in

Wastegate, la “spazzatura” del turbo che spazzatura non è

Figura 22
Il motore Turbo, questo sconosciuto. Sì, avete letto bene: sconosciuto. Sebbene in uso da molti decenni anche in campo automobilistico (competizione e produzione di serie), il motore turbocompresso sembra costituire – anche per molti addetti ai lavori, commentatori, esperti del settore, appassionati – un autentico “mistero”. Ricorrenti imprecisioni ed inesattezze di varia natura circondano questa tipologia di motore, tanto semplice ed intuitiva quanto – in modo insospettabile – ancora non realmente afferrata e compresa nelle sue più macroscopiche e basilari peculiarità tecniche.

Vogliamo porre l’attenzione, ora, su un aspetto tecnico che caratterizza tutti i motori turbocompressi da competizione, tornato di attualità proprio in queste ultime settimane. Il merito va alla Ferrari SF71H, monoposto di F1 che, in occasione dello scorso GP di Germania (Hockenheim), ha mostrato una diversa disposizione dei condotti di scarico della valvola wastegate (o waste-gate). Anziché far scorrere i due condotti ai lati del terminale di scarico principale (singolo e disposto centralmente, come da regolamento), questi sono stati collocati uno sopra all’altro al di sopra del terminale di scarico. La funzione, chiara, è cercare di accrescere il carico deportante mediante l’effetto eiettore dei gas di scarico espulsi dai condotti della wastegate. Questi, infatti, dovrebbero velocizzare il flusso d’aria che investe l’intradosso del profilo alare principale il quale, assieme al flap (mobile), va a costituire l’alettone posteriore. Questa interessante soluzione ancora non è stata portata in gara.
Figura 1

Abbiamo, appunto, citato ed introdotto la valvola wastegate, oggetto del nostro articolo. Quale è la sua funzione?

Iniziamo ancora dalla stretta attualità. Nel 2014, come noto, la FIA introduceva i chiacchierati V6 Turbo-ibridi di 2000cc, unità ancora oggi in uso. Nel primo biennio di vita (2014-2015), il condotto di scarico della wastegate, per regolamento, doveva confluire a monte nel terminale di scarico principale. Dal 2016, però, la FIA ha offerto maggior libertà di interpretazione ai tecnici: uno o due condotti di scarico da disporre ai lati, in alto o in basso rispetto al terminale di scarico principale (quest’ultimo, ricordiamo, fuoriesce dalla turbina). In ogni caso, separati rispetto al terminale di scarico principale stesso. Motivo di questo cambio di rotta regolamentare è – ebbene sì – il rumore, il sound dei motori: i condotti di scarico separati della wastegate aumenterebbero e migliorerebbero il sound dei V6 Turbo, sempre al centro di sterili mugugni. Naturalmente – sebbene l’effetto “collaterale” nell’avere molteplici condotti di scarico sia anche la realizzazione di valori di decibel superiori – i condotti di scarico della wastegate non servono, nella realtà, a produrre sound più accattivanti.

Il motore Turbo si basa su un concetto molto semplice: “ingozzare” d’aria i cilindri. Del resto, ottimizzare e migliorare il riempimento rappresenta – assieme all’incremento della cilindrata e del regime di rotazione – uno dei metodi più diretti affinché si possa incrementare in modo significativo e ragguardevole la potenza di un motore. Ecco, quindi, che il Turbo si può, a ragione, definire come un dispositivo “auto-esaltante”: all’aumentare della quantità e della pressione dell’aria immessa in camera di scoppio, aumentano – conseguentemente – anche il flusso e la velocità dei gas di scarico in uscita e azionanti la turbina. Ciò fa sì che le giranti di turbina e compressore girino sempre più velocemente, con conseguente aumento del volume di aria compressa. Sfruttando tale peculiarità, anche motori di piccola cilindrata possono, grazie alla presenza del turbocompressore, erogare potenze abnormi. A questo punto, interviene la valvola wastegate.

