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    Darren Cahill fa 60. Auguri al più grande ammiraglio del tennis moderno

    Darren Cahill

    Tanti, tantissimi auguri Darren Cahill! Il 2 ottobre 2025 l’australiano soffia 60 candeline sulla torta, lo farà attorniato dalla sua famiglia con un occhio a quel che succede a Shanghai, dove il suo pupillo Jannik Sinner è appena sbarcato per continuare la cavalcata vincente iniziata a Pechino in quest’autunno così impegnativo e ricco di sfide. Cahill è un personaggio unico e straordinario nel nostro piccolo mondo, dal 2022 felicemente entrato nel team del nostro Jannik Sinner a fianco di Simone Vagnozzi, ma guai a bollarlo come allenatore, o coach. Darren è qualcosa di diverso, è più un mentore, una guida sicura nella vita più che in campo perché in quel maledetto campo porti la tua vita con il sole e tutte le ombre, e solo sapendo affrontare i tuoi demoni, guardandoli in faccia e sfidandoli a testa alta puoi batterli e dare il tuo meglio in partita. Mi piace definirlo come il più grande Ammiraglio del tennis moderno, colui che dopo aver navigato tutti i mari della disciplina da giocatore e aver vissuto sulla propria pelle la gioia della vittoria e il dolore di sconfitte e infortuni, ha maturato un’esperienza così grande, un vissuto così profondo da riuscire a trasmetterlo ai suoi giocatori con un’empatia fuori dal comune. Chiunque ha conosciuto Cahill ne è uscito arricchito, diverso. Ogni tennista passato sotto la sua ala ha vinto, ha svoltato verso un futuro migliore.
    Migliorare è il “mantra” di Jannik, la parola più usata nel suo quotidiano, quella che pensa appena sveglio e anima la sua giornata; Darren ha elevato questo pensiero ad arte, donando sfumature diverse e più interessanti. Un esempio? Cahill è quello che spinge Jannik a provare tantissime attività extra tennistiche, perché correndo sul kart, andando in bici o solo passando tre ore alla sera montando pezzi di un kit Lego si ha una percezione diversa del mondo, di quel che si ha intorno, e anche di se stesso. Si stacca la spina dallo stress della disciplina, un tritacarne micidiale che ti spacca in quattro se non riesci a gestirlo con serena lucidità, e si riesce così a trovare un’armonia e sicurezza interiore che solo di racchette e impatti a tutta velocità non puoi trovare. Cahill alla fine non parla mica tanto, ma ascolta tantissimo e osserva. E trasmette. Parla quando è necessario farlo, e tocca i tasti più profondi di Sinner, riuscendo a dargli qualcosa di unico. È una benedizione che sia entrato nel team del nostro campione, è stato decisivo insieme a Vagnozzi a farlo maturare come uomo e concretizzare in partita i miglioramenti studiati e imparati in allenamento. È colui che ha preso di petto la terribile situazione del caso Clostebol ed è stato porto sicuro per Jannik e per tutti gli altri. Non è un caso che proprio Cahill è stato il primo a parlare alla tv negli Stati Uniti nell’agosto del 2024, appena prima di US Open, per far sentire la voce interna al team. Anche in quel momento sportivamente drammatico, la pacatezza, parole sicure e nette di Darren sono state fondamentali.
    Per raccontare qualcosa in più di Darren Cahill, riporto un passaggio a lui dedicato del libro “Jannik Sinner, Una Straordinaria Normalità”, pubblicato nel luglio 2024, dove riporto anche una piccola esperienza personale vissuta con Cahiil a Roland Garros. Pochi minuti, che mi hanno segnato in modo indelebile e custodisco gelosamente come una gemma scintillante.
    “Darren Cahill è molto più di un classico “super coach” per Jannik Sinner. È il collante di tutto il team per carisma e attitudine, persona attenta al dettaglio che conosce la vittoria e l’altissimo livello, vissuto sia da professionista che da coach. È una sorta di Re Mida, tutto quel che tocca diventa oro perché è bravo nello scegliere i cavalli giusti ed è perfetto nel fornire loro gli input necessari a tirar fuori il meglio e superarsi. L’australiano è stato un buonissimo professionista, ha raggiunto il numero 22 nella classifica in singolare con un tennis d’attacco figlio della scuola aussie, quella che predicava “chi arriva ultimo a rete paga da bere a tutti”. Il suo miglior risultato in uno Slam è stata la semifinale agli US Open del 1988, dove sconfisse Boris Becker e Aaron Krickstein prima di cedere al futuro campione Mats Wilander, quasi imbattibile in quel suo anno di gloria. A vederlo così pacato e riflessivo, con quello sguardo profondo e modi affabili, non penseresti mai che il suo storico soprannome sia “Killer”. Così lo racconta: «Quando avevo quindici o sedici anni, ero il ragazzo più piccolo della mia classe ma ero già un giocatore di tennis piuttosto bravo, e poiché battevo i ragazzi più alti e grandi di me mi fu affibbiato il soprannome di “Little Killer”. Quel nomignolo mi è rimasto addosso, poi senza “piccolo”, perché in un anno, quando ne avevo diciassette, sono cresciuto di circa venti centimetri, e tanto piccolo non ero più…». Classico humor in stile british, come i suoi modi garbati ed eleganti nell’esprimere concetti e opinioni.
