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Amarcord: Il personaggio Lloy Ball. “Born in the USA”

MODENA – Viaggio nei ricordi…. 2001, Leo Turrini intervista Lloy Ball, regista statunitense di Casa Modena Salumi per il numero di dicembre di Supervolley, due mesi dopo l’11 Settembre.  In quella stagione lo scudetto andò a Modena che in finale scudetto superò la Sisley Treviso in 4 gare. 


Lui si chiama Lloy Ball, ha ventinove anni, di mestiere fa il palleggiatore, è molto bravo e indossa la maglia di Casa Modena.

DOPO L’11 SETTEMBRE

“E’ tutto cosi strano, per me e per mia moglie, per noi che siamo americani e guardiamo la televisione e sfogliamo i giornali… E’ tutto così brutto, perché in fondo io sono stato bambino e ragazzino ai tempi della Guerra Fredda, quando c’era la contrapposizione tra i due blocchi, tra comunisti e anticomunisti: non era piacevole, ma ti sentivi più tranquillo e più sicuro, certe cose che poi sono accadute erano, sul serio, inimmaginabili, impensabili. Adesso l’impensabile ci si materializzato davanti e io e Sarah, cosi si chiama mia moglie, abbiamo la stessa preoccupazione di tutti, ci domandiamo che mondo troverà nostro figlio Dyer, che ha appena tre mesi. Poi siamo in ansia per le nostre famiglie, che stanno in America. Chi l’avrebbe detto, solo dieci anni fa, che ci saremmo trovati a combattere un senso profondo di insicurezza? E meno male che noi tre, la mia piccola famigliola, noi tre stiamo a Modena, che non è una metropoli, non è Roma o Milano, ecco. E’ duro pensare cosi, ma ci sei quasi costretto dalla cronaca, dall’evidenza di un mondo brutto e con chissà quali prospettive…”.

Niente da aggiungere. Se non che forse può aiutare, nella vita di ognuno, continuare ad occuparsi delle piccole cose quotidiane, fingere che l’esistenza sia identica: a volte simulare agevola a scappare, almeno per un po’, dalla paura. E dunque, come promesso al via, parliamo di pallavolo. La pallavolo di Ball.

POSSIAMO VINCERE 

“A Modena siamo partiti male, c’erano un sacco ai problemi, all’inizio. Diciamo che i troppi infortuni non ci hanno permesso di cominciare con il piede giusto e poi avevamo cambiato allenatore, c’erano anche giocatori nuovi, c’era la vicenda di Gardini che si trascinava. Cosi l’esordio e stato francamente traumatizzante, con una sequenza di sconfitte mortificanti. Ma sinceramente io non ho smesso mai di pensare positivo, perché nella costruzione del gruppo c’era qualcosa di consistente…”.
“In breve: secondo me, noi possiamo vincere il campionato. Assolutamente. Non abbiamo un organico inferiore a Treviso, non siamo più scarsi di Macerata. Tra la fine di ottobre e metà novembre, fino alla sosta per il torneo in Giappone, siamo riusciti a rimetterci in carreggiata. Ciò rafforza il mio ottimismo, perché io sono convinto che Iakovlev sia un opposto straordinario, dotato com’è di una forza fisica devastante. A Modena hanno appena cominciato a vederlo e ad apprezzarlo, l’anno passato Roman aveva avuto l’incidente automobilistico, non c’era e quando era rientrato chiaramente non poteva essere competitivo. Ma ora credo abbia mostrato chi è…”.
“Voglio anche dirti che a Modena abbiamo un pubblico che ci aiuta anche quando ci fischia, ci contesta. Mi spiego: quando abbiamo perso in casa contro Falconara la gente lo ha fatto, era molto arrabbiato. Ma per noi giocatori quello non è stato un momento di rottura o di crisi, non è finito un rapporto, anzi, si è consolidato. Perché tutti noi siamo consapevoli che i modenesi la pallavolo ce l’hanno nel sangue e la loro arrabbiatura è uno stimolo per chi va in campo con la maglia gialloblu. E’ un vantaggio sapere di avere un pubblico terribilmente esigente. Noi questo pubblico vogliamo ripagarlo di tanta attenzione: penso che, lentamente, ci stiamo riuscendo…”.

MODENA, INDIANA

“lo amo Modena anche come città. Non è vero che l’Emilia Romagna somiglia alla West Coast, alla California: so che qualcuno lo sostiene, ma ti posso assicurare che Modena invece somiglia molto ad una città dei mio Mid West, all’Indiana. C’è lo stesso modo di sentire la vita, di gustarsela. Per questo non ho mai rimpianto la decisione di venire qui, e stata una scelta azzeccata, a prescindere dai risultati, che pure finora non sono stati stratosferici. Il mio contratto con la società scade a fine stagione, penso che dopo capodanno cominceremo a parlare del rinnovo, non so quali siamo le intenzioni dei dirigenti, comunque a me va bene di restare in Italia e tanto meglio se a Modena ci fosse la possibilità di continuare il discorso…”.

