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Aus Open: Djokovic-Nadal, le chiavi della finale

Uno schema che più volte Nadal ha eseguito nell’ultimo precedente, favorito anche dal rimbalzo basso dell’erba di Wimbledon. Sul primo back Djokovic gioca il rovescio in lungolinea ma rallenta la velocità per alzare la traiettoria sopra la rete; sul secondo invece è costretto a giocare in diagonale perché la palla è troppo bassa, e Nadal è pronto come un rapace.

Rispetto alla semifinale di Wimbledon, Nadal forse eseguirà sia meno volée che meno palle corte, per l’ovvio motivo che il cemento – seppur rapido – non contribuisce a tenere bassi entrambi questi colpi. In generale, però, la sua partita passerà soprattutto attraverso un gioco propositivo, a sublimare questa ultima versione dello spagnolo che piace sempre di più anche ai puristi del tennis più classico. Anche l’inserimento dello shot clock non sembra aver turbato più di tanto Nadal, che forse lo ha reso più istintivo e fluido sul campo. Fuori dalla terra battuta Nadal ha perso le ultime 8 sfide contro Djokovic, che non batte sul cemento da un’altra finale Slam, al lontano US Open 2013. I progressi enormi al servizio e al rovescio, in anticipo e lungolinea, lo hanno reso un giocatore più performante sul veloce e più vicino a battere il serbo anche a Wimbledon: la finale di Melbourne, pur rimanendo una partita complicata, potrebbe essere il momento per sfatare questo pesante tabù.

Cosa può favorire Djokovic

Novak Djokovic rimane comunque il leggero favorito di questa finale. Rispetto a Nadal ha avuto più buchi di rendimento nel torneo – soprattutto contro i giovani Shapovalov al terzo turno e Medvedev agli ottavi – ma ha convinto di più nei quarti, anche se contro un acciaccato Nishikori, e in semifinale contro un Pouille forse troppo arrendevole. In ogni caso è impressionante la naturalezza con cui il serbo si muove su questa superficie, paragonabile al feeling che Nadal ha con la terra battuta. Un aspetto che lo rende ancora mezzo gradino sopra allo spagnolo nelle gerarchie sui campi duri – non sarebbe assurdo considerare Djokovic il giocatore più forte di tutti tempi su cemento.

L’arma più potente a disposizione di Djokovic su questa superficie è la capacità di giocare in anticipo, soprattutto di rovescio, che lo avvantaggia quando deve affrontare le rotazioni di Nadal – come lo era Davydenko, che vinse 5 scontri diretti su 6 sul cemento contro lo spagnolo. Al torneo di Montecarlo del 2013, ad esempio, nonostante la terra che fa saltare alto il top spin di Nadal, Djokovic nel primo set della finale riuscì a colpire la palla a un’altezza media di 1,06 metri – quindi all’altezza ideale, quella del bacino – mentre gli altri avversari dello spagnolo nel torneo colpirono le loro palle a un’altezza media di 1,28 metri.

L’anticipo e la tecnica sul rovescio hanno permesso a Djokovic di riuscire spesso in carriera a tagliare le gambe a Nadal nello scambio, anche giocando i rovesci lungolinea. Come si vede nella grafica sotto, che si riferisce alla semifinale di Montecarlo 2015, Djokovic riusciva a effettuare efficaci lungolinea anche sulla terra, dove c’è più rischio che un lungolinea corto o debole schizzi di meno e sia più attaccabile in diagonale dall’avversario. Djokovic dovrà essere più preciso che in passato a giocare i rovesci lungolinea: Nadal riesce ora a tagliare molto meglio il campo e a ribaltare l’inerzia dello scambio giocando a sua volta il rovescio anticipato dalla parte destra.

Piuttosto lo spagnolo ha mostrato qualche crepa se pressato efficacemente sul dritto, perché la superficie rapida non sempre gli consente di completare l’ampia apertura. Anche in questo caso, però, il rovescio in diagonale dovrà essere sufficientemente incisivo perché Nadal ha migliorato in maniera incredibile il dritto lungolinea in corsa, rendendolo quasi una sentenza.


Fonte: https://sport.sky.it/rss/sport_tennis.xml


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