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    Autodromo di Monza: il nuovo look del circuito per il centenario!

    Per i 100 anni della sua attività, il circuito di Monza cambierà il suo aspetto e sarà ancora più veloce. Eliminazione di una variante, modifica della 2° di Lesmo e allargamento della sede stradale. Ma anche ammodernamento della tribuna principale, allargamento dei percorsi di accesso al circuito per pedoni e mezzi, e ristrutturazione della storica […] LEGGI TUTTO

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    Charles Leclerc ha lasciato un segno in Alfa-Sauber. Farà l’impresa anche in Ferrari?

    I riflettori si sono accesi su Charles Leclerc, o sarebbe meglio dire che Leclerc ha acceso i riflettori su di sé? L’incredibile impatto mediatico per i suoi primi giri ad Abu Dhabi a bordo di una Ferrari è la conseguenza di una stagione straordinaria del talento monegasco. Il miglior crono tra i piloti impegnati nei test Pirelli poco rivela sul piano sostanziale, ciò che conta è la determinazione mostrata in pista da Leclerc in Alfa-Sauber nel 2018.

    Un debutto da predestinato
    Il debutto di Charles Leclerc in Formula 1, è conciso con il ritorno dell’Alfa Romeo nel Circus più prestigioso del Motorsport. Il progetto del Biscione, dopo oltre 30 anni di attesa, è stato fortemente voluto da Sergio Marchionne. Il compianto manager italo-canadese ha scommesso sulla rinascita di un marchio storico italiano in F1 e sul talento di Charles.Dopo un campionato da assoluto protagonista della Formula 2 coronato con il titolo piloti, Leclerc si è affacciato alla F1 con l’appoggio della Ferrari Driver Academy.
    A soli 20 anni, Charles Leclerc si è dovuto confrontare con un pilota maturo e costante come Marcus Ericsson. Lo svedese, all’attivo quasi 100 Gp in carriera in F1, si è rilevato un discreto team-mate ma non ha retto il ritmo del compagno debuttante in Alfa-Sauber.
    Il confronto in Alfa-Sauber
    Charles Leclerc ha vinto, nella sua prima stagione in F1, il confronto con il suo compagno di squadra all’Alfa-Sauber. Trentanove i punti di Leclerc al termine del campionato 2018 rispetto ai nove di Marcus Ericsson. Una differenza che diventa ancora più lampante se si considerano i piazzamenti. Lo svedese non è mai riuscito ad andare oltre la nona posizione. Leclerc per ben 4 volte ha conquistato la settima piazza ed addirittura un sesto posto a Baku. In molti appuntamenti della stagione 2018 Charles Leclerc è stato “il primo degli altri”. Dietro alle inarrivabili Mercedes, Ferrari e Red Bull, il pilota dell’Alfa-Sauber ha avuto la costanza di rendimento di un pilota navigato. Su tutti i tracciati, Leclerc ha dimostrato grande solidità e si è calato alla perfezione nel ruolo di prima guida del team svizzero.
    Marcus Ericsson lascerà il sedile che ha occupato per quattro stagioni per far posto al campione del mondo 2007 Kimi Raikkonen e l’italiano Antonio Giovinazzi, restando comunque terzo pilota dell’Alfa-Sauber. Il 28enne svedese, inoltre, sarà protagonista con il team Schmidt Peterson Motorsport di IndyCar.
    Leclerc ha fatto venire il mal di testa al suo vicino di garage nel 2018. L’annuncio della passaggio in Ferrari, post Gp Monza, ha spinto Charles ad un finale di stagione ancor più competitivo. Il classe 1997 non ha mostrato alcun timore di diventare il secondo più giovane pilota della storia Ferrari. Il messicano Ricardo Rodriguez, infatti, riuscì nell’impresa di esordire sotto i 20 anni, ma da invitato al Gran Premio d’Italia del 1961 e nelle vesti di pilota occasionale della scuderia di Maranello.

