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    Nel 2025 non ci sarà il 250 di Cordoba, in America Latina restano solo tre tornei

    L’impianto di Cordoba, Argentina

    In molti chiedono un rafforzamento della breve leg di tornei in America Latina, inclusi gli stessi tennisti, ma la realtà è diametralmente opposta. Secondo quanto afferma Jorge Salkeld, vicepresidente di Octagon, società che detiene i diritti di vari tornei nella stagione, nel calendario ATP 2025 scompare il primo torneo sul rosso in Argentina, quello di Cordoba. 
    “Nel tour sudamericano, l’anno prossimo Cordoba esce dal calendario e rimane quello che abbiamo adesso, ovvero Buenos Aires, Rio e Santiago” afferma Salkeld, come riporta il quotidiano cileno El Deportivo. “L’ATP ha iniziato a promuovere cinque Masters 1000, Madrid, Roma, Toronto, Cincinnati e Shanghai, che sono stati allungati a 12 o 13 giorni, il che ha cambiato il calendario ed è nata la necessità rimodulare il mese di luglio, per far spazio agli eventi di Toronto e Cincinnati. Inoltre, ci saranno diversi movimenti per gli ATP 250, alcuni sono diventati 500, saranno disponibili nelle stesse settimane. Questa è la motivazione del tour, proporre un prodotto, se si può dire, più alto. Per i giocatori questo significa qualche obbligo in più a giocare i 500, non sono obblighi così difficili dal mio punto di vista, perché sono buoni tornei sotto ogni aspetto; premi e punti interessanti.”
    Non a tutti i giocatori piace questa sistemazione con i 1000 “lunghi”: quando ce ne sono due di fila (vedi Madrid – Roma), se perdi due volte al primo turno significa giocare due partite in un mese… Così Salkeld: “Sento lamentele dai giocatori, a loro non piace passare due settimane nello stesso posto, perché se perdono al primo o al secondo turno, devono aspettare 12 giorni per il torneo successivo. In termini di salute, è meglio. È così che riposano, si rigenerano, si allenano. Ma psicologicamente, ai giocatori piace giocare. Sono molto competitivi. In altre parole, non gli piace fermarsi… In più, quando si infortunano, quello che desiderano di più è tornare in competizione prima possibile”.
    Nonostante le tremende polemiche per la scarsa qualità dei campi, sembra salvo il torneo di Santiago: “Abbiamo appena rinnovato i diritti per altri 4 anni. L’evento sta crescendo. Quest’anno è migliorata l’infrastruttura, le tribune, la gente è molto contenta perché prima quando stavi quassù non si vedeva bene. Abbiamo avuto un incontro con l’ATP per discutere come possiamo continuare a far crescere il torneo. Credo che opereremo costruendo un centrale ancora più capiente, perché il pubblico c’è. Le vendite erano al 95% il mercoledì sera. Martedì eravamo già all’80. I campi? Beh, ci sono stati problemi, l’ATP può multarci come da contratto, vedremo cosa succederà. Con l’ATP parliamo quotidianamente. Hanno visto come siamo intervenuti sui campi, è per questo che ci hanno permesso di giocare. Sì, questa reazione e miglioramento del manto in terra dovevamo farla 10 giorni prima del torneo. Non è stato fatto, e questo è stato l’errore, poter avere quei 10 giorni per ritoccarlo. Campo vecchio? Assolutamente no, era nuovo ma non si era assestato. Il campo era nuovo, fatto tre mesi fa, ma era necessario giocarci di più”.
    Restiamo in attesa di vedere che ne sarà del calendario ATP 2025, con le molte novità annunciate. Un punto di domanda resta il possibile Masters 1000 in Arabia Saudita prima degli Australian Open (mentre girano voci sempre più insistenti che le WTA Finals dal 2025 saranno a Jeddah, manca solo la conferma da parte della WTA), ma la “gira latina” così ridotta a soli tre tornei avrà molte difficoltà ad attrarre i migliori giocatori. È un vero peccato, poiché nei maggiori paesi sudamericani la passione per il tennis è forte e radicata, e anche a livello di risultati negli ultimi tre anni abbiamo assistito ad una crescita importante del livello medio dei tennisti argentini, cileni, brasiliani e non solo, grazie ai lungimiranti investimenti nel circuito Challenger, con molti tornei in paesi vicini che hanno creato un movimento solido e incrementato l’interesse generale.
    Pur non avendo più un Del Porto o un Kuerten, questa settimana Baez è n.19 ATP, Cerundolo n.22 e Jarry n.24. L’Argentina ha 8 tennisti in top 100, il Cile 3, e il brasiliano Joao Fonseca promette moltissimo. La stagione tennistica copre 46 settimane; che all’America Latina ne siano destinate solo 3 è francamente ingiusto e sbagliato.
    Marco Mazzoni  LEGGI TUTTO

