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    Djokovic: “In partita provo un milione di emozioni, a volte il mio comportamento mi imbarazza”

    Djokovic nell’instervista a Vijesti (foto: Boris Pejović)

    Novak Djokovic confessa l’infinito amore per il tennis e la voglia di continuare la propria carriera nonostante l’età che avanza perché le tante emozioni che prova nel corso delle partite sono un’energia ineguagliabile e restano la strada per migliorarsi come persona. Tuttavia è consapevole che a volte tutto questo lo porta ad esagerare nelle sue reazioni in campo, provando un certo imbarazzo per alcuni suoi comportamenti. Il campionissimo ne ha parlato in una lunga intervista rilasciata al magazine montenegrino Vijesti, che si apre proprio con il suo rapporto col paese balcanico, quello dei suoi nonni.
    “Ho trascorso molto tempo in Montenegro negli ultimi quattro anni, soprattutto in estate o in primavera, quando sulla costa fa più caldo perché ho la possibilità di unire in qualche modo le vacanze e iniziare i preparativi per i tornei” racconta Djokovic. “Il tennis è uno sport che si gioca quasi tutto all’aperto, “inseguendo il sole”, come piace dire a noi tennisti, e quindi ho bisogno di queste condizioni. Sulla costa montenegrina mi trovo bene, sarò felice di ritornare quest’anno in quel periodo”.
    Il legame col Montenegro viene da lontano: “Le mie radici sono di qui, mio ​​nonno, il mio bisnonno, da Čevo sono scesi a Jasenovo Polje, Nikšić, e poi sono andati a Kosovska Mitrovica, e alla fine a Belgrado. Sono molto orgoglioso delle mie radici, cerco di mantenere i contatti con la famiglia allargata, ero anche ad un incontro a Jasenovo Polje qualche anno fa. Poi a un matrimonio a Sveti Stefan nel 2014: questi sono i ricordi più belli per me, non solo del Montenegro ma in generale della mia vita. Abbiamo chiamato i nostri due figli pensando anche al Montenegro: Stefan come Santo Stefano, Tara come il fiume Tara. Ci sono molte belle connessioni. Ho trascorso qui parte della mia infanzia, soprattutto perché abbiamo legami familiari ma anche perché il mare montenegrino è quello più vicino e più bello per tutti noi che veniamo dalla Serbia. Non sono venuto in Montenegro per un lungo periodo della mia carriera, quindi ho iniziato a tornarci di nuovo nel 2019 e ora non mi perdo nemmeno un’estate”.
    Novak afferma di aver recuperato dall’infortunio muscolare sofferto agli Australian Open: “Ho recuperato quasi al 100% dall’infortunio e sono pronto per nuove vittorie. Ho il via libera dall’équipe medica, posso allenarmi bene in visto del torneo di Doha. Ho avuto qualche infortunio in più ultimamente rispetto ai primi 15 anni della mia carriera. Probabilmente questo deriva dall’età, ma il mio corpo mi “ascolta” ancora, ho ancora una fiamma ardente dentro e la voglia di raggiungere altri risultati importanti“.
    Djokovic ricordiamo è a caccia del titolo n.100 in carriera. “Spero che il centesimo trofeo possa arrivare a Doha, in qualche modo lo inseguo da molto tempo. Grazie a Dio so che arriverà, vedremo quando e dove. Per quanto riguarda i tornei del Grande Slam, è una sfida più grande, un’impresa più difficile, ma credo di poter vincere ancora: se non credessi di poter competere a quel livello con i migliori tennisti del mondo, smetterei. Con la vittoria contro Alcaraz agli Australian Open penso di aver dimostrato di poter ancora competere per i trofei più importanti”.
    Djokovic ha spiegato in quale fase della sua carriera si trova attualmente, dal punto di vista mentale e psicologico. “In questo momento sono, come dire, a metà tra il desiderio e il bisogno di godermi i risultati raggiunti e mi avvicino alle partite e ai tornei un po’ più rilassato rispetto a quello a cui ero abituato; ma dall’altro lato non abbandono la mentalità di vincere e pensare che solo alzare il trofeo è un successo, il resto no. In qualche modo mi sono abituato a questo, il che forse è un bel “problema” da avere in questa fase della mia vita e carriera… Diciamo che sono rimasto un po’ sorpreso da quante persone hanno visto il mio piazzamento in semifinale agli Australian Open come un successo: forse suona un po’ stupido dirlo, ma per me quando qualcuno dice ‘hai fatto la semifinale…’ considerando quello che ho ottenuto nella mia carriera, non è quello che mi rende felice, non mi accontento. Queste sono tutte le emozioni e i pensieri che mi attraversano la testa, ma ho ancora la passione e l’amore per lo sport e la competizione e sono grato per il sostegno che ricevo. Quelle persone e quel supporto mi incoraggiano a continuare a viaggiare e a competere, mi danno la motivazione per nuove vittorie”.
    Novak così risponde alla domanda su dove trova la motivazione per andare avanti: “Per l’amore per il tennis e per lo sport. In secondo luogo, penso che attraverso il tennis cresco di più come persona, per quanto strano possa sembrare. Sul campo da tennis durante una partita provo un milione di emozioni, alcune delle più belle, altre terribili, e provo anche molti dubbi. È vortice di estasi, piacere, rabbia, tutto il resto… E in quelle occasioni, a volte mi imbarazzo anche per quello che sto passando e per come mi comporto… In ogni caso sono orgoglioso di poter affrontare tutto questo in modo umano e sportivo. Penso che questi siano i valori che lo sport trasmette e il motivo per cui le persone si identificano con gli atleti. Soprattutto negli sport individuali, dove devi prima battere te stesso per battere chi sta al di là della rete. Queste sono tutte le lezioni di vita che sto imparando e, in secondo luogo, sento davvero che con il mio gioco posso ispirare le generazioni più giovani a prendere in mano una racchetta, non solo nel nostro paese, ma anche nel mondo. Questo è ciò che mi motiva, mi dà davvero la forza”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Nassar (direttore esecutivo PTPA): “Sinner si trova in una situazione ingiusta, una disputa tra WADA e ITIA”

    Ahmad Nassar, direttore esecutivo di PTPA

    Ahmad Nassar, direttore esecutivo della PTPA (il nuovo sindacato dei tennisti promosso da Djokovic e altri giocatori), si schiera dalla parte di Jannik Sinner nella delicata questione del caso Clostebol e sul nuovo giudizio al TAS di Losanna previsto per il prossimo aprile, affermando che la posizione in cui si trova il n.1 del mondo è ingiusta, nel bel mezzo di una disputa tra WADA e ITIA, mentre lo scopo dell’attività antidoping deve essere solo quello di trovare chi bara per alterare le proprie prestazioni. Un sistema che definisce “terribile” per gli atleti, con Jannik bloccato da mesi e mesi in una posizione incerta.
    Nassar si è espresso su X attraverso un lungo e dettagliato post in risposta ad appassionati che chiedevano lumi sulla posizione della PTPA dopo varie dichiarazioni del recente passato, alcune non chiarissime.
    “Il post con cui ero d’accordo il 28 settembre 2024 affermava specificamente ‘non è colpa di Jannik’. Non ho idea di come ciò possa essere interpretato come ‘concordo con la WADA’. È falso. Ho ripetutamente affermato nelle interviste che l’intero sistema è ingiusto per TUTTI i giocatori. E ho ripetutamente incluso Jannik, per nome, in quella valutazione” afferma Nassar, che poi entra maggiormente nel dettaglio col lungo post che riportiamo.

    So, when I say the entire anti-doping system is unfair, here’s what I mean. Warning – this is a long list 🙂
    1. The anti-doping system should be concerned with catching dopers. Dopers are those who are trying to improve their performance via illegal substances.
    2. Players care…
    — Ahmad Nassar (@ahmad4athletes) February 11, 2025

    “Quando dico che l’intero sistema antidoping è ingiusto, ecco cosa intendo. Attenzione: questi punti formano una lista bella lunga 🙂
    1. Il sistema antidoping dovrebbe preoccuparsi di trovare i dopati. I dopati sono coloro che cercano di migliorare le proprie prestazioni tramite sostanze non consentite.
    2. I giocatori sono interessati più di chiunque altro nel trovare i dopati. I giocatori vogliono e hanno bisogno di uno sport pulito e devono essere sicuri che i loro avversari stiano giocando secondo le stesse regole.
    3. Le sostanze illegali e le soglie de test per chi risulta positiv0 dovrebbero essere progettate tenendo presente il punto 1.
    4. Il punto 3 è quello che non accade. È come un doppio fallo (scusatemi per il gioco di parole). Quantità irrisorie, cose che in realtà non migliorano le prestazioni, ecc. Questo è l’inizio dell’ingiustizia per tutti.
    5. A complicare le cose, il processo dei test antidoping è poco pratico e oneroso per gli atleti che viaggiano per il mondo. È irrazionalmente gravoso e, ancora una volta, apparentemente più preoccupato per gli atleti che commettono “falli di piede” che per catturare che effettivamente si dopa. Questo è ingiusto e lo è per tutti.
    6. Poi entriamo nel dettaglio di cosa succede se qualcuno risulta positivo al test. Il sistema di appello deve funzionare per tutti ed essere coerente e fornire a tutti gli atleti il ​​giusto processo e la possibilità di difendersi. NON si tratta di favorire i dopati, si tratta di un sistema che funzioni correttamente e sia legale.
    7. Per quanto riguarda il punto 6, dobbiamo notare che @ptpaplayers lavora per tutti i giocatori. Il nostro lavoro NON è esprimere opinioni sulla colpevolezza o innocenza di un caso o di un atleta specifico. Il nostro compito è assicurarci che il sistema sia equo e funzioni per tutti. Un sistema rigoroso con un processo regolare e risorse per la difesa accessibili rende il punto 1 più realizzabile. Evita anche situazioni più sfortunate in cui la reputazione e la carriera dei giocatori vengono rovinate (troppi esempi da citare).
    7. L’accesso alle risorse per organizzare una difesa adeguata è un problema da sempre. Parte di ciò è naturale e rispecchia i problemi della società  (ad esempio, le persone più ricche possono permettersi gli avvocati). Ma questo è anche ingiusto per tutti i giocatori: coloro che non possono permetterselo perdono l’opportunità di organizzare una difesa adeguata, mentre coloro che possono permetterselo devono spendere i propri soldi per farlo.
    8. I sistemi di appello ITIA e WADA sono costruiti su queste (e altre) premesse imperfette. Ogni giocatore coinvolto nel loro sistema, anche quelli con risorse, è colpito da questa ingiustizia. Soprattutto considerando i mesi/anni che spesso ci vogliono per risolvere questi casi.
    9. Nel caso specifico di Jannik, è stato messo in una situazione ingiusta. L’ITIA sostiene di aver seguito il suo processo e le sue regole. La WADA non è d’accordo e sente la necessità di respingere l’ITIA. Sfortunatamente, questo non è stato un risultato sorprendente per persone come@TaraMoore92 e me. Ciò non significa che siamo d’accordo con la sostanza dell’appello della WADA o con la decisione originale dell’ITIA (vedi il punto n. 7 sopra). Né l’ITIA né la WADA stanno realmente contestando i fatti sottostanti nel caso di Jannik. Ciò è importante, ma anche ingiusto. Lui è, di fatto, coinvolto in una disputa politica/legale tra l’ITIA e la WADA. E sta ancora aspettando quasi un anno dopo che il suo caso venga completamente risolto. Di nuovo, ciò è ingiusto.
    10. Come spero sia chiaro ora, questo intero sistema è terribile per gli atleti (come gruppo e come individui), per i tifosi e lo sport in generale. Deve cambiare”.

    Una spiegazione dettagliata che entra nel merito della questione. L’attività antidoping deve essere quella del punto 1, con l’importantissima specifica del punto 3. Se come scrive Nassar di PTPA (riporto nuovamente): “Né l’ITIA né la WADA stanno realmente contestando i fatti sottostanti nel caso di Jannik”, ossia sono concordi che non ci sia stata attività e intenzione di agire per alterare le prestazioni, allora… di cosa stiamo parlando? Questa è LA domanda, e questa la ingiustizia che sta subendo Jannik Sinner da mesi.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Barazzutti intervistato a Buenos Aires: “Musetti può diventare un top 5. L’Italia vince perché si è creato un sistema”

    Barazzutti in campo a Buenos Aires con Musetti (foto La Nación)

    “Mi piace l’Argentina. Mia nonna, la nonna materna e altri parenti, vennero qui dopo la guerra, quando Buenos Aires era fiorente. Con Guillermo (Vilas) abbiamo passato tanto tempo insieme, molte battaglie. Eravamo giovani…”. Con un bel sorriso e un pizzico di nostalgia Corrado Barazzutti ricorda il proprio passato, sportivo e umano, in un’intervista rilasciata al quotidiano La Nacion mentre prepara l’esordio del suo assistito Lorenzo Musetti all’ATP 250 da poco scattato nella capitale albiceleste. Barazzutti aveva un bel rapporto con Vilas, tanto aver condiviso più volte l’appartamento con lui nelle trasferte in giro per i tornei a cavallo degli anni ’70 e ’80. “Ricordo che una volta, con lui e Panatta, giocammo diversi tornei di seguito in Canada e negli Stati Uniti, ci spostavamo e poi dormivamo tutti insieme in una casa famiglia, per quattro settimane; Guillermo passava ogni notte a scrivere un libro. Ora so che la sua salute non è molto buona, mi dispiace molto”.
    Barazzutti nell’intervista parla di molti temi, soffermandosi sul grande momento del tennis italiano, sul dominio di Sinner e ovviamente anche su Lorenzo Musetti, con il quale lavora insieme a Simone Tartarini. “Musetti credo sia uno di quelli che gioca il miglior tennis del circuito. Sta migliorando tanto, deve lavorare sulla costanza del rendimento. Può essere uno dei migliori cinque al mondo. Con Lorenzo viaggio quindici settimane all’anno. E quando sono in Italia non ho tempo libero! Lavoro tutti i giorni, in accademia. Vorrei riposarmi la domenica (sorride), ma ho tre nipoti, 11, 8 e 6 anni, giocano tutti a tennis e quando vengono a trovarmi vogliono sempre che gli insegni. Il tennis è la mia vita e continuerà ad esserlo fino all’ultimo giorno”. Ascolta ancora il rock anni ’70 e non gli pesa stare tutti i giorni sul campo, nonostante a breve spegnerà 72 candeline.
    Forte della sua enorme esperienza maturata come giocatore e poi come coach, così spiega alla stampa argentina la chiave dei successi del tennis italiano, mai così forte nella storia, anche più di quando lui, Panatta e Bertolucci fecero sognare il Belpaese negli anni ’70 con la vittoria in Davis. “Non c’è un segreto per il successo del tennis italiano, le vittorie arrivano grazie a diverse cose. Abbiamo molte scuole per la base in cui lavoriamo bene. Ci sono buoni insegnanti. Poi abbiamo buoni allenatori per i professionisti, tecnici che girano il mondo con i giocatori che conoscono fin da bambini. Ad esempio Flavio Cobolli: ad allenarlo è il padre Stefano. Tartarini con Musetti, lo segue da quando era un bambino, e Vincenzo Santopadre lo ha fatto con Berrettini. Simone Vagnozzi con (Jannik) Sinner, sono tutti ottimi allenatori. Poi c’è una federazione che ha tanti soldi e può supportare i giocatori. Abbiamo preparatori atletici e fisioterapisti pagati dalla federazione per aiutare i team privati dei giocatori, un aiuto molto importante. Ci vuole anche fortuna ovviamente, perché capita di avere la materia prima, lavorare e i risultati non vengono… Sono cicli. Importante anche la presenza di tanti tornei in Italia così i giovani possono giocare con le wild card. La Francia ha più soldi dell’Italia; con il Roland Garros guadagnano 150 o 200 milioni di euro ogni anno e non hanno i nostri risultati. L’Italia si trova nella condizione ideale: materiale umano, allenatori, una federazione forte per aiutare, infrastrutture, tutto insieme. E per la prima volta nella storia abbiamo il numero 1 del mondo, una cosa incredibile“.
    Scontata la domanda su Sinner… Così Barazzutti: “In questo momento è un extraterrestre. Non è solo bravo, è fantastico! Gioca al livello di un giovane Djokovic, di un giovane Nadal, di un giovane Federer. Lui è al top, ritengo poi che gli altri giocatori non sono al suo livello. Alcaraz, quando gioca bene, è l’unico che può competere con Sinner, quando non ha alti e bassi; questa invece è la forza di Jannik, riesce a vincere anche quando non gioca bene. Oggi Sinner gioca al miglior tennis del mondo. Medvedev e Tsitsipas non giocano più così bene. Stiamo aspettando Rune, è giovane. Djokovic è destinato a smettere. I giovani che possono avvicinarsi sono Musetti, Rune, Shelton, i cechi Mensik e Machac, il brasiliano Fonseca, sono loro i nuovi giocatori che prenderanno il posto di Tsitsipas, Rublev, Medvedev, Ruud. Vedremo se i giovani raggiungeranno il livello di Sinner. Se non lo fanno, Jannik vincerà da adesso fino a… Jannik ha una testa molto forte“.
    Ci vuole molta testa per tenere questo livello di gioco nonostante la spada di Damocle della prossima sentenza del TAS… “Ha continuato a giocare  la sua faccenda e non sembra influenzarlo affatto” continua Barazzutti. “Non è facile, nessuno sa cosa accadrà. Alcuni dicono che non succederà nulla, altri che lo sanzioneranno per uno o due anni. Sinner è il numero 1 al mondo perché ha una testa fortissima. Ha la capacità di mettere da parte possibili forti interferenze alla sua carriera e giocare pensando solo al suo miglior tennis. Per alcuni Alcaraz gioca un tennis migliore e più attraente, ma Sinner fa sembrare tutto facile, quando in realtà non lo è. Ha una testa molto forte. È una persona calma. È empatico, umile. Non vuole essere una superstar. Gli piace la famiglia, gli amici, non cerca la notorietà. Lui è l’antidivo”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    “Una differenza assurda”, Sabalenka fotografa una palla nuova accanto ad una con 25 minuti di gioco

    La foto di Sabalenka con due palle, una nuova l’altra usata

    “25 minuti contro nuova. Differenza assurda”. Questo il tagliente messaggio che accompagna il post social di Aryna Sabalenka nel quale la bielorussa ha fotografato una palla nuova accanto ad una da lei usata per 25 minuti di allenamento. La differenza è incredibile: la palla usata ha perso buona parte delle scritte del produttore e il feltro è quasi compromesso, spelacchiato e terribilmente usurato. Un messaggio che, seppure senza scriverlo, entra pienamente nel solco dei tanti giocatori e giocatrici che puntano il dito contro la qualità delle palle. Molto spesso il cambio delle palle in torneo avviene ben oltre i 25 minuti di gioco (anche se in allenamento la palla è colpita con maggior frequenza), quindi si capiscono assai bene le lamentele dei tennisti sulle condizioni delle palle, strumento indispensabile per il gioco.

    25min vs newCrazy difference 👀 pic.twitter.com/U7tK80qGm0
    — Sabalenka Aryna (@SabalenkaA) February 7, 2025

    Daniil Medvedev è uno dei tennisti che più frequentemente parla della questione, arrivando a dire che buona parte dello scadimento delle sue prestazioni nei tempi recenti sia dovuto proprio dalla difficoltà di adattamento del suo tennis alle palle, che soffrono un’usura importante troppo velocemente. Tutti i giocatori confermano che le palle, dopo lo stop del tour per il Covid, siano peggiorate come qualità generale. Perdono rapidamente il feltro, diventano pesanti e si controllano meno bene, tanto che solo colpendole con la massima potenza si riesce farle correre. Chi gioca un tennis più leggero soffre ancor più questo status quo.
    L’ATP in una nota del suo Presidente Andrea Gaudenzi ha sottolineato di essere a conoscenza del problema e che si è già attivata con i produttori per migliorare la situazione. Oggettivamente la differenza mostrata da Sabalenka tra palla nuova e palla con 25 minuti di tennis è impressionante.
    Mario Cecchi LEGGI TUTTO

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    Chi per il dopo Cahill? Questo il nome più “funzionale”

    Jannik Sinner (foto Getty Images)

    La miglior risposta alla domanda inserita nel titolo è banalmente… Darren Cahill. “Proverò a farti cambiare idea” afferma Jannik Sinner nel corso della premiazione dell’Australian Open 2025, ma conoscendo il rigore, fermezza e serenità del coach australiano, non sarà facile per il n.1 far tornare l’allenatore sui propri passi e così continuare il percorso vincente di tennis e di vita. Sinner in un dopo partita a Melbourne l’ha combinata “grossa”, si è fatto scappare che Cahill avrebbe deciso di fermarsi al termine di questa stagione. Non lo doveva dire, si è scusato col coach che con un sorriso e una pacca sulla spalla l’ha rassicurato, tutto ok. Questo è uno dei segreti del “Little killer”, il modo in cui prende il lavoro e la vita. È sereno perché è forte delle sue idee e sicuro della sua condotta, irreprensibile, tanto da emanare un carisma e una positività che magicamente contagia chi gli sta intorno e diventa uno scudo potentissimo contro ogni avversità. Mi piace definire Cahill il più grande ammiraglio del tennis mondiale, nessuno ha navigato tutti i mari della disciplina quanto lui, conosce il gioco e sente come pochi altri lo spirito umano. Ha empatia, sa ascoltare e parla poco, centellinando le sue parole che diventando dardi al miele pronti a colpire il cuore e la testa dei suoi assistiti. Ho avuto la fortuna di fare una chiacchierata con lui a Roland Garros qualche anno fa. È impressionante il carisma che emana, la sua straordinaria passione per il gioco e per comprendere la personalità di chi gli sta di fronte. Con lui entri spontaneamente in sintonia quando avverte che dall’altra parta c’è disponibilità al confronto, e tutto diventa come magico. È il Re Mida del tennis perché è oculatissimo a scegliere con chi lavorare, persone disponibili ad aprirsi e capire senza pregiudizi, e il suo contributo diventa eccezionale perché riesce a toccarti dentro e ti cambia. In meglio.
    Nell’ambiente già lo scorso autunno girava la voce di un possibile clamoroso addio di Cahill dopo le ATP Finals. L’indiscrezione è rimasta riservata, ma ammetto che nel corso di ogni press conference di Sinner a Torino avevo il timore che lui o Jannik potessero uscire con questa cosa, soprattutto il giorno della vittoria. Per fortuna la cosa è rientrata, almeno per il 2025, ma pare che questa possa essere davvero l’ultimo ballo del coach. È comprensibile. Darren è persona che ama terribilmente il tennis e l’ambiente, stare sul campo e con persone eccellenti umanamente come Jannik, ma sono 40 anni che gira per il mondo, la fatica inizia a farsi sentire. Anche la difficoltà di prendere di petto – forte della sua esperienza – la bomba atomica scoppiata lo scorso marzo con la positività al Clostebol avrà sicuramente pesato, quei mesi gestiti in prima persona saranno pesati come anni sulle sue spalle… se lascia è comprensibile e va solo ringraziato per la qualità che ha portato nel tennis, da Hewitt a Sinner passando per Agassi e tanti altri. Soprattutto, se Jannik non riuscirà a convincerlo e dopo le prossime Finals sarà addio, chi scegliere al suo posto? Un bizzarro “toto allenatore” calcistico è già scattato prontamente, con i nomi più strani e improbabili. Eppure una soluzione, la più funzionale, credo ci sia.
    Becker, Agassi, Ljubicic, Moya, Norman, McEnroe… questi alcuni dei nomi usciti. Scarterei immediatamente il grande mancino newyorkese. John ha indubbiamente carisma e il gioco lo conosce, ma il coach non l’ha mai fatto per davvero e soprattutto è personaggio fuori dagli schemi, un front runner abituato a far tutto a modo suo. Un carattere estremo che ritengo possa aver più di una difficoltà ad inserirsi in un team consolidato e sereno senza portare rotture e squilibri. Uno dei segreti di Sinner è la serenità che cerca intorno a sé. Inserire nelle sue routine e giornate una persona come McEnroe potrebbe rivelarsi un detonatore, per quanto la visione dell’americano possa anche essere di un certo interesse da un punto di vista tecnico.
    A livello umano, di serenità, cultura del lavoro e attitudine a fare squadra, assai meglio allora Carlos Moya, attualmente disoccupato dopo il ritiro dell’amico Nadal. Anche questa strada tuttavia non so quanto sia praticabile, perché il bel Carlos ha accettato di lavorare con Rafa perché i due sono amici da sempre, e tra conterranei come loro si crea una condivisione naturale. Oltretutto l’apporto di Moya al gioco già fortemente strutturato di Nadal è stato quasi minimo, gli è sicuramente servito più a livello umano di vicinanza e condivisione, una persona forte e amica al fianco. Se Sinner sarà costretto a trovare un nuovo membro del suo tennis, ritengo sia meglio inserire qualcuno che possa portare novità a livello di gioco. Moya magari può farlo, ma… non so se avrà voglia di farlo e per lui sarebbe una novità farlo. Lo vedo sinceramente di più a lussureggiare sulle spiagge della sua Maiorca che in giro con Sinner per una nuova avventura tennistica.
    Chi invece è sempre sul pezzo e lavora tutto l’anno con passione è Magnus Norman, che oltre alla sua avviata accademia (GTGT in Svezia) ha accettato di accompagnare di nuovo Wawrinka nella fase conclusiva della sua bellissima carriera. Norman è uomo di campo e di gioco. Ha dato un contributo eccellente a far esplodere il talento di Dimitrov, dando struttura a un gioco un po’ debole nel complesso, e convinto Wawrinka a lavorare come un pazzo per far diventare quelle “sassate” in spinta un tennis più completo e continuo. I risultati parlano per lui. Da buon svedese è persona seria e serena, quindi la sua candidatura è tutt’altro che peregrina, e già infatti se n’è era parlato per Sinner quando avvenne il traumatico distacco da Piatti. C’è una sola cosa che forse stride a quest’ipotesi: Norman è forse “troppo simile” a Vagnozzi, hanno due approcci quasi identici. Forse Jannik avrebbe bisogno di un supporto diverso, che sia un valore aggiunto e non un tecnico-2.
    In questo potrebbe allora funzionare Andre Agassi. Carisma totale, grandissimo amico di Cahill, per assurdo sarebbe un passaggio di testimone quasi indolore. E vi sono anche molte analogie tecniche tra Sinner e Agassi. “A volte ci sentiamo e mi interessa molto sentire il suo parere su Jannik”, ha affermato di recente Darren. Che sotto sotto il coach australiano non stia già lavorando alla propria sostituzione? Di sicuro il Kid di Las Vegas porterebbe nel team Sinner empatia, grande visione di gioco, quella stessa cultura del lavoro e del dettaglio che proprio grazie a Cahill ha affinato negli ultimi anni di carriera e che la carriera gli ha allungato. È una candidatura forte, interessante e con potenziale positivo; resta da vedere se Agassi avrà voglia e tempo di seguire almeno 30 settimane all’anno Sinner. Ha moltissimi impegni nella sua Las Vegas e ultimamente si è buttato a capo fitto nel Pickleball, diventando una sorta di ambasciatore di questo nuovo sport di racchetta. Conoscendo Sinner, sceglierà una persona che stia con lui molto tempo e per lavorare, non qualcuno pronto a seguirlo “a gettone”.
    A livello di personalità, Boris Becker potrebbe essere un altro candidato, ricordando in particolare l’ottimo lavoro fatto in passato con Djokovic. Profondo conoscitore del gioco d’attacco e del servizio, ha aiutato tanto Novak a migliorare i suoi schemi offensivi, dando al gioco del serbo un’altra dimensione. Prima del suo arrivo, mai Djokovic cercava il vincente sull’uno-due, su erba le sue prestazioni ancora erano non così sicure, e i due insieme hanno iniziato a lavorare su di un servizio più efficace. La loro collaborazione si interruppe in modo un po’ brusco perché alla fine due caratteri così forti si scontrarono inevitabilmente, e Boris non è uno che ama abbassare la testa e zittirsi. Becker ha l’aura di chi tende a dominare, questo potrebbe essere il suo limite inserendosi in un team già coeso e vincente come quello di Sinner. La sensazione è che Jannik possa inserire più facilmente qualcuno che arriva con un bagaglio ricco di idee ma che non voglia a tutti i costi prendere il timone.
    Ljubicic potrebbe essere l’uomo giusto, per vari motivi. Intelligente come pochi, analizza il tennis con il dettaglio grandi, e poi basta ricordare quanto bene ha lavorato con Federer, forte dell’esperienza maturata con Riccardo Piatti. E Jannik alla fine resta un prodotto di Piatti per cultura generale e radici, quindi l’inserimento nel team Sinner per il croato sarebbe immediato. Ma Ljubo ha un impegno molto importante in FFT, e non so quanto facile possa esser per lui liberarsi, e quanto anche abbia voglia di rimettersi in gioco in prima persona ogni giorno sul tour, lasciando un incarico prestigioso – e ben remunerato – senza dover viaggiare di continuo.
    Quindi, tirando le somme, chi potrebbe essere l’uomo ideale per sostituire Cahill, oltre allo stesso Cahill? A mio avviso, se Jannik non riuscirà a far cambiare idea a Darren, dovrebbe puntare deciso su Goran Ivanisevic. Per una serie di ragioni molto semplici, e la semplicità in sistemi complessi come la gestione di un n.1 tennistico resta vincente. Goran ha ottenuto risultati eccezionali da coach sia con Cilic che con Djokovic. È stato bravissimo ad inserirsi in team già collaudati apportando del suo senza scombinare troppo quel che già funzionava. Parla pochissimo ma quelle 5-6 parole che dice sono esatte, vanno dirette al bersaglio. È ruvido al punto giusto per esser rispettato e capito, e sa stare al suo posto. Conosce alla perfezione Panichi e Badio per aver già lavorato con loro, e soprattutto potrebbe apportare nel tennis di Sinner quelle migliorie a servizio e schemi offensivi che anno aiutato Djokovic a diventare quasi imbattibile in molte stagioni passate insieme.
    Se ci pensiamo bene, la traiettoria di carriera di Sinner sta andando verso quella di Djokovic: sempre meno un tennista che spacca la palla e tira mazzate sulle righe; sempre più un giocatore completo, duttile, pronto ad attaccare per primo come attendere, difendere e contrattaccare; lucido nelle scelte, pronto a capire l’esigenza del momento e applicare lo schema più efficiente per vincere il punto. Il servizio di Jannik è molto migliorato, ma c’è ancora molto margine di crescita. Enormi sono invece gli spazi per capire, affinare e metabolizzare gli schemi offensivi, dalla scelta del momento dell’attacco, alla posizione sul campo, alla frenata per preparare l’impatto di volo e la tecnica esecutiva. Vagnozzi è maestro di tennis vero, con Ivanisevic avrebbe a suo fianco un supporto di qualità, forte di un carisma importante e grandissima esperienza. Goran è ancora giovane, motivato, pronto a rimettersi in gioco dopo la breve parentesi con Rybakina che oggettivamente ha sorpreso tutti e che tutti abbiamo pensato da subito che sarebbe durata ben poco…. Ivanisevic potrebbe essere la scelta migliore, quella più funzionale, se Cahill smetterà e se Ljubicic non si libererà. Alla fine, Sinner e il suo team sapranno scegliere al meglio. C’è tutta una stagione per pensarci ed operare la scelta più corretta. Tutto lascia pensare che non sbaglieranno. 
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    I campioni azzurri al Quirinale. Mattarella: “Grazie per gli straordinari progressi. Mi auguro che questa cerimonia diventi un’abitudine”

    La foto di rito al Quirinale

    Guidati dal Presidente FITP Angelo Binaghi, i campioni del tennis azzurro in Davis Cup e Billie Jean King Cup sono stati ricevuti al Quirinale dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un incontro cordiale e simpatico per celebrare i grandissimi successi dei tennisti italiani nel 2024, dalla vittoria nelle due massime competizioni a squadre per nazioni ai risultati eccezionali raccolti in singolare. Assente, come già annunciato, il leader del tennis azzurro Jannik Sinner.
    Così Sergio Mattarella ha salutato la delegazione dei nostri tennisti. “Quest’anno sono davvero lieto di poter anche dire benvenute al Quirinale. È stato un anno di grande successo: la Coppa Davis vinta per il secondo anno consecutivo, la Billie Jean King Cup. Ringrazio i presidenti Malagò e Binaghi per quanto hanno detto e Jasmine Paolini e Matteo Berrettini per le loro parole. Ho seguito tutti e due gli eventi in maniera attenta e costante, complimenti davvero. Sono due successi straordinari, ma non sono i soli. Le Olimpiadi sono state un enorme successo, con la medaglia d’oro di Sara Errani e Jasmine Paolini e il bronzo di Lorenzo Musetti. Anche il 2025 è iniziato bene, con la vittoria di Jannik Sinner all’Australian Open per il secondo anno consecutivo e con la finale di doppio di Bolelli e Vavassori, ancora una volta. La prossima volta certamente aggiungerà un altro risultato, ma le finali, raggiunte più volte, già sono un enorme risultato. Vorrei fare i complimenti non soltanto ad atleti e atlete, ma a tutti coloro che sono alla base di questi successi e ha contribuito a conseguirli. Gli allenatori: saluto con grande riconoscenza Filippo Volandri e Tathiana Garbin. Guardo sempre con grande curiosità nei cambi di campo il modo in cui vi rivolgete ad atleti e atlete. Non so se sia un lavoro tecnico o psicologico, ma è sicuramente prezioso: grazie per il vostro lavoro. Complimenti agli staff medici, ai preparatori, a tutti coloro che contribuiscono a questa grande raccolta di successi. Avete posto il tennis ad un livello di enorme popolarità nel vostro Paese e questo fa ben sperare per le nuove leve. Grazie per lo straordinario progresso. Spero divenga un abitudine, ma non è giusto né pretenderlo né chiederlo: ci sono anche gli altri e sono bravi anche loro. Però mi auguro che questa cerimonia sia una bella abitudine che si possa ripetere frequentemente nel tempo. Non è necessariamente la vittoria che suscita entusiasmo, ma il modo in cui ci si impegna”.
    Il Presidente Binaghi nel suo discorso non nasconde l’orgoglio per l’incredibile successo del tennis italiano nel 2024 e la voglia di fare ancora di più: “La Coppa Davis e la Billie Jean King Cup hanno un valore maggiore se, come nel nostro caso, sono il frutto di un lavoro di squadra e dell’armonia di un gruppo di amiche e amici che, quando giocano per la nazionale, riescono ad esaltarsi e a onorare al meglio il nostro Paese. I nostri ragazzi e le nostre ragazze trasmettono alle giovani generazioni il valore dell’amicizia, della lealtà e dello sforzo comune. E ci consentono di mostrare al resto del mondo come sappiamo fare squadra noi quando vogliamo raggiungere un grande obiettivo. Lo scorso anno avevamo espresso l’auspicio che questa bellissima cerimonia potesse diventare una consuetudine. Ci tenevamo talmente tanto che probabilmente abbiamo esagerato. Quello che i nostri ragazzi e le nostre hanno ottenuto nel 2024 non ha paragoni nella storia del tennis italiano: hanno fatto diventare la nostra nazione per la prima volta la migliore al mondo. Purtroppo non siamo riusciti a seguire le preziose indicazioni del Ministro Abodi, che ringraziamo per tutto quello che fa per lo sport italiano, che ci ha ricordato più volte come, nella vita e nello sport, bisogna saper vincere senza mai stravincere”.
    Le vittorie a squadre del 2024 continua Binaghi “valgono ancora di più delle precedenti perché è il tennis in Italia che vale sempre di più di anno in anno, in quanto è sempre più seguito, più popolare e soprattutto molto più praticato. Vogliamo far crescere ancora il tennis: pensiamo che questo debba essere il nostro contributo per avere un Paese migliore. Lo faremo con i successi dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze, con la loro semplicità e la loro grande capacità di comunicare i propri valori. Lo faremo operando in ogni modo possibile perché in tv, tutti i giorni dell’anno, tutti gli italiani di qualunque età e classe sociale possano emozionarsi con le straordinarie imprese dei nostri ragazzi. Lo faremo anche con un’azione capillare in tutte le scuole dell’obbligo del nostro Paese dove andremo a far conoscere e praticare il tennis a centinaia e centinaia di migliaia di bambini che impareranno le nostre discipline e i valori dello sport”.
    Raggiante Matteo Berrettini nel discorso ai presenti: “Per me è un’emozione grandissima. L’anno scorso ero già qui, ma con vesti diverse. Grazie ai miei compagni e alle ragazze ho avuto l’ispirazione per tornare, sognando di riportare qui la Coppa Davis. È difficile parlare, ho sempre amato lo sport, grazie alla mia famiglia e grazie a loro sono uscito da un periodo complicato, fatto di infortuni. Ringrazio loro e tutte le persone che ci hanno aiutato in questi mesi. La Davis e la Billie Jean King Cup sono competizioni lunghe e abbiamo una squadra molto lunga per fortuna, ci sono anche ragazzi e ragazze che non hanno potuto partecipare oggi qui. C’è un ragazzo altoatesino che ci ha aiutato molto”, sorride Matteo, ovviamente parlando di Jannik Sinner.

    “c’è un ragazzo altoatesino che ci ha aiutato un pochino” matteo sarai per sempre IL sinnerista pic.twitter.com/qmrrcRHZVr
    — sconnessa (@alexiuss11) January 29, 2025

    “Grazie anche a loro ce l’abbiamo fatta. Ringrazio capitan Filippo Volandri per la fiducia, nonostante i risultati non stessero arrivando in alcuni momenti. Anche Tathiana Garbin ci ha dimostrato che lottare fino alla fine vale sempre la pena. Ho vissuto in prima persona le partite delle ragazze a Malaga. Abbiamo preso molta energia da loro, è questo il segreto di tutte le nazionali forti, abbiamo preso energia da tutti gli italiani, da tutti quelli che hanno iniziato a giocare a tennis, e mi piace pensare che l’abbiano fatto anche grazie a noi L’obiettivo non è semplice da fissare, dopo un’annata così densa di successi. Ma noi ci proveremo, la cosa più importante è portare gioia ed emozione nelle case degli italiani che ci guardano”.
    Queste le parole di Jasmine Paolini, leader del tennis femminile italiano e protagonista nel 2024 della mia stagione nella storia del nostro tennis per una giocatrice: “Sig. Presidente, che onore e privilegio: siamo qui al Quirinale. Lei ha riunito tutta la famiglia del tennis azzurro e non porremmo essere più lieti. E’ un grande orgoglio essere qui tutti insieme, l’Italia del tennis femminile e quella maschile. Abbiamo condiviso due traguardi straordinari, la Coppa Davis e la BJK Cup, ed è stato un momento storico per il tennis italiano e per la storia del nostro paese. Questi successi sono la testimonianza di quel che si può ottenere quando si lavora insieme, con parsimonia e dedizione, determinazione e spirito di squadra. Lo sport ci ha insegnato questo: a perseverare quando le cose non vanno come vorremmo, a non arrenderci mai, ad apprezzare ogni singolo traguardo, a circondarsi di persone che come noi hanno lo stesso obiettivo con cui poter condividere il percorso. Abbiamo superato le difficoltà insieme, ognuno di noi ha dato il suo contributo, da noi atlete e atleti, agli allenatori, allo staff medico, alla Federazione e a tutte le persone che ogni giorno fanno questo viaggio con noi. A tutti va la nostra gratitudine. Ma un grande grazie va anche agli italiani che stanno amando il nostro sport come mai prima d’ora. Abbiamo sentito l’Italia cantare l’inno di Mameli con noi prima di ogni partita, sono stati momenti di profonda emozione, indimenticabili. Sappiamo anche come Lei, sig. Presidente, sia un appassionato competente del nostro sport, lo ha già dimostrato più volte nel recente passato. Consapevoli dunque che oggi non è solo un momento di formale riconoscimento, ma un segno di vero affetto. Lei sa benissimo come nello sport si vinca e si perda, quindi l’unica promessa che possiamo farle è che ce la metteremo sempre tutta, continuando a lottare e a migliorarci, rappresentando l’Italia con orgoglio e onore. Sig. Presidente grazie dunque per averci accolto oggi, questo è un giorno che porteremo sempre nel cuore”.
    Mario Cecchi LEGGI TUTTO

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    Sandro Donati attacca: “Il sistema antidoping è opaco e la WADA è in estrema difficoltà”

    Sandro Donati

    Sandro Donati, noto allenatore di atletica leggera e paladino della lotta al doping, attacca senza mezzi termini la WADA sul caso Sinner. Intervistato dal Corriere Trentino, Donati ha parlato a 360°, forte della propria esperienza e del doloroso ricordo da caso Schwazer. Per chi non conoscesse la vicenda, il marciatore altoatesino prese ad allenarsi con Donati in vista delle Olimpiadi di Rio 2016 dopo aver scontato una squalifica per EPO, con piena confessione della propria colpa. Con Donati, Schwazer voleva dimostrare al mondo dello sport e a se stesso che sarebbe stato in grado di eccellere anche senza “aiuti”, preparando in modo irreprensibile i giochi brasiliani e nel frattempo attaccando (insieme al suo allenatore) senza mezzi termini il sistema dei controlli. Proprio un controllo a sorpresa nel gennaio del 2016 lo vide di nuovo positivo a “testosterone sintetico”, ma la faccenda è ricchissima di errori procedurali e ombre: la positività gli fu comunicata solo a poche settimane dai giochi, la catena di controllo delle provette fu più volte compromessa al laboratorio di Colonia in Germania e un’indagine dei RIS di Parma provò che la sua provetta “incriminata” presentava valori non realistici, quindi manomessa (“La concentrazione di DNA è anomala e non corrisponde ad una fisiologia umana”).
    Donati inizia l’intervista stigmatizzando l’attacco scomposto della Bild a Sinner appena prima della finale di Melbourne, e quindi passa lui al contrattacco: “Ho sentito l’intervista al suo avversario Zverev: è stato assolutamente corretto e fiducioso in Sinner, non ha mai espresso dubbi” afferma il tecnico. “La stampa tedesca invece avanza illazioni di pessimo gusto; quando sono implicati casi di loro connazionali non usano assolutamente questi metri di giudizio e quando è stato il caso di Schwazer, non hanno minimamente messo in discussione cosa aveva combinato il laboratorio di Colonia. Questi tedeschi che siamo abituati a considerare irreprensibili non lo sono affatto: stanno usando due pesi e due misure. Fare questo alla vigilia della finale dell’Open d’Australia, poi, è talmente plateale nell’intento: solo loro lo hanno attaccato, nessun altro a livello di stampa internazionale”.
    Donati si addentra nei fatti della vicenda che ha coinvolto Sinner: “Quel quantitativo, quella concentrazione di Clostebol per la quale è stato sollevato tutto questo polverone, è irrilevante. Loro stessi si rendono conto che questa fattispecie di negligenza (l’aver assunto la pomata, ndr) va ben al di là del concetto di doping. La interpretano come vogliono e alla fine la fanno diventare proposta di squalifica. È una cosa che non sta né in cielo né in terra, tanto è vero che stanno rimettendo mano alla regolamentazione“.
    Incredibile quanto rivela Donati: “Un direttore di laboratorio mi ha raccontato sette anni fa, in maniera precisa, che questa pomata è estremamente trasmissibile, al punto che basta dare la mano a uno che l’ha spalmata e chi ha ricevuto la stretta di mano risulta positivo. Nel caso di Sinner è stato il massaggiatore, ma chiunque, anche uno sconosciuto dalle tribune alla fine di una partita, può contaminarti”.
    “La WADA si trova in estrema difficoltà” continua Donati. “Se chiudono il fascicolo così, tutti quelli colpiti da questa normativa assurda possono ricorrere e trascinarli in tribunale. Se invece lo condannano, sarà lui a difendersi. Perché che fai, blocchi la carriera di un atleta e i suoi guadagni con una motivazione di questo genere? Qualsiasi tribunale li massacrerebbe. Alla WADA ne combinano una dopo l’altra. Basta rileggere l’intervista di Jack Robertson, ex dirigente capo ispettore della Dea, la Drug Enforcement Administration, poi diventato capo ispettore WADA, che se n’è andato dicendo in maniera chiara che la WADA tutto faceva fuorché combattere il doping. Ha rivelato particolari impressionanti: una discobola russa segnalò che lì c’era un doping diffuso, un doping di Stato, e che lei stessa era oggetto di somministrazioni… e questi hanno girato la sua segnalazione ai russi. Capiamo che gente è questa?”.
    Donati è fermamente convinto della onestà di Sinner: “Mi sembra pulitissimo, è correttissimo dentro e fuori dal campo. Quando dice “se fossi stato colpevole non sarei riuscito a vincere” ci leggo una cosa vera: è talmente sereno che non ha paura a confrontarsi con i poteri forti. Le sue prestazioni sono assolutamente regolari e ad altissimo livello. Tutta la normativa va rivista. È a tutela di chi l’ha scritta, ma i diritti dell’atleta passano in secondo piano. Il direttore WADA, Olivier Niggli, dice “dobbiamo essere attenti quando formalizziamo le accuse agli atleti, non possiamo infrangere la loro dignità”. E poi si dà la positività per una micro traccia di una sostanza incontrollabile? Le contraddizioni sono evidenti”.
    Ricordando la brutta fine della vicenda Schwazer, Donati lancia una proposta di buon senso: una terza provetta delle analisi da consegnare immediatamente all’atleta in modo che questo possa difendersi in modo limpido: “Il caso Schwazer è stato emblematico, gravissimo, è stato un delitto. Ma non ha cambiato nulla, non ha lasciato tracce. Non credo sia usuale che si manipolino le provette come nel suo caso, d’altronde: immagino sia stato fatto perché interessava in quella circostanza. Bisognerebbe lasciare una terza provetta all’atleta perché possa tutelare i propri diritti. Un organismo onesto non fa resistenza a dare un terzo campione. Se non lo dà è perché vuole avere questo potere in mano, anche il potere di manipolare” conclude l’allenatore.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Cahill racconta la giornata difficile vissuta a Melbourne da Sinner: “Era bianco come un lenzuolo. Non sapevamo se sarebbe sceso in campo”

    Darren Cahill (foto Getty Images)

    Vincere uno Slam senza alcuna difficoltà è quasi impossibile, ma di solito queste arrivano in campo grazie al valore dei migliori avversari. Nella cavalcata vincente di Jannik Sinner all’Australian Open 2025 la giornata più complicata è stata quella degli ottavi di finale, grazie ai colpi insidiosi di Holger Rune ma ancor più per un malessere contratto dall’azzurro nella giornata precedente. Dopo il successo, con l’evidenza in campo delle sue condizioni precarie (in particolare un forte tremore delle mani e l’uscita dal campo col medico del torneo dopo essersi misurato la pressione), Sinner ha tagliato corto parlando di malessere non meglio precisato, “qualcosa c’è, ci stiamo lavorando”.  Alcuni avevano ipotizzato anche un attacco di ansia. A torneo concluso, fortunatamente con la vittoria in finale, è Darren Cahill a rilasciare qualche dettaglio in più su quei due giorni difficili. Adesso veniamo a sapere che addirittura nel team Sinner c’era la paura che Jannik non riuscisse a giocare la partita.
    “Jannik era bianco come un lenzuolo” racconta il coach dell’azzurro a Supertennis. “È stato fortunato a farcela, aiutato da diverse pause, con la partita giocata nel caldo della giornata. Stava piuttosto male. Non sapevamo se sarebbe sceso in campo, era malato. Sapevamo dal giorno prima che non si sentiva bene, quindi è andato a letto presto. Abbiamo annullato il suo allenamento, credo che dovesse giocare verso le 14:30. Avevamo prenotato un riscaldamento per la mattina e lo abbiamo annullato e spostato a mezzogiorno, e quando si è presentato in campo sembrava bianco come un lenzuolo. Abbiamo annullato tutti gli allenamenti, siamo andati dal dottore e gli hanno dato dei gel per aumentare la sua energia. Si è riposato, ha fatto un bagno ghiacciato per ripartire, e quindi lo abbiamo buttato in campo senza riscaldarsi”.
    Non il miglior viatico per preparare una partita complicata come un ottavo di finale Slam contro un avversario tenace come Rune. Per fortuna Jannik è stato bravo a gestire il problema, anche aiutato dai due stop (Medical time out, poi un altro per la rottura del gancio che tiene la rete al terreno) che gli hanno permesso di rifiatare e rinfrescarsi. Quella vittoria l’ha lanciato nei quarti e, ritrovate le migliori energie, ha concluso il torneo battendo uno dopo l’altro De Minaur, Shelton e Zverev, senza concedere alcun set e confermando il titolo del 2024.
    Mario Cecchi LEGGI TUTTO