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    Strade Bianche, impresa di Pogacar: fuga di 81 km e vittoria

    Sono 24: Tom Pidcock, Thymen Arensman, Magnus Sheffield (Ineos Grenadiers), Lennard Kämna (Bora-hansgrohe), Benoît Cosnefroy (Decathlon AG2R La Mondiale), Ben Healy (EF Education-EasyPost), Valentin Madouas, Lenny Martinez (Groupama-FDJ), Francesco Busatto (Intermarché-Wanty), Krists Neilands (Israel-Premier Tech), Toms Skujiņš (Lidl-Trek), Lennert Van Eetvelt, Maxim Van Gils (Lotto Dstny), Davide Formolo (Movistar), Mauri Vansevenant (Soudal-QuickStep), Romain Bardet (dsm-firmenich PostNL), Filippo Zana (Jayco AlUla), Christophe Laporte, Sepp Kuss, Ben Tulett, Attila Valter (Team Visma | Lease a Bike), Isaac Del Toro, Tim Wellens (UAE Team Emirates) e Matej Mohorič (Bahrain Victorious) LEGGI TUTTO

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    Strade Bianche, dove vedere la gara di ciclismo in tv e streaming: gli orari

    È il giorno della corsa toscana, con partenza e arrivo a Siena dopo 215 km e 15 settori di strade sterrate. Al via tante stelle, tra cui il vincitore uscente Pidcock, Pogacar, Alaphilippe, Mohoric, gli azzurri Bagioli, Formolo e Bettiol. In diretta dalle 14 su Eurosport 2 (canale 211 del telecomando Sky), visibile anche sull’app SkyGo 
    STRADE BIANCHE: LA GARA IN DIRETTA LIVE

    Tutto pronto per la 18^ edizione della Strade Bianche, prima corsa UCI WorldTour italiana dell’anno e considerata ormai al livello delle altre Classiche monumento del calendario (Milano-Sanremo, Parigi-Roubaix, Giro delle Fiandre, Liegi-Bastogne-Liegi e Giro di Lombardia). Percorso rinnovato e grandi stelle nella start list per la gara toscana, soprannominata “La classica del Nord più a sud d’Europa” perché unisce le caratteristiche della Roubaix con i suoi oltre 70 km in sterrato alla difficoltà dei “muri” che ricordano quelli del Fiandre. Il recordman di vittorie è Fabian Cancellara con tre successi (2008, 2012 e 2016). Moreno Moser l’unico corridore di casa nostra capace di conquistare l’ex Eroica, nel 2013. 

    Il percorso 
    Fino al 2013 la partenza era stata situata a Gaiole in Chianti, nel biennio 2014-2015 prese il via da San Gimignano e dal 2016 la corsa inizia dalla Fortezza Medicea (in piazzale della Libertà) e finisce nella iconica Piazza del Campo di Siena, che ha sempre ospitato l’arrivo della gara. Allungata rispetto agli anni passati: 215 km con 15 settori e 71 km di sterrato, con l’introduzione di un circuito finale da ripetere due volte. Percorso molto mosso e ondulato sia sul piano planimetrico che altimetrico, privo di lunghe salite, ma costellato di strappi più o meno ripidi. 

    I settori sterrati

    Al Km 14: VIDRITTA (lunghezza 2.1 km)
    Km 21.3: BAGNAIA (5.8 km, pendenza massima 15%)
    Km 33.4: RADI (4.4 km, 12%)
    Km 44.1: LA PIANA (6.4 km)
    Km 76.8: LUCIGNANO D’ASSO (11.9 km)
    Km 89.7: PIEVE A SALTI (8 km, 11%)
    Km 112.7: SAN MARTINO IN GRANIA (9.5 km, 12%)
    Km 131: MONTE SANTE MARIE (11.5 km, 18%)
    Km 161.3: MONTEAPERTI (0.6 km, 16%)
    Km 165.7: COLLE PINZUTO (2.4 km, 15%)
    Km 171.9: LE TOLFE (1.1 km, 18%)
    Km 175.4: STRADA DEL CASTAGNO (0.7 km)
    Km 189.2: MONTECHIARO (3.3 km)
    Km 195.9: COLLE PINZUTO (2.4 km, 15%)
    Km 202.2: LE TOLFE (1.1km, 18%)