    Lasciare il segno
    “Non andrò in Ferrari solamente per imparare. Difatti se la monoposto sarà competitiva voglio lottare per il titolo” ha dichiarato Leclerc ma con la piena consapevolezza che “se il prossimo anno non dovessi andare abbastanza bene, dovrei essere sostituito dalla Ferrari e sarebbe qualcosa che capirei assolutamente. È così che la vedo. Se dimostrerò di andare bene meriterò di stare lì, viceversa meriterò d’essere scaricato. Questo penso tolga molta pressione dalle mie spalle”.
    Il neo pilota della Ferrari ha le idee chiarissime. Darà tutto nel 2019 nella speranza di rimanere al vertice della F1. Il futuro compagno di squadra di Leclerc sarà il quattro volte campione mondiale Sebastian Vettel. Per quanto il tedesco non abbia concluso il mondiale 2018 nello stesso modo con cui lo aveva iniziato, per Leclerc il confronto con Vettel in Ferrari sarà serrato.
    “Non ho intenzione di fare il secondo accanto a Sebastian Vettel. Sono orgoglioso di poter fare esperienza accanto a un campione del mondo – ha annunciato Leclerc – ma farò di tutto per batterlo”. LEGGI TUTTO

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    I 12 siti di Formula 1 più visitati in Italia: la classifica completa!

    Con il mondiale 2018 di Formula 1 in archivio, è tempo di bilanci. Team e piloti, durante la pausa invernale, avranno tempo di ripensare al campionato che si è chiuso ad Abu Dhabi e di preparare al meglio il prossimo anno. Come loro anche per noi di CircusF1 è tempo di fare il punto su questo intenso 2018 e di scaricare a terra le tante novità che abbiamo in serbo per affrontare al meglio la nostra stagione numero 23.

    E’ passato qualche anno infatti da quel lontano 1997, anno in cui pubblicammo il nostro primo sito web e il nostro primo articolo. Durante tutta la stagione 2018, come di consueto, vi abbiamo tenuto compagnia con i nostri LIVE, i nostri commenti, approfondimenti e abbiamo aggiornato puntualmente la classifica mondiale piloti e costruttori.
    Oggi però vogliamo condividere con voi una classifica un po’ diversa: quella dei siti italiani che trattano di Formula 1. Molti di voi infatti ci hanno manifestato l’interesse di conoscere quali siano i siti più visitati nel panorama web italiano. E allora, eccovi accontentati.
    Qui a fianco potete trovare la classifica di 12 siti italiani. Il ranking è su base visite, i dati sono relativi al mese di settembre 2018 e la fonte è Similarweb.
    Il gradino più alto del podio è occupato da FormulaPassion.it che, con 3,89 milioni di visite/mese ha preceduto la versione italiana di Motorsport.com (1,66 milioni) e F1GrandPrix.it (885 mila visite/mese), la sezione dedicata alla Formula 1 di Motorionline.
    Stando sempre a Similarweb, il 4° posto è occupato da Autosprint che, con 661.136 visite ha preceduto il nostro sito (CircusF1.com) che ha totalizzato ben 348.481 visite/mese.
    Dalla sesta alla dodicesima posizione troviamo nell’ordine F1AnalisiTecnica.com, F1InGenerale.com, P300.it, F1Sport.it, F1World.it, NewsF1.it e LiveGp.it con un numero di visite/mese che vanno dalle 142.439 del sito di tecnica di Cristiano Sponton alle 30.494 del sito di Marco Privitera.