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    Ruud, le certezze ritrovate

    Casper Ruud (foto Getty Images)

    A piccoli passi, sicuri e calibrati, si arriva lontano. Molto lontano. Il mantra di Casper Ruud è sempre stato questo: lavorare con tranquillità, senza frenesie, senza esagerazioni, cercando la massima intensità e consistenza in campo. In quest’avvio di 2024 il tennis di vertice sta ritrovando la miglior versione del norvegese, che nella nottata di Acapulco è stato protagonista di un’altra eccellente prestazione contro Shelton, sconfitto in tre set. Forse chi ha fatto colazione stamattina guardando un po’ distrattamente una fase della partita, non si è reso conto di che razza di tennis ha prodotto Ruud. L’ex n.2 al mondo è stato un vero “muro”, pochissimi gli errori, nessuna palla break concessa ad uno Shelton tutt’altro che dimesso, un metronomo nel proporre al rivale palle profonde, consistenti, spesso in contro piede. E che risposte contro uno dei servizi più temibili del tour.
    Ruud è in semifinale nel 500 messicano, sfiderà di nuovo Rune, contro cui conduce nettamente negli head to head. Con i punti conquistati ad Acapulco è già sicuro di tornare in top10, attualmente n.9 della classifica Live. A ripensare al gioco del norvegese l’anno scorso di questi tempi, i suoi passi in avanti sono notevolissimi. Del resto, sbagliando s’impara.

    Fantastic finish 💪@CasperRuud98 battles past Ben Shelton 6-7 6-4 6-4 to reach his first semi-final in Acapulco! #AMT2024 pic.twitter.com/sUMrxpMXbR
    — Tennis TV (@TennisTV) March 1, 2024

