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Mager si ritira: “Il tennis mi ha dato tanto. Il ripianto? Non esser stato in grado di godermi il bello della mia carriera”

Gianluca Mager ha annunciato il ritiro ufficiale dal tennis Pro. 30 anni, il sanremese da tempo aveva diradato la sua attività tanto che il suo ultimo incontro vinto in carriera risale allo scorso maggio quando passò due turni al Challenger di Santos in Brasile. Poi altri cinque Challenger tra Italia e San Marino, senza vittorie, con l’ultima partita disputata lo scorso luglio sul “Titano”. In carriera ha toccato un best ranking di n.62 nel novembre del 2021, con le annate migliori prima e durante il periodo del Covid, fatto questo che resta il più grande rimpianto di Gianluca: tanto lavoro per arrivare nel tennis dei “grandi” e incappare nello stop per la pandemia e quindi una stagione e mezza difficile con le restrizioni e tutto quello che è seguito. Infatti in un’intervista rilasciata a Spazio Tennis proprio questo afferma Mager, il rimpianto di non esser riuscito a godersi a pieno il momento migliore della sua vita tennistica.

“Purtroppo non sono mai stato in grado di godermi il bello della mia carriera. Sarà sempre il mio più grande rimpianto” racconta Mager, “Per colpa mia e per quel che è successo dopo. È arrivato il Covid, i tornei erano vuoti, non c’era più niente. Triste. Una lotta furibonda per arrivare a quei livelli e poi quando realizzi finalmente un grande sogno, quando Capitan Corrado Barazzutti ti stupisce dicendoti ‘giochi te’, difendi il tricolore in Coppa Davis in uno stadio vuoto perché il giorno prima hanno chiuso tutto”.

A Indian Wells “Arrivai carico, mi ripetevano ‘stai giocando come un treno’. Feci un allenamento e annunciarono la cancellazione del torneo. Tornammo a casa e ci restammo 6 mesi. La ripresa non fu neanche pessima, riuscii a vivere un altro paio di stagioni di livello, affrontai Kyrgios al secondo turno di Wimbledon, Sinner al secondo turno del Roland Garros, battei De Minaur al Foro Italico, Fucsovics a Indian Wells. Collezionai diversi quarti di finale in vari ATP 250 battendo giocatori importanti. Quella contro Jannik la ricordo bene: persi 6-1 7-5 3-6 6-3 sciupando due set point nel secondo parziale”.

Mager era dotato di un buon tennis, un gioco a tutto campo con un gesto anche elegante e traiettorie efficaci. Non sempre è riuscito a giocare con la intensità e continuità necessaria per reggere la durissima competizione del tour ATP. L’aspetto mentale è sempre stato quello più difficile da gestire per lui, come ha raccontato nel suo saluto al tennis professionistico. In carriera ha vinto sei Challenger e diversi ITF, ma il momento clou resterà la cavalcata vissuta a Rio, dove passò le qualificazioni e arrivò in finale, battendo tra gli altri Thiem (allora n.4 al mondo). Purtroppo in quella finale lottò molto ma si arrese in due set tirati a Garin. E da lì a poco, ecco la tempesta Covid…

Questi altri passaggi del suo saluto al mondo del tennis. “Ho avuto un’adolescenza un po’ particolare. Fuori dalle righe rispetto a un classico sportivo. Uscivo e ne facevo passare tante, troppe, ai miei genitori. L’ultima cosa che pensavo era di diventare un giocatore di tennis. Ero un ribelle a cui non piacevano particolarmente le regole”. Mager racconta che la svolta della sua carriera arrivò quando il club Park di Genova lo ingaggiò per vincere lo scudetto a squadre. In quel periodo l’incontro con Nargiso, una nuova strada e la sua testa fece “clic”: decise di provarci davvero col tennis: “Quando arrivò Diego feci una scelta importante e dissi ai miei genitori di voler diventare un tennista professionista. Ricordo ancora adesso lo scetticismo nei loro occhi. Da quel momento, per un anno, la mia vita funzionava così: autobus da Sanremo a Ventimiglia, treno da Ventimiglia a Montecarlo, camminata in salita di 2 km per raggiungere il circolo in cui mi allenavo. Un panino a pranzo, la sessione pomeridiana e via al contrario per tornare a casa. Un anno. Senza saltare mai un giorno, senza fare mai un ritardo. Per dimostrare a me stesso e alla mia famiglia, soprattutto, che ero cambiato e maturato”.

