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Mondiali, Andrea Zorzi: “Hanno la possibilità di vincere. L’atleta deve pensare esclusivamente al gesto”.

Foto FIPAV

Di Redazione

Hanno fatto sognare migliaia, anzi milioni di tifosi negli anni novanta. La famosa “generazione di fenomeni” che di Mondiali ne ha vinti tre consecutivi, e sono proprio loro, i protagonisti di quegli anni a parlare della rassegna iridata, di scena in Italia e Bulgaria (finale il 30 settembre a Torino), al “Corriere dello Sport”.

Pasquale Gravina gioca a fare il presentatore. Poi, però, si emoziona anche lui. Nonostante i nomi che chiami sul palco, in occasione della “vernice” che precede Italia-Giappone organizzata dallo sponsor Dhl, siano quelli di tanti compagni di battaglia. Ci sono praticamente tutti gli eroi dei tre Mondiali vinti consecutivamente nel 1990, 1994 e 1998. Tutti i componenti della leggendaria “generazione di fenomeni”, prendendo in prestito un brano degli Stadio. «La chiamano tutti così, io preferisco parlare di generazione fenomenale – precisa l’ex centrale azzurro – Il fenomeno puro e semplice, a volte, è legato alla fortuna, al caso. Qui, invece, no».

Al di là delle etichette, è il numero uno dello sport italiano Giovanni Malagò a mettere d’accordo tutti: «Il prossimo 19 dicembre, verrete insigniti del Collare d’Oro del Coni. Colmiamo questo vuoto del passato. Meglio: saniamo, dopo anni, questa ferita».

Ancora emozione, ancora applausi. E stavolta non c’è spazio per quei continui paragoni tra gli eroi che fecero l’impresa negli anni 90 e la Nazionale odierna. «I paragoni servono a riempire i giornali. Ma non trovo siano corretti, né per noi né per loro», chiosa Lorenzo Bernardi, giocatore del secolo Fivb.

E se la generazione… fenomenale avesse avuto dalla sua i social network? Risponde Luca “Bazooka” Cantagalli: «Wow, il delirio. Ma io non li invidio mica. Una volta, dopo un pre-Mondiale, non riuscimmo a uscire dal Palaeur tanta gente c’era. Siamo felici per ciò che siamo riusciti a ottenere e ci auguriamo per loro la stessa cosa».

«Io conosco bene Zaytsev e Maruotti – ricorda Samuele PapiA quest’ultimo ho anche fatto da riserva nel 2010, a 37 anni. Dovranno tutti cercare di mettere da parte l’ambiente e pensare esclusivamente alla pallavolo».

Dello stesso avviso l’oramai giornalista Andrea Zorzi: «Hanno la possibilità di vincere, ma per passare dalla possibilità alla realtà l’atleta deve pensare esclusivamente al gesto».

«Anch’io una volta ho giocato all’aperto – rivela invece Paolo TofoliNel 1985, a San Siro, prima di una partita dell’Inter».

A proposito: outdoor giocò anche la Nazionale di Velasco. «Un’amichevole contro gli Stati Uniti – riferisce GravinaSospendemmo quando da pallavolo passammo alla pallanuoto, per colpa dell’umidità».

«Se è per questo abbiamo giocato anche in palazzetti con 40 gradi e senza aria condizionata – interviene Andrea Sartorettie posso assicurare che quando sei in campo pensi solo a servire, ricevere, alzare e schiacciare. I problemi, in questo Mondiale così equilibrato, saranno altri: bisogna giocare bene dall’inizio e, dalla seconda fase, mettersi in testa che sarà una battaglia».


Fonte: http://www.volleynews.it/feed/


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