    Ruud dopo un 2022 strabiliante, con due finali Slam (perse), la possibilità di diventare n.1 al mondo in caso di vittoria a New York, e pure la chiusura col botto con la finale a Torino, aveva deciso di provare a cambiare qualcosa. Forse era anche un po’ tirato, stanco nel corpo e nella testa dopo un’annata bellissima ma assai faticosa. Ha cercato una preparazione differente, più leggera, “per arrivare al top in primavera – estate”, aveva detto. La realtà del campo ha parlato una lingua diversa, a lui avversa. Senza la solita enorme quantità di lavoro fisico e tecnico, Casper si è smarrito. Il suo tennis per quasi tutto il 2023, e soprattutto nei primi mesi, è stato come spuntato, carente di energia, intensità, profondità. Senza questi tre assi in mano ha perso di vista anche la sua proverbiale serenità e lucidità in campo, quella che gli fa giocare quasi tutto bene. Magari niente in modo eccezionale, ma devi batterlo in ogni punto e non è affatto facile.
    Ha cercato Ruud di inserire qualche variazione in più, tagli col servizio, anche delle discese a rete per uscire dalla sua solita pressione in progressione. Cambiare è sempre segno di intelligenza, ma è necessario farlo quando la fiducia ti consente di aggiungere ai tuoi punti di forza, non per scappare da incertezze o momenti di debolezza. Si è creata una vera frattura nel tennis di Casper, tanto che in molte sconfitte della scorsa stagione pareva quasi un …regolarista-falloso, ossia un giocatore perdente.
    Il 2023 per lui si è chiuso maluccio, niente ATP Finals, una secca sconfitta contro Cerundolo a Bercy, al termine in un autunno bigio e inconsistente, forse figlio del bruttissimo US Open, dove uscito al secondo turno, con conseguente tracollo in classifica. Fuori dai migliori dieci a inizio 2024, l’obiettivo primario era rientrarci il prima possibile. Missione compiuta. C’era riuscito semplicemente tornando ad essere “Ruud”, riprendendo quel filo spezzato cercando una diversità che, ancora, non gli appartiene.
    Casper si è allenato tanto dopo una vacanza breve, in varie location, inclusa quella Nadal Academy dove si è formato anni fa, sotto lo sguardo sapiente di zio Toni e di uno staff poco appariscente ma di grande qualità, proprio come lui. Ha scelto di partire a testa bassa, spingendo forte su fisico e tecnica. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. In United Cup ha vinto tre match su tre; a Melbourne ha perso un po’ presto, una grande battaglia contro Norrie, poi sbarcato in America ha disputato la finale a Los Cabos, battuto da un Thompson nella settimana della vita, quindi questa settimana ad Acapulco lo ritroviamo in semifinale in un 500. Ma la vera, ottima notizia per lui è quella tecnica.
    Ruud sembra davvero tornato quel tennista potente, rapido in campo, terribilmente consistente degli anni migliori. Per il tipo di tennis che produce, sono due gli elementi decisivi: profondità dei colpi, intensità di gioco. Nella prestazione di stanotte vs. Shelton, siamo a livello molto alto. La sua palla di scambio è tornata vivace, carica di spin col diritto e molto vicina alla riga di fondo, colpita con potenza delle gambe e sicurezza. Una pressione esercitata in modo metodico, continuo, a generare un’intensità non facile da scardinare.
    Il norvegese non sarà mai il tipo di tennista che esalta i più, ma resta un vero osso duro quando porta in campo questa consistenza. Chiedere agli avversari…
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    Sinner punta alla vittoria nel Masters 1000 successivo al primo trionfo Slam. Sarebbe il quinto a riuscirci

    Jannik Sinner (foto Getty Images)

