Dalla Gazzetta dello Sport riprendiamo un’intervista concessa da Stefano Travaglia che parla approfonditamente del circuito minore. Nel 2021, Stefano Travaglia era in piena ascesa: finalista a Melbourne nel torneo ATP 250 contro Jannik Sinner e numero 60 del mondo. Poi, il buio. Un intervento al gomito, uno stop di oltre tre mesi, la forma che sfuma e il treno che passa. Il tennis, con i suoi ritmi feroci e la concorrenza spietata, non aspetta nessuno.
Ma a 33 anni, Travaglia non ha intenzione di mollare. Lo dimostrano i risultati del 2025, una stagione iniziata tardi a causa di un infortunio al ginocchio, ma comunque capace di regalargli due finali Challenger (una vinta, una persa). Attualmente numero 232 del ranking ATP, l’ascolano ha un obiettivo preciso: tornare tra i primi 100 del mondo.
“Mi basta entrare in campo e giocare. Amo il tennis, a prescindere dal contesto”, racconta.
Dietro le quinte del circuito “minore”
Chi pensa che il tennis sia solo sponsor, trofei e jet privati si sbaglia di grosso. Fuori dalla Top 100, la vita del tennista professionista è tutt’altro che dorata. I guadagni sono risicati, le spese altissime, e ogni scelta diventa una scommessa. Stefano lo sa bene.
Il suo team è composto dal coach Alessandro Motti, presente nell’80% dei tornei, e dal preparatore atletico Federico Berruezo, che lo affianca nelle restanti settimane. Quando possibile, viaggiano entrambi. A completare il gruppo c’è il manager Luca Del Federico, che segue anche altri atleti come Luciano Darderi. Manca solo un fisioterapista, come ammette lo stesso Travaglia con ironia:
“Alla mia età mi farebbe comodo, ma non posso permettermelo”.
Nel circuito Challenger si combatte su tutti i fronti: dalle qualificazioni durissime, contro giovani agguerriti e già molto preparati, fino ai montepremi limitati. Un esempio? A Genova, una semifinale gli ha portato solo 35 punti ATP. Una scalata infinita, fatta di tornei consecutivi, spesso senza respiro.
Camere doppie e racchette a carico
Anche sul piano logistico ogni dettaglio conta. I tornei Challenger offrono una sola camera per cinque notti, quindi si cerca di condividere il più possibile per risparmiare. Quando il gruppo è composto da tre persone, la seconda stanza è a carico del giocatore. I tornei di fascia alta (125 e 175) offrono buoni pasto, ma per il resto si paga tutto: lavanderia, incordature (almeno 15 euro a racchetta), trasferimenti.
Per le partnership tecniche, Travaglia riceve l’abbigliamento da Lotto (senza compenso economico), mentre le racchette le acquista lui. Ne compra circa 15 all’anno, per una spesa di 2.000 euro.
“Quando è scaduto il contratto con Wilson ho ricevuto offerte da altri marchi, ma non ho voluto cambiare modello. La racchetta è la cosa più importante”.
Numeri e realtà del tennis “vero”
Nel 2024, Travaglia ha incassato circa 120.000 euro in premi ATP, ma tra trattenute e tasse, il netto si è fermato a 80.000. A questi si aggiungono 40.000 euro guadagnati con i campionati a squadre tra Francia, Germania e Italia, e 30.000 euro da sponsor. Un dato sorprendente, considerando che un giocatore attorno al 200 del mondo di solito non riesce ad attirare partner, ma Stefano può contare su aziende locali rimaste fedeli dai tempi in cui era nei top 100.
In totale, i ricavi 2024 ammontano a circa 150.000 euro. Le spese, però, non sono da meno: 85.000 euro l’anno, di cui 50.000 per il team tecnico e la preparazione, 25.000 per viaggi e hotel, e 10.000 per costi vari (iscrizioni ai tornei, assicurazioni, ecc.).
Il guadagno netto? Circa 30.000 euro. Poco più di quanto percepisca un calciatore di Serie C. E senza il sostegno degli sponsor storici, il bilancio andrebbe in pari.
“Qualcuno potrebbe chiedermi: ‘Ma chi te lo fa fare?’. La risposta è semplice: la passione per questo sport e il sostegno di persone che credono in me e mi spronano ogni giorno”.
Sognando l’Australian Open
Travaglia è realista, ma motivato. Non cerca alibi, solo nuove chance. Il prossimo passo è entrare nel tabellone delle qualificazioni degli Australian Open. L’obiettivo finale resta lo stesso di sempre: rientrare nei top 100.
“A quel punto cambierebbe tutto, anche a livello economico”.
Una vita da tennista vero, fuori dai riflettori, ma ancora con tanto da dire.