La paternità con la compagna Valentine Confalonieri ebbe un impatto molto importante: “Durante tutta la mia carriera ho vissuto emozioni contrastanti, alcune sicuramente belle e positive che mi hanno spinto a inseguire un piccolo sogno, altre invece hanno costantemente messo alla prova quella che in fondo è la mia natura. Come tanti dicono ‘questo sport non è per tutti’. Mi sono sempre ritrovato in questa espressione. Il tennis per me è stato una battaglia contro me stesso. Le mie lotte personali mi hanno aiutato a superare tante volte i miei limiti, paure e insicurezze, portandomi via tante energie che lentamente mi hanno logorato. Negli ultimi anni il fuoco che mi ha animato per tanto tempo si è lentamente spento. Le priorità sono cambiate e oggi, all’età di 30 anni, ho deciso di fare i conti con me stesso e di essere veramente chi sono. (…). È strano da dire, ma quando è nata la mia prima figlia qualcosa dentro di me è cambiato. Sono emersi tutti i limiti contro cui ho sempre lottato. Sono una persona che ama la stabilità, sono molto legato alla mia famiglia e ho sempre patito il continuo viaggiare. La vita di un giocatore di tennis è in continuo movimento, le valigie non vengono mai disfatte del tutto, si prendono aerei in continuazione e mentre lo fai devi elaborare l’ennesima sconfitta. In giornate in cui magari vorresti essere semplicemente a casa tua a festeggiare un normale giorno di Natale. Bisogna essere forti a saper gestire la pressione. Se non vinci non guadagni, se non salvi i punti dell’anno precedente perdi classifica e se non ne fai abbastanza rischi di non giocare gli Slam e le tue tasche lo soffrirebbero. I ritmi sono alti e costanti, non hai tempo per fermarti e provare a resettare tutto. Se lo fai, poi rimetterti in carreggiata non è semplice. La fiducia è il Santo Graal, quando te ne impossessi senti che improvvisamente tutto fluisce nel verso giusto e sei capace di fare grandi cose. Quando la perdi, invece, devi ripartire da zero e per riuscire sempre a rialzarti il tennis deve venire prima di tutto”.

Il futuro? Con i giovani nella sua Sanremo: “È nato in me il forte desiderio di voler insegnare ai giovani ragazzi, soprattutto nella fascia di età dai 12 anni in su, a comprendere l’importanza di cosa significa essere un giocatore di tennis, dunque a non commettere i miei stessi errori perché la carriera non dura per sempre… A conti fatti il tennis mi ha dato molto più di quello che mi ha tolto: mi ha permesso di prendere la giusta via, di crescere e conoscere pienamente me stesso. Mi ha insegnato il valore del sacrificio per ottenere qualcosa di importante. Mi ha dato la possibilità di girare il mondo e di avere una bellissima famiglia: sempre a ottobre diventerò per padre la terza volta. (…) Oggi sono soddisfatto del percorso che ho fatto e sento dentro di me di avere delle nuove energie da dover indirizzare in un nuovo capitolo”.

Parole molto sincere quelle di Mager, un’analisi onesta di una carriera di buon livello ma dalla quale avrebbe potuto anche trarre di più. Con quello che ha maturato, sarà interessante vederlo crescere giovani talenti. Non possiamo che augurare a Gianluca il meglio per questo nuovo capitolo della sua vita.

Marco Mazzoni


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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