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NCAA – Thomas Binelli, due quarantene dall'America a Bologna

NCAA - Thomas Binelli, due quarantene dall'America a Bologna

La personale odissea di Thomas Noah Binelli, figlio del Gus protagonista di tanti anni della Virtus Bologna, e in forza a East Michigan (NCAA Division One) tornato in Italia dagli USA nell’intervista di Damiano Montanari per il Corriere dello Sport. Un estratto.

“Appena sono rientrato dagli Stati Uniti mi sono messo in autoisolamento. A Ypsilanti, il paese in cui si trova il College, ci avevano chiuso tutto da un giorno all’altro. Niente allenamento, niente scuola, tutti a casa. Molti sono tornati in famiglia, io sono rimasto da solo per una settimana e mezzo nel mio appartamento prima di decidere di rientrare a Castelmaggiore.

Perchè non sono rimasto là? Ho pensato che se l’epidemia da Coronavirus fosse scoppiata negli Stati Uniti, avrebbe provocato danni maggiori che in Italia e onestamente cominciavo ad avere paura.

Nel periodo in cui sono stato da solo mi è sembrato di essere stato catapultato in un film, e siccome per me giocare a basket è importante tanto quanto mangiare, ho costruito un canestro con della carta e dello scotch e l’ho attaccato ad un albero ad un’altezza più o meno regolamentare. Poi mi sono messo a tirare un pallone da pallavolo che avevo in casa. Non riesco a vivere senza la pallacanestro.

Con il trascorrere dei giorni ho iniziato ad avvertire la mancanza dei contatti umani. La mia fidanzata Julia, che gioca nella squadra di pallavolo del College, era tornata alle Hawaii, dalla sua famiglia. Suo padre era molto preoccupato e l’aveva richiamata a casa.

Avevo bisogno di parlare con qualcuno per salvaguardare la mia salute mentale. Mi sono attaccato al cellulare, a FaceTime e e a Skype. Ho attraversato momenti di paura e di sconforto, poi mi sono deciso. Con tre voli, facendo scalo a New York e a Roma, sono arrivato a Bologna.

Bilancio? Alla prima giornata di campionato mi sono infortunato rimanendo fuori per dieci partite. Poi piano piano mi sono guadagnato 10-15 minuti a gara. Coach Rob Murphy mi ha dimostrato fiducia. La mia esperienza negli Stati Uniti è stata fin qui sicuramente positiva, non solo per la pallacanestro ma anche per quanto sono cresciuto personalmente nella vita quotidiana.

Sono partito dall’Italia che avevo 15 anni e da solo mi sono inserito in un ambiente nuovo, imparando una lingua che non conoscevo. Questo mi ha aiutato ad avere fiducia nel prossimo.

Mio padre? E’ un amicone, il mio Grande Gigante Gentile. E’ sempre stato al mio fianco, aiutandomi in ogni modo. Durante le mie partite non ha mai detto niente, dandomi consigli solo dopo la gara.

Giocare in Virtus? Mi piacerebbe sicuramente. Sono cresciuto nel settore giovanile della Virtus e sono tifoso virtussino”

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