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Champions League: Perugia-Trento: Il Manifesto della Pallavolo Contemporanea

MODENA – Si è levato unanimemente il grido di quanto sia stata bella la semifinale di andata di Champions League tra Perugia e Trento. Si sono viste giocate difensive spettacolari, recuperi con i piedi, salvataggi a centimetri da terra, azioni con componente adrenalinica notevole, degni di un incontro di tale portata. E per gli addetti ai lavori, per chi entra “nelle pieghe” delle singole giocate, è stata sicuramente la partita più entusiasmante della stagione.

Perché la partita di mercoledì assume anche un’altra valenza. E’ il Manifesto Tecnico Tattico della Pallavolo Contemporanea. Il compendio di come si è evoluto il volley e dove è arrivato, l’interpretazione concreta dell’approdo verso un modo di giocare (momentaneo certo, perché come è sempre capitato anche la pallavolo si svilupperà di nuovo, creando nuovi sistemi) non solo tecnico ma soprattutto di concetto, di approccio mentale.

Navigando tra i numeri. Efficienza alta in attacco, ma senza tanti vincenti – Le due formazioni interpretano magistralmente il “nuovo corso” del volley. Corso che a ben dire non è di questa stagione, ma naturalmente fa parte di un percorso lungo, continuo e se vogliamo inevitabile. Alcuni fattori negli ultimi anni hanno cambiato il modo di giocare a pallavolo. Nell’ambito dell’attacco, se si scorrono le statistiche di serie A1 maschile negli ultimi venti anni si nota come l’efficienza in attacco (che è la differenza tra gli attacchi vincenti meno quelli murati e errati) sia rimasta pressappoco la stessa (stagione attuale 32,75%, nella media degli ultimi venti anni). Eppure si è assistito nel corso degli anni a un progressivo calo degli attacchi vincenti. Infatti dalla stagione 2004-2005 la positività sfiorò il 51%, per poi decrescere più o meno costantemente al 48% di questa annata. A mantenere quindi costante l’efficienza è, matematicamente, il calo dei punti diretti donati dall’attacco. Specialmente la discesa dell’attacco errato, visto che la percentuale dei muri punto è più o meno uguale.

Nel dettaglio – Trento e Perugia hanno avuto il 38% di efficienza in attacco, a fronte di un 49% di positività in questo fondamentale. Significa che murate ed errori definitivi si sono fermati all’11% (4% di errori, 7% di murate) degli attacchi complessivi. La stagione regolare appena conclusa, in queste caselle, recita mediamente un’efficienza (calcolata su tutte le squadre e tutte le partite) come già scritto del 32,75%, così suddivisa: positività 48,04% – 7,10% di errori – 8,19% di murate subite.

Dove ci porta tutto questo? Intanto a dire che Perugia e Trento hanno avuto una efficienza superiore alla media, ma come si vede nettamente dai numeri, frutto soprattutto di errori contenutissimi e anche di poche murate subite. Ed è proprio qui il nocciolo del Nuovo Approccio Mentale. La ricerca dell’efficienza attraverso non l’aumento degli attacchi vincenti (che comporterebbe anche un rischio maggiore) ma di contenere gli errori definitivi e le murate subite. Qui è il punto focale dello spirito odierno del volley, che Perugia e Trento interpretano magistralmente.

Una nuova prospettiva – Si cerca meno il punto diretto con l’attacco. Soprattutto se la situazione richiede colpi difficili, ad alto coefficiente di rischio. Sia in cambio palla, sia nei contrattacchi. I muri avversari sono diventati sempre più alti, sempre più compatti, sempre più organizzati. Non solo su palla alta e scontata, ma anche sulle situazioni di palla veloce. Le difese maggiormente agguerrite, aiutate sicuramente appunto dalla solidità del muro e dall’evoluzione tecnica e fisica dei giocatori più alti, che ora si muovono come i “metroenovanta” di un tempo. In Perugia-Trento abbiamo applaudito Michieletto e Anderson “accartocciare i loro 210 cm circa sul taraflex”  con la rapidità e fluidità di un normolineo.

E’ cambiata la gestione dell’attacco e dei suoi colpi. Non solo schiacciate forti, ma pallonetti più o meno spinti (al limite del fallo, qui si può aprire un dibattito infinito), palleggi in elevazione a due mani, ma soprattutto colpi piano sul muro per rigiocare la palla in copertura. Sono sempre esistiti, ma ora se ne fa largo uso. Hanno forse meno impatto definitivo, cioè nella possibilità di fare punto, ma il rischio di commettere errore è pari quasi a zero.
Perché il vero cambio epocale è nella svolta mentale nel concepire il sistema attacco. Il non andare per terra subito non è sentito più come un fastidio. Non è indispensabile fare punto a ogni attacco. Anche il cambiopalla immediato è meno continuo rispetto a tanti anni fa, vuoi anche per un calo delle ricezioni precise dovuto all’innalzamento della velocità e qualità dei servizi. E’ importante non tanto “mettere la palla per terra al primo tentativo” quanto “vincere lo scambio”.

A questo punto è indispensabile che come corollario alla nuova teoria dell’attacco ci sia una fase di transizione funzionante a dovere. Se mi difendono, ho la possibilità di sfruttare io il muro e la difesa. Perché come io ho difficoltà contro muri composti e difese piazzate, anche gli altri avranno gli stessi grattacapi, se io mi applico per bene a mia volta. Lorenzetti e Grbic sono maniacali in questo senso, ed è anche per questo che le due squadre, quando giocano l’una contro l’altra, danno vita ad azioni prolungate, a tutto vantaggio della godibilità per gli spettatori.

Il volley maschile per certi versi si è un po’ “femminilizzato”. Più scambi lunghi, la palla è più in gioco. Merito dell’evoluzione e dell’applicazione del muro e della difesa che sta costringendo l’attacco, nonostante la fisicità accresciuta degli interpreti, a battere strade alternative.

foto papiro it.depositphotos.com


Fonte: https://www.volleyball.it/feed/


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