    È il classico personaggio che lo guardi e ti attira, non ti lascia indifferente. È magnetico, trasmette energia e positività con calma e toni rassicuranti, ma trasuda anche carica oltre ad assoluta competenza. Ha guidato svariati campioni, gente con carattere forte, riuscendo a farsi ascoltare da ciascuno di loro e lasciando un segno indelebile. Tutti coloro che hanno avuto il privilegio di condividere con Darren il campo di allenamento e ascoltare le sue idee hanno migliorato il proprio tennis e la propria vita. È un vincente per natura, forte di una profonda conoscenza del gioco e dell’animo umano. Ha un carisma calmo, riesce con poche e mirate parole a toccare le corde dentro ai suoi assistiti, stimolarli nel profondo del proprio ego e aiutarli a vincere paure e incertezze. È una guida salda, una sorta di zio che ha girato il mondo e che riesce a trasmetterti non solo esperienze ma soprattutto nuove prospettive, facendoti vedere cose che non coglievi, aprendo il futuro a scenari differenti. Una persona posata ma tutt’altro che passiva, capace come pochi altri di leggere le situazioni di gioco e le dinamiche umane dell’atleta, analizzando con metodo e visione lo status quo e portando la sua sapienza al giocatore, affinché abbatta quelli che reputa essere i propri limiti. Cahill ha elevato grandi potenziali a campioni, e campioni a fuoriclasse.
    «Il nostro compito è continuare a spingerlo. È appena l’inizio della stagione, l’anno è ancora lungo ed è giusto ora godersi questo momento», afferma Darren subito dopo la vittoria agli Australian Open 2024, «ma quando torneremo su di un campo da tennis ci assicureremo di provare a fargli mantenere questo giusto atteggiamento, che è quel che serve per continuare a vincere». In queste poche parole è espresso alla perfezione il verbo dell’australiano: motivazione, autostima, positività e attitudine al miglioramento continuo. Le chiavi del successo, da raggiungere con un lavoro di squadra, serenità, programmazione e attitudine alla condivisione. «Affinché due allenatori lavorino bene insieme è necessario, prima di tutto, che siano disposti a collaborare, a inserire delle regole e a sostenersi a vicenda. E così è stato. Simone è la prima voce, il “main coach”, ed è per me un onore lavorare al suo fianco. Credo che tra venti o trent’anni ne parleremo come di uno dei migliori coach del circuito» racconta Cahill al «Corriere dello Sport». «Il 2022 è stato un anno di insegnamenti, seppur buono sotto il profilo dei risultati. Credo che Vagnozzi sia stata per Jannik manna dal cielo, perché tecnicamente è uno dei coach più preparati che abbia mai conosciuto. Il mio compito, avendo tanta esperienza nel circuito, è stato più quello di capire quale fosse la giusta direzione da intraprendere per il team ed essere sicuro che tutti la seguissero. Il mio ruolo riguarda più l’esperienza e come aiutarlo mentalmente in questi grandi momenti, e assicurarci che stiamo lavorando sulle cose giuste che alla fine lo porteranno dove vogliamo essere».
    Cahill ha vissuto la prima grande esperienza da coach prendendo un giovanissimo Lleyton Hewitt, esaltandone colpi difensivi e smussandone gli spigoli più acuti, portandolo al numero uno della classifica mondiale – allora il più giovane a riuscirci – e vincere due Slam. In seguito ha allenato Andre Agassi, portando logica e ordine al tennis spumeggiante ma spesso tatticamente poco flessibile dell’americano, che con lui visse anni straordinari e tornò in vetta alla classifica mondiale. Cahill entrò nell’Adidas Player Development Program dopo il ritiro di Agassi nel 2006, collaborando allo sviluppo di diversi talenti, tra cui Andy Murray, Ana Ivanovic, Fernando Verdasco, Daniela Hantuchova e Sorana Cirstea. Da questo programma è iniziata la sua collaborazione con Simona Halep, di cui è diventato coach principale alzando a dismisura il livello della rumena, portandola a vincere Roland Garros nel 2018 e in vetta al ranking WTA. Dopo qualche mese insieme all’americana Amanda Anisimova, nel giugno del 2022 ha affiancato Vagnozzi nel team Sinner. Riporto con piacere un aneddoto personale di Darren, che ho avuto il piacere di conoscere a Roland Garros 2010.