    I favoriti
    Il numero 1 sarà sulle spalle di Thomas Pidcock, trionfatore nel 2023. Le Crete Senesi vedranno l’esordio stagionale di Tadej Pogacar, dominatore dell’edizione 2022, in un cast che vede la presenza – tra i vincitori – di Julian Alaphilippe (2019) e Michal Kwiatkowski (2014, 2017). Tra le stelle più attese anche Valentin Madouas, Richard Carapaz, Kasper Asgreen, Christophe Laporte, gli azzurri Andrea Bagioli, Davide Formolo, Alberto Bettiol, Simone Velasco. E poi Matej Mohoric, già a segno alla Volta a la Comunitat Valenciana a inizio stagione.

    Strade Bianche femminile
    Al via sempre sabato la 10^ edizione della Strade Bianche Woman: percorso identico a quello riservato agli uomini, con partenza anticipata della gara femminile di un paio d’ore. Speranze italiane affidate a Elisa Longo Borghini, l’unica italiana a trionfare a Siena (nel 2017). Al via anche Lotte Kopecky e Demi Vollering, vincitrici – rispettivamente – nel 2022 e 2023.

    Dove vedere la Strade Bianche in tv e in streaming
    La 18^ edizione della corsa è in programma sabato 2 marzo, in diretta dalle 14 su Eurosport 2 (canale 211 del telecomando Sky), visibile anche sull’app SkyGo.

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    Ciclismo
    Strade Bianche: storia, favoriti e albo d’oro

    Alla prima edizione vinse Kolobnev, nel 2023 il successo di Pidcock. Il recordman della classica toscana è Cancellara con tre sigilli, soltanto un italiano è stato capace di conquistare l’ex ‘Eroica’: ricordate chi è stato? Storia, favoriti del 2024 e albo d’oro della corsa, in programma sabato dalle 11.10 in diretta su Eurosport 2 (canale 211 del telecomando Sky), visibile anche su SkyGo
    STRADE BIANCHE: LA GARA IN DIRETTA LIVE

    EROICA

    In principio era l’Eroica, un omaggio ai pionieri del ciclismo e alle loro imprese sulle terrribili strade sterrate del Novecento. Il nome della corsa cambiò dalla terza edizione, per quella che ormai viene ribattezzata la ‘sesta’ classica monumento del calendario: Strade Bianche, quelle tipiche della campagna senese. Oggi è considerata da molti al pari delle cinque Classiche Monumento (Milano-Sanremo, Parigi-Roubaix, Giro delle Fiandre, Liegi-Bastogne-Liegi, Giro di Lombardia)

    CAMBIO DI STAGIONE

    La prima edizione è stata vinta nel 2007 dal russo Aleksandr Kolobnev (nella foto della premiazione con Paolo Bettini e Fiorenzo Magni). Fu l’unica autunnale: dall’anno successivo venne spostata a inizio marzo, prima della Tirreno-Adriatico e della Milano-Sanremo. La Strade Bianche è anche soprannominata “La classica del Nord più a sud d’Europa”, perché unisce le caratteristiche della Roubaix con i suoi oltre 70 km in sterrato alla difficoltà dei “muri” che ricordano quelli del Giro delle Fiandre

    PIAZZA DEL CAMPO

    Fino al 2013 la partenza era stata situata a Gaiole in Chianti, nel biennio 2014-2015 prese il via da San Gimignano e dal 2016 la corsa inizia e finisce nella iconica Piazza del Campo di Siena, che ha sempre ospitato l’arrivo della gara. 