    Lasciateci però fare qualche considerazione su questi dati. In primo luogo alcuni dei siti in elenco non trattano solo di Formula 1 ma anche di altri sport motoristici: FormulaPassion, Motorsport, Autosprint, P300 e LiveGp affrontano varie categorie del motorsport e alcuni di questi spaziano anche su tematiche più automotive, a differenza degli altri che “parlano” al 100% di Formula 1, come chiaramente indica anche dal nome del dominio. In secondo luogo la metrica utilizzata, fonte Similarweb, potrebbe differire dai dati che ogni editore conosce e che derivano invece dai sistemi censuari presenti sui siti (es. Google Analytics).
    Proprio per questo, noi di CircusF1, tendiamo a leggere questi dati in modo relativo. Fatte 100 le visite al nostro sito, possiamo dire che generiamo un traffico superiore al 50% rispetto a quello di una testata come Autosprint, 2,5 volte quello di F1AT, 10 volte quello di LiveGp e così via.
    Infine, approfittiamo di questo articolo, per citare ancora una volta chi ha il merito di questo grande risultato per il nostro piccolo blog, ovvero le grandi firme di CircusF1 che, anche quest’anno hanno unito professionalità e passione per raccontarvi l’emozione di questo fantastico mondo che è il Circus della Formula 1.
    E allora un grosso applauso per:
    Laura Di NicolaGreta BassiPaolo PellegriniAlessandro PradaGianluca D’AlessandroMarco CornagliaSimone NencioniMirko RovidaLoris PreziosaAlessandro LivraghiMattia LivraghiSimone BettiniDavide RussoEdoardo SanfilippoNicola ScagliaRosario Giuliana

    Meritano una citazione anche FormulaHumor e Manuela Brigante per i loro contributi!
    Ci siamo dimenticati qualche sito? Scriveteci o lasciate un commento e vedremo di aggiungere, se possibile, i dati mancanti.
    Per saperne di più sulla metodologia di Similarweb, clicca qui. LEGGI TUTTO

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    Porsche e Honda: la scelta dei motori raffreddati ad aria in Formula 1

    Esistono molteplici soluzioni tecniche che, erroneamente, vengono ritenute obsolete, superate, antiquate o, come si dice oggigiorno, “non tecnologiche”. In realtà, si tratta di soluzioni tanto semplici quanto redditizie, sovente impiegate da numerosi decenni ma poi abbandonate e, pertanto, considerate non più all’altezza della moderna tecnologia.

