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Acqua San Bernardo Cantù: americani, serve di più!

Acqua San Bernardo Cantù: americani, serve di più!

Come da tradizione, gli Eagles non hanno mai smesso di incitare l’Acqua San Bernardo Cantù anche quando la voragine nel punteggio con Sassari assumeva le misure di una buca stradale della Capitale. Come da recente consuetudine (iniziata a memoria con la “squadra dei miracoli” di coach Marco Sodini), a dispetto del 70-87 finale tanti tifosi si sono raccolti a bordo campo per “dare il cinque” ai giocatori e non fargli mancare il loro affetto. Però… però così non va, non va proprio. Perché certo nessuno si aspettava che i ragazzi di Pancotto potessero giocarsela alla pari contro il Banco di Sardegna, così come in precedenza contro Reggio Emilia e la Reyer Venezia, ed è lampante che non sono quelle con le “top” del Campionato le sfide decisive per questa stagione di ripartenza, ma l’inconsistenza di gioco come di atteggiamento di tanti, troppi minuti lascia più di una perplessità. E l’impressione che l’Acqua San Bernardo stia  pagando tutti i dazi imposti dall’inesperienza del giovane roster, senza mai guadagnarne in sfrontatezza e imprevedibilità, che della gioventù possono risultare armi vincenti.

Le certezze, dopo cinque giornate di Campionato e alla vigilia della trasferta di Cremona, arrivano invece dalle statistiche: al momento il contributo degli americani è complessivamente insufficiente e in alcuni casi individuali addirittura deficitario. Partiamo da Cameron Young: è sì il “bomber” della squadra, ma a 10 punti di media a partita (il che la dice lunga su tutti gli altri) e soprattutto in netta picchiata realizzativa. Dopo gli exploit di Brindisi (22) e la buona prova con Reggio (16), se ne contano infatti 5 a referto con Venezia, 4 nel successo su Trento e solo 3 contro Sassari, con una percentuale complessiva del 38.5% da due e 30.8% nelle triple in 23′ di impiego. Che le difese avversarie abbiano deciso di imbrigliarlo, è chiaro; ma lo è anche il fatto che l’esterno nativo di Inglewood (le cui doti di tiratore sono certificate dall’ottimo pre-campionato e da un 55 a referto al college) non sta proprio trovando il modo di uscirne… E lo stesso vale per Corban Collins, arrivato nel nostro Campionato con la qualifica di secondo miglior marcatore del campionato svedese: certo in Scandinavia è difficile imbattersi nel tasso tecnico-tattico delle nostre difese, ma il diametro del cerchio del canestro è sempre quello e infilarci la palla con un fatturato di 6.6 punti a partita (più 1.4 assist in 19′ di utilizzo) è indice della necessità di adeguarsi alla svelta ai nuovi standard, tanto più che anche nel suo caso non mancano le qualità per farlo. Discorso invece del tutto diverso, e per certi versi più preoccupante, per Wes Clark: preso proprio con il compito di dare esperienza alla squadra dopo l’ottima stagione vissuta a Brindisi, difetta non tanto per la media di 6.6 punti e 4.2 assist in 27′ sul parquet, quanto invece perché sinora non l’abbiamo mai visto far valere la sua leadership in regia.

Se il perimetro langue (e quel 27.1% da oltre l’arco è anche la voce che più condanna Cantù a essere sinora il peggior attacco del Campionato), nel colorato le cose vanno un pochino meglio. Ma non benissimo: i 9.8 punti a partita in quasi 24′ di Jeremiah Wilson (portoghese di passaporto, ma americanissimo di scuola) lo mettono infatti al secondo posto tra i realizzatori in maglia Acqua San Bernardo, però i 4.2 rimbalzi denunciano una presenza sotto i tabelloni al di sotto del richiesto. Migliore il tabellino di Kevarrius Hayes, con 9.4 punti e 9 rimbalzi ad allacciata di scarpe, più 2.2 stoppate che sono la specialità della casa. Tuttavia, anche per il talento proveniente dall’University of Florida serve una crescita della presenza in area e un veloce adeguamento (anche in cattiveria) a quanto richiesto dai duelli con i “vecchi” marpioni che frequentano le aree del nostro Campionato. Medesimo sforzo è richiesto a Jason Burnell, anche lui alla prima stagione professionistica e alla prima esperienza lontano dagli States: perché quei 5.4 punti e 4.4 rimbalzi in 21′ sono un “lusso al ribasso” che Cantù non si può permettere nel suo spot di ala forte. 

In tutto questo, la nota positiva arriva dal gruppo degli italiani, che nelle prime cinque partite (con il bilancio di due vittorie e tre sconfitte) hanno prodotto circa il 30% dei punti totali: 20 sui 67.6 di media. A spiccare è soprattutto Andrea Pecchia (viaggia a 8.6 punti, 3.4 rimbalzi e 1.4 assist), mentre Andrea La Torre è stato tra i pochissimi a salvarsi per atteggiamento prima ancora che per tabellino (13 in 21′) nella débâcle con Sassari e Alessandro Simioni è stato fondamentale (12 punti) tanto quanto Pecchia nel successo su Trento. Cifre interessanti e incoraggianti, ma perché il fatturato sia davvero positivo (e cioè arrivino i due punti almeno nelle sfide con le squadre di fascia media) al “made in Italy” devono aggiungersi i canestri d’importazione. Quelli “made in Usa”.

Paolo Corio

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