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La puntata di Cantieri Aperti 365 con Nicola Alberani

La puntata di Cantieri Aperti 365 con Nicola Alberani

Ancora un viaggio virtuale all’estero per il team di Cantieri Aperti 365 che in questa occasione ha varcato le alpi per andare a conoscere meglio l’avventura che si appresta a fare Nicola Alberani, da poco nominato direttore sportivo dello Strasburgo nella PRO-A francese.

“In questo momento sono ad Avellino con la mia famiglia in attesa di capire come si svilupperà in Francia, penso che ci si riattiverà per giugno, l’Alsazia è una regione molto colpita”

Dopo un anno sabbatico ritorna all’attività con un contratto particolare,  a tempo indeterminato: “Loro avevano in mente di inserire una persona nello staff in modo permanente, volevano aggiungere una persona, non un ospite. Hanno una mentalità diversa dalla nostra, ma anche un po’ dal resto della Francia, sono una città internazionale e vorremmo che questo spirito contagiasse un po’ il team, per questo oltre a me è stato anche confermato il coach finlandese. Anche se ho scoperto strada facendo che sapere il francese è stato fondamentale per prendere questo lavoro, visto che è proprio la lingua ufficiale”.

Il primo contatto è stato proprio quello con un mondo diverso per tanti aspetti, il primo è quello dell’organizzazione della lega: “Altissimo livello, ben più di quel che siamo abituati a vedere in Italia. Ad esempio i budget sono garantiti, nessuno può sgarrare, ogni tre mesi i direttori finanziari sono a Parigi a far vedere i conti. Se fosse così da noi forse potrebbero giocare solo 7 o 8 squadre, purtroppo. In Francia pagano le tasse su tutto, quindi poi il bugdet per i giocatori è relativo, ma è tutto sicuro e questa diventa una forza. Come lo è anche il concetto di proprietà dei club, noi a Strasburgo abbiamo 150 soci con un azionista di maggioranza relativa al 2%”.

La programmazione di come costruire la squadra: “In Francia offrire un contratto triennale è quasi il minimo, se ti presenti con un’offerta annuale non sei ritenuto serio. Hanno voglia di costruire su più anni, così quando ti approccio ad un giocatore poi devi essere davvero sicuro di prenderlo. I giocatori sono certamente più coinvolti, si devono sentire a bordo del team. ”

La differenza  è l’ottica in cui viene vista tutta l’organizzazione: “E’ diverso proprio l’approccio, in Francia lo staff viene visto come una risorsa, non come un costo. Da noi in Italia, a tutti i livelli, sono davvero poche lo società che hanno visione e non riescono a capire che avere 1 milione di euro di budget e grandi problemi organizzativi o averne 900.000 euro e tutto che funziona liscio forse è meglio la seconda opzione, anche perché poi spesso risolvere i problemi dopo ti costa pure di più. Il problema è proprio culturale nella nostra Italia”.

Un’offerta arrivata  in un momento difficile per il mondo: “Vero, infatti ho subito chiesto, da buon italiano, se poi questa situazione avrebbe potuto modificare le condizioni. Mi hanno risposto che invece servirò ancora di più adesso che siamo tutti in mezzo alla tempesta. E’ proprio diversa la visione, sarebbe bello che le squadre diventassero aziende, si lavorerebbe di più tutti quanti nello sport. Invece ci sono poche figure e questo indebolisce il sistema”.

Continuando con le differenze tra il torneo italiano e francese dà la sua idea: “In Italia il campionato è più fisico, duro, difensivo e speculativo, sicuramente in Francia però c’è un tasso atletico debordante. Ovvio che questo comporta qualche saliscendi maggiore durante la stagione, infatti non è un caso che le migliori squadre difensive siano quelle che hanno coach stranieri. Però l’accesso a atleti di tale strapotere fisico è davvero stimolante”.

E qui viene anche l’altra grande precisazione di Alberani su quel che si costruisce nel settore giovanile: “In Francia è una cosa serissima. Devi fare due squadre obbligatorie, l’Under20 e l’Under18. Ci sono altezze medie incredibili, se penso che noi abbiamo un pivot di 210cm e un play di 196cm e tutto è organizzato come una squadra vera. I ragazzi hanno una sorta di “paghetta”, dei tutor per lo studio, vitto e alloggio, e viaggiano con la prima squadra perché le partite si giocano in anteprima a quelle di Pro-A. Anche i coach hanno stipendi veri e con un minimo garantito. Spendi talmente tanto per queste cose che alla fine i giocatori vengono fuori per davvero”.  

Chiudiamo con un rammarico, il giocatore che avrebbe voluto firmare in questi anni italiani, ma che non è mai riuscito a portare a casa: “Sono due, ai tempi di Roma, Mike James dopo la grande annata ad Omegna, anche se è certamente un personaggio particolare, e poi ad Avellino, Will Clyburn, era perfetto per sostituire Nunnally, ci avrebbe dato una grande continuità nel ruolo”

Per chiudere la settimana esterofila venerdì 17 aprile alle 18.30 l’appuntamento sarà con Andrea Trinchieri, coach del Partizan Belgrado.

Fonte: http://feeds.pianetabasket.com/rss/


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