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Generatori di vortici, dalla ricerca aeronautica alle monoposto di Formula 1


L’industria e la ricerca aeronautica, come noto, costituiscono storicamente e proverbialmente – e non potrebbe essere altrimenti – un formidabile traino tecnologico. Innovazione e sperimentazione ai massimi livelli, infatti, trovano nel settore aeronautico ed aerospaziale terreno assai fertile. Dal canto suo, il settore automobilistico da competizione, nel corso di tanti decenni di storia, ha assorbito molteplici soluzioni tecniche di derivazione aeronautica-aerospaziale. In numerosi aspetti, infatti, i due settori palesano evidenti somiglianze ed analogie. Si pensi, solo per citare alcuni lampanti esempi, alle tecniche costruttive (pannelli di alluminio rivettati, struttura a nido d’ape, ecc.), ai materiali (titanio, fibra di carbonio, varie leghe speciali e così via), ai freni a disco e in carbonio (soluzioni aeronautiche successivamente adottate nelle competizioni) e allo sfaccettato e articolato mondo della aerodinamica.

Ed è proprio una soluzione aerodinamica tipicamente aeronautica – successivamente ripresa dalle competizioni automobilistiche – ad essere al centro del nostro articolo. I generatori di vortici (in inglese, vortex generators, spesso indicati solo con l’abbreviazione “VG“) incarnano appieno il continuo e proficuo processo di travaso tecnologico che lega il settore aeronautico-aerospaziale alle competizioni motoristiche.

Come noto, le moderne vetture da competizione – chi più, chi meno – palesano una aerodinamica sempre più complessa e raffinata. In questo senso, le moderne monoposto di Formula 1 costituiscono l’apice di tale complessità. Tra variazioni sul tema, estremizzazioni di concetti noti ed applicati ormai da decenni e introduzione e sviluppo di nuove vie tecniche, le odierne Formula 1 si caratterizzano per un intricata trama di profili, appendici, winglet di varia natura atti a ottimizzare e “cesellare” in ogni area l’aerodinamica (specie sul fronte carico deportante ed efficienza globale) della vettura stessa. Dispositivi e dettagli aerodinamici e micro-aerodinamici sempre più spesso finalizzati a generare particolari vortici. Alettoni, bargeboard e turning vane – in prima battuta – sono essi stessi complessi generatori di vortici.

A questi dispositivi aerodinamici tipicamente automobilistici, vengono spesso affiancati i più classici generatori di vortici di derivazione aeronautica. Applicazioni ancora largamente diffuse, a testimonianza della concreta efficacia di siffatti dispositivi affatto complessi nelle forme e nella loro installazione.

L’origine dei generatori di vortici risale agli Anni ’50. È la Boeing, infatti, ad introdurre per la prima volta i VG sulle ali del 707, velivolo di linea e commerciale realizzato dalla celebre e rinomata azienda aeronautica statunitense dal 1958 al 1979 (il primo volo del 707 è datato 20 dicembre 1957). Tuttavia, le prime applicazioni sperimentali dei generatori di vortici vedono come protagonista il B-47 Stratojet, bombardiere/ricognitore entrato in servizio in seno allo Strategic Air Command nel 1951 (il primo volo del XB-47 risale al dicembre del 1947).

Cosa sono, dunque, i VG? Si tratta di piccole e sottile “lame” posizionate, secondo precise quantità e rigorosi angoli di incidenza rispetto al flusso, lungo la superficie investita dal flusso d’aria. I VG possono presentare forme diverse: triangolare, rettangolare, “gotica”, parabolica, ogivale.

Come si può ben intuire, i generatori di vortici sono dispositivi aerodinamici legati ai complessi fenomeni connessi allo strato limite (boundary layer, in inglese). Per strato limite si intende lo strato di fluido all’interno del quale avviene la transizione tra il flusso “indisturbato” ed il flusso che aderisce alla superficie. Questo flusso, per attrito ed adesione molecolare, tende a rallentare (con conseguente dissipazione di energia), realizzando condizioni non ottimali di scorrimento del fluido stesso; è proprio lo strato limite, infatti, a determinare le condizioni di “aerodinamica reale”, ben diverse rispetto alle condizioni, solo teoriche, che qualificano la “aerodinamica ideale”.

I generatori di vortice agiscono sulla qualità del flusso e dello strato limite che investe una determinata superficie. Essi, infatti, compiono una autentica azione di “rimescolamento” dello strato limite “stanco”, energizzando, quindi, il flusso che investe la superficie interessata grazie, appunto, alla realizzazione di particolari e benefici vortici. Tali vortici si sviluppano longitudinalmente e si presentano come “riccioli” avvitati lungo il proprio asse longitudinale. L’intervento dei VG, dunque, previene o ritarda il distacco del flusso. I generatori di vortici possono essere applicati a qualsivoglia dispositivo aerodinamico e a qualsivoglia superficie che necessiti di una particolare attenzione in questo senso. Generatori di vortici, dunque, possono caratterizzare profili alari (estradossi ed intradossi), profili estrattori o parti di carrozzeria cruciali dal punto di vista aerodinamico.

