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    Sinner: “Mi rilasso con i Lego, qua a New York ho costruito una Porsche in cinque ore. Sono una persona umile, non mi piace dire sono il n.1 del mondo”

    Jannik Sinner a Cincinnati

    “Lego Master” oltre che campione di Wimbledon? Perché no…! Il rilassamento per un tennista è fondamentale. Ogni giocatore è sottoposto ad alto stress fisico ed emotivo nelle grandi sfide in campo, e ci si può rilassare in mille modi, ognuno trova la sua strada per staccare la spina e ritrovare serenità, calma e pace. Jannik Sinner per questo ha abbracciato una nuova passione: i Lego. L’ha raccontato in un incontro con alcuni giornalisti in quel di New York, dove oggi scatta l’edizione 2025 di US Open. Un torneo dello Slam è il culmine nel calendario e per Jannik questo pronto a scattare è ancor più importante visto che è il campione in carica e dietro scalpita Carlos Alcaraz, deciso a scalzarlo sul trono del ranking. Il torneo della “grande mela” sarà una corsa a due per la leadership in classifica: nella Live lo spagnolo è davanti di 60 punti, forte degli ottimi risultati degli ultimi mesi. Quindi chi dei due otterrà il risultato migliore, tra due settimane sarà n.1. Riportiamo alcune delle risposte più curiose di quest’incontro con la stampa, riportato dal Corriere della Sera, in cui si è spaziato tra campo e vita. Sinner ha anche confessato di essere “innamorato”, ma chiusura totale sui dettagli. Come sempre, del resto,
    “Mi sono appassionato ai Lego, moltissimo. Di sera, per esempio, costruisco con i Lego” racconta un divertito Jannik, “Cosa costruisco, Beh, un’auto ovviamente. Qui a New York so di avere un po’ più tempo e c’è un negozio di Lego molto vicino al mio hotel. Perciò ci sono andato, ho comprato una Porsche. E l’ho finita in un giorno, in cinque ore. Allora ho pensato: me ne serve una più grande. Il mio istinto mi dice che l’ultima che ho preso è troppo grande… Ma mi piace. Metto su la musica e penso ad altro. Quando sei un tennista o un atleta, hai così tanti pensieri nella testa, e anche pressioni. Tutto il tempo. E quindi di sera mi piace. Che musica ascolto? Un po’ di tutto, non ho una mia playlist, devo controllare Spotify per vederlo… ‘Until we leave the ground’ di Steve James”.
    Importante la conferma sulle proprie condizioni: “Sto bene, oggi è il primo giorno dove sto di nuovo bene. Dove tutte le cose vanno bene. Abbiamo fatto qua due allenamenti tra oggi e ieri, quindi sta andando tutto verso la direzione giusta”.
    Sul tanto dibattuto tema del calendario e troppi impegni, Sinner resta della sua idea: è vero, ma alla fine sceglie il giocatore: “A parte che non è facile perché ci saranno delle dinamiche dietro, che noi non sappiamo… ci sono dei giocatori che non son d’accordo, c’è sempre qualcosa, non puoi mai essere perfetto. Sai il torneo è quello lì, alla fine è una nostra scelta, come dico sempre, se vogliamo giocare o non vogliamo giocare“.
    Essere da oltre un anno numero uno del mondo non è un pensiero ricorrente: “No, perché credo che sono sempre stato una persona umile e non mi piace dire ‘sono il numero uno al mondo’. Posso dire che sono un giocatore forte, però credo che si diventa numero uno non solo in campo da tennis ma per come gestisci le cose fuori dal campo, come ti comporti. Il tennis è importante, è la mia vita, ma è piccolo, non è tutto, e quando hai 35-40 anni il gioco finisce e poi devi anche decidere cosa fare dopo”.
    Avvicinamento alla partita e gestione nel match, qua esce tutta la meticolosità di Jannik: “Guardo tanto, analizzo tanto, soprattutto la sera prima di giocare contro un avversario, perché la parte visuale è molto importante, almeno per me. Durante il match? Normalmente prepariamo tutto prima della partita, abbiamo tante opzioni. Poi magari il coach a volte ti dice delle cose, però io che sono in campo non me le sento, perché magari quel giorno certi colpi non li sento, e quindi non li uso. Alla fine la soluzione deve sempre trovarla il giocatore”.
    Il suo difetto: “Non essere paziente, voler fare subito tutto in uno. E invece non è questa la soluzione: devi sempre lavorare da un dettaglio all’altro e poi mettere pian piano insieme tutti i pezzi del puzzle. Nel gioco? Voglio migliorare servizio e gioco di rete“.
    La sua forza mentale è uno degli aspetti che tutti esaltano: “C’è tanto lavoro dietro, ma prima devi accettare i tuoi difetti e io all’inizio ho fatto fatica, perché pensavo di essere forte, e invece non lo ero. E ci abbiamo lavorato tanto sopra, con Riccardo Ceccarelli, stiamo lavorando già da anni insieme, mi aiuta. Ovviamente la differenza deve farla l’atleta, ma c’è tanto lavoro dietro”.
    Con il papà chef la cucina è sempre stata un piacere per Sinner. Il piatto del cuore? “Mangiavo spesso a pranzo dai nonni perché i miei genitori erano sempre al lavoro. Direi la Wienerschnitzel di mia nonna, molto buona. Da mio papà invece ricordo i canederli, o i dolci, come i buchteln. Non li posso mangiare sempre, Quando sono a casa, due o tre giorni in Alto Adige ogni quattro mesi, circa dieci giorni all’anno. In quei giorni non ci sono restrizioni e me li godo appieno”.
    Due curiosità per chiudere: il mare e l’amore… “Faccio snorkeling, ma non immersioni. Se sono vicino alla costa non c’è problema ma se sono nel mezzo del nulla ho un po’ paura. L’amore? Sono innamorato, ma della vita privata non parliamo“.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Musetti parla da NY: “La trasferta americana non è stata proficua a livello di risultati, ma in questo mese ho capito tante cose”