Ebbene, questa valvola fa sì che il suddetto effetto “auto-esaltante” tipico del Turbo non vada a danneggiare il motore nella sua globalità e, ovviamente, le specifiche componenti del turbocompressore stesso. Non solo: un turbocompressore, benché sia un efficace sistema “auto-esaltante”, palesa pur sempre campi di funzionamento ottimali ben precisi; il riferimento, ad esempio, è alla linea di saturazione, la cosiddetta “choking line”. Raggiunte le condizioni soniche all’ingresso della girante del compressore, si realizza il blocco della portata d’aria.

Limitare il regime di rotazione del turbocompressore, pertanto, risulta essenziale e determinante affinché  non si solleciti oltremodo il Turbo stesso. A tale scopo, si parzializza il flusso di gas di scarico azionante la turbina, deviando e facendo defluire all’esterno il flusso in eccesso. Questa è la funzione della cosiddetta valvola wastegate. La pressione di sovralimentazione in eccesso e che supera la soglia critica aziona la valvola (l’attuatore può essere a comando pneumatico o elettronico). In passato, la wastegate era azionata meccanicamente dalla pressione di mandata del compressore, oggi, al contrario, si controlla la wastegate mediante gestione elettronica. La turbina, dopo l’espulsione dei gas eccedenti, diminuisce il proprio regime di rotazione, condizione che, a sua volta, realizza un decremento del regime di rotazione del compressore.

I gas di scarico eccedenti vengono espulsi dalla wastegate attraverso un condotto specifico e separato (generalmente più piccolo del terminale di scarico principale che fuoriesce a valle della turbina) o attraverso il terminale principale di scarico stesso (in questo ultimo caso, i condotti sono fisicamente uniti). La wastegate può essere montata – anziché sulla chiocciola della turbina – anche separatamente, sulle tubazioni di scarico. Naturalmente, lo scaricare in atmosfera gas precedentemente compressi (con dispendio di carburante e lavoro) fa sì che il dispositivo wastegate sia dissipativo. Ma questo è un piccolo prezzo da pagare per un corretto funzionamento di un motore Turbo.

Attraverso una concisa ma significativa galleria fotografica, ripercorriamo la storia della wastegate e come essa è stata, nel corso di tanti decenni di competizioni, interpretata ed installata nelle più diverse vetture.

1969, 500 Miglia di Indianapolis. I motori Turbo iniziano a prendere piede nelle gare USAC (United States Auto Club). La Formula 1, per vedere il primo motore Turbo operativo, dovrà attendere il GP di Gran Bretagna del 1977: debutta, infatti, la Renault RS01 Turbo. In foto, la Coyote-V8 Ford Turbo pilotata da Roger McCluskey. Si noti la imponente wastegate (montata verticalmente) dalla quale si snoda l’apposito condotto di scarico sotto al quale si osserva chiaramente il terminale di scarico principale (di diametro maggiore) collocato a valle della turbina. Distinguibili i collettori di aspirazione che portano aria alle trombette e, quindi, ai cilindri e la curiosa presa d’aria del compressore (a destra, vicino alla ruota posteriore) dalla bizzarra forma a “megafono”.
Figura 2

1969, Indy 500. Questa fantastica foto ritrae la Eagle chassis 703 “City of Daytona Beach” (Smokey Yunick), progettata da Tony Southgate e portata in gara da Joe Leonard. Il motore è un Ford di 159 cu.in di cilindrata (pari a 2605cc) sovralimentato mediante un vistoso turbocompressore. Tutto è collocato centralmente: Turbo (e relativo terminale di scarico a valle della turbina) e wastegate, imponente, provvista di condotto di scarico separato rispetto al terminale principale. Ben rifiniti i condotti di mandata dell’aria compressa che dal compressore confluiscono alle trombette di aspirazione.
Figura 2A
(Foto Canamcarsltd, si ringrazia Jeff Downes)

Nei primi Anni ’70, la Porsche sconvolge il panorama Can-Am ed Interserie grazie alla rivoluzionaria 917/30. Il motore è un V12 contrapposto di 5374cc, raffreddato ad aria (aria forzata spinta dalla classica ventola posta al centro, tra le due bancate), sovralimentato da due turbocompressori Eberspächer a controllo della pressione di sovralimentazione regolabile manualmente dal pilota. Questo controllo, meccanico, agisce proprio sulla valvola wastegate. Le misure di alesaggio e corsa sono pari a 90 mm x 70,4 mm, il rapporto di compressione pari a 6,5:1. La potenza massima si aggira attorno agli oltre 1100 CV a 8000 giri/minuto, la coppia massima è di 1098 Nm a 6400 giri/minuto. Sublime la disposizione dei due turbocompressori e della singola valvola wastegate, collocata al centro. Visibili i due terminali di scarico principali a valle delle rispettive turbine ed il condotto singolo – più piccolo – che espelle i gas in eccesso dalla wastegate.
Figura 3