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    Strade Bianche, l’albo d’oro della gara di ciclismo: curiosità e favoriti

    Alla prima edizione vinse Kolobnev, nel 2023 il successo di Pidcock. Il recordman della classica toscana è Cancellara con tre sigilli, soltanto un italiano è stato capace di conquistare l’ex ‘Eroica’: ricordate chi è stato? Storia, favoriti del 2024 e albo d’oro della corsa, in programma sabato dalle 11:15 in diretta su Eurosport (canale 210 del telecomando Sky) LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Trofeo Laigueglia: vince il francese Lenny Martinez

    Per il secondo anno consecutivo il Trofeo Laigueglia parla francese: dopo la vittoria dello scorso anno di Nans Peters, a trionfare quest’anno nella classica che apre la stagione italiana delle corse su strada che si appresta a entrare nel vivo con le corse di Primavera, è stato Lenny Martinez (Groupama-FDJ). Ancora una volta secondo, come lo scorso anno, l’italiano Andrea Vendrame (Decathlon AG2R La Mondiale), mentre ha chiuso al terzo posto lo spagnolo Juan Ayuso (UAE Team Emirates). Martinez sulle strade del ponente ligure conferma il suo talento: 20 anni, da due professionista il francese (che è figlio d’arte, il papà Miguel è stato campione olimpico di mountain bike a Sydney 2000) a inizio stagione si è imposto nella Classic Var. Il talento della Groupama-FDJ, dopo essersi inserito nel tentativo d’attacco giusto, ha fatto la differenza sull’ultima scalata di Colla Micheri, staccando poi l’ultimo avversario, un altro giovanissimo, Jan Christen (UAE Team Emirates), in discesa. A muoversi fin dai primi chilometri sono stati Alex Martin (Polti-Kometa), Diego Bracalente (MBH Bank Colpack Ballan), Ben Granger (Mg.K Vis-Colors for Peace), Marco Palomba (General Store-Essegibi-F.lli Curia) e Immanuel D’Aniello (Work Service-Vitalcare-Dynatek), che hanno guadagnato fino a 5 minuti sul gruppo e Bracalente che è transitato per primo in testa sulle salite di Cima Paravenna e Testico. Tutti i fuggitivi sono stati ripresi poco prima dell’ingresso nel circuito finale di Laigueglia, a poco più di 50 km dall’arrivo. Sul finire della prima scalata di Colla Micheri  si è mosso Lorenzo Rota (Intermarché-Wanty), bravo a scavare un solco di 20″ sul gruppo in discesa, salvo poi desistere e farsi riprendere dal gruppo. Il secondo passaggio da Colla Micheri ha mandato in frantumi il gruppo grazie soprattutto al forcing di Jan Christen e su Capo Mele sono andati via in 7: lo stesso Christen, con Darren Rafferty (EF), Alessandro Pinarello (VF Group-Bardiani CSF-Faizanè), Andrea Vendrame (Decathlon AG2R), Davide De Pretto (Jayco AlUla), Lenny Martinez (Groupama-FDJ) e Christian Scaroni (Astana Qazaqstan). Il tutto si è andato a decidere sull’ultima scalata al Colla Micheri: Lenny Martinez ha provato in tutti i modi ad andare via e all’ennesimo scatto ci è riuscito, sorprendendo proprio in cima Christen. Gran sfida tra il francese e lo svizzero nella discesa successiva, un inseguimento costante, che ha visto prevalere Martinez.  LEGGI TUTTO

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    Sagan, intervento al cuore: “Sto bene, nei prossimi giorni torno in bici”

    Peter Sagan ha subito oggi un intervento al cuore per curare un’aritmia. “Peter sta bene. Tornerà in bici tra una settimana con lo stesso programma che aveva originariamente. Tutto è sotto controllo”, ha detto un rappresentante del suo staff, come riporta l’ANSA. Lo slovacco di 34 anni, tre volte campione del mondo su strada e sette volte vincitore della maglia verde al Tour de France, è stato operato ad Ancona, in Italia. Con un post su Instagram, ha voluto rassicurare i suoi tifosi: “Ciao ragazzi, solo un breve aggiornamento. Tutto sotto controllo e tra pochi giorni torno sulla mia bici!”. Sagan ha detto addio al ciclismo su strada lo scorso autunno dopo 121 vittorie in carriera e ora punta a difendere i colori della Slovacchia ai Giochi Olimpici di Parigi nella specialità mountain bike, sport da cui tutto aveva avuto inizio. Sagan aveva avuto un episodio anomalo di tachicardia durante una corsa di Mtb domenica scorsa, quando aveva superato i 200 battiti al minuto.  LEGGI TUTTO

