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Martelli in regia… Lucia Bosetti. Il bello (e il difficile) della poliedricità. Quelle volte di Nimir, Kovacevic, Dal Zotto

MODENA – La performance di Lucia Bosetti di domenica scorsa, schierata palleggiatrice nella gara contro Trento per via delle assenze contemporanee per infortunio di Poulter e Sofia Monza, è uno di quegli episodi che dona al volley quel tocco di epicità, di romanzesco e perché no, di tuffo nel passato. In un’epoca, quella attuale, dove più volte è stato sottolineato la specializzazione dei giocatori e la ridotta capacità tecnica complessiva necessaria per interpretare alcuni ruoli, l’esibizione della giocatrice di Busto Arsizio acquisisce valore incommensurabile e simbolico.
Lucia Bosetti è cresciuta a pane e pallavolo, come si suol dire. Papà Giuseppe grande allenatore (è stato anche ct della nazionale femminile), mamma Franca Bardelli ex grande giocatrice (30 presenze in maglia azzurra) e allenatrice anche lei. Difficile pensare che in casa Bosetti si parlasse o si facesse qualcos’altro che non fosse pallavolo. E la tecnica di base, quella che impari da piccolino e non dimentichi più, è una caratteristica peculiare anche della sorella Caterina, che, oltre a interpretare magistralmente anche lei il ruolo di schiacciatrice, abbiamo ammirato effettuare alzate in elevazione e rovesciate nel “gioco creativo” di Mazzanti in nazionale.

Non bisogna credere però che per fare l’alzatore sia sufficiente un bel palleggio e stop. Che Lucia abbia “due belle mani” come si dice è innegabile. Ma da effettuare un palleggio pulito e anche preciso di alzata a giocare un’intera partita (e vincerla) da regista ci passa in mezzo un oceano. Perché intervengono fattori extratecnici. La grandezza nella prestazione di Lucia è stata nella sua “poliedricità mentale”. Il saper interpretare un ruolo non suo, padroneggiando un fondamentale che di solita usa poco, al di là della mera componente tecnica. Si è adattata (in quanto? in un paio di allenamenti?) a “vivere” una gara ufficiale da regista. Ed è una cosa che, se non si possiedono capacità sinaptiche notevoli, se non si sa intendere la pallavolo come un Gioco a 360 gradi e non soltanto un cumulo di bagher, palleggi e attacchi, è impossibile da fare.
Dal punto di vista non solo tecnico ma anche mentale, le difficoltà per una non-alzatrice non è soltanto l’alzata e la sua precisione. E’ di “visione generale d’insieme”, se così si può definire. Bisogna entrare in meccanismi non semplici. Occorre cucirsi addosso un vestito diverso, dove il primo e il terzo tocco non sono presenti, ed è tutto un “aiutare” le compagne. E’ un mettersi a disposizione. Si aggiusta una ricezione non perfetta, si prova a trasformare una difesa in un’occasione di attacco, si accompagna per mano l’attaccante cercando di metterla nelle migliori condizioni per fare punto. Ci vuole pazienza, sopportazione e tanto sentimento.