Attraverso una sintetica ma chiarificatrice galleria fotografica, cerchiamo di capire in cosa consistono i generatori di vortici.

In queste due semplici e ricorrenti illustrazioni, possiamo apprezzare in modo intuitivo le forme ed il funzionamento dei generatori di vortici. Come si può ben vedere, i generatori di vortici riattivano il flusso ed energizzano lo strato limite che lambisce la superficie (in questo caso, di un profilo alare), mantenendolo – in gergo tecnico – “giovane”. Uno strato limite “giovane”, energico e sottile, infatti, determinerà un minor impatto negativo sulle prestazioni di qualsivoglia dispositivo aerodinamico, ad esempio, profili alari e diffusori.

In foto, il British Aerospace-Boeing AV-8B Plus (denominato anche Harrier II) in dotazione alla Aviazione Navale (Marina Militare Italiana). Ben visibili, applicati sull’estradosso alare in corrispondenza dell’insegna tricolore, i generatori di vortici (11, per l’esattezza). Essi aiutano ad energizzare il flusso diretto verso l’alettone, aumentandone l’efficienza. In campo aeronautico, generalmente, si ricorre all’uso dei VG per prevenire o ritardare lo stallo dell’ala, riducendo la velocità di stallo e, al contempo, incrementando l’efficienza delle superfici di controllo alle basse velocità.

Dettaglio del timone del Panavia Tornado F3/ADV (Air Defence Variant) MM7210, ex RAF (ZE836) e poi in servizio presso l’Aeronautica Militare Italiana. Si distinguono chiaramente i cinque generatori di vortici applicati alla base della alta e slanciata deriva del velivolo. Due di questi VG trovano posto all’interno della piastra in materiale refrattario a valle dell’effusore dello scambiatore di calore.

500 Miglia di Indianapolis 1970. Tony Adamowicz fallisce la qualificazione alla storica corsa al volante della Eagle-Offy Turbo #36 Patrick Petroleum. A monte del parabrezza erano stati applicati dei generatori di vortici tipicamente aeronautici. La loro funzione era ridurre le turbolenze “nocive” che andavano ad investire il cockpit ed il casco, le quali impedivano al pilota di osservare con facilità le lavagne pit-board esposte dai meccanici. Reindirizzando i flussi, il casco di Tony Adamowicz non era più soggetto a dannose turbolenze. Curosità: i VG erano stati acquistati in fretta e furia in un negozio di aftermarket. Johnny Rutherford, al volante della vettura (quasi) gemella di Adamowicz, al contrario, non soffriva di questo problema, essendo seduto in posizione più incassata rispetto al compagno di squadra.

1999

La Prost AP02-Peugeot A18 (V10 di 72° aspirato, 3000cc di cilindrata) è portata in gara da Olivier Panis e Jarno Trulli. La monoposto si caratterizzava per le inedite ed interessanti fiancate. Le pance, in corrispondenza delle prese d’aria di raffreddamento, presentavano una curiosa forma schiacciata. In questa zona erano applicati due particolari generatori di vortici (2 per lato) concettualmente molto simili alle cosiddette alette “canard” (dette anche “dive planes” o “dive plates”) tipiche delle vetture a ruote coperte (Prototipi e GT). Sappiamo, infatti, che le fiancate di una monoposto sono una regione cruciale dal punto di vista aerodinamico: il corretto funzionamento aerodinamico e fluidodinamico del fondo vettura, del retrotreno e del tunnel radiatori (ad iniziare dalla diffusione esterna del flusso all’ingresso delle prese d’aria) passa anche attraverso il controllo dei flussi in questa precisa area.

2001

Rockingham 500, sedicesima prova del 2001 FedEx Championship Series (CART). La Reynard 01i-Honda del Team Penske condotta da Gil de Ferran mostra i tipici generatori di vortici applicati a monte dei Venturi-profili estrattori. Se ne contano tre per ciascuna fiancata (visibili in basso). Accuratamente sagomati e generalmente di forma circa rettangolare, questi particolari dispositivi aerodinamici (molto comuni nelle monoposto “a stelle e strisce”, assai meno diffusi in Europa) sono in grado di energizzare il flusso che investe il fondo vettura (debitamente accelerato così da realizzare la depressione tra suolo e fondo): lo strato limite viene mantenuto “giovane” impedendo, così, il distacco del flusso (il distacco si verifica quando lo strato limite è ormai “stanco”, ossia sempre più spesso). Energizzare lo strato limite è operazione fondamentale e determinante affinché le capacità diffondenti di un diffusore si mantengano in piena efficienza.

In queste tre foto in sequenza mostriamo altrettanti esempi di VG applicati in Formula 1. La Caterham CT03-Renault del 2013 condotta da Charles Pic: sopra le fiancate, in corrispondenza delle prese d’aria di raffreddamento, svettano i generatori di vortici (tre per lato). Evidente la volontà di energizzare il flusso che lambisce tutte le fiancate e che, infine, investe il retrotreno. La medesima applicazione è riscontrabile a bordo della Mercedes, qui con al volante Nico Rosberg. Infine, il dettaglio dell’ala anteriore della iridata Red Bull RB9-Renault (2013) mostra i piccoli generatori di vortici di derivazione aeronautica applicati sull’estradosso del profilo alare principale (ala anteriore). Il flusso energezzizato dai VG non solo offrirà benefici al carico deportante realizzato dai profili alari (l’incidenza dei profili sarà regolata di conseguenza), ma anche a tutta l’aerodinamica (molto complessa) a valle dell’ala anteriore stessa (il flusso, in quella zona, andrà ad interagire con le ruote anteriori). 

In questa serie di foto, mostriamo una tipica e diffusa applicazione dei generatori di vortici a bordo dei Prototipi di classe LMP1 e LMP2. Nella prima foto, il dettaglio ravvicinato di alcuni VG applicati al profilo estrattore anteriore della Rebellion R-One (Oreca)-Toyota RV8K-LM (V8 di 90°, 3399cc, aspirato) di classe LMP1-L. Siamo nel 2014. Come in ogni diffusore preposto alla realizzazione di carico deportante, è necessario energizzare il flusso al fine di evitare o ritardare il distacco dello strato limite che lambisce la superficie. Ricco di generatori di vortici è anche il profilo estrattore della Oreca 03-Nissan VK45DE (V8 di 90°, 4494cc, aspirato) di classe LMP2 gestita dal Murphy Prototypes (2015). Notare la disposizione, le diverse forme e dimensioni dei VG. Il raffinato profilo estrattore-ala della Toyota TS050-Toyota Hybrid (V6 di 90°, 2400cc, 2 x Garrett Turbo) di classe LMP1 gestita dal Toyota Gazoo Racing (2017). Da notare i dieci generatori di vortici (5 per lato) di forma triangolare, in alluminio, accuratamente disposti. L’aria che investe il profilo estrattore delle moderne vetture LMP, inoltre, andrà ad interessare anche il fondo vettura e le fiancate (qui vi sono particolari appendici estrattive e sfoghi d’aria) e persino le prese d’aria laterali di raffreddamento. Controllare il flusso in tutta questa vasta area mediante un complesso gioco di pressioni, controllo dello strato limite e separazioni programmati e voluti del flusso appare, evidentemente, cruciale.

Nel 2016, l’Audi R18 (Audi TDI Hybrid, V6 di 120°, 4000cc Turbo Diesel) di classe LMP1 gestita dall’Audi Sport Team Joest presenta tre particolari generatori di vortici triangolari davanti alle ruote posteriori (tre per lato). Evidentemente, i progettisti della Casa tedesca hanno voluto porre particolare attenzione alla aerodinamica di questa area, prossima alle ruote e alla carrozzeria posteriore, altra zona assai delicata e cruciale dal punto di vista aerodinamico.

Rimanendo in tema di profili estrattori, ecco un dettaglio del diffusore della Ferrari SF15-T del 2015. Al centro del diffusore – nella porzione a valle del Reference Plane e dello Skid Block – si scorgono chiaramente dei piccoli generatori di vortici disposti in coppie (è questa una consueta, ulteriore disposizione dei VG in ambito aeronautico). Chiaro l’intento di voler energizzare lo strato limite che lambisce questa vitale zona, amplificando, così, le capacità diffondenti del profilo estrattore a vantaggio del carico deportante. 

Formula 1 2018, ecco gli ultimi esempi di VG di derivazione aeronautica. La Mercedes F1 W09, in occasione del GP di Monaco, ha proposto delle fiancate caratterizzate da un totale di dodici generatori di vortici (6 per lato) disposti nella parte alta della carrozzeria ed in prossimità delle prese d’aria di raffreddamento. Le foto mostrano la disposizione e la fattura. Questa tipologia di generatori di vortici, largamente in uso in Formula 1, presenta particolari profili e sezioni (i classici VG di derivazione aeronautica, invece, sono di spessore assai ridotto e a sezione costante). Decisamente classici, in pieno stile aeronautico, i generatori di vortici caratterizzanti la parte superiore dell’HALO delle Haas VF-18-Ferrari condotte da Romain Grosjean e Kevin Magnussen. L’HALO, ingombrante, offre un ostacolo aerodinamico al flusso diretto verso la presa d’aria motore ed il retrotreno. Da qui, la necessità (concessa dalla FIA sebbene rigidamente regolamentata) di “pulire” i flussi che investono il massiccio elemento preposto alla sicurezza del pilota e che poi si dirigono a valle della vettura. Mercedes e Red Bull non hanno applicato alcuna appendice nella zona dell’HALO (l’elemento superiore proprio davanti al pilota) deputata ad ospitare le eventuali appendici aerodinamiche, altri hanno optato per appendici multiple (anche biplane e triplane, come fatto da Sauber, Force India, Ferrari, McLaren, Toro Rosso, Renault) che seguono la curvatura dell’HALO stesso; Haas, invece, ha scelto la via dei classici VG aeronautici.

Scritto da: Paolo Pellegrini


Fonte: http://www.circusf1.com/2018/feed


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