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Il tennis è sempre più uno sport per ricchi?

Un vecchio luogo comune vuole che il tennis sia uno sport destinato ai benestanti, sia quelli comodamente seduti sugli spalti ad applaudire sia quelli che possono permettersi una carriera da giocatore e scendere in campo. Se è vero che nel corso degli anni si è cercato di smentire questa leggenda metropolitana ultimamente si moltiplicano lettere e sfoghi di professionisti che affermano di non riuscire a coprire i costi sostenuti con i guadagni di un intero anno. Ovviamente non si parla dei super campioni della racchetta come Roger Federer e Rafa Nadal, loro a fine mese ci arrivano tranquillamente: il problema è che uscendo dalla soglia dei top 100/150, la vita si fa complicata per tutti.
Nel tempo i costi sono aumentati: spostamenti, logistica e i vari staff che includono oramai psicologi o mental coach sono non soltanto all’ordine del giorno ma rappresentano spese notevoli, ingenti.

Un supporto dovrebbe arrivare dalle varie Federazioni ma spesso, non è sufficiente: se è vero che lo sport è un terreno in cui generalmente le differenze sociali si azzerano, nel tennis tutto ciò salta tremendamente alla vista in negativo.
Anni fa ci pensò proprio una federazione, la USTA, a fare un pó di chiarezza su questi dati riguardo chi pratica il tennis negli Stati Uniti: in Nordamerica lo studio evidenziò come il tennis sia uno sport indirizzato a famiglie con un elevato livello d’istruzione (laurea), famiglie dove ovviamente il corso di studi è supportato da un importante potere capitale. E per chi comincia non è una spesa da poco tutto ciò che riguarda affitto dei campi, acquisto di attrezzatura e prime spese per viaggi legati all’attività: facile quindi che chi non possa sostenere tali spese desista, lasciando il campo libero ai piú abbienti. Differenze sociali che creano montagne insormontabili.

La disparità dei montepremi ripartiti è una delle cause principali della persistenza di tali problemi: eccetto le prove dello Slam in cui anche un primo turno frutta un bel gruzzoletto, la vita nel circuito può diventare davvero complicata. Il mercato con i suoi sponsor potrebbe in questo senso aiutare ma puntare sulla Cina e in generale sul mercato asiatico non ha ancora prodotto i risultati sperati, mentre quello statunitense perde spettatori e lascia interesse per la strada a favore di quegli sport di contatto in cui proprio le differenze sociali e familiari contano meno al momento di emergere e diventare un pro.
Il tempo ci dirà se le riforme in progress potranno aiutare o se il tennis resterà per molti una meta inarrivabile: un tennista fra i primi 100 del mondo non dovrebbe sopravvivere, dovrebbe garantirsi un futuro roseo.


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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