    I motori raffreddati ad aria rientrano in questa categoria, considerati, appunto, ormai vetusti e non adatti a motori ad alte prestazioni. Eppure, le cose non stanno così. Anzi: i motori raffreddati ad aria da competizione hanno palesato prestazioni e affidabilità all’altezza dei più diffusi propulsori raffreddati a liquido.
    In Formula 1, due grandi Case hanno esplorato il territorio dei motori da competizione raffreddati ad aria: Porsche e Honda.  I motori raffreddati ad aria, in passato, hanno trovato terreno fertile anche e soprattutto nella produzione di serie. Basti pensare, solo per citare tre icone della motorizzazione di massa mondiale, alla Volkswagen Typ 1 (il famoso “Maggiolino”), alla FIAT Nuova 500 (1957-1975) e alle Porsche 911 (compresa la 993 lanciata nel settembre del 1993), vetture che, evidentemente, necessitano di ben poche presentazioni.
    Porsche, in particolare, ha fatto del motore raffreddato ad aria un proprio simbolo, ormai (purtroppo) consegnato alla storia del celebre e rinomato Marchio tedesco. Nelle corse riservate alle vetture a ruote coperte (Prototipi e Gran Turismo), la Casa di Zuffenhausen ha vinto, dominato per anni grazie a vetture spinte da propulsori raffreddati ad aria o misti (aria-acqua).
    Su tutte, ricordiamo le Porsche 917 del periodo 1969-1971 (motore tipo 912: 12 cilindri in V di 180° di 4500cc e 5000cc, eroganti rispettivamente oltre 525 CV e 640 CV a 8000 e 8300 giri/minuto), la Porsche 917/30 Can-Am (motore Tipo 912: 12 cilindri in V di 180°, 5347cc, due Turbo Eberspächer, pressione massima di sovralimentazione pari a 1,5 bar, potenza massima pari ad oltre 1100 CV a 8000 giri/minuto) e le Porsche 956 (1982) e 962 IMSA GTP (1984), modelli che negli Anni ’80 dominano il panorama Endurance grazie ai famigerati Type 935/76 e 962/70. Se la 956 Gruppo C presenta un 6 cilindri boxer (2649cc, 2 Turbo KKK K26, oltre 630 CV a 8200 giri/minuto) i cui cilindri sono raffreddati ad aria e le teste ad acqua, la originaria 962 IMSA GTP del 1984 è equipaggiata con un 6 cilindri boxer di 2869cc, sovralimentato mediante un singolo Turbo KKK K36, interamente raffreddato ad aria (cilindri e teste). Le prestazioni sono ugualmente esuberanti: oltre 680 CV a 8200 giri/minuto. Successivamente, le 962 Gruppo C1 adotteranno, a partire dalla seconda metà degli Anni ’80, 6 cilindri boxer raffreddati a liquido di cilindrata maggiorata.  
    Tutte le auto appena citate sono accomunate dal tipo di raffreddamento, ad aria, e dalla modalità con la quale esso si realizza, ossia ad aria forzata. Nelle 917 (parimenti agli altri Prototipi Porsche più o meno contemporanei della 917 o successivi, come ad esempio sulla 935), il raffreddamento ad aria avviene tramite una generosa ventola in fiberglass (vetroresina o fibra di vetro) posta orizzontalmente rispetto al motore e coricata tra le due bancate. Questa è azionata dagli ingranaggi della distribuzione (situati in posizione centrale) tramite apposite coppie coniche. Nella 956, la ventola di raffreddamento dei cilindri è posta davanti al motore in posizione verticale. Nella originaria 962 IMSA GTP, invece, la ventola è nuovamente coricata orizzontalmente tra le bancate (l’aria necessaria al raffreddamento arriva attraverso una vistosa NACA ricavata sul tetto della vettura).
    Il raffreddamento ad aria caratterizza anche le monoposto Porsche di Formula 1. Cinque i modelli impiegati dalla Casa tedesca tra il GP d’Olanda del 1958 ed il GP d’Olanda del 1964. In entrambe le occasioni, è Karel Pieter Antoni Hubertus (Carel) Godin de Beaufort ad aprire e chiudere l’avventura Porsche in F1: nel 1958 porta in gara la versione a guida centrale e con ruote coperte della RSK, nel 1964 è al volante della fida 718. Iconiche le sue vistose vetture iscritte sotto le insegne della privatissima Ecurie Maarsbergen, scuderia che prende il nome dalla città natale dell’aristocratico gentleman olandese. Il pilota dei Paesi Bassi, ancora al volante della 718, troverà la morte nel corso delle qualifiche del GP di Germania 1964 (Nürburgring).
    I modelli Porsche apparsi in Formula 1 sono i seguenti: la RSK a ruote coperte ed abitacolo centrale (3 GP: GP Olanda 1958 e 1959 con Carel Godin de Beaufort e GP degli Stati Uniti 1959 con Harry Blanchard), la Porsche Behra (realizzazione di Valerio Colotti commissionata dal pilota francese Jean Behra; la vettura appare in occasione dei GP di Monaco 1959, Germania 1959, Argentina e Italia 1960. A condurre la vettura, Maria Teresa De Filippis, Jean Behra, Masteg Gregory e Fred Gamble), la 718 (monoposto impegnata con continuità tra il GP di Monaco 1959 ed il GP di Germania 1964; a condurre la vettura in gara – sotto le insegne del Porsche KG, Porsche System Engineering, Ecurie Maarsbergen, Scuderia SSS Repubblica di Venezia e Scuderia Filipinetti –  Wolfgang von Trips, Edgar Barth, Hans Herrmann, Dan Gurney, Carel Godin de Beaufort, Jo Bonnier, Nino Vaccarella, Heini Walter, Gerhard Mitter), la 787 (vettura apparsa solo in quattro occasioni: GP Monaco, Olanda e Germania 1961 e Olanda 1962. I piloti sono Jo Bonnier, Dan Gurney, Edgar Barth e Ben Pon) e, infine, la 804, splendida e filante monoposto con la quale Porsche disputa 7 GP nel 1962 (Olanda, Monaco, Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia, Stati Uniti).

    Grazie a Dan Gurney, la 804 è in grado di vincere il GP di Francia sul circuito di Rouen-les-Essarts (8 luglio 1962) e di conquistare la pole-position del GP di Germania al Nürburgring (5 agosto 1962), corsa che il superlativo pilota statunitense chiude in 3a posizione.
    Dalla RSK alla 787 (auto progettate da Wilhelm Hild), la Porsche si affida al 4 cilindri boxer 547, nato nel 1954 e, ovviamente, raffreddato interamente ad aria forzata mediante una ventola posta verticalmente. Si tratta di un 1500cc aspirato le cui misure di alesaggio e corsa sono pari a 85 mm x 66 mm. Gli alberi a camme sono azionati da alberelli e coppie coniche. Il motore, piccolo, compatto ed interamente realizzato in alluminio, è un tripudio di alta tecnologia. Nel 1961, questo motore è in grado di erogare oltre 165 CV a 8500/9000 giri/minuto.
    Questo motore verrà rimpiazzato, nel 1962, da un altro boxer aspirato, ma ad 8 cilindri: il 753. La Porsche 804, infatti, è azionata dal nuovo flat 8 in alluminio raffreddato ad aria di 1500cc (dal 1961 al 1965, i regolamenti F1 ammettono esclusivamente motori aspirati di cilindrata minima di 1300cc e massima di 1500cc) e alimentato mediante 4 carburatori doppio corpo. I 4 alberi a camme (2 per ciascuna testa) vengono mossi ancora da alberelli e coppie coniche, l’albero motore presenta 9 cuscinetti di banco a guscio sottile, i cilindri sono singoli e con canne cromate, le bielle (lunghe 126 mm) in titanio, l’angolo tra le valvole (2 per cilindro) è di 72°, le valvole di scarico raffreddate al sodio. Le misure di alesaggio e corsa sono pari a 66 mm x 54,6 mm, il rapporto di compressione è di 10:1, la potenza massima attorno ai 185-190 CV a 9200 giri/minuto. L’8 cilindri 753 consente alla Porsche 804 di conseguire buoni risultati (con picchi di eccellenza nelle mani di Gurney), ma, in generale, il binomio 753-804 – frutto del lavoro di Hans Mezger e Hans Hönick – si rivela ancora globalmente e leggermente inferiore rispetto alla miglior concorrenza.
    Al livello sportivo, la Porsche non ottiene quei successi sperati in partenza (nei medesimi anni, Porsche è impegnata nelle corse riservate alle vetture di F2), pur ben figurando in una categoria – la F1 – inedita per la Casa germanica. 1 punto nel 1960 (frutto del 6° posto di Herrmann al GP d’Italia, Porsche 718), 22 punti (23 senza scarti) nel 1961 (ed ottimo 3° posto nella classifica Costruttori alle spalle di Ferrari – 40, 52 senza scarti – e Lotus-Climax, 32), 18 punti (19 senza scarti) nel 1962 e 5° posto nel campionato Costruttori alle spalle di BRM (42, 56 senza scarti), Lotus-Climax (36, 38 senza scarti), Cooper-Climax (29, 37 senza scarti) e Lola-Climax (19). Il miglior pilota è Dan Gurney, capace di conquistare il 4° posto nel Mondiale Piloti 1961 (21 punti, a pari merito con Stirling Moss, 3°, quell’anno al volante di Lotus 18, 18/21, 21 e Ferguson P99 della scuderia RRC Walker Racing Team) ed il 5° posto nel Mondiale 1962 (15 punti). L’impegno ufficiale di Porsche in Formula 1 si esaurisce all’indomani del GP degli Stati Uniti (Watkins Glen) del 1962. Nel 1963 e 1964, sarà la sola Ecurie Maarsbergen a portare in gara in forma privata, con Carel Godin de Beaufort e Gerhard Mitter, la anziana ma ancora valida Porsche 718. Nel 1963, fioccano altri 5 punti, gli ultimi raccolti da vetture Porsche (telaio e motore) in F1.  
    Nel 1968, ci prova Honda a riportare in auge un motore di Formula 1 raffreddato ad aria. Lo fa realizzando la tanto audace quanto controversa RA302. Yoshio Nakamura e Shoichi Sano progettano una vettura estrema, di una bellezza abbagliante, probabilmente tra le monoposto più accattivanti degli Anni ’60 (e non solo). Alla base del progetto della RA302 vi è un concetto tecnico molto semplice: la leggerezza. Nel 1968, la Honda schiera tre diversi modelli: la RA300 ereditata dal 1967, la RA301 e, infine, la RA302. La RA300 e la RA301 si dimostrano vetture competitive ma incostanti. In particolare, lamentano un’affidabilità sempre precaria e un peso eccessivo, ben superiore al peso minimo regolamentare, pari a 500 kg. La RA300 e la RA301 sono azionate rispettivamente dai motori RA273E e RA301E, entrambi 12 cilindri in V di 90°, aspirati e, come da regolamento, di 3000cc.