    Mancano pochi giorni al ritorno in campo di Jannik Sinner al Masters 1000 di Indian Wells. L’azzurro dopo la vittoria a Rotterdam, secondo titolo di un 2024 per lui ancora immacolato, si è preso alcuni giorni di riposo e allenamento nella sua Monte Carlo, allenandosi anche insieme a Matteo Berrettini sui campi del Country Club. C’è grande attesa per ammirare il tennis consistente e sempre più vincente dell’azzurro nel torneo 1000 diventato il più ambito nella stagione, un evento che grazie agli enormi investimenti di “Mr. Oracle” si è assai avvicinato per qualità a uno Slam. Lo scorso anno Sinner in California si fermato in semifinale, sconfitto in due set da Carlos Alcaraz. Quest’anno molti lo vedono vincitore, ma la competizione sarà altissima. Dopo l’assenza dovuta ai problemi per la mancata vaccinazione anti-covid, anche Novak Djokovic sarà della partita, e dopo lo smacco subito da Jannik a Melbourne tutti si aspettano un serbo super motivato a riaffermare la propria leadership.
    Attualmente Sinner vanta un record nel 2024 di 12 vittorie e nessuna sconfitta. Se l’azzurro riuscirà nell’impresa di vincere a Indian Wells, diventerà il quinto giocatore a trionfare nel Masters 1000 successivo al primo trionfo in uno Slam. La categoria 1000 (ex Super 9 e poi Masters Series) è stata lanciata dall’ATP nel 1990. Da allora, sono soltanto 4 i giocatori capaci di imporsi in un evento di questa categoria dopo aver alzato il primo titolo Major in carriera.
    Nel 1992, Andre Agassi sorprese il mondo del tennis trionfando sull’erba di Wimbledon, un torneo che aveva inizialmente snobbato perché contrario alle stringenti regole dell’AELTC (dress code, ecc) ma anche perché il suo gioco non era esattamente ideale per le condizioni dell’erba “vera”, quella scivolosa e rapidissima. Andre dopo un esordio sorprendente a Londra nel ’91, visse due settimane magiche a Wimbledon ’92 battendo in una finale leggendaria Goran Ivanisevic. Forte di questo successo, il Kid di Las Vegas sbarcò a Toronto per l’Open del Canada, dove disputò un grande torneo battendo in finale Ivan Lendl in tre set. Fu il suo primo titolo del torneo, ne vincerà poi altri due.
    Nel 1995, Thomas Muster alzò il suo unico Slam a Roland Garros, coronando una carriera fantastica sulla terra battuta. Vinse in tre set la finale di Parigi su Michael Chang, e quindi dopo un’estate ricca di successi sul suo “rosso”, sbarcò in autunno ad Essen, indoor in Germania, sbaragliando la concorrenza (tra cui Sampras in semifinale!), e battendo nel match per il titolo Malivai Washington in quattro set. Uno dei successi più prestigiosi in carriera per l’austriaco, che al coperto non era esattamente nel suo territorio di caccia preferito.
    Nel 2005 il mondo della racchetta fu travolto dalla potenza di Rafael Nadal, che vinse il suo primissimo Roland Garros sbarazzandosi di Mariano Puerta in finale. Sbarcato in Nord America, lo spagnolo impose le sue terribili rotazioni su tutti i rivali, trionfando nell’Open del Canada a Montreal in finale su Andre Agassi. Fu il suo primo titolo vinto sul cemento, poi trionferà nel maggior evento canadese per altre quattro volte in carriera.
    Nel 2008 l’anno inizia con una finale Slam sorprendente: non Federer, dominatore dell’epoca, né Nadal. La finale degli Australian Open la giocano due giovani, il sorprendente Tsonga e il serbo Novak Djokovic, che conclude un torneo fantastico battendo in francese in quattro set e alzando il primo Norman Brookes Trophy, ne seguiranno altri 10 per lui! A inizio marzo, Novak vince anche a Indian Wells, superando in tre set Mary Fish in finale, primo dei suoi 5 titoli in California.
    Riuscirà Sinner a ripetere la doppietta Australian Open – Indian Wells del Djokovic 2008? Impresa possibile, ma tutt’altro che facile.
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    ATP annuncia una partnership con il fondo saudita PIF

    Il CEO Calvelli con Kevin Foster di PIF (foto ATPtour.com)

    Dopo tante voci e indiscrezioni, arriva la fumata bianca: i ricchissimi fondi sauditi entrano nel mondo del tennis Pro. Ma al momento, nessuna rivoluzione e circuito alternativo a quello ATP guidato dagli Slam, come si è parlato molto in queste ultime settimane, ma una partnership pluriennale proprio con il tour maschile. L’annuncio è arrivato con un comunicato pubblicato sul sito istituzionale ATP, che ufficializza un accordo con il Public Investment Fund (PIF), fondo d’investimento saudita, per una nuova partnership strategica pluriennale. “Un significativo impegno condiviso per migliorare il tennis globale per giocatori, tifosi, organizzatori di tornei e parti interessate a tutti i livelli di questo sport”.
    “L’importante partnership vedrà PIF diventare il naming partner ufficiale del ranking ATP, celebrando i percorsi e i progressi dei giocatori durante la stagione e sostenendo l’eccellenza mentre il numero 1 del mondo ATP di fine anno, presentato da PIF, viene incoronato alle Nitto ATP Finals. a Torino, Italia”, continua il comunicato.
    “PIF collaborerà con gli eventi dell’ATP Tour a Indian Wells, Miami, Madrid, Pechino e le Nitto ATP Finals, oltre alle Next Gen ATP Finals, ospitate a Jeddah fino al 2027. Dopo il lancio del programma Baseline dell’ATP all’inizio di quest’anno, PIF ha ulteriormente impegnato a sviluppare e sbloccare nuove opportunità per i giovani giocatori e iniziative sul percorso dei giocatori, fornendo un impulso significativo alla prossima generazione di stelle del gioco”.
    L’ATP così annuncia di aver trovato un partner forte (e assai stabile sul piano economico) in PIF per continuare a migliorare ogni aspetto della disciplina, “per elevare il futuro a lungo termine del tennis. PIF contribuirà attivamente al piano strategico OneVision di ATP, che si concentra sulla promozione dell’unità, sul miglioramento delle esperienze dei fan e sullo sfruttamento delle opportunità di crescita scalabili in tutto lo sport”.
    Massimo Calvelli, CEO di ATP, ha dichiarato: “La nostra partnership strategica con PIF segna un momento importante per il tennis. È un impegno condiviso per promuovere il futuro di questo sport. Con la dedizione di PIF alla prossima generazione – promuovendo l’innovazione e creando opportunità per tutti – il il palcoscenico è pronto per un nuovo periodo di progresso e trasformazione”.
    Mohamed AlSayyad, Head of Corporate Brand di PIF, ha dichiarato: “Mentre PIF espande il suo portafoglio di sponsorizzazioni innovative, il nostro impegno a “Investire in meglio” rimane incrollabile. Attraverso la nostra collaborazione con ATP, PIF sarà un catalizzatore per la crescita del tennis globale, sviluppare talenti, promuovere l’inclusione e promuovere l’innovazione sostenibile. Questa partnership strategica è in linea con la nostra visione più ampia di migliorare la qualità della vita dei tennisti e guidare la trasformazione dello sport sia in Arabia Saudita che nel mondo.”
    Secondo quanto riporta il comunicato, negli ultimi 4 anni il numero dei tesserati tennis in Arabia Saudita è aumentato del 46%, e l’idea del PIF è far crescere lo sport nel suo paese, facendolo diventare una delle discipline leader per i giovani sauditi.
    Quest’annuncio conferma l’ingresso dei ricchi fondi sauditi nel tennis, ma al momento in supporto ai piani di Gaudenzi e dell’ATP, non in modo alternativo. Vedremo i prossimi passi del governo del tour maschile, e quanto questi saranno influenzati da questo nuovo e potente partner. Per esempio, le Finals a Jeddah già dal 2026, o poco dopo? O intanto solo il nuovo Masters 1000 pre Australian Open di cui si parla da tempo?
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    Toni Nadal: “Rafa deve giocare assolutamente a Indian Wells. Sinner? Contro di lui è dura per tutti”

    Toni Nadal

    Toni Nadal è stato interpellato dal quotidiano iberico AS su vari temi d’attualità, dal prossimo rientro del nipote a Indian Wells, a un parere su Sinner e sul momento del tennis spagnolo. Secondo lo “zio” più famoso del tennis, Rafa necessita assolutamente di giocare se vuol tenere viva la speranza di essere protagonista a Parigi, sia in versione Roland Garros che giochi olimpici.
    “Rafa vittorioso a Parigi? Preferisco dire che per me vincerà. Poi vedremo. So che è difficile, ma cerco sempre di essere positivo e spero che mio nipote possa giocare un ruolo importante sia ai Giochi che al Roland Garros. Sta recuperando passo dopo passo, con entusiasmo nonostante la difficile ricaduta in Australia. Evidentemente le sue prime partite indicavano che stava giocando più o meno bene, e poi ha avuto questo piccolo fastidio. È stato un peccato, davvero. Ma le cose vanno accettate così come vengono”.
    “Se possibile che non sia l’ultimo anno? Impossibile dirlo ora. Questo dipenderà da come andrà l’anno, da come si sente fisicamente”
    Ecco le parole di Toni sulla necessità di competere: “Indian Wells lo deve giocare, sperando che vada tutto bene. Adesso ha bisogno di competere. Non ha scelta. Non lo fa da troppo tempo. E ovviamente, se non competi, non puoi essere preparato“. Una considerazione assolutamente corretta, visto il tennis di Rafa, che necessita di tanta intensità e di colpire tantissime palle per arrivare a puntino.
    Jannik Sinner, neo campione Slam, è ormai uno dei grandi competitor con Djokovic e Alcaraz: “Credo di si, è già uno in più per il vertice. In Sinner, d’ora in poi, Alcaraz avrà un rivale davvero tosto. Lo era già prima, ma dopo aver vinto in Australia ha ancora più fiducia. Penso che vedremo grandi confronti tra i due già quest’anno e saranno belle partite“.
    Un pensiero anche su Alcaraz, che ha avuto problemi con Zverev in Australia: “Carlos è molto giovane. Penso ancora che sia il migliore. A Melbourne ha ceduto in una partita contro Zverev, è un match si può perdere. Ma dobbiamo continuare a fidarci di lui. Continuerà a portare tante gioie al tennis spagnolo”.
    Ultima nota proprio sul momento non eccezionale del tennis spagnolo, dopo lustri di dominio: “In primo luogo, siamo nel mezzo di un cambio generazionale. La Spagna ha un po’ perso quel traino in cui a un grande giocatore ne succedeva un altro, così che il livello restava alto e c’erano molti giocatori nella top-100. Ora questo effetto è diminuito. Perché? Il tennis è cambiato. È uno sport dove è richiesta grande potenza. La maggior parte dei giocatori sono molto alti. Ciò rende tutto più difficile e fa sì che la Spagna non abbia tanti giocatori come prima”.
    Curiosa la considerazione sull’altezza media dei tennisti come fattore diventato quasi indispensabile per arrivare al vertice o comunque eccellere. Il realtà, Alcaraz delle nuove leve è probabilmente il meno alto, ma ha altre qualità. Un pensiero interessante, che può far riflettere.
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    Alami (direttore ATP Doha): “Nel 2025 saremo un 500, ma puntiamo al 1000. Ci hanno offerto le Finals, abbiamo rifiutato”