    È una giornata uggiosa al Bois de Boulogne, ma ricchissima di partite interessanti. Una di queste, cerchiata in rosso sul mio schedule cartaceo, è il secondo turno tra Fernando Gonzalez e Alexandr Dolgopolov. Due che più diversi non potrebbero essere, lontani in tutto, a creare un match potenzialmente esplosivo, visto il totale contrasto di stile tra la potenza bruta del cileno e i tocchi effimeri ed estemporanei dell’ucraino. In un campo 2 (purtroppo oggi abbattuto) strapieno, la partita la vince il “Dolgo” con una serie incredibile di tagli e tocchi, discese a rete in contro tempo e smorzate che fanno venire il mal di testa al cileno, tramortito in tre set. Per chi ama un tennis più pennellato che martellato è una goduria per gli occhi. La partita fila via rapida, c’è tempo prima del mio prossimo match, così mi soffermo sull’attiguo campo 3, dove la piccola tribuna dei giornalisti è di fatto la stessa riservata allo staff dei giocatori. Siamo nel corso del primo set tra Daniela Hantuchova e Yanina Wickmayer, altro match di discreto interesse, e non solo per l’avvenenza della slovacca. Resto sorpreso da come Daniela, tennista molto precisa ma non potente, riesce a colpire la palla con grande anticipo, spolverando letteralmente le righe col rovescio, sia cross che lungo linea. La belga ha due gambe fantastiche, si difende con vigore ma contro la progressione geometrica della rivale a tratti niente può. Dopo l’ennesima accelerazione vincente di Hantuchova, mi lascio scappare un «come le esce bene la palla dalle corde» in inglese. La persona seduta appena davanti a me si gira, mi guarda e mi dice: «È quello che le sto dicendo, continua a lasciar correre i colpi, sei perfetta quando colpisci». Con grande stupore, sotto quel cappellino da pescatore di color bruno non c’è uno spettatore qualsiasi o un collega di qualche testata accorsa a Parigi, ma Mr. Darren Cahill, che a Roland Garros segue anche Daniela. Approfitto della sua gentilezza estrema al cambio di campo per un paio di considerazioni su Hantuchova, le condizioni del campo e qualcos’altro ancora. Il gioco riprende, Cahill segue con attenzione il gioco e la sua assistita. Esco dal campo, ma qualche ora dopo, con Hantuchova uscita vittoriosa, ritrovo Cahill nella zona mista del Centrale, dove i giocatori arrivano per le interviste. Mi riconosce, ci salutiamo con altre due chiacchiere di grande cordialità sul tennis in generale. Se ne va insieme a lei, osservando Roger Federer che arriva troneggiando nel salone. Di questi pochi minuti condivisi con il coach custodisco gelosamente la sua viscerale passione per il gioco e anche la disponibilità a condividerla con un perfetto sconosciuto altrettanto innamorato del tennis come il sottoscritto”.
    Buoni 60, caro Darren! Che gli Dei del tennis custodiscano intatta la sua passione, visione e guida, per tantissime nuove avventure da vivere (e vincere) insieme.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Cahill: “Sinner a Cincinnati ha contratto un virus. Ieri sera stava meglio, oggi riposo”