La Porsche 935 Gruppo 5, nelle sue molteplici versioni, ha scritto pagine di storia dell’Endurance e, più in generale, delle competizioni internazionali. Qui, il gruppo turbocompressori-wastegate: visibili i due terminali di scarico, corti e rettilinei, delle rispettive wastegate (una per ciascun turbocompressore).
Figura 4
(Foto Archivio Pellegrini)

La Chaparral 2K, vincitrice alla Indy 500 del 1980 con Johnny Rutherford, costituisce ancora oggi una delle più significative auto nella storia delle competizioni. In foto si osservano la disposizione e la fattura del V8 Cosworth DFX Turbo, elaborazione sovralimentata del DFV. Si notano la presa d’aria circolare per il compressore, il gruppo turbocompressore (singolo), il cortissimo terminale di scarico a valle della turbina e le lunghe tubazioni che conducono alla wastegate, singola e collocata in posizione particolarmente arretrata (sotto l’ala posteriore e tra i due Venturi). Dalla wastegate stessa, infine, si snodano due corti terminali semicircolari che espellono il flusso d’aria compressa in eccesso.
Figura 5

1981, la Ferrari si converte al Turbo. Qui, il motore della 126CK, monoposto di Formula 1. Si tratta di un 6 cilindri in V di 120° di 1496 cc di cilindrata (1500 cc è la cilindrata massima prescritta dal regolamento per le unità sovralimentate). Alesaggio e corsa pari a 81 mm x 48,4 mm, rapporto di compressione 6,5:1, potenza massima pari ad oltre 540 CV a 11,000-11,500 giri/minuto. Il motore è sovralimentato mediante due turbocompressori posti nella parte alta del motore. L’aspirazione è ricavata in basso, all’esterno del V, lo scarico in alto, all’interno del V. In primo piano spiccano i due turbocompressori, i corti terminali di scarico a tromboncino e la wastegate singola e centrale, dalla quale fuoriesce un cortissimo scarico verticale tagliato a “fetta di salame”.
Figura 7
(Foto Archivio Pellegrini)

Nel 1981, la Toleman debutta in Formula 1. La interessante TG181, progettata da Rory Byrne e portata in gara da Brian Henton e Derek Warwick, si avvale del 4 cilindri Hart 415T, un Turbo a testa fissa. Il motore è provvisto di singolo turbocompressore e singola wastegate. Semplice e raccolta la disposizione degli organi: la presa d’aria del compressore protetta da una fine griglia metallica, il gruppo turbocompressore, il corto terminale di scarico a valle della turbina. In basso, si osservano le tubazioni che conducono alla wastegate separata, la quale espelle i gas in eccesso attraverso un corto terminale.
Figura 8

In foto, la Renault RE40 Formula 1 del 1983. Al volante, Alain Prost. Apprezzabile il motore EF4 (V6 di 90° di 1500cc di cilindrata) e tutto il castello di organi e componenti ad esso connessi. In particolare, si notano il turbocompressore (uno per bancata), il terminale di scarico principale a valle della turbina, affiancato dal condotto di scarico più piccolo della wastegate (la parte superiore di quest’ultima è visibile accanto alla scritta “Gordini” ricavata sul coperchio della testata). Entrambi i condotti di scarico “sparano” in alto attraverso la carrozzeria delle fiancate.
Figura 9