    Karim Alami, 2 titoli ATP da giocatore

    Karim Alami, vecchia gloria del tennis marocchino, è da qualche anno direttore del torneo 250 di Doha, terminato lo scorso weekend con il successo di Khachanov, anche se la vera “stella” del torneo è stato il giovane ceco Jakub Mensik, finalista e diventato giovanissimo top100 (classe 2005). Intervistato da Stefano Semeraro per Tennis Italiano, Alami ha parlato di vari temi connessi al suo torneo, e anche sul tennis nell’area del Golfo. Si dice felice dei nuovi possibili investimenti nella disciplina, e rivela anche un retroscena interessante: quando era in scadenza la licenza di Londra per le Finals, fu offerto a Doha di ospitare il torneo, ma decisero di rifiutare.
    “Nel 2025 passeremo ad ATP 500 e miglioreremo tutte le strutture” afferma Alami, “non tanto i campi, ne abbiamo a sufficienza, ma cose come i servizi, l’assistenza sanitaria, gli spazi per i giocatori che ormai viaggiano con gruppi di 5 o 6 persone al seguito. Tuttavia abbiamo volontà e mezzi per salire ulteriormente di categoria, quella degli ATP Masters 1000”.
    Scontata la domanda sulla possibile super-lega, guidata dagli Slam con gli altri (o nuovi e/o diversi M1000), così Karim: “È giusto adattarsi ai tempi, francamente non so se serva o meno. Noi puntiamo a mantenere la nostra dato di febbraio in un calendario che è comunque già molto fitto. Credo sia una cosa positiva che l’Arabia Saudita si stia muovendo, perché può aiutare a creare uno swing arabo più importante e solido. Noi siamo aperti a tutte le collaborazioni, lo sport per il Qatar è un investimento a tutto tondo e a lungo termine“.
    Proprio queste ultime frasi di Alami sono la chiave per la risposta seguente, la rivelazione che dal Qatar nel recente passato hanno deciso di declinare l’intrigante offerta di ospitare le Finals ATP quando il contratto di Londra era in scadenza, e quindi nemmeno è loro interesse di provare a prendere i diritti del torneo quando Torino arriverà a scadenza: “Le Finals ci sono già state offerte anni fa, ma abbiamo rifiutato. Per noi non ha senso costruire strutture e tradizione per un evento che dopo pochi anni sarà destinato a spostarsi altrove“. Una risposta sorprendente, visto quanto siano ambite le Finals, ma che da un punto di vista imprenditoriale e di lungo raggio ha un senso.
    Grandissimi impianti, tennisti trattati come superstar… ma di tennisti locali, non ce ne sono. “Costruire un campione locale sarebbe importantissimo per sviluppare il tennis. Io sono marocchino e ho visto un’aria nuova, di grande entusiasmo, dopo che il nostro paese è arrivato alla semifinale del mondiale di calcio. Per quanto riguarda il nostro sport e il Qatar, non credo che serva importare il modello delle grandi accademie, come quella di Bollettieri. I grandi tennisti oggi in Europa o in Asia vengono da piccoli centri, coach capaci. Ma serve tempo, in fondo il tennis qua è arrivato solo da trenta anni”.
    Sinner in futuro a Doha? Alami ci spera. “Siamo in contatto con lui, come con tutti i migliori. So che a Jannik piacerebbe giocare qua, ma per ragioni di calendario non è facile incastrare tutto, per ora ha preferito riposarsi o giocare altrove, ma speriamo di averlo qua da noi in futuro” conclude Karim.
    Parole complessivamente di un certo interesse, pacate ma che esprimono concetti chiari e larghe visioni. Doha è stato il primo paese dell’area ad ospitare un torneo importante, e ormai questo si è molto radicato. Inizialmente si disputava prima degli Australian Open, poi si è assodato in febbraio. Certamente l’eventuale ingresso dei sauditi, con o senza super-lega, potrebbe solamente incrementare il tennis nel Golfo, e rendere più solida e appetibile per i giocatori una permanenza di alcune settimane. Come sempre, il nodo resta lo stesso: il calendario. Lungo, intasato, senza un senso logico davvero definito. Ma per cambiare di cose, servirebbe un piccola rivoluzione, difficile da attuare.
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    Murray: “Il calendario è un problema, ma i giocatori sono ipocriti, si lamentano e poi volano per le esibizioni”