    Jannik Sinner nella sfortunata finale di Cincinnati

    Arriva un aggiornamento flash dagli Stati Uniti sulle condizioni di Jannik Sinner. A parlare Darren Cahill, coach del n.1, in una breve dichiarazione rilasciata al network statunitense ESPN, del quale l’australiano è da tempo collaboratore. Cahill ha confermato che il malessere che ha afflitto Jannik a Cincinnati è stato “un virus”, abbastanza forte da mandarlo k.o. e costringerlo a gettare la spugna in finale contro Alcaraz dopo appena cinque game, peraltro disputati “camminando” in campo, senza energie.
    “Ho parlato brevemente con lui ieri sera. Stava un po’ meglio” afferma Cahiil. “Si prenderà anche oggi libero, questo è il piano, e spero che domani possa scendere in campo e iniziare a colpire qualche palla. Siamo fiduciosi che starà bene”.
    Poche parole ma utili a chiarire le cause del problema accusato da Sinner prima della finale del Masters 1000 dell’Ohio, e anche rasserenare gli animi in vista di US Open, al via domenica prossima a Flushing Meadows. Jannik è stato avvistato New York nel suo day off, appena sbarcato in città. Domani quindi dovrebbe svolgere il primo allenamento, a soli tre giorni dall’inizio del torneo.
    L’italiano è il campione in carica, ma visto che a US Open non c’è la consuetudine – come a Wimbledon – che la nuova edizione del torneo viene aperta dal vincitore dell’anno precedente, è possibile che Sinner chieda di debuttare il più tardi possibile per riprendere vigore dopo il contrattempo di salute sofferto a Cincinnati dopo la semifinale vinta contro Atmane, proprio nella serata del suo compleanno o la mattina successiva. Ricordiamo che quest’anno, per la prima volta, lo Slam della “grande mela” scatterà già alla domenica invece del consueto lunedì, come accade da anni a Roland Garros e da un paio di stagioni anche a Melbourne.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Cahill svela la crescita di Sinner: “Il servizio è stata la chiave”

    Darren Cahill nella foto – Foto Getty Images

    L’attesa è quasi finita. Alle 21:00 ora italiana gli appassionati vivranno un altro capitolo della rivalità più entusiasmante del tennis contemporaneo: Carlos Alcaraz e Jannik Sinner si sfideranno nella finale del Masters 1000 di Cincinnati. Un lunedì diverso dal solito, ma che promette scintille dal primo scambio: due campioni che si sono alternati nel rubarsi titoli negli ultimi mesi e che ora arrivano a Ohio con i conti ancora aperti. Non sappiamo chi solleverà il trofeo, ma una cosa è certa: ci sarà battaglia.
    Quando due “galli del pollaio” come loro incrociano le racchette, lo spettacolo è assicurato. A dare ulteriore spessore all’attesa è arrivata anche l’analisi di Darren Cahill, allenatore di Sinner insieme a Simone Vagnozzi dal 2022. L’australiano, tra i coach più rispettati del circuito, ha raccontato ad ATP Media i punti chiave della crescita del suo allievo, che da 14 mesi non molla più la vetta del ranking mondiale.
    “Il segreto? Non c’è alcun segreto. Solo lavoro quotidiano e la convinzione che ogni giorno ci sia sempre qualcosa da migliorare”, ha spiegato Cahill. “È questo il motivo per cui siamo così orgogliosi, perché tutto quello che costruiamo negli allenamenti si riflette poi nei grandi match, nei grandi tornei. Non è frutto di esperimenti di qualche giorno, ma di anni di impegno e di pressione costante affinché continuasse a fare le cose giuste”.
    Uno dei primi aspetti affrontati dall’australiano è stato il servizio. “Quando sono entrato nel team gli dissi subito: devi migliorare il servizio. Con il fisico che hai e i tuoi 1,91 metri, era fondamentale aumentare la velocità e la precisione della prima palla. Da lì si vincono partite con il servizio, ci si fa più solidi nei numeri e si diventa più efficaci, pur restando pronti a lottare negli scambi se l’avversario riesce a rispondere”, ha ricordato Cahill.
    Il coach ha poi sottolineato il carattere da combattente del suo allievo: “Jannik è un animale da competizione, gli piace fare domande, vuole sempre capire e crescere. Se guardi il suo corpo ora e lo confronti con quello di qualche anno fa, ti rendi conto del lavoro enorme che ha fatto in ogni aspetto”.
    Sinner arriverà dunque alla finale con la consapevolezza del percorso compiuto e del sostegno del suo staff, mentre Alcaraz proverà ancora una volta a fermare la corsa del numero uno del mondo. Sarà la prima finale tra i due a Cincinnati.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Sinner senza Cahill agli US Open: Brad Gilbert smentisce tutto, “Fake news”