    Lorenzo Musetti

    Ripartire non è mai facile, nemmeno se hai un grandissimo talento e hai vissuto settimane magiche. Dopo l’eccezionale rendimento e piazzamenti su terra battuta nel 2025, Lorenzo Musetti ha stentato a ritrovare la miglior forma ripartendo dallo stop imposto dal problema muscolare sofferto nella semifinale di Roland Garros contro Alcaraz. Davvero un peccato non aver potuto difendere gli ottimi risultati del 2024 sull’erba, sarebbe stato utilissimo alla sua crescita cavalcare l’onda di un momento positivo con nuove consapevolezze ed attitudine. Purtroppo è andata così, e anche i tre tornei sul cemento in Nord America non sono andati affatto bene: una solo vittoria a Montreal e tre sconfitte, in tre partite lottate ma segnate da errori e chance sprecate. Il miglior momento è stato il doppio, dove a Cincinnati è arrivato in finale insieme a Lorenzo Sonego, davvero a un passo dall’alzare la coppa dei vincitori. Ora tutto su US Open, dove Musetti non ha mai particolarmente performato in carriera. È l’occasione per ripartire e ritrovare quelle sensazioni (e vittorie) necessarie a confermare il suo status di top 10 e continuare a cavalcare il sogno di qualificarsi per le ATP Finals di Torino (nella Race il toscano è nono). Così Lorenzo ha parlato ai microfoni di SuperTennis a latere del canonico media day pre torneo di Flushing Meadows.
    “È stata una trasferta americana non così proficua a livello di risultati ma a livello di esperienza è stato un mese che mi ha fatto capire tante cose, anche per essere il miglior Lorenzo possibile qua a New York“, afferma Musetti. “Sono convinto che la finale di doppio (a Cincinnati, ndr) e aver giocato tante partite in doppio mi abbia aiutato in risposta, nel gioco a rete, nell’essere più aggressivo che è quel che un po’ mi manca su questa superficie. Credo che le condizioni qua siano un po’ diverse rispetto a quelle che abbiamo trovato precedentemente”, continua Lorenzo, “devo dire che mi piacciono molto di più, quindi ho un buonissimo feeling”.
    Chiedono a Musetti cosa manca al suo gioco quando è in competizione sul cemento all’aperto rispetto ai campi in terra battuta ed erba, dove ha ottenuto i suoi migliori risultati, come due semifinali Slam, finali Masters 1000 e il bronzo ai giochi Olimpici di Parigi 2024. “Credo tutto stia nella costanza del livello nel corso del match. Durante questo mese ho mostrato dei picchi molto alti, però anche troppi alti e bassi che mi sono costati la sconfitta in tre partite lottate. Venivo da un infortunio e quindi una brutta performance a Wimbledon, sicuramente mi mancava un po’ di fiducia. Ritengo di dover migliorare sull’essere più aggressivo, a partite dai colpi d’inizio gioco, sfruttare di più servizio e risposta che sul veloce son fondamentali. Ripartiamo un match alla volta, con una buona mentalità che è quella che mi ha fatto fare il salto di qualità”.
    Il sorteggio di US Open presenta a Musetti un avversario alquanto scomodo: il super servizio di Mpetshi Perricard. Come si affronta un avversario del genere (tra l’altro semifinalista questa settimana, all’ATP 250 di Winston Salem)?: “Si vede che a New York richiamo i big server perché l’anno scorso ho trovato Opelka e anche qualche anno addietro trovai ancora Opelka… È un avversario difficile da gestire, Bisognerà usare tanta intelligenza tattica, cercare di scardinare il suo servizio togliendogli fiducia. Devo mantenere la calma, sarà una partita dove la pazienza sarà protagonista… È un bel primo turno, molto tosto, ma siamo qua pronti ad affrontarlo”.
    Musetti chiude l’intervista creando il suo tennista perfetto, colpo per colpo, scegliendo tra i giocatori in attività: “Servizio scelgo Shelton, diritto Alcaraz, rovescio Jannik e volée Dimitrov“.
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    Ivanisevic: “C’è una cosa che accomuna Sinner e Alcaraz, spiega parte del loro successo”

