Matteo Berrettini è pronto a riabbracciare il campo che più di ogni altro rappresenta il cuore della sua carriera: Wimbledon. Per l’azzurro, il debutto contro il polacco Kamil Majchrzak segna non solo l’inizio di un nuovo torneo, ma soprattutto una nuova sfida personale, da affrontare con il mantra che ormai lo accompagna: una partita alla volta.
In un’intervista a Repubblica dichiara l’azzurro: “Adesso sto molto meglio. Mi sono stancato di fermarmi e ripartire. Questa volta è stata davvero dura”, ha ammesso Berrettini, lasciando trasparire tutta la fatica di un fisico che, troppo spesso, gli ha imposto lunghi stop. Eppure, nonostante le tante battaglie contro gli infortuni, il romano si dice orgoglioso del suo percorso: “Sarei orgoglioso della mia carriera anche se finisse oggi”.
Dopo il doloroso ritiro a Roma contro Ruud e la decisione di saltare Stoccarda e Queen’s, Matteo ha scelto di prendersi una pausa vera, ascoltando se stesso e lasciandosi sostenere dal team e dalla famiglia: “Mi hanno lasciato spazio quando serviva e hanno trovato le parole giuste nei momenti difficili”.
Nel racconto della sua rinascita, Berrettini mostra una maturità rara, anche nel modo in cui vive le relazioni con lo staff. La separazione dal preparatore Umberto Ferrara, per esempio, è stata affrontata senza rancore: “Non c’è stato nulla di personale, ma semplicemente non ci siamo incastrati. È giusto separarsi quando non si cresce più insieme”.
Wimbledon, per Berrettini, resta un luogo speciale, un punto fermo nella sua carriera fatta di ostacoli e di rinascite: “Questo posto mi fa sentire bene. Mi dispiace perché so quanto posso dare su questa superficie”, ha confessato con un sorriso carico di amarezza, ma anche di determinazione. La sua fame di competizione, infatti, è intatta: “Sono nato competitivo e morirò competitivo. Non mi accontenterò mai”.
L’anno scorso, proprio dopo un periodo difficile, riuscì comunque a superare avversari di spessore come Sonego, De Minaur e Zverev, fermandosi agli ottavi contro Alcaraz. Anche allora rientrava da una situazione complicata, ma con coraggio e grinta aveva ritrovato il suo tennis migliore. Stavolta arriva a Wimbledon con più allenamento nelle gambe, consapevole che il vero traguardo non è solo un risultato, ma il piacere di tornare a vivere il campo: “Essere qui e stare bene è già una vittoria. Ma il ritmo partita mi manca e non vedo l’ora di viverlo”.
Berrettini non ha mai nascosto le proprie fragilità, nemmeno davanti alle critiche più dure: “Leggere certe cose fa male, soprattutto se penso che le leggono mia madre o mia nonna”. Col tempo, però, ha imparato a filtrare, a riconoscere chi conta davvero e a fare pace con sé stesso. Il rapporto col proprio corpo, invece, resta una sfida continua: “Mi ha tradito tante volte, ma senza di lui non sarei quello che sono”, afferma con orgoglio. La paura del dolore e del non farcela è stata spesso più pesante degli infortuni stessi, ma ora Matteo sembra aver trovato la forza per reagire, con il sorriso e una nuova serenità.
E proprio in questa intervista rilasciata a La Repubblica, Berrettini ha avuto una riflessione sincera sulla vita da tennista professionista e sui suoi limiti fisici: “Io a Wimbledon dopo tanta sofferenza. Il mio corpo dice che il calendario del tennis è insostenibile”. Un messaggio forte, condiviso ormai da molti colleghi che – come lui – vivono la fatica di un tour senza soste, in cui trovare equilibrio tra prestazione, recupero e vita privata è sempre più difficile.
“Ho capito che se le cose sono ben oleate, posso rinascere dai momenti difficili”, conclude. Non è solo una dichiarazione, ma una filosofia che porterà con sé su ogni ciuffo d’erba di Wimbledon: vivere ogni partita come un’occasione, ogni ritorno come una vittoria, ogni passo sul prato inglese come un gesto d’amore verso il tennis e verso sé stesso.
Francesco Paolo Villarico