    Brad Gilbert nella foto

    Nelle ultime ore ha fatto molto rumore l’indiscrezione, riportata da La Repubblica e poi ripresa da diversi media, secondo cui Darren Cahill non sarebbe stato presente agli US Open 2025 nel box di Jannik Sinner. La notizia aveva generato molte discussioni tra tifosi e addetti ai lavori, anche perché sarebbe stata una novità significativa nella stagione del numero uno del mondo.
    A spegnere ogni voce, però, è intervenuto direttamente Brad Gilbert. L’ex tennista, oggi popolare opinionista per ESPN, ha commentato la questione sui social definendo l’indiscrezione una “fake news” senza mezzi termini. Con la sua consueta franchezza, Gilbert ha invitato a non dar credito a ricostruzioni prive di fondamento e ha sottolineato come non ci siano elementi reali a supporto dell’assenza di Cahill a New York.

    for the record this is completely fake news 🗞️
    — Brad Gilbert (@bgtennisnation) July 25, 2025

    Una smentita secca, che contribuisce a riportare serenità attorno al team di Sinner. Per il momento, quindi, il “supercoach” australiano resta regolarmente al fianco del campione italiano, pronto ad accompagnarlo anche nella corsa allo US Open.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Sinner senza Cahill allo US Open: Vagnozzi guiderà da solo il numero uno

    Jannik Sinner nella foto – Foto Getty Images

    Sarà uno Jannik Sinner inedito quello che si presenterà allo US Open 2025. Per la prima volta dall’inizio della collaborazione, il numero uno del mondo dovrà infatti fare a meno di uno dei suoi due pilastri tecnici: Darren Cahill ha scelto di prendersi una breve pausa e non accompagnerà il tennista azzurro a New York, come confermato da La Repubblica.
    Al fianco di Sinner ci sarà quindi soltanto Simone Vagnozzi, che si dice fiducioso e pronto alla sfida: “Senza Cahill sarà un Sinner ancora più forte e motivato, ancora più deciso dopo il trionfo a Wimbledon,” assicura il coach marchigiano secondo quanto riportato dal quotidiano italiano. L’assenza del “supercoach” australiano rappresenta una novità assoluta per il team del tennista altoatesino, ma per Vagnozzi è l’occasione di mettere alla prova la solidità e la maturità raggiunte da Sinner negli ultimi mesi.
    Dopo il successo storico sui prati londinesi e le settimane passate da leader indiscusso dell’ATP, il ventitreenne italiano arriva a Flushing Meadows con i favori del pronostico ma anche con una pressione enorme sulle spalle. Vagnozzi però non ha dubbi: “Jannik sta vivendo una fase di crescita incredibile e affronta ogni nuovo traguardo con lo stesso spirito competitivo. Anche senza Cahill, sono sicuro che si presenterà agli US Open con ancora più determinazione.”
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Dietro Sinner, la forza di un team unito: Vagnozzi e Cahill, ruoli diversi e un’unica direzione