    La RA302 si discosta radicalmente dai precedenti modelli. La scocca è realizzata in pannelli di magnesio, metallo che conferisce estrema leggerezza alla struttura (la RA302 si attesta al di sotto del peso minimo regolamentare) ma anche una notevole infiammabilità. Un’altra caratteristica risiede nella disposizione delle masse: la vettura, assai compatta (il passo è di 2360 mm, tra i più contenuti: generalmente le altre auto si attestano su passi dell’ordine dei 2400 mm), presenta un abitacolo molto avanzato, facendo sì che il muso risulti particolarmente corto. Una impostazione concettualmente ineccepibile e all’avanguardia che, anni dopo, verrà enfatizzata con l’introduzione delle wing-car, tutte caratterizzate da musi cortissimi e posti di guida assai avanzati. Annegato nel corto muso, trova posto il compatto radiatore dell’olio.
    Allo scopo di risparmiare ulteriore peso, i tecnici nipponici optano per un motore raffreddato ad aria. Si tratta dell’Honda RA302E, un 8 cilindri aspirato in V di 120° (angolo inedito e singolare per siffatto frazionamento) di 3000cc. L’eliminazione dei radiatori del liquido di raffreddamento e del relativo circuito avrebbe fatto risparmiare peso e limitato gli ingombri a beneficio della aerodinamica. A differenza degli efficienti motori Porsche raffreddati ad aria forzata mediante ventola, i tecnici Honda optano per un più classico raffreddamento ad aria – di cilindri e teste – attraverso una serie di semplici prese d’aria dinamiche poste ai lati dell’abitacolo. I cilindri sono alettati. Come sulle moto raffreddate ad aria, è il movimento del veicolo ad alimentare il flusso d’aria che dovrà raffreddare il motore. L’8 cilindri RA302E si rivela potente, tra i più potenti della stagione 1968: i dati indicano oltre 430 CV a 9500 giri/minuto. Il V12 di 60° Ferrari eroga oltre 410 CV a 10,600 giri/minuto. I V12 Honda raffreddati a liquido di pari epoca si attestano anch’essi sui 400-410 CV a 10,000-11,000 giri/minuto.
    I test, tuttavia, lasciano John Surtees – pilota Honda – perplesso. La vettura è ancora acerba, poco stabile, tremendamente ostica da guidare. Il motore, inoltre, tende a surriscaldare. Ma non è il motore a preoccupare, bensì la scocca. Il campione inglese suggerisce di realizzare una versione con scocca in alluminio, più sicura dell’infiammabile magnesio. Honda, però, è decisa a portare in gara la nuova, rivoluzionaria RA302. Surtees si rifiuta di guidare la nuova monoposto. Ma il dado è tratto. Honda sta per lanciare la 1300 (con motore raffreddato ad aria…) ed il GP di Francia, sul temuto tracciato di Rouen-les-Essarts, è una buona occasione per Honda France per intraprendere una vasta operazione di marketing. Saltato Surtees (che prenderà parte al GP al volante della RA301), la scelta ricade su Jo Schlesser, navigato ed apprezzato pilota francese.
    È il 7 luglio 1968. GP di Francia, circuito di Rouen-les-Essarts. Sono previsti 60 giri per un totale di 392,520 km (il bellissimo circuito francese misura 6,542 km). Schlesser qualifica la sua RA302 col 17° e penultimo tempo, ad oltre 8 secondi dalla pole-position di Jochen Rindt (Brabham BT26-Repco, Brabham Racing Organisation). Surtees piazza la sua RA301 al 7° posto, a poco più di 2 secondi dall’austriaco. Le condizioni meteo non sono ideali: piove. Al secondo giro, Schlesser perde il controllo della nervosa Honda RA302 alla curva “Les Six Frères”. L’auto si ribalta, il serbatoio della benzina si danneggia. L’incendio è inevitabile, ulteriormente alimentato dalla scocca in magnesio. Schlesser, intrappolato, è in preda alle fiamme. La corsa continua mentre Schlesser perisce. Surtees, in questo gioco di luci e ombre in casa Honda, termina il Gran Premio al 2° posto, alle spalle di Jacky Ickx (Ferrari 312/68).  
    Honda non molla. Il progetto viene modificato ed un secondo esemplare della RA302 appare in occasione delle prove libere del GP d’Italia, a Monza (8 settembre 1968), identificata come “T-Car #14”. Il pilota designato è ancora Surtees il quale, però, prenderà parte al GP al volante della RA301. Nuovo radiatore dell’olio, nuove prese d’aria, nuovi scarichi (8 in 4 anziché 8 in 2), alette Canard ai lati del muso, ala alta centrale sorretta da una trama di tralicci in corrispondenza del roll-bar (non presente a Monza). La rinnovata Honda RA302 non prenderà mai la via della pista in un GP. I piloti – ad iniziare da un furibondo e scettico Surtees – si rifiutano di guidare una vettura da tutti giudicata eccessivamente pericolosa. Termina nel peggiore dei modi la breve e negativa carriera della Honda RA302. Oggi, possiamo ammirare l’esemplare modificato e mai impegnato in un Gran Premio presso l’Honda Collection Hall.
    L’insuccesso della Honda RA302 e la morte di Schlesser non sono imputabili, ovviamente, al V8 raffreddato ad aria. Una non perfetta tenuta di strada, una scocca particolarmente critica in caso di incidente e l’immancabile fuoco – autentico demone in grado di mietere vittime sino agli Anni ’70 inoltrati – hanno sancito la prematura fine della avveniristica RA302, vettura dall’innegabile potenziale.
    Porsche e Honda: due Case blasonate, due diverse interpretazioni di motori raffreddati ad aria. Motori dalle prestazioni esuberanti (si pensi al biturbo della dominatrice 917/30 Can-Am) che nulla hanno da invidiare ai più diffusi motori raffreddati a liquido. Questione di scelte, alternative. Oggi sarebbe possibile realizzare motori ad alte potenze specifiche raffreddati ad aria? La risposta è sì. Anzi, probabilmente – con tanti anni di ulteriore evoluzione tecnica in cascina, ad iniziare dai materiali – è possibile realizzare motori da competizione raffreddati ad aria ben più efficienti di quelli risalenti agli Anni ’60, ’70, ’80.
    Di seguito, una galleria fotografica.
    Hans Herrmann al volante della Porsche 718 della Ecurie Maarsbergen, Zandvoort 1961.
    2 luglio 1961, circuito di Reims: Jo Bonnier (Porsche 718 #10, Porsche System Engineering) affianca la Ferrari 156 #50 di Giancarlo Baghetti. Dietro, la Lotus 21-Climax di Clark, quindi l’altra 718 condotta da Gurney. Sul velocissimo tracciato francese, le 718 di Bonnier e Gurney danno filo da torcere alle più potenti Ferrari. Bonnier sfiora il podio nelle ultime fasi della corsa, Gurney giunge 2° in volata dietro Baghetti.
    Il 4 cilindri boxer 547 installato sulla celeste Porsche Behra. Spicca la ventola di raffreddamento collocata verticalmente e avvolta dai condotti che portano aria a cilindri e teste.
    Nel 1962, la Porsche schiera la 804. Qui, la monoposto tedesca si mostra in tutta la sua bellezza. Spicca il motore 8 cilindri boxer raffreddato ad aria forzata mediante ventola orizzontale posta tra le due bancate.
    Dan Gurney e la sua Porsche 804 #30 ritratti in occasione del vittorioso GP di Francia 1962. Si apprezzano le linee pulite e moderne della vettura tedesca e la tipica ventola di raffreddamento azionata dal motore in posizione orizzontale. Questa impostazione rimarrà invariata su tutti i Prototipi Porsche Anni ’60 e ’70.
    La originaria Honda RA302, colei che prenderà parte al tragico GP di Francia 1968. Si notano gli scarichi: ogni bancata di 4 cilindri confluisce in un singolo terminale di scarico.
    Jo Schlesser impegnato sul tracciato di Rouen-les-Essarts al volante della ostica Honda RA302. La vettura, di una bellezza estrema, appare compatta e moderna, anche grazie all’eliminazione del radiatore dell’acqua. Si notano le grandi prese d’aria di raffreddamento del motore che scorrono ai lati dell’abitacolo. Sfortunatamente, la vita di Schlesser si interrompe tra le fiamme della sua Honda RA302.

