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LBA – Il vano esercizio di stabilire quali squadre al via nel 2020-21

LBA - Il vano esercizio di stabilire quali squadre al via nel 2020-21

Evidentemente c’è poco da scrivere sulla pallacanestro, di questi tempi. Da qualche giorno l’argomento più interessante sembrerebbe quello sul numero delle squadre che saranno al nastro di partenza della stagione 2020-21: 14? 16? 18?. In seconda battuta quali saranno quelle dentro e quelle fuori, con schiere di tifosi pronti al broncio via social (per usare un eufemismo) e alle polemiche “perché loro si e noi no?”.

Come se non bastasse, l’attuale incertezza rende speranzose le volontà di alcune società di A2 di guadagnare la massima serie senza aver ottenuto la promozione sul campo. Perché si a Torino e Ravenna, e no ad esempio a Biella, Forlì, Napoli, Tortona, Udine o Verona?

Per stabilire quali e quante squadre giocheranno in serie A nella stagione 2020-21 occorre sgombrare il campo in maniera pesante, con il caterpillar. Ormai la parola fine è stata decretata: bisogna che per fine aprile le 17 del 2019-20 presentino in sede a Bologna il conto definitivo delle perdite.

Appare chiaro che poco potrà fare direttamente la politica con “aiuti di stato”. Con un deficit previsto per il calcio di 1 miliardo di euro, ogni intervento pubblico sarebbe in quota e alla pallacanestro rimarrebbero soltanto briciole. Occorre un progetto credibile: quali sono i paletti da rispettare?

1 – Com.Te.C. comprensiva. Sul saldo 2019-20 ci dovrà essere flessibilità su quanto i club dovranno tirare fuori per chiudere la stagione, al netto di risparmi sugli ingaggi di giocatori e dirigenti, spese di gestione, restituzione di quote abbonati per le gare non disputate. Flessibilità vuol dire diluizione dei costi risultanti anche in cinque anni, per fare un esempio.

2 – Standard minimo. LBA dovrà fissare i parametri minimi per l’iscrizione alla serie A 2020-21. Che non sono solo quelli indicati dal presidente di Roseto: “tradizione, storia e palazzetto”. Ma sostanzialmente occorrerà aggiungere un parametro finanziario. Attenzione: più elevato sarà lo standard più alta sarà la qualità che il campionato potrà mediamente offrire. Esempio: se la dotazione minima dovesse essere un budget di 3,5 milioni di euro, la scrematura sarà veloce anche se dolorosa (nel 19-20 con questo paletto Pesaro e Pistoia certamente non sarebbero stati ai nastri di partenza della serie A).

3 – Com.Te.C. inflessibile. Prima di accettare l’iscrizione la Com.Te.C. dovrebbe raccogliere materialmente i soldi per gli stipendi dei giocatori sotto contratto dai club e provvedere al pagamento delle mensilità e alla supervisione dei rapporti fra società e giocatore innescando anche meccanismi di giudizio di eventuali controversie interni per salvaguardare l’immagine complessiva della serie A. Questo costringerebbe i club a una ricapitalizzazione che oggi non hanno. A separare gli ingaggi tra quota campionato nazionale e quota eventuale torneo continentale. A superare l’impossibilità attuale di verificare posta contabile per posta contabile i bilanci dei club, che di fatto ha reso ridicola negli anni l’azione di controllo.

4 – Riforma del professionismo. Invece di aspettare una lenta e fumosa riforma del professionismo, occorre istituire una figura a metà strada tra professionismo e dilettantismo, basata sul valore economico dell’ingaggio. Un giocatore o allenatore che prendono una cifra tra i 30 e i 100 mila euro l’anno lordi, non sono né pro come i vari Ronaldo e Messi ma anche via via certi calciatori di serie B, ma nemmeno dilettanti perché vivono del loro mestiere in maniera sostanziale. Una tassazione con cedolare secca al 20% – i dettagli li lasciamo ovviamente agli esperti delle buste paga – avrebbe un risultato concreto di riportare i migliori giocatori nella categoria in cui meritano di giocare, italiani o stranieri che siano. Una leggina di quattro righe che il Parlamento possa approvare in poche settimane l’unico corredo indispensabile.

5 – Contratti di immagine. Se ne discute da anni, se ne sono sofferte le contestazioni della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate. Basterebbe mettere una commissione di tre esperti in una stanza a quagliare tutto quello che si è detto in questi ultimi anni per proporre al Governo un decreto legge snello e veloce. E finalmente avere regole chiare anche in questo.

6 – Rimodulazione di LBA. Troppi esempi di troppe sviste negli ultimi anni da parte di Legabasket (giocatori squalificati in campo…) che si è voluta trasformare in una Lega di potere (gestione degli arbitri) mettendo in secondo piano la sua mission di Lega di servizi ai club. Scarsa la cura del prodotto pallacanestro nonostante ingenti somme versate qua e là per iniziative velleitarie e senza senso. I pessimi risultati sono lì a dimostrarlo.

Ecco sei, inutili punti di partenza che complessivamente restituirebbero dignità al prodotto pallacanestro di vertice. Inutili, si, avete letto bene. Necessari per poter trovare audizione presso la televisione la cui manifestazione d’interesse diventa imprescindibile oggi con la prospettiva di non avere per chissà quanto tempo incassi dal botteghino con partite ad arene chiuse.

Inutili perché richiedono una convergenza di interessi e capacità manageriali in cui molti dilettanti allo sbaraglio che oggi occupano posti importanti lo perderanno. Per difendere il loro orticello hanno già preferito in questi anni giocare al ribasso e salvaguardare la poltrona. E che rende inutile perfino dar loro altri consigli. Non avendo una grande comprensione del fenomeno in cui vivono li userebbero male…

Fonte: http://feeds.pianetabasket.com/rss/


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