La Minardi Formula 1 M186 del 1986. La monoposto è spinta dal V6 di 90° Motori Moderni, un biturbo di 1500cc di cilindrata. Nelle due foto è possibile apprezzare la disposizione del motore e dei turbocompressori. Si vede bene la presa d’aria a periscopio per il compressore, il gruppo turbina-compressore, il terminale di scarico principale posto a valle della turbina che soffia i gas all’interno del profilo estrattore (i famosi “blown diffuser”, nati nel 1983). La wastegate (una per bancata, ossia una per ciascun turbocompressore), invece, espelle i gas compressi in eccesso attraverso un corto condotto di scarico sagomato ad “S”. Il tubo fuoriesce attraverso la parte alta delle fiancate.
Figura 10

Figura 11
(Foto Archivio Pellegrini)

Negli Anni ’80, lo sfruttamento dei gas di scarico a fini aerodinamici diventa prassi diffusa e redditizia. I profili estrattori, in tal senso, si prestano facilmente a tale pratica. I gas di scarico, infatti, grazie al loro effetto eiettore, attivano il flusso e lo strato limite che investono il profilo, a beneficio delle capacità diffondenti, quindi del carico deportante prodotto. Qui, vediamo due variazioni sul tema circa l’ultilizzo a fini aerodinamici dei gas espulsi dal terminale principale e dallo scarico della wastegate. In foto, la Ferrari F186 e la Williams FW11B-Honda, monoposto di Formula 1 rispettivamente del 1986 e 1987. Il V6 di 120° (ora con aspirazione e scarico invertiti) di Maranello mostra tanto un terminale di scarico principale quanto il lungo condotto della wastegate (una per ciascun turbocompressore) andare ad espellere i rispettivi gas di scarico all’interno del profilo estrattore. La medesima impostazione è seguita, ad esempio, dalla Williams motorizzata Honda RA167E (6 cilindri in V di 80°, 1500cc di cilindrata, 2 Turbo IHI): anche in questo caso, si possono apprezzare i due terminali di scarico (2 per lato) confluire verso il profilo estrattore.
Figura 12

Figura 13

La bellissima March 88C-Ilmor/Chevrolet (versione alberi a camme in testa e 4 valvole per cilindro) del 1988 (Patrick Racing). Si apprezza tutta la bellezza di un tipico motore CART (Championship Auto Raging Teams) di quegli anni: il V8 di 2650cc di cilindrata presenta, come da regolamento, un singolo turbocompressore, in questo caso collocato – secondo una prassi diffusa – al centro, dietro al motore. Visibili la presa d’aria per il compressore (bianca ed ovale), il turbocompressore in corrispondenza dei bilancieri delle sospensioni posteriori e i due condotti che fuoriescono dalle rispettive wastegate (1 Turbo/2 wastegate). In tutto, quindi, sono presenti tre condotti di scarico: quello principale a valle della turbina (corto e schiacciato) visibile a sinistra e i due scarichi delle altrettante wastegate (queste sono posizionate separate e a valle dei collettori di scarico) affiancate centralmente. Tutti e tre i condotti espellono i propri gas in corrispondenza della piastra in materiale refrattario posta a monte dell’attacco dell’ala posteriore. Sul cassoncino di aspirazione, infine, svetta la consueta valvola pop-off, dispositivo contraltare della wastegate ed atta a limitare la portata d’aria compressa in fase di rilascio, ossia quando la richiesta di aria in camera di combustione viene meno. Come da regolamento, i motori USAC-CART sono sprovvisti di intercooler.
Figura 14
(Foto Henri Greuter)

Rimaniamo in tema CART ma andiamo al 1990. Qui, la March 90CA-003 ex Patrick Racing motorizzata Alfa-Romeo (V8 di 2650cc). In primo piano, a valle delle bancate, svetta la wastegate collocata verticalmente. Alla sua sinistra, il condotto di scarico. Più ancora a sinistra, sotto il braccio superiore più avanzato della sospensione posteriore, è visibile il terminale di scarico principale posto a valle della turbina.
Figura 15
(Foto Archivio Pellegrini)

