More stories

  • in

    Dakar 2022, Laila Sanz e Maurizio “Jerry” Gerini: raddoppio vincente

    Già, perchè due come Laia Sanz e Maurizio Gerini con le moto ci sono nati e cresciuti e sarà difficile tenerli lontani per sempre dal loro primo amore. Anche se Laia, catalana di Corbera de Llobregat, con le due ruote a motore sembra avere un conto da regolare. Ci è praticamente nata sopra, quando il papà a soli due anni le mise tra le mani la sua Beta. Da quel momento sono passati altri 34 anni e lei non ha mai smesso di correre e vincere: 14 titoli mondiali vinti nel trial (e 10 europei), 6 nell’enduro, 11 Dakar all’attivo con le moto, oltre questa che sta vivendo a bordo di un’auto. Tre volte di fila vincitrice della classifica femminile, 6 volte su 11 all’arrivo e come miglior risultato nella generale, il 9° posto del 2015. Insomma, un fenomeno, forse anche per quel cognome che richiama l’idolo di generazioni di ragazzi spagnoli, ovvero Carlos Sainz Senior. I due però non hanno una goccia di sangue in comune, ma la passione e il talento, sicuramente sì. Al punto che Carlos l’ha voluta accanto a sè nel team Acciona-Sainz del campionato di Extreme-E, per poi spingerla con vigore al salto del fosso verso l’auto nella sua ex squadra, quella Mini appunto.
    Dakar 2022, la scossa Audi accende il deserto
    La spinta giusta al momento giusto, perché Laia era in crisi con il suo amore per la moto: “Era il momento di cambiare dopo l’ultima Dakar nella quale non mi sono divertita – ha raccontato -. Pensavo più al rischio che a correre forte. Magari fossimo stati ancora in Sudamerica, con l’impronta più “enduristica” della Dakar, avrei fatto sicuramente una fatica enorme a lasciare le moto. Ma qui, in Arabia è tutto molto più veloce e divertente. Alla fine ognuno sceglie la sua strada quando si sente di fare determinate scelte. Non è mai facile ma bisogna trovare la forza e così è successo a me: forse ha influito anche aver dovuto superare il morbo di Lyme dopo la puntura di una zecca, proporio alla Dakar”.
    E qui scatta il “colpo di fulmine” con Maurizio Jerry Gerini, 36 anni di Chiusanico, cioè Imperia. Anche lui motoclista convinto già 4 Dakar alle spalle a bordo della sua Husqvarna. In realtà, i due già si conoscevano e stimavano reciprocamente da tempo. Poi quando Laia ha avuto in mano l’offerta della Mini sono arrivati i primi segnali social, poi un paio di whatt’s app e infine la proposta indecente.
    “La colpa è tutta sua – ammette Maurizio – perchè quando mi ha detto ‘Dai Jerry, abbiamo questa opportunità, non perdiamola…’, io avevo già un accordo in tasca. Poi ci ho pensato bene, sono andato da chi aveva avuto fiducia in me, che ha capito la situazione e mi ha lasciato decidere liberamente e lo ringrazio. In un paio di giorni parlando con le persone a me vicine mi sono reso conto di tutto. Quando mi sarebbe ricapitata una fortuna del genere…? Detto questo, tagliare il cordone ombelicale con le moto sarà difficile. L’anno scorso ero uscito orizzontale in barella a causa di un incidente con un… cespuglio (dopo aver salvato la vita al pilota indiano Santos Chunchunguppe Shivashankar con un massaggio cardiaco nda) e penso che qualcosa sulle due ruote la farò ancora”.
    Dopo la sesta tappa, i due “piccioncini” sono ventiseiesimi nella classifica generale, subito dietro, guarda un po’ l’Audi RS Q e-tron del mentore Carlos Sainz, ma la Mini di Laia e Jerry è di vecchia generazione… Seguiteli, vi sorprenderanno.
    Per la cronaca, il Ministro degli Esteri francese Le Drian in un’intervista ha chiesto agli organizzatori della Dakar di sospendere l’evento per rischio di terrorismo dopo l’esplosione di una vettura di assistenza del team Sodicars Racing lo scorso 30 dicembre a Jeddah, che ha coinvolto e ferito 6 persone, una delle quali ha perso le gambe. La risposta degli organizzatori è stata negativa anche se sono state rafforzate le misure di sicurezza.  LEGGI TUTTO

  • in

    Dakar 2022, quante sfide nel deserto

    Una bolla nel deserto, in attesa si scateni l’inferno. E non di sabbia. La carovana della Dakar, 3.500 persone, quelle che sono riuscite a superare le insidie del virus e i controlli resi ancora più ferrei dalla nuova ondata in atto, è tutta concentrata a Jeddah sulle sponde del Mar Rosso, qualche settimane fa già palcoscenico della Formula 1, pronta a mettersi in moto per l’avventura che da quarantaquattro anni affascina il mondo. “La Corsa nel deserto”, la sfida estrema tra l’essere umano, i suoi mezzi cittadini e la natura selvaggia che per il terzo anno di fila sarà quella delle dune dell’Arabia Saudita.

