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Djokovic dopo il successo a New York: “Se non fossi serbo sarei stato glorificato a livello sportivo tanti anni fa, soprattutto in occidente”

L’inestricabile dibattito sul GOAT (il migliore di sempre in uno sport) resta un tema complesso da affrontare. Il tennis nella sua ultracentenaria storia ha attraversato epoche così diverse da rendere impossibile e francamente ingiusto stilare una classifica definitiva. Nell’era moderna del gioco, diciamo dall’Era Open, è indubbio che Novak Djokovic sia il giocatore più vincente, i numeri di Slam, settimane da n.1 del ranking, confronti diretti contro i migliori avversari parlano chiaro a suo favore.

Il diretto interessato si è così espresso alla stampa del suo paese (riportato da Sportklub) in merito ad un dibattito ancor più ampio, quello del miglior sportivo in generale, con una vena piuttosto polemica visto che tira in ballo la sua provenienza come fattore a suo svantaggio.

“Il migliore di sempre? Lascio a voi e a tutti gli altri decidere se merito o meno di far parte di quel dibattito”, ha detto Djokovic . “Una cosa, però, è un dato di fatto: se non fossi stato serbo, sarei stato glorificato a livello sportivo molti anni fa, soprattutto in Occidente. Ma questo fa parte del mio viaggio, sono grato e orgoglioso di venire dalla Serbia – per questo motivo, tutti questi risultati sono più dolci e ancora più appaganti”.

Poi approfondisce il discorso, ricordando a tutti gli enormi sacrifici che la sua famiglia in Serbia ha dovuto affrontare per permettere al giovane Novak di crescere nello sport: “Diventare uno dei più forti era un’ambizione incredibilmente alta per qualcuno che proviene da una famiglia senza tradizione tennistica, per un ragazzo in Serbia che sta attraversando sanzioni ed embargo, un paese devastato dalla guerra e nel quale il tennis era uno sport molto costoso e inaccessibile. Le probabilità erano praticamente contro di me e la mia famiglia, ma, sai, ce l’abbiamo fatta. Dico “noi” perché devo molto alla mia famiglia, ai miei genitori che si sono sacrificati così tanto per farmi essere qui. E questo non è un cliché. Dico davvero. È stato estremamente, estremamente difficile con molte avversità che hanno dovuto affrontare e atrocità che quando ci pensi, arrivi a dire che l’ultima cosa a cui vuoi pensare è sostenere tuo figlio in uno sport costoso. A quel punto il problema era portare il pane sul tavolo della cucina. Quindi, riflettendo sull’intero viaggio, è stata una corsa incredibile, di cui tutti possiamo essere molto orgogliosi. Questo tipo di educazione e le esperienze che ho avuto durante l’infanzia mi permettono davvero di apprezzare questo momento o qualsiasi altro momento che ho vissuto, grandi momenti della mia carriera nella storia di questo sport”.


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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