendo due tappe al Giro 1994 con gli arrivi a Merano e all’Aprica, salendo anche sul podio al 2° posto dietro alla maglia rosa Berzin 

    1998, COMINCIA LA SCALATA ALLA CLASSIFICA A PIANCAVALLO

    Piuttosto in ombra nei giorni precedenti, Pantani comincia la sua rincorsa alla vetta della classifica generale e alla maglia rosa, indossata dallo svizzero Zulle: il Pirata vince la 14^ tappa a Piancavallo

    LA PRIMA VITTORIA IN MAGLIA ROSA A PLAN DI MONTECAMPIONE

    Già in maglia rosa, il Pirata certifica di fatto il successo in quel Giro con l’arrivo in solitaria a Plan di Montecampione nella 19^ frazione

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    Marco Pantani, la ricostruzione delle inchieste sulla morte il 14 febbraio 2004

    La tragica fine di Marco Pantani coincide con l’inizio di un iter giudiziario intensissimo ed ancora in corso. Sono tre le inchieste che riguardano la sua morte, l’ultima iniziata lo scorso anno ed ancora in corso. Alle quali si somma quella della Procura di Forlì per i fatti di Madonna di Campiglio del giugno 1999. Una salita impervia quella affrontata da mamma Tonina, che non si è mai arresa davanti all’archiviazione delle prime due inchieste riminesi, con la Procura romagnola sempre convinta che non si trattò di omicidio quella notte di San Valentino del 2004 nella stanza D5 del residence Le Rose, sito nel controviale del lungomare riminese, ma di morte causata da abuso di un mix di farmaci e cocaina. Quella che Pantani aveva acquistato dagli spacciatori Veneruso e Miradossa, che abitavano in un appartamento situato dall’altro lato della strada rispetto al residence, proprio prima del decesso. La prima indagine, quella successiva alla morte e al suo clamore mediatico, fu gestita dal pm riminese Paolo Gengarelli. Che a distanza di anni sottolinea come le indagini si basino esclusivamente su fatti concreti e prove evidenti, sempre mancanti anche nelle inchieste successive, confermando però anche la legittimità dei dubbi sulla morte del Pirata. Perché il ritrovamento del corpo e della stanza non possono non farne sorgere. Alcune tumefazioni sul volto e sulle braccia di Marco, il totale disordine trovato in stanza, col lavandino del bagno staccato dal muro, lo specchio del bagno appoggiato per terra, l’armadio del salotto piazzato davanti alla porta d’ingresso, chiusa dall’interno, cocaina per terra e inserita in un bolo di mollica ritrovato di fianco al cadavere. E ancora: le chiamate di Pantani in reception “denunciando” rumori e gente che gli stava dando fastidio, anche se quando poi gli inservienti dell’hotel si presentarono a bussare Marco li mandò via senza permettergli di entrare. I rumori sentiti dai vicini della D5, e coi quali Marco aveva in precedenza avuto un breve e pacifico colloquio. Le telecamere di sorveglianze non funzionanti davanti all’ingresso del retro dell’albergo, al quale si poteva accedere anche dal piano garage senza quindi dover passare davanti alla reception. I due giubbotti invernali che Pantani si portò a Rimini da Milano, da dove era partito nei giorni precedenti al decesso dopo l’allontanamento dall’appartamento della sua manager, Manuela Ronchi, dalla quale aveva pernottato per qualche giorno nei primi giorni del febbraio 2004, mai ritrovati all’interno del residence Le Rose. Dubbi e perplessità che hanno portato all’apertura di una seconda indagine, nel 2014. L’ipotesi era omicidio, l’accusa contro ignoti. Col titolare, Paolo Giovagnoli, che prima ammette la riapertura del caso e poi, a distanza di mesi, ne chiede una nuova archiviazione. Nonostante una perizia di parte del professor Avato smentisse la precedente, successiva al decesso, del professor Fortuni, e ulteriori tematiche, anche relative agli errori commessi dagli inquirenti durante la prima inchiesta, fossero venute a galla. Secondo Giovagnoli, che basava il suo giudizio anche sulla perizia svolta dal professor Tagliaro, perito terzo chiamato in causa proprio dagli inquirenti, non erano emersi elementi nuovi che facessero pensare ad un omicidio. 

    L’inchiesta sui fatti di Campiglio
    Nel frattempo, e in parallelo, a Forlì si indagava nuovamente anche sui fatti di Campiglio. Dopo la rapida archiviazione dell’inchiesta del ’99 a Trento, nel 2016 la pm Lucia Spirito apre un nuovo fascicolo sull’ipotesi di associazione per delinquere finalizzata alla frode e truffa sportiva. Alla base le dichiarazioni di Renato Vallanzasca dal carcere, informato da ambienti vicini alla Camorra che “il pelatino” (Pantani) non vincerà il Giro del 1999. Cosa sportivamente impossibile, visto che Pantani a due tappe dal termine aveva un vantaggio abissale nei confronti del secondo in classifica, ma poi realmente accaduta. L’ematocrito analizzato dai tre medici nell’albergo di Madonna di Campiglio che ospitava Pantani e la Mercatone Uno nella notte precedente alla penultima tappa di quel Giro, era superiore a 50 (51.9 per l’esattezza), quota ritenuta limite per la sicurezza della salute degli atleti. Limite superato che non gli permise di concludere quel Giro, oltre a gettarlo moralmente in quell’abisso dal quale non sarebbe poi più uscito. Secondo Vallanzasca quella provetta, neanche scelta da Pantani che invece ne aveva diritto, era stata “taroccata”. In pratica, visti poi i valori ematici, ci potrebbe essere stata una deplasmazione del sangue presente. Si toglie una parte volatile che si trova sopra il plasma prelevato, e come conseguenza la densità del sangue stesso cresce fino a sforare i limiti. Prove ne sarebbe stata la drastica diminuzione delle piastrine, crollate in quel test ad un valore da persona gravemente malata, non certo di chi ha dominato tre settimane di massacranti saliscendi per l’Italia, montagne comprese. E il fatto che un professionista come Marco non avesse sotto controllo i suoi livelli ematici da primissimo in classifica, con la certezza quindi di un controllo, e a due giorni dalla fine del Giro è onestamente non credibile. Dubbi enormi quindi, decisamente maggiori rispetto alle altre indagini. Ma anche in questo caso, nonostante il rinvio degli atti alla Procura antimafia di Napoli, è arrivata una nuova archiviazione per l’inchiesta, disposta dal gip Monica Galassi, fermata stavolta dalla prescrizione del reato ipotizzato.

    La terza inchiesta sulla morte
    E ancora, nel 2021, una terza inchiesta sulla morte di Marco. Sempre a Rimini, sempre su iniziativa di mamma Tonina: che mai si è arresa e mai lo farà. Nuove testimonianze, una ventina, nuovi approfondimenti che però anche in questo caso non sembrano portare ad un finale diverso. Molte le imprecisioni riscontrate nei racconti e nelle testimonianze, alcune poco credibili o addirittura inventati. Oltre ad una tempistica, a quasi vent’anni dal decesso, che non aiuta. In un iter giudiziario complesso e lungo vent’anni. Proprio come il ricordo, che al contrario non avrà mai archiviazione, del campione di Cesenatico. LEGGI TUTTO