    Simone Vagnozzi nella foto con Cahill e Sinner

    Jannik Sinner è ormai al centro della scena tennistica mondiale, ma dietro i suoi risultati brillanti si nasconde un lavoro di squadra fatto di equilibrio, dialogo e ruoli ben definiti. Simone Vagnozzi, allenatore dell’altoatesino, ha raccontato il segreto della collaborazione con Darren Cahill: “Sinner ascolta sempre una sola voce unita, questo è il nostro punto di forza”.
    Ruoli chiari e chimica immediataVagnozzi è approdato nel team di Sinner a febbraio 2022, mentre l’australiano Cahill lo ha raggiunto pochi mesi dopo, durante la stagione sull’erba. “Sono molto fortunato ad aver incontrato Darren, sia dal punto di vista professionale che umano. C’è stata subito sintonia, una chimica rara che ci ha permesso di mettere sempre al centro l’interesse di Jannik,” spiega il coach italiano.I ruoli sono complementari: “Io curo più gli aspetti tecnici e tattici, lui quelli mentali ed emotivi. Ma condividiamo tutto e l’importante è che Sinner riceva sempre indicazioni chiare e coerenti.”
    Onestà e ambizione, oltre l’amiciziaPer Vagnozzi, essere allenatore significa anche saper essere diretto e a volte scomodo: “Un grande atleta non cerca solo amici, vuole persone oneste che gli dicano la verità, anche quando è difficile da accettare. Solo così si raggiunge il massimo potenziale.”L’esperienza, sottolinea Vagnozzi, è fondamentale: “Crescere con diversi atleti, affrontare nuove situazioni… I migliori coach sono quelli capaci di ottenere risultati con giocatori diversi, adattando sempre il proprio metodo.”
    Pressione, equilibrio e… un Sinner “umano”La posizione di numero uno del mondo porta con sé pressioni enormi. “Essere arrivati a questo traguardo significa dover affrontare ogni torneo con la mentalità di chi vuole vincere tutto. Ma la nostra forza è lavorare sapendo di aver dato sempre il massimo nella preparazione.”Vagnozzi descrive Sinner come un ragazzo maturo ma anche divertente, curioso e pieno di vita: “Il suo segreto è la voglia continua di migliorare, la capacità di non accontentarsi mai. Senza quella fame, non avrebbe la motivazione per affrontare ogni giorno il duro lavoro del circuito.”
    La sfida Alcaraz e la chiave del futuroUn pensiero anche al rivale spagnolo: “Alcaraz è speciale, ti mette davanti a problemi che nessun altro ti propone. Bisogna allenarsi proprio per queste situazioni e farsi trovare pronti in partita.”La vera chiave, però, resta l’equilibrio: “Un campione deve saper rimanere con i piedi per terra nei momenti difficili e non esaltarsi troppo quando le cose vanno bene. È questa la qualità più importante per chi vuole stare a lungo al vertice.”
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Sinner, la forza della rinascita: le dichiarazioni di Vagnozzi e Cahill dopo il trionfo a Wimbledon