    Goran Ivanisevic

    Avere una famiglia alle spalle che ti ha impartito una solida educazione, che ti è vicina ed è pronta a sostenerti in tutto quel che è possibile senza mai essere invadente è una delle chiavi del successo di Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. Parola di Goran Ivanisevic, che trova questo trait de union tra i due leader del tennis mondiale, diversi in tutto – gioco, fisico, carattere, personalità – ma parimenti forti di un background che ha permesso loro di crescere con solidi valori e vivere la propria giovane carriera in serenità. Il croato ne ha parlato in una recente intervista rilasciata in patria al media balcanico “first and red”, dove ha trattato molti temi di attualità e si è soffermato su quest’aspetto che accomuna Jannik e Carlos, e che li distingue da contesti familiari assai più complessi e invasivi, come quello del suo ultimo assistito Stefanos Tsitsipas. Non cita mai il greco, ma il riferimento è piuttosto evidente…
    “Nel tennis ho visto le famiglie più caotiche: tutti che intervengono, tutti che interrompono… e non è facile per i giocatori quando intorno c’è un contesto del genere” ammonisce Ivanisevic. “Al contrario, parlando di Sinner e Alcaraz, le loro due famiglie sono incredibili. Il padre di Sinner non è nemmeno andato a vedere la finale del Roland Garros perché stava lavorando. I genitori di Alcaraz, la madre e il padre, sono tra le persone più gentili che abbia mai conosciuto in vita mia, davvero splendidi. E lo vedi in campo: Alcaraz gioca come un ragazzino al parco, si diverte, ride… ed è bellissimo da guardare”.
    “Jannik invece assomiglia di più a Novak: è una versione aggiornata di Djokovic, hanno un tennis simile” continua Ivanisevic, “con Sinner sei spacciato: quando ti prende ritmo, la partita è finita. Alcaraz invece gioca con te, ti lascia margine, la palla può uscire e rientrare nello scambio. Sono tanto diversi, ma l’ambiente intorno a loro è sano, è normale, è importantissimo per arrivare dove sono arrivati loro. Il tennis è un processo: non sai mai quando arriveranno i risultati importanti. Ed è per questo che, secondo me, questi due saranno numero uno e numero due per i prossimi dieci anni, forse quindici. Non so chi dei due sarà al comando, chi vincerà più Slam, ma saranno loro a dominare” conclude il croato.
    Da tennista navigato e poi coach di campioni come Cilic e Djokovic, Ivanisevic ha attraversato molti mari con alterne fortune. Nella sua vita è stato onnipresente papà Srdjan: sotto i suoi baffi sornioni non si perdeva mai un match del figlio, e la sua gioia il giorno della “benedetta” finale di Wimbledon vinta nel 2001 contro Rafter fu una delle immagini più belle, c’era tutta una vita in quell’abbraccio sugli spalti del Centre court più famoso del mondo. Carattere difficile Goran, ma il padre lo seguì con discrezione e attenzione, senza mai essere invadente o castrante. Esattamente come i genitori di Jannik e Carlos, persone che hanno saputo mantenere equilibrio nella crescita dei figli. Serve un talento eccezionale, motorio e tecnico, per raggiungere i risultati e il livello di gioco di Jannik e Carlos, ma essere cresciuti con famiglie del genere è sicuramente un altro loro asso nella manica.
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    Djokovic: anche in Serbia c’è cautela (e preoccupazione) per le sue chance a US Open