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    Pantani, le vittorie al Giro d’Italia e al Tour de France. FOTO

    A vent’anni dalla sua morte, ricordiamo le imprese del ciclista romagnolo sulle strade del Giro d’Italia e del Tour de France, vinti con una storica doppietta nel 1998. Dalle scalate dell’Alpe d’Huez al miracoloso recupero di Oropa, dai successi a Les Deux Alpes e all’Aprica fino agli ultimi acuti sul Ventoux e Courchevel, ecco le immagini che hanno fatto la storia del Pirata
    PANTANI PER SEMPRE: LO SPECIALE LEGGI TUTTO

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    Pantani, quel 5 giugno 1994: la nascita del mito che tenne insieme nonni e nipoti

    5 giugno 1994: Marco Pantani, dopo il successo il giorno prima a Merano, si impone nella tappa con arrivo ad Aprica dopo aver scalato Stelvio, Mortirolo e Santa Cristina. Fa quasi saltare il Giro d’Italia e irrompe nel cuore di tifosi e appassionati di ciclismo, unendo nonni e nipoti. Quel giorno come una rivelazione: niente fu come prima. Anche per un mito come Charly Gaul. Un racconto personale ma che riguarda, in fondo, almeno tre generazioni
    PANTANI PER SEMPRE: LO SPECIALE

    I pomeriggi tra maggio e giugno, profumo di primavera, giornate che si allungano. Tanta voglia di diventare grandi, di crescere in fretta. A 13 anni ogni cellula del tuo corpo vuole esplodere, entrare il prima possibile nel mondo degli adulti. Stavo preparando, stancamente, gli esami di terza media in quel giugno 1994. Da un lato, il sogno di avere già 14 anni per avere il primo motorino, dall’altro un attaccamento all’infanzia inconsapevole e tenace. La bicicletta come strumento di scoperta e di libertà: simbolo del rapporto padre-figlio. Papà che t’insegna ad andare senza rotelle: diventerà un ricordo dolce. Ma a 13-14 anni vuoi la libertà e con la bici ti spingi proprio dove i tuoi genitori ti vietano, superi quei confini che i tuoi ti hanno indicato come limite invalicabile. Cerchi la tua strada. E siccome a 13 anni si pensa di essere già grandi ma si è ancora bambini, ti identifichi con i corridori. Chiappucci e Bugno che sfidano Indurain. Avevo una polo rosa e quando la indossavo mi piaceva immaginarmi di essere il Diablo. Ogni cavalcavia dell’hinterland diventava per me un Mortirolo in cui staccavo Indurain. Quando incontravo stradoni lunghi (all’epoca senza rotonde) sognavo a occhi aperti di essere Bugno che finalmente superava a cronometro il fenomeno spagnolo. E poi c’è il nonno. Il rito irrinunciabile era guardare con lui le tappe del Giro e del Tour, in pomeriggi che scorrono dolcemente e per fortuna lentamente come quelle salite in cui vorresti esserci, a bordo strada. Il cerimoniale era più o meno sempre identico. Andavo da mia nonna e le chiedevo: «Dov’è il nonno? Sta per cominciare la diretta della tappa». E mia nonna solitamente rispondeva, in veneto: «Xe drìo dire el rosario in garage». Sì, perché mio nonno, come molti altri, era un operaio in pensione che passava i pomeriggi a costruire e riparare nel suo garage-officina, e ogni tanto, anzi ogni spesso, qualche improperio in dialetto diciamo che gli scappava, con quel particolare rapporto che tanti veneti hanno con la blasfemia. Tutte le mie biciclette le ha costruite lui: era uno di quegli operai capaci di «fare i baffi alle mosche», così si diceva per descrivere la maestria della nostra mitica classe operaia. E soprattutto, come tanti altri nonni, era un grande appassionato di ciclismo. Era anche stato un corridore in gioventù, poi la guerra e una pleurite ne avevano spento le velleità agonistiche. Sapeva leggere le tappe e i protagonisti in modo preciso e risoluto. C’è una data che più di altre resta impressa nella mia memoria: il 5 giugno 1994. Il giorno prima al Giro aveva vinto un giovane corridore della Carrera, un certo Marco Pantani. Aveva un ciuffo che gli dava dieci anni in più di quelli che aveva: se lo sarebbe tolto più avanti, diventando il Pirata. 

    ©Getty

    La ‘pazza’ discesa di Merano
    Aveva sorpreso tutti a Merano grazie alle sue capacità da discesista, qualità che a noi ragazzini costò più di una sbucciatura di gomiti e ginocchi, pantaloni e magliette distrutti, nel tentativo di imitarlo ovunque la strada scendesse in picchiata. Come planava lui, con quel modo di mettere il sedere fuori di sella, spericolato e al tempo stesso micidiale come un motociclista in pista al mondiale. Se per gli addetti ai lavori il talento di Pantani era già noto, noi ragazzini e semplici spettatori ancora non sapevamo. Era un’epoca senza social, senza internet e senza quella miriade di informazioni di cui oggi disponiamo in modo totalizzante. Per fare un esempio: che Sinner avrebbe vinto uno slam ce lo hanno previsto con anni di anticipo, Pantani quando apparve a noi, il famoso pubblico a casa, non si sapeva chi fosse. Pensammo che fosse un exploit di un giovane talento e nulla più. Noi che tifavamo Bugno e Chiappucci, i due alfieri italiani che tentavano disperatamente di battere il moloch spagnolo, quel concentrato di doti fisiche e capacità serafica di gestire le corse che era Miguel Indurain, non potevamo sapere. 

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    Ciclismo
    “Pantanissimo”, un eroe sempre in prima pagina

    Con le sue gesta straordinarie, Marco Pantani ha stregato il mondo del ciclismo e non solo. A vent’anni dalla sua morte, vogliamo ricordarlo nelle sue numerose imprese a Giro e Tour, testimoniate dai titoli e dalle prime pagine dei più importanti quotidiani sportivi dell’epoca
    PANTANI PER SEMPRE: LO SPECIALE

    IL MITO DI MARCO PANTANI SULLE PRIME PAGINE DEI QUOTIDIANI SPORTIVI

    Dal 1994 al 2000, il Pirata ha fatto innamorare il mondo del ciclismo. A vent’anni dalla sua morte, vogliamo ricordarlo nelle sue numerose imprese a Giro e Tour, testimoniate dai titoli e dalle prime pagine dei più importanti quotidiani sportivi. In un’epoca in cui i social ancora non esistevano, ecco come veniva celebrato il campione di Cesenatico sui media

    3 AGOSTO 1998: MARC DE TRIOMPHE

    La Gazzetta dello Sport celebra la vittoria di Pantani al Tour 1998 con un geniale “Marc de Triomphe”, con la foto del Pirata festeggiato da Felice Gimondi, ultima maglia gialla italiana prima di lui nel 1965

    3 AGOSTO 1998: PANTANISSIMO

    L’Equipe conia un superlativo in ricordo del grande Fausto Coppi (Campionissimo) per descrivere la vittoria di Marco Pantani al Tour del 1998. Un grande onore per il ciclista romagnolo

    Tappa da brivido: Stelvio e Mortirolo
    Lo avremmo scoperto proprio quel 5 giugno. La tappa era di quelle da brivido: Stelvio, Mortirolo, Santa Cristina e arrivo ad Aprica. Non pensavamo che quel Pantani avrebbe bissato il successo del giorno prima, mai avremmo immaginato che lo avrebbe fatto con una prova di estrema maturità e talento assoluti. Mai ci saremmo immaginati che avrebbe quasi fatto saltare il Giro, spazzando via i piani di Berzin, Indurain e Chiappucci. Mio nonno guardava la tappa e per una volta lo vidi meno tranquillo, si agitava sulla poltrona come mai prima. Lui tendeva a smorzare i miei entusiasmi con commenti tecnici quasi sempre infallibili. Quel giorno, invece, si lasciò andare a un entusiasmo fanciullesco. Pantani è stato questo, per la mia generazione: l’unione di nonni e nipoti. Noi trovammo, come un’epifania, una rivelazione, l’idolo che ci avrebbe fatto restare bambini ancora per un po’, che ci avrebbe fatto sbucciare ancora gomiti e ginocchi, che ci avrebbe tenuto lontano dai motorini e ancora fedeli ai pedali. I nostri nonni respirarono l’aria dei campioni per cui avevano trepidato da giovani. Coppi, Bartali e un altro, che italiano non era. Mio nonno me lo disse mentre Pantani, sul Mortirolo, scattava e dava quelle sparate che lo avrebbero reso celebre. “Mi ricorda Charly Gaul”. Non sapevo chi fosse e quindi lui, paziente, mi raccontò chi era stato, “L’Angelo della Montagna”.

    L’Angelo della Montagna e il Pirata
    Anni ’50, e due scalatori che resteranno per sempre nel mito: Gaul, appunto, e lo spagnolo Bahamontes, “L’Aquila di Toledo”. Amici e rivali. Con il lussemburghese che entrò nella storia l’8 giugno del 1956. Monte Bondone, tappa di quasi 250 km corsa nella neve e nel gelo, corridori congelati. Si narra che il direttore sportivo di Gaul, Learco Guerra, durante la fuga del suo corridore lo fece fermare in una baita: bagno caldo, divisa ad asciugare al fuoco, poi di nuovo in sella. Degli 86 corridori partiti ne arrivarono meno della metà, molti già quasi in ipotermia. Gaul taglia da solo al traguardo, gli occhi azzurri persi nel vuoto, spiritati dopo un’impresa tremenda, quasi tragica e per questo eroica. Mio nonno non sapeva che Gaul, dopo varie peripezie e drammi interiori, la depressione e l’alcolismo, proprio tra gli anni ’80/’90 si stava riprendendo ed era stato assunto al museo del ciclismo in Lussemburgo. E che avrebbe ritrovato un po’ di entusiasmo e passione per il ciclismo grazie a Marco Pantani. Lo considerava il suo vero erede. Si fece rivedere nell’ambiente proprio per via del Pirata. Una delle sue ultime uscite pubbliche fu al funerale di Marco in quel terribile febbraio 2004. Era presente, a onorare un suo pari, un sodale di fatiche e imprese. Mi piace pensare che anche per Gaul fosse stata così stupenda l’apparizione sulla scena di Pantani. Guardare quel volto dallo sguardo malinconico, altra caratteristica del Pirata, ma con quel sorriso buono, accogliente, di un animo fragile e gentile. Una volta Gianni Mura chiese a Marco: «Perché vai così forte in salita?» e lui gli rispose: «Per abbreviare la mia agonia». Forse è in questo che gli scalatori si riconoscono fra loro, si “annusano” l’un l’altro, si capiscono anche a distanza. Ed è per questo che siamo ancora così tanti a essere appassionati di ciclismo. Riconosciamo lo sforzo, perché sappiamo quanto è difficile pedalare, quando la strada inesorabilmente sale. C’è una “democrazia della fatica” che in altri sport manca: applaudiamo il primo che passa al Gran Premio della Montagna con lo stesso entusiasmo con cui incitiamo l’ultimo. Abbiamo rispetto per l’impegno profuso in qualsiasi condizione, caldo soffocante, pioggia a dirotto, il gelo di bufere improvvise in quota. Mi piace immaginare che anche Gaul fosse davanti al televisore quel 5 giugno del 1994. 

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    Niente fu come prima
    Scollinato il Mortirolo, solo il Santa Cristina divide Marco Pantani dal traguardo dell’Aprica, dopo una tappa di quasi sette ore corsa all’attacco ma anche con intelligenza. In via Roma ci arriva da solo, braccia al cielo e quel ciuffetto di capelli che svolazza al traguardo. Il banco non salta ma poco ci manca, perché in quel Giro Marco si piazzerà secondo in classifica generale, dietro la maglia rosa Berzin e davanti a Indurain. Quel 5 giugno 1994 fu l’inizio, niente sarà più come prima: ci innamorammo perdutamente di Pantani, quel giorno. Non era ancora il Pirata, non sapevamo che avrebbe avuto davanti tanta sfortuna: investito da un suv alla Milano-Torino, il gatto nella discesa di Chiunzi a tagliargli la strada al Giro. Avremmo aspettato quattro anni per vedere quella splendida doppietta: Giro e Tour, 1998. In maglia gialla, un italiano 33 anni dopo Felice Gimondi. Quel 5 giugno 1994 ci ritrovammo, nonni e nipoti, uniti da quegli scatti indelebili, da quella capacità di “attaccare” la montagna, da quel modo di sorridere che ci conquistava, da quegli occhi lucidi di intelligenza e sofferenza. Ci riconoscemmo in quella fatica, nelle sue difficoltà e nella sua capacità di rialzarsi. Almeno tre generazioni unite in modo pressoché plebiscitario: eravamo tutti trepidanti per il Pirata o, come lo chiamava Mura, Pantadattilo. Un soprannome perfetto perché collocava Pantani in un mondo fantastico, riaccendendo l’epica di un ciclismo di epoche mitiche, perché lo estraniava dalle dinamiche spazio-temporali. Una sorta di fossile che riprendeva vita e forma, forza e presenza. Quanto amore Marco ci ha dato. Glielo abbiamo restituito, sempre. Chissà se ha mai avuto la consapevolezza di quanti nonni e nipoti tenne incollati alla tv, ad aspettare il suo scatto micidiale, formidabile, devastante. Verso la vittoria, verso l’impresa. Legando per sempre generazioni ed epoche, sotto una bandana immaginaria che ci teneva – e ci tiene – tutti uniti.

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    Ciclismo
    Le vittorie di Pantani a Giro e Tour

    A vent’anni dalla sua morte, ricordiamo le imprese del ciclista romagnolo sulle strade del Giro d’Italia e del Tour de France, vinti con una storica doppietta nel 1998. Dalle scalate dell’Alpe d’Huez al miracoloso recupero di Oropa, dai successi a Les Deux Alpes e all’Aprica fino agli ultimi acuti sul Ventoux e Courchevel, ecco le immagini che hanno fatto la storia del Pirata
    PANTANI PER SEMPRE: LO SPECIALE

    1994, MERANO E APRICA: IL MONDO CONOSCE MARCO PANTANI

    L’esuberanza di Marco Pantani si palesa al mondo alla prima vera occasione: il 24enne romagnolo fa impazzire l’Italia vincendo due tappe al Giro 1994 con gli arrivi a Merano e all’Aprica, salendo anche sul podio al 2° posto dietro alla maglia rosa Berzin 

    1998, COMINCIA LA SCALATA ALLA CLASSIFICA A PIANCAVALLO

    Piuttosto in ombra nei giorni precedenti, Pantani comincia la sua rincorsa alla vetta della classifica generale e alla maglia rosa, indossata dallo svizzero Zulle: il Pirata vince la 14^ tappa a Piancavallo

    LA PRIMA VITTORIA IN MAGLIA ROSA A PLAN DI MONTECAMPIONE

    Già in maglia rosa, il Pirata certifica di fatto il successo in quel Giro con l’arrivo in solitaria a Plan di Montecampione nella 19^ frazione

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