    Darren Cahill e Simone Vagnozzi nella foto – Foto Getty Images

    Jannik Sinner ha conquistato Wimbledon, riscattando la delusione di Parigi e dimostrando una maturità che ha sorpreso tutti, compresi i suoi due allenatori, Simone Vagnozzi e Darren Cahill. Sono loro, dietro le quinte, i principali artefici della trasformazione mentale e tennistica dell’azzurro, capaci di guidarlo verso la rivincita contro Carlos Alcaraz e la conquista del titolo più prestigioso.Dopo la finale, entrambi si sono presentati in sala stampa, sottolineando il percorso di crescita di Jannik, la forza del gruppo e la capacità unica del loro pupillo di lasciarsi alle spalle anche le sconfitte più dolorose.
    La svolta dopo la sconfitta di ParigiCahill ha ricordato quanto sia stato importante gestire il dopo Roland Garros, quando Sinner aveva perso una finale già vicina, con match point a favore: “La capacità di accettare ciò che è successo a Parigi e andare avanti è rara. Jannik ha compreso di aver giocato una partita incredibile e che, semplicemente, il suo avversario è stato migliore. È riuscito a lasciarsi tutto alle spalle e a concentrarsi subito sull’obiettivo successivo. Questo fa la differenza, è una qualità speciale che non si trova spesso nei giovani”.Vagnozzi ha sottolineato la forza mentale del suo giocatore: “Dopo Parigi è stato difficile, ma abbiamo parlato tanto e gli abbiamo ricordato che doveva essere orgoglioso di quanto fatto. È arrivato a Wimbledon con la giusta mentalità, allenandosi al massimo la settimana precedente e mantenendo sempre l’attitudine giusta. Abbiamo la fortuna di lavorare con un ragazzo speciale, sempre concentrato e positivo”.
    Il passaggio chiave con DimitrovCahill ha poi raccontato come la partita con Dimitrov, in cui Sinner si è trovato sotto di due set prima del ritiro del bulgaro, sia stata una vera svolta: “In quei momenti, nei tornei dello Slam, ci vuole sempre anche un pizzico di fortuna o una difficoltà da superare. Ogni storia di Slam è diversa. Noi nel box credevamo che Jannik sarebbe riuscito a venirne fuori, ma la fortuna ha voluto che la partita si concludesse così. Gli abbiamo detto di concentrarsi subito sul prossimo avversario, di non pensarci più. La stessa cosa fatta dopo Parigi: accettare, imparare e andare avanti”.
    La vittoria con Alcaraz e la crescita tecnicaSecondo Cahill, vincere oggi contro Alcaraz era fondamentale: “Carlos lo aveva battuto negli ultimi cinque confronti e spesso dopo partite tirate. Oggi serviva questa vittoria non solo per il titolo, ma per la rivalità tra loro. Nei momenti decisivi Jannik ha tirato fuori una concentrazione e un’energia extra, chiudendo la porta all’avversario. Ha fatto un lavoro incredibile”.Vagnozzi ha aggiunto: “Jannik si muove benissimo, anche sull’erba, riesce a scivolare come su terra battuta e a colpire sempre in modo preciso. Ha migliorato molto il servizio, oggi soprattutto il secondo è stato meno attaccabile. Ha variato bene con le smorzate e le discese a rete, mostrando coraggio e personalità”.
    La rivalità con Alcaraz e la nuova era del tennisCahill ha voluto sottolineare come la preparazione di Sinner non sia focalizzata solo su Alcaraz, ma su tutti gli avversari: “Se ti prepari solo per un giocatore, rischi che gli altri ti sorprendano. Jannik però guarda tante partite di Carlos, è affascinato dai suoi progressi e questo lo spinge a migliorare ogni giorno. La rivalità tra loro è reale e stimolante, speriamo duri altri dieci o dodici anni”.Riguardo all’era che si sta aprendo, Cahill si è detto ottimista, ma prudente: “La finale di Parigi è stata tra le migliori che abbia mai visto. La loro rivalità è già incredibile, ma il tennis ha vissuto vent’anni irripetibili con Federer, Nadal, Djokovic e Murray. Per ora non possiamo paragonare questi ragazzi a quella generazione, ma hanno cominciato alla grande e se continueranno così ci regaleranno ancora tanti match indimenticabili”.
    Il valore umano di SinnerAlla fine, Cahill e Vagnozzi hanno elogiato il ragazzo anche fuori dal campo: “È una persona umile, educata, con i piedi per terra. La determinazione che mostra sul campo è la stessa che applica nel lavoro quotidiano. Siamo fieri di lui, non solo per quello che fa con la racchetta, ma anche per quello che è come uomo”.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Vagnozzi parla da Londra: “Buone sensazioni, Sinner sta lavorando duramente. Cahill? Facciamo spesso delle battute per farlo restare…”