    Djokovic allo Yankee Stadium di New York

    Inutile girarci intorno: tutto il mondo della racchetta si approccia a US Open con in testa una nuova finale Slam al maschile tra Sinner e Alcaraz, dopo le due consecutive di Parigi e Wimbledon. I due tennisti più forti dell’epoca attuale hanno vinto gli ultimi sette Major disputati, e le due ultime finali, con i due a sfidarsi per il successo, hanno esaltato gli appassionati come non accadeva dai “Fedal”. La finale di Roland Garros è già nei libri d’oro della disciplina come una delle più belle ed emozionanti di sempre, ma anche quella dei Championship ha raccontato una storia magnifica e di grande qualità (ancor più per gli appassionati italiani, finalmente sul trono del torneo più ambito). Moltissimi dei commentatori e analisti, dopo il sorteggio di ieri, si sono spesi in pronostici e considerazioni: c’è chi prende la parte di Jannik (Navratilova e Wilander, per dirne due molto noti), altri vanno con Alcaraz, e solo Patrick McEnroe finora è andato con un outsider di lusso: un americano, o Shelton o Fritz, è tempo che un tennista di casa vinca di nuovo lo Slam di NYC (manca da Roddick 2003, un’enormità per il tennis USA). Nessuno finora si è spinto a mettere Djokovic tra i possibili vincitori, e nemmeno sulla stampa serba c’è fiducia per le azioni del campione di Belgrado. 
    Sul noto sito sportivo SportKlub uno dei più affidabili commentatori serbi, Sasa Ozmo (da anni dietro a “Nole” nei maggiori tornei) riflette su come stavolta sia quasi impossibile affidarsi alla classe di Djokovic per l’ennesimo miracolo e così alzare il sospirato 25esimo trofeo Major, quello che isserebbe Novak come il più vincente di ogni epoca. “La convinzione che Novak Djokovic abbia un tabellone fantastico agli US Open si basa sulla premessa potenzialmente errata che Nole raggiungerà sicuramente la finale del torneo. Storicamente, è quasi sempre stato così, ma le cose sono cambiate”, scrive Ozmo. “In questo contesto, il suo avversario al primo turno è piuttosto ostico: il mancino Learner Tien. Ha vinto contro Medvedev a Melbourne e di recente contro Rublev, e ha già una certa esperienza di partite importanti. Inoltre, questo tipo di avversario – che cambia spesso ritmo e “rimette tutto” – è particolarmente ostico quando l’avversario non è ancora entrato nel suo miglior ritmo, come sarà nel caso di Novak visto che è fermo da Wimbledon”.
    Il cronista slavo analizza il potenziale cammino di Djokovic a US Open dopo il sorteggio sottolineando i potenziali pericoli, ma c’è dato di fondo a preoccupare: “[Novak] non ha giocato una partita ufficiale da Wimbledon. Inoltre sembra che abbia iniziato ad allenarsi relativamente tardi per i suoi standard e, al suo arrivo a New York, il suo calendario è pieno di impegni con gli sponsor. Inoltre, non conosciamo le condizioni della sua gamba, Novak ha concluso Wimbledon infortunato…”.
    Anche su Sportal (altro sito ben informato sulle faccende tennistiche del paese) si è parlato di Djokovic in questi giorni, e pur senza arrivare ad una critica diretta, si è sottolineato come Novak abbia approcciato il quarto Slam dell’anno senza la sua consueta, maniacale attenzione alla preparazione. Dopo aver raccontato di molte settimane di vacanza tra Grecia e Montenegro, ecco che Novak è sbarcato a New York “con un giovedì assai impegnativo”. Allenamenti? Insomma… “Dopo essersi allenato per un’ora e aver scoperto il nome del suo primo avversario agli US Open, ha assistito a una partita di baseball delle Major, da protagonista”. Il campione infatti è stato invitato sul diamante dell’iconico Yankee Stadium per lanciare una palla, come i migliori lanciatori del campionato, appena prima della partita che opponeva il team più blasonato d’America ai acerrimi rivali di Boston, tra grandi applausi del pubblico presente e il divertimento di Novak.

    Novak Djokovic throws out the 1st pitch at Yankee Stadium! pic.twitter.com/CVpzNuSXFk
    — MLB (@MLB) August 22, 2025

    “Djokovic è New York da qualche giorno e, nella città che non dorme mai, il migliore di tutti i tempi ha molto da fare. Ha già giocato il doppio misto con Olga Danilovic, hanno perso contro la coppia russa formata da Daniil Medvedev e Mira Andreeva, e poi si è anche allenato con Holger Rune e Alexander Zverev”.
    È sempre un azzardo non inserire Djokovic tra i favoriti di uno Slam. Quest’anno si è fermato in semifinale nei tre disputati: in Australia, costretto al ritiro contro Zverev per i postumi del problema muscolare accusato nella partita di quarti, dove ha eliminato Alcaraz; quindi è stato battuto da Jannik Sinner sia a Roland Garros che a Wimbledon. A US Open Novak ha ottenuto 4 titoli (2011, 2015, 2018 e 2023) ma anche la più cocente delusione in carriera, la finale persa contro Medvedev nel 2021 che gli è costata il Grande Slam stagionale. Chissà che Novak vedremo, fermo dall’11 luglio scorso…
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    Cahill: “Sinner a Cincinnati ha contratto un virus. Ieri sera stava meglio, oggi riposo”

    Jannik Sinner nella sfortunata finale di Cincinnati

    Arriva un aggiornamento flash dagli Stati Uniti sulle condizioni di Jannik Sinner. A parlare Darren Cahill, coach del n.1, in una breve dichiarazione rilasciata al network statunitense ESPN, del quale l’australiano è da tempo collaboratore. Cahill ha confermato che il malessere che ha afflitto Jannik a Cincinnati è stato “un virus”, abbastanza forte da mandarlo k.o. e costringerlo a gettare la spugna in finale contro Alcaraz dopo appena cinque game, peraltro disputati “camminando” in campo, senza energie.
    “Ho parlato brevemente con lui ieri sera. Stava un po’ meglio” afferma Cahiil. “Si prenderà anche oggi libero, questo è il piano, e spero che domani possa scendere in campo e iniziare a colpire qualche palla. Siamo fiduciosi che starà bene”.
    Poche parole ma utili a chiarire le cause del problema accusato da Sinner prima della finale del Masters 1000 dell’Ohio, e anche rasserenare gli animi in vista di US Open, al via domenica prossima a Flushing Meadows. Jannik è stato avvistato New York nel suo day off, appena sbarcato in città. Domani quindi dovrebbe svolgere il primo allenamento, a soli tre giorni dall’inizio del torneo.
    L’italiano è il campione in carica, ma visto che a US Open non c’è la consuetudine – come a Wimbledon – che la nuova edizione del torneo viene aperta dal vincitore dell’anno precedente, è possibile che Sinner chieda di debuttare il più tardi possibile per riprendere vigore dopo il contrattempo di salute sofferto a Cincinnati dopo la semifinale vinta contro Atmane, proprio nella serata del suo compleanno o la mattina successiva. Ricordiamo che quest’anno, per la prima volta, lo Slam della “grande mela” scatterà già alla domenica invece del consueto lunedì, come accade da anni a Roland Garros e da un paio di stagioni anche a Melbourne.
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    Il 2025 “accidentato” di Arthur Fils negli Slam (e non solo)

    Arthur Fils

    “Ci vuole un fisico bestiale”. Chissà se il buon Luca Carboni nel lontano 1991 già ipotizzava scenari futuri nel mondo del tennis quando scrisse una delle sue canzoni più fortunate… Ormai da tempo il nostro amato sport è terribilmente duro sul piano fisico, tanto che una condizione atletica quasi perfetta diventa imprescindibile per eccellere e, di conseguenza, pochissimi riescono a tenersi al riparo da infortuni più o meno seri vista la necessità di stressare il proprio corpo quasi al limite per performare e vincere. Uno dei casi più singolari e sfortunati (ma allo stesso tempo significativi) della stagione in corso è quello di Arthur Fils, classe 2004 parigino già vittima di importantissimi infortuni che lo stanno penalizzando in modo pesante. Fils infatti è passato nel giro di poche settimane dall’essere in rampa di lancio verso la top10, forte di un tennis davvero consistente ed incisivo, a scomparire dal radar dei tornei per un serio infortunio alle vertebre della schiena, una frattura da stress subita per aver spinto probabilmente oltre il limite il suo corpo. Questo problema l’ha costretto al ritiro nel corso di Roland Garros: nel corso di una durissima battaglia e vittoria contro lo spagnolo Munar, Arthur ha sentito che qualcosa non andava. Ha finito da partita stringendo i denti, da “duro” qual è, ma nel dopo partita il dolore era troppo. Controlli diagnostici all’indomani gli hanno presentato un conto salatissimo, con una lesione alla vertebra L5 e conseguente stop. Addio Wimbledon. E non è finita qua.
    Fils infatti ha provato a rientrare al 1000 canadese, ma dopo una vittoria contro l’altro “lungodegente” Carreno, ha ceduto a Lehecka mostrando ancora più di un problema a spingere a tutta, in pratica produrre il suo miglior tennis che si basa proprio su di una progressione importante con i colpi da fondo campo, giocati più di forza che accelerazione in timing d’impatto. È arrivata ieri sera la notizia del forfait anche a US Open. Questo rende il suo 2025 negli Slam a dir poco singolare. Infatti Arthur aveva iniziato l’anno nei Major con un ritiro agli Australian Open, nel corso del match di terzo turno contro il connazionale Hubert. Poi a Parigi ha dovuto rinunciare alla sfida di terzo turno contro Rublev per l’infortunio alle vertebre; questo l’ha bloccato per diverse settimane e addio erba e quindi anche Wimbledon; ora il forfait pure a US Open. Il povero Fils si è ritirato in due Slam e ha saltato gli altri due.
    Davvero una disdetta per un tennista che la scorsa primavera aveva impressionato per sostanza e qualità di gioco, con risultati l’avevano portato ad un passo dalla top10: quarti a Indian Wells (battuto da Medvedev), quarti a Miami (stoppato dal futuro campione Mensik), quarti a Monte Carlo (battuto da Alcaraz dopo una dura battaglia, e Carlos vincerà il torneo), semifinale a Barcellona (L. Alcaraz), terzo turno a Roma. Un filotto di risultati ottimi che l’hanno issato al n.14 del mondo, suo best ranking, con concrete prospettive di salire ancora e sbarcare tra i migliori dieci nel ranking. Si ipotizzava che a Parigi potesse essere tra gli outsider più insidiosi, ma la sua corsa si è fermata troppo presto.
    Certamente il suo infortunio alla schiena sarà anche dipeso da una componente di sfortuna, ma dall’altro lato è l’evidenza di come moltissimi tennisti stiano davvero portando il proprio corpo al limite, con un tennis fin troppo sbilanciato sulla parte muscolare/atletica della prestazione. Fils ha solo 21 anni, e come lui tanti giovani colleghi hanno sofferto infortuni seri a parti del corpo delicate principalmente per un gioco che chiede fin troppo a muscoli, tendini e ossa. Altro esempio Holger Rune, classe 2003, per diversi mesi sofferente alla schiena per squilibri tecnici amplificati dalla sua attitudine a picchiare la palla a più non posso. Auguriamo a Fils una pronta ripresa.
    Marco Mazzoni  LEGGI TUTTO

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    Mager si ritira: “Il tennis mi ha dato tanto. Il ripianto? Non esser stato in grado di godermi il bello della mia carriera”

    Gianluca Mager

    Gianluca Mager ha annunciato il ritiro ufficiale dal tennis Pro. 30 anni, il sanremese da tempo aveva diradato la sua attività tanto che il suo ultimo incontro vinto in carriera risale allo scorso maggio quando passò due turni al Challenger di Santos in Brasile. Poi altri cinque Challenger tra Italia e San Marino, senza vittorie, con l’ultima partita disputata lo scorso luglio sul “Titano”. In carriera ha toccato un best ranking di n.62 nel novembre del 2021, con le annate migliori prima e durante il periodo del Covid, fatto questo che resta il più grande rimpianto di Gianluca: tanto lavoro per arrivare nel tennis dei “grandi” e incappare nello stop per la pandemia e quindi una stagione e mezza difficile con le restrizioni e tutto quello che è seguito. Infatti in un’intervista rilasciata a Spazio Tennis proprio questo afferma Mager, il rimpianto di non esser riuscito a godersi a pieno il momento migliore della sua vita tennistica.
    “Purtroppo non sono mai stato in grado di godermi il bello della mia carriera. Sarà sempre il mio più grande rimpianto” racconta Mager, “Per colpa mia e per quel che è successo dopo. È arrivato il Covid, i tornei erano vuoti, non c’era più niente. Triste. Una lotta furibonda per arrivare a quei livelli e poi quando realizzi finalmente un grande sogno, quando Capitan Corrado Barazzutti ti stupisce dicendoti ‘giochi te’, difendi il tricolore in Coppa Davis in uno stadio vuoto perché il giorno prima hanno chiuso tutto”.
    A Indian Wells “Arrivai carico, mi ripetevano ‘stai giocando come un treno’. Feci un allenamento e annunciarono la cancellazione del torneo. Tornammo a casa e ci restammo 6 mesi. La ripresa non fu neanche pessima, riuscii a vivere un altro paio di stagioni di livello, affrontai Kyrgios al secondo turno di Wimbledon, Sinner al secondo turno del Roland Garros, battei De Minaur al Foro Italico, Fucsovics a Indian Wells. Collezionai diversi quarti di finale in vari ATP 250 battendo giocatori importanti. Quella contro Jannik la ricordo bene: persi 6-1 7-5 3-6 6-3 sciupando due set point nel secondo parziale”.
    Mager era dotato di un buon tennis, un gioco a tutto campo con un gesto anche elegante e traiettorie efficaci. Non sempre è riuscito a giocare con la intensità e continuità necessaria per reggere la durissima competizione del tour ATP. L’aspetto mentale è sempre stato quello più difficile da gestire per lui, come ha raccontato nel suo saluto al tennis professionistico. In carriera ha vinto sei Challenger e diversi ITF, ma il momento clou resterà la cavalcata vissuta a Rio, dove passò le qualificazioni e arrivò in finale, battendo tra gli altri Thiem (allora n.4 al mondo). Purtroppo in quella finale lottò molto ma si arrese in due set tirati a Garin. E da lì a poco, ecco la tempesta Covid…
    Questi altri passaggi del suo saluto al mondo del tennis. “Ho avuto un’adolescenza un po’ particolare. Fuori dalle righe rispetto a un classico sportivo. Uscivo e ne facevo passare tante, troppe, ai miei genitori. L’ultima cosa che pensavo era di diventare un giocatore di tennis. Ero un ribelle a cui non piacevano particolarmente le regole”. Mager racconta che la svolta della sua carriera arrivò quando il club Park di Genova lo ingaggiò per vincere lo scudetto a squadre. In quel periodo l’incontro con Nargiso, una nuova strada e la sua testa fece “clic”: decise di provarci davvero col tennis: “Quando arrivò Diego feci una scelta importante e dissi ai miei genitori di voler diventare un tennista professionista. Ricordo ancora adesso lo scetticismo nei loro occhi. Da quel momento, per un anno, la mia vita funzionava così: autobus da Sanremo a Ventimiglia, treno da Ventimiglia a Montecarlo, camminata in salita di 2 km per raggiungere il circolo in cui mi allenavo. Un panino a pranzo, la sessione pomeridiana e via al contrario per tornare a casa. Un anno. Senza saltare mai un giorno, senza fare mai un ritardo. Per dimostrare a me stesso e alla mia famiglia, soprattutto, che ero cambiato e maturato”.
    La paternità con la compagna Valentine Confalonieri ebbe un impatto molto importante: “Durante tutta la mia carriera ho vissuto emozioni contrastanti, alcune sicuramente belle e positive che mi hanno spinto a inseguire un piccolo sogno, altre invece hanno costantemente messo alla prova quella che in fondo è la mia natura. Come tanti dicono ‘questo sport non è per tutti’. Mi sono sempre ritrovato in questa espressione. Il tennis per me è stato una battaglia contro me stesso. Le mie lotte personali mi hanno aiutato a superare tante volte i miei limiti, paure e insicurezze, portandomi via tante energie che lentamente mi hanno logorato. Negli ultimi anni il fuoco che mi ha animato per tanto tempo si è lentamente spento. Le priorità sono cambiate e oggi, all’età di 30 anni, ho deciso di fare i conti con me stesso e di essere veramente chi sono. (…). È strano da dire, ma quando è nata la mia prima figlia qualcosa dentro di me è cambiato. Sono emersi tutti i limiti contro cui ho sempre lottato. Sono una persona che ama la stabilità, sono molto legato alla mia famiglia e ho sempre patito il continuo viaggiare. La vita di un giocatore di tennis è in continuo movimento, le valigie non vengono mai disfatte del tutto, si prendono aerei in continuazione e mentre lo fai devi elaborare l’ennesima sconfitta. In giornate in cui magari vorresti essere semplicemente a casa tua a festeggiare un normale giorno di Natale. Bisogna essere forti a saper gestire la pressione. Se non vinci non guadagni, se non salvi i punti dell’anno precedente perdi classifica e se non ne fai abbastanza rischi di non giocare gli Slam e le tue tasche lo soffrirebbero. I ritmi sono alti e costanti, non hai tempo per fermarti e provare a resettare tutto. Se lo fai, poi rimetterti in carreggiata non è semplice. La fiducia è il Santo Graal, quando te ne impossessi senti che improvvisamente tutto fluisce nel verso giusto e sei capace di fare grandi cose. Quando la perdi, invece, devi ripartire da zero e per riuscire sempre a rialzarti il tennis deve venire prima di tutto”.
    Il futuro? Con i giovani nella sua Sanremo: “È nato in me il forte desiderio di voler insegnare ai giovani ragazzi, soprattutto nella fascia di età dai 12 anni in su, a comprendere l’importanza di cosa significa essere un giocatore di tennis, dunque a non commettere i miei stessi errori perché la carriera non dura per sempre… A conti fatti il tennis mi ha dato molto più di quello che mi ha tolto: mi ha permesso di prendere la giusta via, di crescere e conoscere pienamente me stesso. Mi ha insegnato il valore del sacrificio per ottenere qualcosa di importante. Mi ha dato la possibilità di girare il mondo e di avere una bellissima famiglia: sempre a ottobre diventerò per padre la terza volta. (…) Oggi sono soddisfatto del percorso che ho fatto e sento dentro di me di avere delle nuove energie da dover indirizzare in un nuovo capitolo”.
    Parole molto sincere quelle di Mager, un’analisi onesta di una carriera di buon livello ma dalla quale avrebbe potuto anche trarre di più. Con quello che ha maturato, sarà interessante vederlo crescere giovani talenti. Non possiamo che augurare a Gianluca il meglio per questo nuovo capitolo della sua vita.
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    ANTRACK & Bitcoin Miner T19 Hyd. Package: $3200 investment, 21-day cycle, total profit $974.40
    CKB Miner K7: $5100 investment, 30-day cycle, total profit $2295
    Litecoin Miner L9: $10100 investment, 45-day cycle, total profit $7757.10
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    About SNEYD:Founded in 2021 and headquartered in the UK, SNEYD is an innovative leader in the cloud mining space. The platform provides users with efficient and convenient mining services, eliminating the need to purchase expensive hardware or worry about maintenance costs. Leveraging advanced cloud computing technology and a distributed mining farm layout, SNEYD ensures users receive stable cryptocurrency returns at low costs. Its advantages include low barriers to entry, high transparency, 24/7 technical support, and an environmentally friendly and energy-efficient mining model, making it easy for users to participate in digital currency mining and increase their wealth.
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