24 Ore di Le Mans 1995: in foto, dettagli della wastegate della Kremer K8 #WSC02 (Thompson) Kremer Racing di classe WSC/LM Proto 1 portata in gara da Thierry BoutsenHans-Joachim StuckChristophe Bouchut. La vettura – sebbene profondamente elaborata e modificata anche per ragioni regolamentari – è una diretta emanazione della Porsche 962. Il dettaglio evidenzia chiaramente la configurazione della wastegate (1 per ciascun turbocompressore) installata a bordo della Kremer K8. A differenza di altri modelli di K8 e delle precedenti 956-962, il condotto di scarico della wastegate ora confluisce nel terminale principale di scarico. Questo, infine, sbocca a valle della vettura in modo assai tradizionale. Questa configurazione verrà ripresa negli ultimi anni, ad esempio, dai Prototipi LMP1 Turbo-Diesel e Turbo-benzina Audi R10, R15 e R18, Peugeot 908, Toyota TS050, i cui motori non palesano condotti separati delle wastegate. Il motore della Kremer K8 è il contrapposto Porsche 935/76, 6 cilindri di 3000cc raffreddato a liquido, sovralimentato mediante 2 turbocompressori.
Figura 16

Figura 17
(Foto Archivio Pellegrini)

2014, Dallara IndyCar. Ecco il motore Chevrolet (V6 di 90° di 2200cc) sovralimentato mediante due turbocompressori Borg-Warner (firnitore unico come da regolamento). Apprezzabile la wastegate (1 per ciascun Turbo) ed il relativo condoto di scarico. Ben visibile anche il terminale principale a valle della turbina. In questi anni, la Chevrolet propone anche una versione del proprio V6 provvista di condotto wastegate che scarica i propri gas all’interno del terminale principale. Come si vede, il condotto della wastegate confluisce nel terminale di scarico principale.
Figura 18

Figura 18A

L’incidente occorso a Fernando Alonso in occasione del GP d’Australia 2016 ha dato modo di osservare da vicino la disposizione degli organi meccanici a bordo della McLaren Mp4-31 motorizzata Honda RA616H. Il particolare mostra il lungo terminale di scarico a valle della turbina che caratterizza tutte le vetture di Formula 1 dal 2014 ad oggi e l’altrettanto lungo condotto di scarico della wastegate, di diametro sensibilmente più ridotto, che scorre accanto al terminale principale (l’altro condotto si trova sul lato opposto). Dal 2016, la FIA ha autorizzato l’uso di condotti di scarico wastegate separati (massimo due e regolamentati nella loro collocazione) finalizzati alla produzione di un sound più accattivante.
Figura 19

24 Ore di Le Mans 2016. La Ford GT di classe LMGTE Pro incanta il pubblico appassionato. In foto, il dettaglio dei terminali di scarico: a destra –  e di dimensioni maggiori – il terminale di scarico principale a valle della turbina, a sinistra (quindi in posizione più avanzata), più piccolo, il condotto di scarico separato della wastegate (1 per ciascun Turbo). Entrambi i terminali (2 per lato) sono rivestiti in materiale termo-isolante. La vettura è spinta da un V6 biturbo di 3500cc.
Figura 20
(Foto Archivio Pellegrini)

24 Ore di Le Mans 2016. In foto, il Prototipo di classe LMP1 CLM P1/01, vettura spinta dal V6 AER P60, un 2000cc benzina biturbo. In primo piano il dettaglio della valvola wastegate (una per ciascuna bancata) e del relativo condotto di scarico. Dietro, più grande, si scorge il terminale di scarico principale a valle della turbina. Da notare, ancora, il rivestimento termo-isolante che caratterizza i condotti di scarico.
Figura 21
(Foto Archivio Pellegrini)

La Renault R.S.18 di Formula 1. Questa vettura interpreta al limite (ed entro le regole) i regolamenti tecnici in fatto di disposizione degli scarichi. La finalità, evidente, è sfruttare l’effetto eiettore dei gas di scarico al fine di velocizzare la lamina d’aria che investe l’intradosso del profilo alare principale (il cosiddetto “main plane”), peraltro rivestito in materiale refrattario. Nel dettaglio è possibile apprezzare la disposizione dei due scarichi della wastegate disposti al di sotto del terminale principale di scarico.
Figura 22

WASTEGATE GALLERY

Scritto da: Paolo Pellegrini


Fonte: http://www.circusf1.com/2018/feed


Tagcloud:

#LaNazionale: Le azzurre di Mazzanti per il torneo in Olanda

Italiani nel Circuito Future: I risultati del 03 Agosto 2018