IO – BAGNOLI – VULLO

“Ma stavo parlando della squadra, giusto? Allora facciamo un passo indietro: sono venuto, dopo Sydney, convinto di quanto stavo facendo. Ho trovato un allenatore preparato come Daniele Bagnoli, una persona che mi piace e che stimo: però, guarda, onestamente debbo dire che è stato meglio per tutti, per lui e per me, per Casa Modena e per la Sisley, che Daniele sia tornato a Treviso…”.

“Insomma, io e Bagnoli abbiamo lavorato assieme, stimandoci. Ma lui mi parlava in continuazione di Fabio! Si, di Vullo! Mi spiegava sempre come Vullo avrebbe affrontato una certa situazione, come si sarebbe comportato nella tal partita, eccetera. Va bene, dicevo io, va bene, Fabio è un grandissimo campione, ma io sono Bali, cioè sono una persona diversa, giusto? Secondo me qui si è un po’ appesantito il nostro rapporto, ecco. Cosi, senza entrare nel merito della polemica tra lui e la società, credo che sia buona la situazione attuale: Bagnoli allena Vullo e io sono allenato da Lorenzetti…”.

LORENZETTI EMOZIONALE

“Lorenzetti è uno in gamba. E’ un tipo emozionale, no, non scrivere emotivo, perché il significato è diverso. Emozionale, intendo, cioè Lorenzetti ha un’idea della pallavolo molto basata sull’entusiasmo e la sta trasmettendo a tutta la squadra. Anche io sono fatto cosi, anche Gardini, anche Iakovlev, anche Giani. Mi sembra che abbiamo trovato un linguaggio comune. E infatti, ripeto, possiamo vincere lo scudetto…”.

“Ancora su Vullo? Ancora, cosi non sarò frainteso. Naturalmente ribadisco il giudizio: lui è sicuramente il più grande alzatore italiano di tutti i tempi ed è uno dei migliori registi al mondo. Ma se proprio dovessi stilare una classifica dei palleggiatori “all time”, prima di lui metterei Jeff Stork, che è stato straordinario in tutti i sensi. E dopo Jeff ci stanno Fabio e Mauricio, il brasiliano che e stato ammirato anche a Modena. A Vullo purtroppo è mancata la grande ribalta delle Olimpiadi e dei Mondiali, per i suoi problemi con la Nazionale: avesse disputato quelle competizioni lì, come sicuramente meritava, sarebbe stimato di più di quanto già non sia, soprattutto all’estero. No, io in questa graduatoria non ci sono, ho ancora tanto da fare, posso e debbo migliorare. D’altronde ho ventinove anni e il periodo più interessante della mia carriera deve cominciare, per me un alzatore entra nella fase più intensa quando compie trent’anni, quando cioè la maturità e l’esperienza si sommano”.

“Ma non e stato Stork a farmi diventare pallavolista. E’ stato mio padre. O meglio, è stato il desiderio di fare qualcosa assieme a papà, che si chiama Arnie, è stato un giocatore e poi un allenatore. lo da ragazzo ero molto incerto, amavo il volley ma ero tentato anche dal basket. La presenza di papà mi ha incoraggiato a scegliere e non ho rimpianti, anche se indiscutibilmente su un giovane statunitense il fascino esercitato dalla pallavolo non è nemmeno lontanamente paragonabile all’effetto che suscitano il basket o il football”.

KIRALY & GIANI

“Perché, vi chiedete voi europei, perché nel mio paese la pallavolo non è popolare, non ha, diciamo cosi, mai sfondato veramente? No, non è colpa della concorrenza del beach. La questione è più semplice: la pallavolo è uno sport fisico e chi ha il fisico preferisce andare dove c’è la prospettiva dei soldi, i| miraggio della ricchezza che poi tanto miraggio non è, perché se diventi un campione di basket o di football i soldi li fa davvero, li fai sul serio. Mettici poi che le televisioni vanno dove stanno i soldi e il cerchio si chiude, il volley rimane una splendida disciplina incapace di attrarre più di tanto…”.

“A me peraltro è andata bene. Parliamoci chiaro: se non ci fosse stata la Nazionale del mio paese come vetrina e quindi la possibilità di trasferirmi all’estero, insomma se fossi rimasto negli States, beh, oggi sarei forse un giovane dirigente di qualche corporation, perché con il volley in America non ci campi, a meno di non buttarsi sulla spiaggia. Eppure, guarda, con buona pace di Acosta e della Fivb, il più grande giocatore di tutti i tempi lo abbiamo “prodotto” noi americani, si chiama Karch Kiraly e su questo io non accetto discussioni: naturalmente non pario male di Bernardi, anzi Bernardi sta sul podio di una classifica sugli assi del secolo, sta al terzo posto, perché onestamente io dietro Karch ci metto Giani e non perché sia un mio compagno, il fatto è che Giani ha dimostrato di saper fare tutto, da martello, ail centro e da opposto, facendolo sempre molto bene…”.
“Dicevo prima di mio padre Arnie, non ci siamo mai persi di vista, anzi, se adesso sei davanti a un computer vai su Internet e clicca, , ecco, è il nostro sito di famiglia, dove io e lui parliamo di pallavolo, raccontiamo la pallavolo, le nostre esperienze, le nostre avventure, eccetera. Pineapple letteralmente sarebbe un frutto, ma é il nomignolo del pallonetto che fa l’alzatore. Eh, io adoro la new economy, adoro la rete, ho messo un po’ dei miei dollari nelle azioni del Nasdaq e non solo lì, comunque non faccio trading on line, c’è un amico che si occupa degli investimenti e francamente credo pure sia piuttosto bravo…”.