    La breve e controversa carriera sportiva della Honda RA302 termina in quel di Monza. In foto, la rinnovata RA302 parcheggiata ai box e con Surtees alla guida. Infine, la RA302 modificata esposta all’Honda Collection Hall. Le modifiche più vistose riguardano l’aggiunta di alette Canard ai lati del muso, l’ala alta in posizione centrale, nuovi scarichi, nuovi radiatori, nuove prese d’aria di raffreddamento. Gli scarichi, nella versione modificata, confluiscono in due terminali per bancata (ciascuna coppia di scarichi confluisce in un singolo terminale). LEGGI TUTTO

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    Ufficiale: la Williams sceglie George Russell per il 2019. Il sogno di Kubica è più lontano

    E’ il sogno di ogni giovane pilota: arrivare a competere in Formula 1, lì dove gareggiano i migliori al mondo.Un’ambizione che è diventata da poche ore una dolce realtà per l’inglese George Russell, attuale leader del campionato di Formula 2 ed ingaggiato dalla Williams come nuovo pilota ufficiale per il 2019. Il 20enne, con alle […] LEGGI TUTTO

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    Lance Stroll scommette su Mick Schumacher: Può arrivare direttamente in F1

    E’ un Lance Stroll che, parlando controvoglia della sua stagione al volante della Williams, cerca di spaziare su vari argomenti nelle sue interviste, come quella riguardante la bellissima lotta nel campionato F3 Europeo tra l’illustre figlio d’arte Mick Schumacher e l’inglese Dan Ticktum, pilota nell’orbita Red Bull. Lo showdown sarà proprio questo week end ad […] LEGGI TUTTO