Contro Trento. L’intuizione di coach Musso, il palleggio in elevazione e i tempi delle alzate – Analizzando il match di Lucia contro Trento, sono emersi dei dettagli che accrescono la qualità della sua prestazione. Aiutata è vero da una “genialata” di coach Musso e del suo staff. Che ha schierato Busto non nel modo canonico, semplicemente inserendo la sua naturale sostituta Ungureanu in banda lasciando inalterato il resto. Ha invece spostato Camilla Mingardi come S2 (senza compiti di ricezione) con la romena a giostrare come opposto che riceve. L’intento è chiaro. Essendo la Mingardi la miglior attaccante bustocca, Musso ha preferito farla attaccare da zona 4 per permettere alla Bosetti una moltitudine di alzate frontali, sicuramente meno complicate da effettuare per una non-regista rispetto a quelle dietro la schiena. Un bell’assist per Lucia e che anche la Mingardi ha saputo sfruttare collezionando 23 punti finali.
Guardando la partita (qui gli highlights), colpisce il fatto che la Bosetti abbia spessissimo utilizzato il palleggio in sospensione, tecnicamente più complicato da effettuare che un normale palleggio piedi a terra. Ma se si padroneggia la tecnica come Lucia, l’alzata in elevazione permette due cose aggiuntive. La prima è una maggiore facilità di far viaggiare la palla per coprire più spazio, sfruttando appunto l’elevazione (bisogna ovviamente essere in grado di saltare con il tempo giusto, per non palleggiare nella fase discendente del salto). La seconda è che palleggiando in salto si riesce a mettere maggiormente “a tempo” le attaccanti in caso di alzata super.
Proprio la capacità di trovare i tempi giusti con le sue laterali è stata la cosa che più ha colpito. Lucia non si è limitata ad alzare palloni con traiettorie alte, ma ha giocato delle “super” con traiettorie “con poca pancia”, per usare uno slang volleystico. Mantenere costante le traiettorie (e quindi non mandare fuori tempo le proprie schiacciatrici) è l’obiettivo numero uno per un’alzatrice. La palla può essere anche leggermente staccata, o corta, o lunga, ma non c’è cosa peggiore di un’attaccante fuori tempo con la rincorsa. Ovviamente la schiacciatrice ha il suo daffare per essere in sincronia con l’alzata, ma nel caso di “super” (o ancora nelle palle più veloci, tipo fast o quick) la collaborazione (per usare un eufemismo) della regista è decisiva.

Nimir in regia a Champions League

Precedenti illustri. Abdel-Aziz, Uros Kovacevic e…. – E’ inusuale ma sono accaduti passaggi di ruolo, sia programmati nel tempo (Zaytsev e Bernardi da palleggiatori ad attaccanti, Fei e Omrcen da centrali ad opposti solo per citarne alcuni) sia per necessità o soluzioni tattiche estemporanee (una su tutte, la vittoria della Russia sul Brasile a Londra 2012 in rimonta, spostando Muserskiy da centrale a opposto). Ma si tratta sempre di spostamenti tra attaccanti, o al massimo schiacciatori che diventano Liberi. Rarissimi i casi di trasformazione in palleggiatore, per le peculiarità del ruolo.

Ma in situazioni di emergenza si sa, si fa di necessità virtù in quantità maggiori che in altre circostanze. E’ recente infatti il percorso intrapreso, durato qualche partita, da Uros Kovacevic, trasformatosi palleggiatore per la mancanza dei suoi due registi, proprio come ha fatto Lucia. Con ottimi risultati, vincendo un premio Mvp e sfruttando il suo mancino per piazzare anche sei punti in attacco di seconda intenzione.

Uros Kovacevic in versione regista

Nella scorsa stagione il Covid si abbatté contemporaneamente su Giannelli e Sperotto, registi di Trento. Lorenzetti non ebbe esitazioni e scelse il suo opposto Abdel-Aziz per affidargli la regia. In realtà il “sacrificio” di Nimir è calcolato, visto che fino a pochi anni prima l’olandese giocava proprio alzatore. E anche bene, considerato che nel 2012 fu eletto miglior palleggiatore della European League. E bene andò anche in quell’occasione, Trento lottò strenuamente prima contro Vibo in Superlega e poi addirittura vinse al quinto set in Champions League contro il Novosibirsk.
Andando molto in là con gli anni, si giocava la penultima di ritorno tra Mediolanum Milano e Maxicono Parma, due tra le favorite per la vittoria finale. Tra i ducali defezione del regista campione olimpico Jeff Stork, a metà primo set Bebeto tolse il regista Cova per inserire Michieletto (il papà di Alessandro) spostando lo schiacciatore Renan Dal Zotto (ora allenatore della nazionale brasiliana) in cabina di regia. Fu una partita bellissima, vinta dai milanesi al termine di quattro set combattutissimi in oltre due ore di gara.


Fonte: https://www.volleyball.it/feed/


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