I TATUAGGI

“Come dici? Dici che dovremmo parlare dei miei tatuaggi? Va bene, partiamo dal numero: ne ho sette. Sette, esatto. In ogni angolo del corpo, dalle spalle alla schiena a più giù. Come mai ho questa passione? Ah, io credo che il corpo sia il libro della vita. E se il corpo è il libro della vita io ci scrivo sopra nei momenti importanti, ogni tatuaggio rappresento un passaggio essenziale della mia esperienza su questa terra, mi sono spiegato?”.
“Esempio: su un braccio c’è un serpente, che rappresenta i passaggi dal college agli impegni universitari all’ingresso in Nazionale. Poi c’è una croce con il nome di mia moglie Sarah, per celebrare la nostra unione. Ho già in mente l’ottavo tatuaggio, perché naturalmente non ho alcuna intenzione ai fermarmi, di interrompere la collezione. L’ottavo, si capisce, sarà dedicato alla nascita di mio figlio Dyer, ma dovrò aspettare un po’ di tempo per la realizzazione, io mi faccio tatuare solo in America, quindi se ne paria a campionato finito, cioè spero a scudetto vinto…”.

2013: Lloy James Ball celebra gli anni passati a Modena, tatuandosi sul braccio sinistro la facciata del duomo. “Sono stato per quattro anni seduto davanti a questa chiesa a guardare mio figlio che dava la caccia ai piccioni” il suo commento all’immagine. Il legame con la città e la maglia gialloblu va ben oltre i trofei vinti: un campionato (2001/02) ed una Coppa Cev (2003/04).

“Insomma, avrai capito, sono uno molto americano nel modo di essere, di vivere e di sentire le cose. Non sono un tipo introverso, mi piace stare in gruppo, intrattenere chi mi sta attorno, cioè sono uno di compagnia, una volta davanti alla squadra e a duecento persone sono andato al pianoforte e Mi Sono messo a suonare e a cantare ‘All night long’, il famoso brano di Lionel Ritchie, però non vorrei ci fosse un equivoco, il mio genere sonoro è decisamente diverso, io apprezzo la roba pesante, rumorosa, l’heavy rock, non so se conosci la band “Rage Against the Machine” (figuriamoci, sono uno che va a letto presto la sera come il De Niro di “Cera una volta in America”, nota del Turrini)…”.

IL MAESTRO E L’AMICO

“Ma poi non è tutto fracasso, nella vita. Ad esempio, te l’ho detto, io sono dell’Indiana, ma per abitudine la mia famiglia d’estate si trasferiva in Minnesota per qualche tempo e lì mi è venuta la passione per la pesca, ore, anzi giorni, seduto ad aspettare, lungo il flume. Non sono darti una valutazione sulle mie capacità in materia, forse non me la cavo male, però ci vorrebbe il giudizio del Teacher, tu lo sai chi è il Teacher a Modena nello spogliatoio?…”.
“Te lo dico io chi è: il Teacher è Luca Cantagalli, è il nostro insegnante di vita, lui sa tutto di tutto (cosa mi tocca sentire, sempre N.d.T.) e pero non é che la sua utilità per la squadra si esaurisca nella sua saggezza, e un giocatore molto importante Luca, vedrai che sarà decisivo quando lo lotta per lo scudetto entrerà nel vivo. Non solo: ci darà tanto anche Gortzen, l’olandese. Guido è il mio migliore amico ma non per ragioni di antipatia nei confronti degli altri, è che lui parla benissimo l’inglese, cosi le nostre mogli si frequentano, stiamo assieme e come dicevo prima io adoro la compagnia e fare casino, mi pare che si dica cosi, eh?…”.

Lloy BALL (USA) vincerà l’oro olimpico a Pechino 2008

Ci sarebbe da aggiungere, aspettando un nono tatuaggio per onorare fra qualche mese lo scudetto di Modena, ci sarebbe da aggiungere, dicevo, che a Lloy Ball viene anche attribuita una curiosa simpatia per Hannibal the Cannibal, il personaggio creato dalla fantasia dello scrittore Harris.
lo, che di solito vado a letto presto la sera, manco gliel’ho chiesto (se é vero).
Lo do per scontato.


Fonte: https://www.volleyball.it/feed/


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