    Il programma della Dakar 2022

    Tutto quello che si muove su ruote, 2 o 4 che siano (moto, auto, quad e camion), è stato sottoposto alle verifiche di rito. Poi, all’alba del primo giorno del nuovo anno il prologo, più di 800 km fino ad Hail. A seguire, dal 2 fino al 14 gennaio sono in programma 12 tappe, 1 solo giorno di riposo: in tutto 8.375 km, di cui 4.258 km fatti di speciali e i restanti 4.117 di trasferimento. Ma non sarà una Dakar come le altre. Per tanti motivi. Il primo, il più importante, per quanto conti davvero da queste parti, è che l’edizione 2022 è già entrata nella storia grazie alla partecipazione di Mashael Al-Obaidan e Dania Akeel: le prime donne dell’Arabia Saudita a prendere parte al raid con i rispettivi buggy. Qualcosa di epocale in un Paese che fino al 2018 ammetteva alla guida per legge solamente gli uomini!

    Che poi generi degli altri effetti culturali è tutto da vedere, ma è sempre meglio di niente.

    Chi sono i favoriti nelle moto

    E tornando sul versante sportivo, anche qui si giocano partite che vanno al di là di quella che sarà la semplice vittoria. Perché se dal fronte moto il duello Honda-KTM è abbastanza, come dire, tradizionale, con gli austriaci che hanno puntato tutto sull’ex MotoGP Danilo Petrucci, animati come sono dalla voglia di riscatto dopo due stagioni di trionfi giapponesi e riprendersi quel dominio che durava da inizio anni 2000; su quello delle auto siamo di fronte a una sfida globale.

    Auto, Audi lancia la sfida elettrica

    Sfida industriale, tecnologica, meccanica, oltre che personale tra piloti di assoluto livello. Il debutto dell’AUDI alla Dakar con la sua astronave a tre motori elettrici e uno termico per ricaricare le batterie, apre infatti una nuova era nella corsa-avventura tra le dune. Dopo i trionfi nel rally, nell’endurance e in Formula E, la Casa di Ingolstadt si è tuffata nel deserto perchè ci ha visto – anche grazie alle modifiche del regolamento, ruote più grandi e sospensioni con maggiore escursione, per ridurre al minimo il rischio di forature – il nuovo laboratorio dove sperimentare le sue avanzatissime tecnologie d’avanguardia. E non a caso sulle sue tre RS Q e-tron saliranno il meglio della generazione attuale di piloti, dal re del deserto Stèphan Peterhansel – Sua Maestà 14 Dakar – e Carlos Sainz, oltre a Mattias Ekstrom. Ma il “Dream Team” AUDI non troverà tappeti rossi nel lungo viaggio che lo riporterà sul traguardo di Jeddah.

    Toyota punta sull’esperienza

    Perchè la concorrenza è tanta, di livello pari alla qualità degli sfidanti ma con più esperienza sulle spalle, almeno come mezzi. Al Attiyah, l’altro principe delle dune, infatti è pronto a riprendersi lo scettro lasciato lo scorso anno nelle mani dei buggy MINI. Convinto com’è che il suo Toyota Hilux T1+ del team Gazoo Racing abbia tutte le carte in regola per respingere la sfida del colosso tedesco rappresentante del Gruppo Volkswagen, rivale sui mercati di tutto il mondo. Il terzo incomodo, con tutto il rispetto per l’incomodo, è mr. Rally (9 titoli di fila) Sebastien Loeb che dal 2016 insegue la prima vittoria alla Dakar senza centrarla e quest’anno a bordo del protipo BRX Hunter troverà accanto a sè un nuovo navigatore al posto del fidato Daniel Elena, il belga Fabian Lurquin.

    MINI, gli outsider

    E la MINI? Ha affidato una delle ALL4 alla giovane pilota spagnola Laia Sanz coadiuvata dal navigatore italiano, Maurizio Gerini. Oltre la bolla, che l’avventura abbia inizio. LEGGI TUTTO

  • in

    Nuova MINI 2023, anticipazioni sulla prossima serie benzina ed EV

    Quella che annuncia la presentazione della prossima generazione della 3 porte è una Mini completamente rivoluzionata. Al punto tale da far dimenticate la purezza della Mini R53 e della R56 con l’unità N18. Per una conferma serve però attendere fino al 2023, così da scoprire nuova MINI Cooper nelle sue interpretazioni classiche. Tali perché 3 porte, Cooper S, John Cooper Works, successivamente ancora Cabriolet. Sarà ancora un progetto con motori turbo benzina e diesel, affiancati dalla seconda generazione di Mini elettrica.
    Architettura FAAR
    Tutte nasceranno su architettura FAAR, come anche il successore del suv Countryman, a sua volta con motori termici e ibridi plug-in. Si diceva di una purezza del concetto Mini oramai appannaggio della prima e (parzialmente) della seconda generazione. All’attuale Mini si è contestato l’incremento eccessivo delle dimensioni, del peso ancora di più, pur riconoscedole prestazioni velocistiche superiori (leggi le novità del restyling John Cooper Works). Di certo è un modello pienamente premium, “di lusso” nel segmento d’appartenenza per materiali e interni. S’è dispersa quell’essenzialità del ritorno sulla scena.

    Dimensioni: cosa cambia
    La nuova Mini 2023 avrà dimensioni leggermente inferiori, il dato è anticipato da un tre quarti posteriore visivamente molto più compatto se paragonato alla serie f56. Resta da verificare meglio se anche lo sbalzo anteriore avrà beneficiato di una riduzione. Poi, quanto saprà alleggerirsi rispetto al modello sul mercato? L’impronta di stile dei primi muletti camuffati introduce fari davvero molto grandi sul frontale, dove gli specchietti sono naturalmente provvisori. 
    LEGGI ANCHE – A ottobre crolla il mercato dell’auto
    Un completo reset è atteso nel disegno degli interni, dove si intravede un elemento a sbalzo al centro della plancia. Mini ha anticipato una elevatissima possibilità di personalizzazione, al pari di una tela da “disegnare” a proprio piacimento.

    Con Countryman ecco un crossover
    Quel che sappiamo della prossima generazione della famiglia Mini 2023-2024 è l’arrivo di un secondo crossover urbano, un segmento B più compatto della nuova Countryman; sarà un modello prodotto in Cina dalla joint venture con Great Wall, mentre Mini 3 porte e Countryman saranno prodotte in Gran Bretagna.
    Nel 2025, poi, verrà presentato l’ultimo modello del marchio con un motore termico, dopodiché il rinnovamento generazionale porterà a un marchio esclusivamente elettrico dal 2030. Quanto alla tipologia motorizzazione sui volumi venduti, già nel 2027 Mini punta a realizzare il 50% delle vendite con modelli elettrici. LEGGI TUTTO

  • in

    MINI John Cooper Works 2021, la sportiva si aggiorna

    Poche settimane dopo aver presentato gli aggiornamenti per i modelli meno sportivi, ecco che MINI annuncia cambiamenti anche per la versione John Cooper Works. Quella più accattivante e performante. Leggere le rivisitazioni nel design e conferme per quel che riguarda il motore: un 2 litri turbo benzina con cambio manuale 6 marce o automatico Steptronic a 8 marce. 
    Nuovo frontale con calandra ampia
    Gli aficionados troveranno differenze perlopiù stilistiche, che interessano il frontale, dal disegno della calandra – molto più ampia e allungata in basso – alla fascia paraurti. Se l’anteriore sfoggia aperture ai lati dell’intercooler e applicazioni all’esterno per ottimizzare i flussi d’aria, al posteriore gli scarichi sono incorniciati da un diverso disegno dell’elemento che replica un diffusore.
    Con il pack JCW la carrozzeria – con tinte esclusive – è impreziosita dalle applicazioni in nero lucido, che si ripete sui cerchi in lega: da 17 pollici, di serie, dove la misura 18″ è un optional.
    JCW con sospensioni sportive
    Un buon motivo per optare per il pack JCW è l’offerta, integrata, di sedili sportivi e delle sospensioni adattive. Si tratta di un altro ambito di intervento nel restyling 2021 di MINI John Cooper Works. L’adeguamento della rigidità degli ammortizzatori è attuato tra il mezzo decimo e il decimo di secondo, variando l’afflusso dell’olio all’interno dello stelo.
    Pacchetto Adas arricchito 
    Altre rivisitazioni alla classica formula JCW arrivano all’interno, dove l’infotainment da 8,8 pollici “gira” su un nuovo sistema operativo e dà la possibilità di personalizzare la pagina principale con i Live Widget, nonché la colorazione tra una modalità Lounge e una Sport: tinte di blu per la grafica della prima, rosso e antracite la seconda. Anche la strumentazione digitale (optional), è interessata dal duplice motivo grafico.
    Sfoglia il listino MINI su Auto.it: tutti i modelli sul mercato
    All’elenco (lunghissimo) di optional e possibilità di personalizzazione, MINI John Cooper Works 2021 introduce il volante riscaldabile, mentre i sensori di parcheggio posteriori Park Distance Control diventano di serie. Arricchito il pacchetto di Adas, con l’avviso del superamento di corsia abbinato al pack Assistente di guida, con cruise control adattivo e funzione stop&go. LEGGI TUTTO