    Simone Vagnozzi

    Jannik Sinner sta lavorando intensamente in preparazione di Wimbledon, c’è serenità e voglia di far bene nel più antico e affascinante torneo al mondo. Non è stato facile digerire la doppia sconfitta sofferta da Alcaraz tra Roma e Parigi ma tutto il team l’ha supportato al meglio e si guarda avanti con fiducia. Così Simone Vagnozzi in un’intervista esclusiva rilasciata oggi a RaiRadio 2 direttamente da Londra, nella quale il coach marchigiano ha raccontato qualche curiosità sul lavoro in vista del debutto a Wimbledon (previsto per martedì prossimo), confermando quanto tutti stiano spingendo per la permanenza di Cahill oltre il termine di questa stagione. Per Sinner oggi allenamento sul Centre Court insieme a Medvedev, privilegio consentito a pochissimi. Riportiamo l’intervista di Vagnozzi,
    “Jannik sta bene, siamo arrivati qua a Londra da un paio di giorni e ci stiamo allenando” racconta il coach del n.1 del mondo. “Le prime sensazioni sono buone e si sta allenando duramente, quindi speriamo di mettere la giusta benzina per arrivare pronti per il primo turno“. L’intervista si sposta sul peso mentale delle due sconfitte sofferte da Alcaraz nelle finali di Roma e Roland Garros. Due ottime partite, ma altrettante sconfitte. Questa la risposta di Vagnozzi: “A Roma siamo arrivati con tanti dubbi visto che era il primo torneo che disputava dopo mesi, quindi è stata una sconfitta se vogliamo un po’ più dolce. Quella di Parigi sicuramente è pesata di più ma, onestamente, dopo la finale di Parigi nutriamo ancora più stima per Jannik per quello che ha fatto, per come è stato in campo, per tutto quello che ha dato e per come ha lottato. Il giorno della finale è stata dura da accettare, ma il giorno dopo capisci che pur essendo una partita importantissima resta sempre una partita di tennis, ancor più in un momento in cui nel mondo succedono tante cose e noi siamo dei privilegiati, quindi dobbiamo godercela”.
    Si parla dell’affiatamento tra i membri del team Sinner, una sintonia che traspare evidente nel suo box nel corso di ogni partita. Simone conferma l’unità del gruppo: “Viviamo h24 insieme, se non ci fosse affiatamento sarebbe difficile arrivare a questi risultati. È necessario trovare questo spirito di gruppo. Sappiamo che l’attore principale è Jannik, è lui che fa la differenza, noi dobbiamo essere lì a supportarlo nel momenti difficili e farlo sentire tranquillo quando tutto va bene, non montarsi la testa anche se con lui è molto facile visto che è un ragazzo umile. Dobbiamo capire come gestire le giornate al meglio, dove migliorare, dove dargli qualche giorno di riposo. Siamo ancora fortunati a fare quello che ci piace, è la nostra passione e affrontiamo tutto con lo spirito giusto”.
    Nella finale di Roland Garros, il pubblico si è schierato dalla parte di Alcaraz. Ha avuto un peso su Sinner, ha sofferto la situazione? “Tra Francia e Italia c’è sempre una bella rivalità… Ma è stato Alcaraz, un po’ furbo se vogliamo, a portare il pubblico dalla sua parte visto che era sotto di due set e necessitava di energia, bravo a gestire la cosa. Ma non ci dimentichiamo che due settimane prima (a Roma, ndr) aveva tutto il tifo contro quindi non dobbiamo attaccarci al tifo. A volte è anche bello giocare col tifo contro, ti dà molta motivazione. È stato più positivo per Alcaraz che penalizzante per Sinner”.
    La giornata tipo approcciando Wimbledon: “È tutto molto tranquillo. Abbiamo la fortuna di affittare delle case molto vicino al circolo, andiamo camminando in 10 minuti ogni mattina. Ci sono dei giorni dove facciamo solo una sessione di tennis e una atletica; altri, come ieri, dove invece abbiamo avuto una doppia seduta di tennis. Oggi abbiamo la fortuna di provare il campo centrale con Medvedev, giocheremo per quarantacinque minuti, è da pochi anni che danno questa possibilità”.
    Si prenota il Centre Court di Wimbledon? “No, lo danno solo ad alcuni e lo scelgono loro. Quest’anno penso che sia toccato solo a Sinner, Medvedev, Alcaraz e Djokovic. Una settimana prima mandiamo al torneo il nostro programma ideale di lavoro e loro ci prenotano tutti i campi per poterci allenare. Essendo Sinner n.1 del mondo diciamo che abbiamo una corsia preferenziale… gli altri giocatori ogni giorno devono chiedere una finestra per allenarsi all’orario che preferiscono”.
    Ultima domanda dell’intervista è su Darren Cahill, membro fondamentale nel team. È uscita lo scorso gennaio – per errore! – la notizia che questo dovrebbe essere l’ultimo anno da coach per l’australiano. Stanno ancora provando a convincerlo a restare? “Sicuramente sì, sarebbe stupendo perché si è creata un’ottima alchimia tra Jannik e Darren ma anche tra me Darren, saremmo felicissimi se lui restasse. Qualche battuta in merito ogni tanto gliela facciamo… quindi vediamo che succederà” conclude Simone.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO