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    Ivanisevic: “C’è una cosa che accomuna Sinner e Alcaraz, spiega parte del loro successo”

    Goran Ivanisevic

    Avere una famiglia alle spalle che ti ha impartito una solida educazione, che ti è vicina ed è pronta a sostenerti in tutto quel che è possibile senza mai essere invadente è una delle chiavi del successo di Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. Parola di Goran Ivanisevic, che trova questo trait de union tra i due leader del tennis mondiale, diversi in tutto – gioco, fisico, carattere, personalità – ma parimenti forti di un background che ha permesso loro di crescere con solidi valori e vivere la propria giovane carriera in serenità. Il croato ne ha parlato in una recente intervista rilasciata in patria al media balcanico “first and red”, dove ha trattato molti temi di attualità e si è soffermato su quest’aspetto che accomuna Jannik e Carlos, e che li distingue da contesti familiari assai più complessi e invasivi, come quello del suo ultimo assistito Stefanos Tsitsipas. Non cita mai il greco, ma il riferimento è piuttosto evidente…
    “Nel tennis ho visto le famiglie più caotiche: tutti che intervengono, tutti che interrompono… e non è facile per i giocatori quando intorno c’è un contesto del genere” ammonisce Ivanisevic. “Al contrario, parlando di Sinner e Alcaraz, le loro due famiglie sono incredibili. Il padre di Sinner non è nemmeno andato a vedere la finale del Roland Garros perché stava lavorando. I genitori di Alcaraz, la madre e il padre, sono tra le persone più gentili che abbia mai conosciuto in vita mia, davvero splendidi. E lo vedi in campo: Alcaraz gioca come un ragazzino al parco, si diverte, ride… ed è bellissimo da guardare”.
    “Jannik invece assomiglia di più a Novak: è una versione aggiornata di Djokovic, hanno un tennis simile” continua Ivanisevic, “con Sinner sei spacciato: quando ti prende ritmo, la partita è finita. Alcaraz invece gioca con te, ti lascia margine, la palla può uscire e rientrare nello scambio. Sono tanto diversi, ma l’ambiente intorno a loro è sano, è normale, è importantissimo per arrivare dove sono arrivati loro. Il tennis è un processo: non sai mai quando arriveranno i risultati importanti. Ed è per questo che, secondo me, questi due saranno numero uno e numero due per i prossimi dieci anni, forse quindici. Non so chi dei due sarà al comando, chi vincerà più Slam, ma saranno loro a dominare” conclude il croato.
    Da tennista navigato e poi coach di campioni come Cilic e Djokovic, Ivanisevic ha attraversato molti mari con alterne fortune. Nella sua vita è stato onnipresente papà Srdjan: sotto i suoi baffi sornioni non si perdeva mai un match del figlio, e la sua gioia il giorno della “benedetta” finale di Wimbledon vinta nel 2001 contro Rafter fu una delle immagini più belle, c’era tutta una vita in quell’abbraccio sugli spalti del Centre court più famoso del mondo. Carattere difficile Goran, ma il padre lo seguì con discrezione e attenzione, senza mai essere invadente o castrante. Esattamente come i genitori di Jannik e Carlos, persone che hanno saputo mantenere equilibrio nella crescita dei figli. Serve un talento eccezionale, motorio e tecnico, per raggiungere i risultati e il livello di gioco di Jannik e Carlos, ma essere cresciuti con famiglie del genere è sicuramente un altro loro asso nella manica.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Djokovic: anche in Serbia c’è cautela (e preoccupazione) per le sue chance a US Open

    Djokovic allo Yankee Stadium di New York

    Inutile girarci intorno: tutto il mondo della racchetta si approccia a US Open con in testa una nuova finale Slam al maschile tra Sinner e Alcaraz, dopo le due consecutive di Parigi e Wimbledon. I due tennisti più forti dell’epoca attuale hanno vinto gli ultimi sette Major disputati, e le due ultime finali, con i due a sfidarsi per il successo, hanno esaltato gli appassionati come non accadeva dai “Fedal”. La finale di Roland Garros è già nei libri d’oro della disciplina come una delle più belle ed emozionanti di sempre, ma anche quella dei Championship ha raccontato una storia magnifica e di grande qualità (ancor più per gli appassionati italiani, finalmente sul trono del torneo più ambito). Moltissimi dei commentatori e analisti, dopo il sorteggio di ieri, si sono spesi in pronostici e considerazioni: c’è chi prende la parte di Jannik (Navratilova e Wilander, per dirne due molto noti), altri vanno con Alcaraz, e solo Patrick McEnroe finora è andato con un outsider di lusso: un americano, o Shelton o Fritz, è tempo che un tennista di casa vinca di nuovo lo Slam di NYC (manca da Roddick 2003, un’enormità per il tennis USA). Nessuno finora si è spinto a mettere Djokovic tra i possibili vincitori, e nemmeno sulla stampa serba c’è fiducia per le azioni del campione di Belgrado. 
    Sul noto sito sportivo SportKlub uno dei più affidabili commentatori serbi, Sasa Ozmo (da anni dietro a “Nole” nei maggiori tornei) riflette su come stavolta sia quasi impossibile affidarsi alla classe di Djokovic per l’ennesimo miracolo e così alzare il sospirato 25esimo trofeo Major, quello che isserebbe Novak come il più vincente di ogni epoca. “La convinzione che Novak Djokovic abbia un tabellone fantastico agli US Open si basa sulla premessa potenzialmente errata che Nole raggiungerà sicuramente la finale del torneo. Storicamente, è quasi sempre stato così, ma le cose sono cambiate”, scrive Ozmo. “In questo contesto, il suo avversario al primo turno è piuttosto ostico: il mancino Learner Tien. Ha vinto contro Medvedev a Melbourne e di recente contro Rublev, e ha già una certa esperienza di partite importanti. Inoltre, questo tipo di avversario – che cambia spesso ritmo e “rimette tutto” – è particolarmente ostico quando l’avversario non è ancora entrato nel suo miglior ritmo, come sarà nel caso di Novak visto che è fermo da Wimbledon”.
    Il cronista slavo analizza il potenziale cammino di Djokovic a US Open dopo il sorteggio sottolineando i potenziali pericoli, ma c’è dato di fondo a preoccupare: “[Novak] non ha giocato una partita ufficiale da Wimbledon. Inoltre sembra che abbia iniziato ad allenarsi relativamente tardi per i suoi standard e, al suo arrivo a New York, il suo calendario è pieno di impegni con gli sponsor. Inoltre, non conosciamo le condizioni della sua gamba, Novak ha concluso Wimbledon infortunato…”.
    Anche su Sportal (altro sito ben informato sulle faccende tennistiche del paese) si è parlato di Djokovic in questi giorni, e pur senza arrivare ad una critica diretta, si è sottolineato come Novak abbia approcciato il quarto Slam dell’anno senza la sua consueta, maniacale attenzione alla preparazione. Dopo aver raccontato di molte settimane di vacanza tra Grecia e Montenegro, ecco che Novak è sbarcato a New York “con un giovedì assai impegnativo”. Allenamenti? Insomma… “Dopo essersi allenato per un’ora e aver scoperto il nome del suo primo avversario agli US Open, ha assistito a una partita di baseball delle Major, da protagonista”. Il campione infatti è stato invitato sul diamante dell’iconico Yankee Stadium per lanciare una palla, come i migliori lanciatori del campionato, appena prima della partita che opponeva il team più blasonato d’America ai acerrimi rivali di Boston, tra grandi applausi del pubblico presente e il divertimento di Novak.

    Novak Djokovic throws out the 1st pitch at Yankee Stadium! pic.twitter.com/CVpzNuSXFk
    — MLB (@MLB) August 22, 2025

    “Djokovic è New York da qualche giorno e, nella città che non dorme mai, il migliore di tutti i tempi ha molto da fare. Ha già giocato il doppio misto con Olga Danilovic, hanno perso contro la coppia russa formata da Daniil Medvedev e Mira Andreeva, e poi si è anche allenato con Holger Rune e Alexander Zverev”.
    È sempre un azzardo non inserire Djokovic tra i favoriti di uno Slam. Quest’anno si è fermato in semifinale nei tre disputati: in Australia, costretto al ritiro contro Zverev per i postumi del problema muscolare accusato nella partita di quarti, dove ha eliminato Alcaraz; quindi è stato battuto da Jannik Sinner sia a Roland Garros che a Wimbledon. A US Open Novak ha ottenuto 4 titoli (2011, 2015, 2018 e 2023) ma anche la più cocente delusione in carriera, la finale persa contro Medvedev nel 2021 che gli è costata il Grande Slam stagionale. Chissà che Novak vedremo, fermo dall’11 luglio scorso…
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    Cahill: “Sinner a Cincinnati ha contratto un virus. Ieri sera stava meglio, oggi riposo”

    Jannik Sinner nella sfortunata finale di Cincinnati

    Arriva un aggiornamento flash dagli Stati Uniti sulle condizioni di Jannik Sinner. A parlare Darren Cahill, coach del n.1, in una breve dichiarazione rilasciata al network statunitense ESPN, del quale l’australiano è da tempo collaboratore. Cahill ha confermato che il malessere che ha afflitto Jannik a Cincinnati è stato “un virus”, abbastanza forte da mandarlo k.o. e costringerlo a gettare la spugna in finale contro Alcaraz dopo appena cinque game, peraltro disputati “camminando” in campo, senza energie.
    “Ho parlato brevemente con lui ieri sera. Stava un po’ meglio” afferma Cahiil. “Si prenderà anche oggi libero, questo è il piano, e spero che domani possa scendere in campo e iniziare a colpire qualche palla. Siamo fiduciosi che starà bene”.
    Poche parole ma utili a chiarire le cause del problema accusato da Sinner prima della finale del Masters 1000 dell’Ohio, e anche rasserenare gli animi in vista di US Open, al via domenica prossima a Flushing Meadows. Jannik è stato avvistato New York nel suo day off, appena sbarcato in città. Domani quindi dovrebbe svolgere il primo allenamento, a soli tre giorni dall’inizio del torneo.
    L’italiano è il campione in carica, ma visto che a US Open non c’è la consuetudine – come a Wimbledon – che la nuova edizione del torneo viene aperta dal vincitore dell’anno precedente, è possibile che Sinner chieda di debuttare il più tardi possibile per riprendere vigore dopo il contrattempo di salute sofferto a Cincinnati dopo la semifinale vinta contro Atmane, proprio nella serata del suo compleanno o la mattina successiva. Ricordiamo che quest’anno, per la prima volta, lo Slam della “grande mela” scatterà già alla domenica invece del consueto lunedì, come accade da anni a Roland Garros e da un paio di stagioni anche a Melbourne.
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    Il 2025 “accidentato” di Arthur Fils negli Slam (e non solo)

    Arthur Fils

    “Ci vuole un fisico bestiale”. Chissà se il buon Luca Carboni nel lontano 1991 già ipotizzava scenari futuri nel mondo del tennis quando scrisse una delle sue canzoni più fortunate… Ormai da tempo il nostro amato sport è terribilmente duro sul piano fisico, tanto che una condizione atletica quasi perfetta diventa imprescindibile per eccellere e, di conseguenza, pochissimi riescono a tenersi al riparo da infortuni più o meno seri vista la necessità di stressare il proprio corpo quasi al limite per performare e vincere. Uno dei casi più singolari e sfortunati (ma allo stesso tempo significativi) della stagione in corso è quello di Arthur Fils, classe 2004 parigino già vittima di importantissimi infortuni che lo stanno penalizzando in modo pesante. Fils infatti è passato nel giro di poche settimane dall’essere in rampa di lancio verso la top10, forte di un tennis davvero consistente ed incisivo, a scomparire dal radar dei tornei per un serio infortunio alle vertebre della schiena, una frattura da stress subita per aver spinto probabilmente oltre il limite il suo corpo. Questo problema l’ha costretto al ritiro nel corso di Roland Garros: nel corso di una durissima battaglia e vittoria contro lo spagnolo Munar, Arthur ha sentito che qualcosa non andava. Ha finito da partita stringendo i denti, da “duro” qual è, ma nel dopo partita il dolore era troppo. Controlli diagnostici all’indomani gli hanno presentato un conto salatissimo, con una lesione alla vertebra L5 e conseguente stop. Addio Wimbledon. E non è finita qua.
    Fils infatti ha provato a rientrare al 1000 canadese, ma dopo una vittoria contro l’altro “lungodegente” Carreno, ha ceduto a Lehecka mostrando ancora più di un problema a spingere a tutta, in pratica produrre il suo miglior tennis che si basa proprio su di una progressione importante con i colpi da fondo campo, giocati più di forza che accelerazione in timing d’impatto. È arrivata ieri sera la notizia del forfait anche a US Open. Questo rende il suo 2025 negli Slam a dir poco singolare. Infatti Arthur aveva iniziato l’anno nei Major con un ritiro agli Australian Open, nel corso del match di terzo turno contro il connazionale Hubert. Poi a Parigi ha dovuto rinunciare alla sfida di terzo turno contro Rublev per l’infortunio alle vertebre; questo l’ha bloccato per diverse settimane e addio erba e quindi anche Wimbledon; ora il forfait pure a US Open. Il povero Fils si è ritirato in due Slam e ha saltato gli altri due.
    Davvero una disdetta per un tennista che la scorsa primavera aveva impressionato per sostanza e qualità di gioco, con risultati l’avevano portato ad un passo dalla top10: quarti a Indian Wells (battuto da Medvedev), quarti a Miami (stoppato dal futuro campione Mensik), quarti a Monte Carlo (battuto da Alcaraz dopo una dura battaglia, e Carlos vincerà il torneo), semifinale a Barcellona (L. Alcaraz), terzo turno a Roma. Un filotto di risultati ottimi che l’hanno issato al n.14 del mondo, suo best ranking, con concrete prospettive di salire ancora e sbarcare tra i migliori dieci nel ranking. Si ipotizzava che a Parigi potesse essere tra gli outsider più insidiosi, ma la sua corsa si è fermata troppo presto.
    Certamente il suo infortunio alla schiena sarà anche dipeso da una componente di sfortuna, ma dall’altro lato è l’evidenza di come moltissimi tennisti stiano davvero portando il proprio corpo al limite, con un tennis fin troppo sbilanciato sulla parte muscolare/atletica della prestazione. Fils ha solo 21 anni, e come lui tanti giovani colleghi hanno sofferto infortuni seri a parti del corpo delicate principalmente per un gioco che chiede fin troppo a muscoli, tendini e ossa. Altro esempio Holger Rune, classe 2003, per diversi mesi sofferente alla schiena per squilibri tecnici amplificati dalla sua attitudine a picchiare la palla a più non posso. Auguriamo a Fils una pronta ripresa.
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    Mager si ritira: “Il tennis mi ha dato tanto. Il ripianto? Non esser stato in grado di godermi il bello della mia carriera”

    Gianluca Mager

    Gianluca Mager ha annunciato il ritiro ufficiale dal tennis Pro. 30 anni, il sanremese da tempo aveva diradato la sua attività tanto che il suo ultimo incontro vinto in carriera risale allo scorso maggio quando passò due turni al Challenger di Santos in Brasile. Poi altri cinque Challenger tra Italia e San Marino, senza vittorie, con l’ultima partita disputata lo scorso luglio sul “Titano”. In carriera ha toccato un best ranking di n.62 nel novembre del 2021, con le annate migliori prima e durante il periodo del Covid, fatto questo che resta il più grande rimpianto di Gianluca: tanto lavoro per arrivare nel tennis dei “grandi” e incappare nello stop per la pandemia e quindi una stagione e mezza difficile con le restrizioni e tutto quello che è seguito. Infatti in un’intervista rilasciata a Spazio Tennis proprio questo afferma Mager, il rimpianto di non esser riuscito a godersi a pieno il momento migliore della sua vita tennistica.
    “Purtroppo non sono mai stato in grado di godermi il bello della mia carriera. Sarà sempre il mio più grande rimpianto” racconta Mager, “Per colpa mia e per quel che è successo dopo. È arrivato il Covid, i tornei erano vuoti, non c’era più niente. Triste. Una lotta furibonda per arrivare a quei livelli e poi quando realizzi finalmente un grande sogno, quando Capitan Corrado Barazzutti ti stupisce dicendoti ‘giochi te’, difendi il tricolore in Coppa Davis in uno stadio vuoto perché il giorno prima hanno chiuso tutto”.
    A Indian Wells “Arrivai carico, mi ripetevano ‘stai giocando come un treno’. Feci un allenamento e annunciarono la cancellazione del torneo. Tornammo a casa e ci restammo 6 mesi. La ripresa non fu neanche pessima, riuscii a vivere un altro paio di stagioni di livello, affrontai Kyrgios al secondo turno di Wimbledon, Sinner al secondo turno del Roland Garros, battei De Minaur al Foro Italico, Fucsovics a Indian Wells. Collezionai diversi quarti di finale in vari ATP 250 battendo giocatori importanti. Quella contro Jannik la ricordo bene: persi 6-1 7-5 3-6 6-3 sciupando due set point nel secondo parziale”.
    Mager era dotato di un buon tennis, un gioco a tutto campo con un gesto anche elegante e traiettorie efficaci. Non sempre è riuscito a giocare con la intensità e continuità necessaria per reggere la durissima competizione del tour ATP. L’aspetto mentale è sempre stato quello più difficile da gestire per lui, come ha raccontato nel suo saluto al tennis professionistico. In carriera ha vinto sei Challenger e diversi ITF, ma il momento clou resterà la cavalcata vissuta a Rio, dove passò le qualificazioni e arrivò in finale, battendo tra gli altri Thiem (allora n.4 al mondo). Purtroppo in quella finale lottò molto ma si arrese in due set tirati a Garin. E da lì a poco, ecco la tempesta Covid…
    Questi altri passaggi del suo saluto al mondo del tennis. “Ho avuto un’adolescenza un po’ particolare. Fuori dalle righe rispetto a un classico sportivo. Uscivo e ne facevo passare tante, troppe, ai miei genitori. L’ultima cosa che pensavo era di diventare un giocatore di tennis. Ero un ribelle a cui non piacevano particolarmente le regole”. Mager racconta che la svolta della sua carriera arrivò quando il club Park di Genova lo ingaggiò per vincere lo scudetto a squadre. In quel periodo l’incontro con Nargiso, una nuova strada e la sua testa fece “clic”: decise di provarci davvero col tennis: “Quando arrivò Diego feci una scelta importante e dissi ai miei genitori di voler diventare un tennista professionista. Ricordo ancora adesso lo scetticismo nei loro occhi. Da quel momento, per un anno, la mia vita funzionava così: autobus da Sanremo a Ventimiglia, treno da Ventimiglia a Montecarlo, camminata in salita di 2 km per raggiungere il circolo in cui mi allenavo. Un panino a pranzo, la sessione pomeridiana e via al contrario per tornare a casa. Un anno. Senza saltare mai un giorno, senza fare mai un ritardo. Per dimostrare a me stesso e alla mia famiglia, soprattutto, che ero cambiato e maturato”.
    La paternità con la compagna Valentine Confalonieri ebbe un impatto molto importante: “Durante tutta la mia carriera ho vissuto emozioni contrastanti, alcune sicuramente belle e positive che mi hanno spinto a inseguire un piccolo sogno, altre invece hanno costantemente messo alla prova quella che in fondo è la mia natura. Come tanti dicono ‘questo sport non è per tutti’. Mi sono sempre ritrovato in questa espressione. Il tennis per me è stato una battaglia contro me stesso. Le mie lotte personali mi hanno aiutato a superare tante volte i miei limiti, paure e insicurezze, portandomi via tante energie che lentamente mi hanno logorato. Negli ultimi anni il fuoco che mi ha animato per tanto tempo si è lentamente spento. Le priorità sono cambiate e oggi, all’età di 30 anni, ho deciso di fare i conti con me stesso e di essere veramente chi sono. (…). È strano da dire, ma quando è nata la mia prima figlia qualcosa dentro di me è cambiato. Sono emersi tutti i limiti contro cui ho sempre lottato. Sono una persona che ama la stabilità, sono molto legato alla mia famiglia e ho sempre patito il continuo viaggiare. La vita di un giocatore di tennis è in continuo movimento, le valigie non vengono mai disfatte del tutto, si prendono aerei in continuazione e mentre lo fai devi elaborare l’ennesima sconfitta. In giornate in cui magari vorresti essere semplicemente a casa tua a festeggiare un normale giorno di Natale. Bisogna essere forti a saper gestire la pressione. Se non vinci non guadagni, se non salvi i punti dell’anno precedente perdi classifica e se non ne fai abbastanza rischi di non giocare gli Slam e le tue tasche lo soffrirebbero. I ritmi sono alti e costanti, non hai tempo per fermarti e provare a resettare tutto. Se lo fai, poi rimetterti in carreggiata non è semplice. La fiducia è il Santo Graal, quando te ne impossessi senti che improvvisamente tutto fluisce nel verso giusto e sei capace di fare grandi cose. Quando la perdi, invece, devi ripartire da zero e per riuscire sempre a rialzarti il tennis deve venire prima di tutto”.
    Il futuro? Con i giovani nella sua Sanremo: “È nato in me il forte desiderio di voler insegnare ai giovani ragazzi, soprattutto nella fascia di età dai 12 anni in su, a comprendere l’importanza di cosa significa essere un giocatore di tennis, dunque a non commettere i miei stessi errori perché la carriera non dura per sempre… A conti fatti il tennis mi ha dato molto più di quello che mi ha tolto: mi ha permesso di prendere la giusta via, di crescere e conoscere pienamente me stesso. Mi ha insegnato il valore del sacrificio per ottenere qualcosa di importante. Mi ha dato la possibilità di girare il mondo e di avere una bellissima famiglia: sempre a ottobre diventerò per padre la terza volta. (…) Oggi sono soddisfatto del percorso che ho fatto e sento dentro di me di avere delle nuove energie da dover indirizzare in un nuovo capitolo”.
    Parole molto sincere quelle di Mager, un’analisi onesta di una carriera di buon livello ma dalla quale avrebbe potuto anche trarre di più. Con quello che ha maturato, sarà interessante vederlo crescere giovani talenti. Non possiamo che augurare a Gianluca il meglio per questo nuovo capitolo della sua vita.
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    Buon compleanno Jannik! 24 candeline per il n.1. Il suo regalo? “Devo migliorare…”

    Jannik Sinner con la coppa dei Championships e il suo nome nell’albo d’oro dei vincitori

    Tanti auguri a Jannik Sinner! Nato a San Candido il 16 agosto 2001, il più grande tennista italiano festeggia il suo 24esimo compleanno a Mason, Ohio, in campo (ore 21 italiane) nella semifinale del Masters 1000 di Cincinnati, opposto alla sorpresa del torneo, il qualificato francese Terence Atmane. Livetennis segue la scalata del pusterese verso l’Olimpo del tennis mondiale fin da quando si affacciava al tour Pro con i primissimi ITF; quindi l’esplosione di fronte al grande pubblico con lo strepitoso Challenger di Bergamo 2019, dove mostrò a tutti che razza di colpi e classe possedesse. Da allora sono passati molti anni, con una crescita a tratti impetuosa alternata a qualche momento di stasi e riflessione, come è giusto che sia, con la rivoluzione del febbraio 2022 quando decise di lasciare il mentore Riccardo Piatti e crearsi un suo team su misura. Dall’ottobre del 2023 Jannik ha cambiato passo ed è diventato il più forte, dominante, a tratti irresistibile. Sta segnando un’epoca e incantando milioni di appassionati col suo gioco potente, intenso, ricco di colpi spettacolari e adrenalina. Ha vinto il premio ATP di tennista più amato dagli appassionati nelle stagioni 2023 e 2024, a sottolineare quanto la sua classe ed educazione siano apprezzate a livello globale.
    Per salutare il compleanno del n.1 azzurro, riportiamo l’inizio di un capitolo del libro che il nostro Marco Mazzoni ha scritto e pubblicato la scorsa estate, “Una Straordinaria Normalità” (Ultra Sport), nel quale è raccontata (con moltissimi aneddoti ed esperienze dal vivo) la mentalità, cultura del lavoro, attitudine e talento di Sinner, l’unico vero “segreto” che l’ha portato a diventare il miglior giocatore al mondo da oltre un anno. Un estratto che racconta la vera forza di Jannik: la ricerca continua, quasi ossessiva, del miglioramento.

    Secondo l’enciclopedia Treccani il lessico comune di una persona con un’istruzione medio alta è costituito da circa 47.000 parole, poco meno del 20% rispetto alle 260mila che compongono un dizionario d’italiano. Tuttavia nella vita di tutti i giorni una persona media ne usa davvero molte di meno: infatti il vocabolario “di base” della nostra lingua è formato da circa 6.500 parole, con le quali copriamo il 98% dei nostri discorsi. Ognuno di noi ha ben scolpiti in testa alcuni vocaboli fondamentali, pronunciati o scritti con frequenza perché importanti per esprimere i concetti base del proprio pensiero e modo di essere. La parola più ricorrente nel lessico di Jannik Sinner è migliorare. Anzi, “devo migliorare”, concetto rafforzato dal verbo dovere che esprime l’obbligo di fare, un tono di comando, oppure di volontà e/o desiderio. Obbligo e volontà di migliorare muovono non solo i discorsi di Jannik intorno al tennis ma la sua stessa vita, sono lo spartito sul quale scrive le sue note, a produrre complesse sinfonie fatte di colpi e tattica, sudore e adrenalina.
    “Ogni giorno quando vai in campo puoi migliorare, anzi devi migliorare” afferma Sinner in un’intervista a Sky Sport dell’ottobre 2023. “L’attenzione che metti in allenamento deve essere alta perché è così in ogni lavoro, è necessario essere concentrato per dare il proprio meglio. Alla fine si dipende da se stessi, da quanto vuoi migliorare, dall’energia che ci metti per arrivare ai tuoi obiettivi e alla fine della giornata sentendo di aver fatto il tuo dovere. La prima cosa che chiedo al mio team, anche quando vinco, è cosa avrei potuto fare meglio in campo. Ci sono poche partite nelle quali ho giocato proprio come volevo e tutto è andato alla grande. Magari hai dolore da qualche parte, hai dormito male la notte, fa più caldo rispetto al giorno prima, non senti la palla… Ci sono tante cose che il tennista deve affrontare ogni giorno, mille variabili. La vittoria, la goduria del successo, è il frutto del duro lavoro che metti quotidianamente. Vincere è una sensazione molto bella, quando vinci il torneo è ancor più straordinario. La vittoria in generale è quello per cui lavori quando ti alzi alla mattina, vincere le partite, sentirsi soddisfatto del proprio impegno e lavoro, raggiungere l’obiettivo”.
    Migliorare, avanzare, crescere, maturare, progredire. Sinonimi con sfumature diverse dello stesso concetto: impegnarsi costantemente con dedizione assoluta per diventare una persona e sportivo più abile, capace e vincente.
    Il miglioramento è il mantra di Sinner, è il concetto base della sua filosofia, che possiamo definire in tutto e per tutto un’etica aristotelica. Infatti per il filosofo greco ciò che si giudica in etica non è l’azione singolarmente considerata quanto la disposizione ad agire in un certo senso. La saggezza è imperativa, perché il suo fine è quello di determinare ciò che si deve e che non si deve fare. L’etica di Jannik è chiara: l’agire è mosso dal fine supremo del miglioramento, questo indirizza quel che è giusto e lo allontana da quel che ritiene sbagliato. Il suo tempo ruota intorno a questo concetto, al rigore che lo spinge “any given day” a impegnarsi al massimo per terminare la giornata sentendosi migliore rispetto alla versione di se stesso che si è alzata dal letto, consapevole di aver speso ogni energia fisica e mentale investendo sulla crescita, sullo sviluppo di abilità e acquisizione di nuova conoscenza. Etica, rigore, dedizione per migliorare come persona e tennista. Sinner è forgiato da questi principi, tutto ruota intorno a loro.

    Sinner shined in the biggest moments 😮‍💨
    Today’s Play of the Day, presented by @BarclaysUK #Wimbledon pic.twitter.com/KF8rG5fTNa
    — Wimbledon (@Wimbledon) July 13, 2025

    Può sembrare normale trovare quest’attitudine in uno sportivo di altissimo livello, impegnato in uno sport nel quale il concetto di professionismo è spinto all’estremo vista la difficoltà insita nella disciplina. In realtà, Jannik aveva ben chiara quest’attitudine anche da giovanissimo. Così rispondeva un 17enne Sinner a Daniele Magagnin nell’agosto del 2018 nel corso di una breve intervista al media della sua terra Alto Adige: “Sto imparando molto, ma molto devo ancora imparare. La finale persa a Santa Cristina mi ha insegnato che devo avere la capacità di entrare subito in partita, di gestire le emozioni, quindi il servizio e la risposta e commettere meno errori”. È passato più di un lustro da allora. Quel ragazzo magro e con tanti capelli rossi in testa ha coltivato con metodo e attenzione maniacale al dettaglio abilità atletiche innate, traghettando la coordinazione sviluppata dalla pratica dello sci al tennis, dove la fluidità del gesto è la chiave per generare colpi potenti e precisi. Un insieme di qualità fantastiche che partono dalla sua testa, dove la visione del contesto in cui si trova è processata nel minimo dettaglio e con istantanea nitidezza; questo gli permette di scatenare l’intuizione che porta alla creazione. Vedere la palla prima è una sorta di magia che hai dentro, la puoi tirar fuori ed allenare con metodo e qualità, in modo che il corpo reagisca in anticipo e riesca ad eseguire colpi naturali senza tensioni eccessive, con la racchetta sicura a piegare la palla in traiettorie che mettono l’avversario in difficoltà. Per colpire come Sinner devi essere un grande atleta, dotato di qualità notevoli affinate ed esaltate con pazienza e lavoro. Il metodo, l’applicazione e la ripetizione sono gli indispensabili compagni di viaggio di quel che molti chiamano “talento”.
    Il talento, in fondo, cos’è? È uno dei temi più discussi nel mondo del tennis e sempre lo sarà. Il talento è codificato nei dizionari come l’ingegno, capacità e doti intellettuali rilevanti e naturali applicate a particolari attività. Molti ritengono che il talento tennistico sia la facilità nel colpire la palla e mandarla dove vuoi, in condizioni mutevoli e contro ogni tipo di avversario, in pratica far apparire facili cose assai difficili attraverso gesti fluidi e armoniosi. È sicuramente una valida descrizione di quel che molti reputano sia il talento, ma non è tutto. Sentite cosa ne pensa Rafael Nadal, non proprio l’ultimo arrivato nel mondo della racchetta… “Credo che sul talento la gente sia un po’ confusa. Per me non è giocare in maniera bella o colpire la palla molto bene o molto forte. Io credo che nel tennis, come in tutti gli sport, l’obiettivo finale sia la vittoria. Per questo, secondo me, la questione è chiara: l’atleta che vince è l’atleta con più talento”. Una definizione secca, pratica e del tutto opposta a quello che molti ritengono sia questa merce rara, che regala successi e magia. Ma allora, la verità dove sta? Cosa è il talento, e Sinner “ha talento”? La verità, in fondo, non esiste. La risposta al quesito iniziale non è un assioma, necessita di essere spiegata, interpretata con varie sfumature e applicata al contesto. “Non troverai mai la verità, se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi di trovare”, affermava Eraclito. Come dargli torto. Sinner forse (sottolineo il forse!) non ha la magia nel braccio del suo idolo Roger Federer, non pennella giocate in totale leggerezza e stile senza tempo dando l’impressione di non far alcuna fatica, ma ha un talento altrettanto eccezionale quanto diverso da quello del leggendario campione svizzero. Il talento è l’abilità nel fare cose straordinarie, indipendentemente da come le si raggiungono. Nel tennis lo si esprime con bellezza e armonia, ma anche attraverso l’applicazione e l’efficienza, facendo fruttare le proprie doti con lavoro e mentalità. Talento è riuscire ad esprimere in campo la miglior versione di se stessi, e in partita con colpi straordinari per intensità e precisione, forti del giusto atteggiamento. Per tutto questo Jannik è animato da un talento smisurato, coltivato con un percorso sano da lui vissuto in una straordinaria normalità e con i tempi giusti in relazione alle proprie qualità, perseguendo senza isterie obiettivi di lungo periodo assai chiari basati sul miglioramento.
    “La mia priorità è ed è sempre stata giocare a tennis” raconta Sinner. “Nella mia testa l’ultima cosa che penso prima di dormire e la prima appena mi alzo è sempre cosa posso fare per giocare meglio in campo. Faccio tanto lavoro in palestra, sul campo, sulla testa, mangio meglio, dormo tanto e vado a dormire presto. Uso poco il cellulare, cosa che sembra piccola ma invece è importantissima, sto attento a tanti particolari. L’insieme di tutto ciò mi porta ad avere più energia in campo, e credo che questo andando avanti qualcosa mi frutterà. Anche se fosse solo uno 0,1%, è pur sempre qualcosa e alla fine conta. Sono andato via da casa quando avevo più o meno 13 anni e mezzo, ho investito davvero tanto…. tutto nel tennis. Ma cosa bella è che più vado avanti e più mi piace. Magari è stato il destino, ma sono sicuro di aver fatto la scelta giusta. C’è pressione, tanta, ma non c’è la pressione che ha un dottore, che in mano la vita di una persona. La cosa peggiore che mi può accadere è perdere una partita, ma ok, la settimana seguente ce n’è un’altra e si può fare meglio. C’è sempre tempo per fare meglio, per migliorare”.

    4 titoli dello Slam vinti finora in carriera e unico italiano a trionfare nel singolare a Wimbledon e Australian Open. 20 tornei in totale nel suo palmares oltre a 2 edizioni della Davis Cup, giocate da protagonista nelle Final 8 di Malaga. Campione alle ATP Finals 2024 e n.1 del mondo da 62 settimane consecutive (10 giugno 2024). Sta riscrivendo la storia del tennis italiano, e non solo. 24 anni, 24 candeline da spegnere oggi. Infinite le emozioni che sta regalando a tutti gli appassionati italiani. Buon compleanno, Jannik! LEGGI TUTTO

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    US Open 2025: annunciate le wild card. C’è Venus Williams

    Venus Williams nel suo ritorno a Washington

    L’edizione 2025 di US Open si avvicina e il torneo americano ha comunicato le wild card che consentiranno a 16 giocatori (8 uomini e altrettante donne) di accedere direttamente nel main draw di singolare. Non ci sono grandi sorprese: 6 delle 8 wild card (sia per il maschile che per femminile) andranno a tennisti statunitensi, quindi una ad un tennista francese e un’altra ad un giocatore australiano, per il “classico” scambio di inviti tra le federazioni che gestiscono tre dei quattro major. Nel maschile, hanno ricevuto la wild card Brandon Holt, Nishesh Basavareddy, Tristan Boyer, Emilio Nava, Stefan Dostanic e Darwin Blanch, oltre al francese Valentin Royer e l’australiano Tristan Schoolkate. Da segnalare la WC ottenuta dal teenager Blanch, vincitore del USTA Boys’ 18s National Championships, e quella del 27enne Holt, per la prima volta nei top100 quest’anno. Invito anche per Nava, oggi 23enne e considerato un po’ di tempo fa una delle migliori promesse del tennis a stelle strisce.
    Nel tabellone femminile invece spiccano due grandi nomi tra le Wild Card: Venus Williams e Caroline Garcia. Venus, oggi 45enne, vanta in carriera ben 7 Slam (2 a New York, 5 a Wimbledon) e nonostante un’attività assai diradata non sembra aver intenzione di appendere la racchetta al chiodo. A Washington è tornata in campo dopo 16 mesi, affermando di non pensare al ritiro, tanto che a New York sarà ancora tra le protagoniste. Altro discorso per la francese Garcia, oggi 31enne, pronta al ritiro al termine della stagione in corso. Proprio a US Open nel 2022 ha segnato la propria miglior performance in uno Slam, la semifinale. Oltre a queste due “stelle”, hanno ottenuto una wild card per il tabellone femminile le statunitensi Clervie Ngounoue, Julieta Pareja, Caty McNally, Valerie Glozman, Alyssa Ahn e l’australiana Talia Gibson. Da segnalare che Pareja ha soli 16 anni ed è attualmente la n.1 del mondo junior: ha giocato lo scorso luglio le finali (in singolo e doppio) a Wimbledon in versione giovanile. Glozman e Ahn sono due interessanti prospetti a livello universitario (entrambe 18enni).
    Mario Cecchi LEGGI TUTTO