    Andy Murray

    Quando vogliamo ascoltare una voce fuori dal coro, senza peli sulla lingua e molto spesso assai saggia, c’è un’unica direzione da prendere: south London, dove vive Sir. Andy Murray. Molte volte nel corso della sua lunga carriera lo scozzese ha offerto opinioni taglienti, spesso cariche di ironia in post social diventati leggendari, esprimendo le proprie opinioni o rispondendo ad altri colleghi sui temi più vari. “Muzza” anche stavolta ha sparato a zero sui colleghi, a suo dire ipocriti nel criticare duramente la stagione tennistica e il lungo calendario, ma poi prontissimi ad accettare i dollari di ricche esibizioni e volare anche molto lontano per staccare assegni pesanti. Questa l’estrema sintesi del suo pensiero, raccolto dal quotidiano The National. Riportiamo le parti più significative del pensiero di Andy, frasi davvero dirette che certamente non passeranno inosservate.
    “Cosa cambierei nel tennis se mai fossi una sorta di commissioner? Il calendario stagionale, senza indugio. Se potessi fare quello che voglio, e non ci fossero contratti in vigore che mi impediscano di spostare le cose, ci sono ovvie cose che farei. Accorciare la durata dell’anno, per avere una off-season più lunga”. Oltre a questo, in una dichiarazione di un paio di giorni fa, Andy aveva affermato che il Sud America si meriterebbe un evento 1000.
    Continua nel suo pensiero Murray, criticando così i colleghi: “Non so, potrebbero servire delle restrizioni sulle esibizioni. Penso solo che a volte i giocatori siano un po’ ipocriti rispetto allo schedule annuale del tennis, è un parlare continuo sul calendario troppo lungo, ma poi volano in tutto il mondo nella off-season e non solo per fare esibizioni, e questa è una loro scelta. Ma sembra semplicemente ipocrita perché non è obbligatorio giocare esibizioni. E nemmeno devono giocare tutti i tornei dell’ATP Tour. Possono per esempio decidere di non venire qui a Dubai (dove è stata realizzata l’intervista, ndr) o di non dover giocare a Indian Wells. Sì, ciò potrebbe danneggiare la loro classifica, ma possono scegliere di perdere alcuni eventi. Quindi sì, Mi piacerebbe vedere una off-season più lunga”.
    “Non vorrei vietare in assoluto le esibizioni. Vorrei solo chiedere ai giocatori di essere un po’ più selettivi nel modo in cui parlano del tour, del programma e di tutto quando sono a giocare. E ora vedo che ne stanno inserendo altre nel corso della stagione di esibizioni…”.
    I giocatori in effetti tendono a giocare spesso esibizioni nella parte finale dell’anno, ma questi eventi alternativi ora stanno spuntando anche nel corso della stagione. L’Ultimate Tennis Showdown per esempio si è svolto a febbraio, Rafael Nadal e Carlos Alcaraz si sfideranno in The Netflix Slam all’inizio di marzo a Las Vegas, mentre il Six Kings Slam, con un vero parterre de roi almeno annunciato (Nadal, Alcaraz, Novak Djokovic, Medvedev, Sinner e Rune) è in programma in Arabia Saudita ad ottobre, prima della trasferta in Cina e delle Finals, quindi in un momento cruciale per definire le posizione per Torino e il ranking di fine anno.
    Murray non si è fermato qua. Ha continuato nella sua critica dello status quo, puntando il dito contro i migliori giocatori, quelli che già hanno guadagni altissimi, mentre un’iniezione di denaro nel tour sarebbe importante per coloro che non arrivano minimamente a certi compensi. “Sono i migliori giocatori del mondo che possono giocare in esibizione, dove guadagnano un sacco di soldi, ma il resto dei giocatori non hanno questa opportunità e l’attenzione dovrebbe invece spostarsi su di loro. I giocatori che sono al vertice guadagnano un sacco di soldi con prize money, sponsorizzazioni commerciali, gettoni di presenza e tutto, e poi anche le esibizioni. Sono i giocatori di livello leggermente inferiore che ovviamente non hanno queste opportunità. Loro vogliono più tornei, perché è l’unica via per loro di guadagnare più soldi. Deve esserci un po’ di equilibrio” conclude Murray.
    Chissà se qualcuno dei suoi colleghi risponderà a queste parole e critiche. Andy ha parlato chiaro, e forte.
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    Nishikori ci riprova con Johansson

    Kei Nishikori nel suo ultimo torneo ad Atlanta 2023

    “Ciao a tutti! Sono entusiasta di annunciare che Thomas Johansson si unisce al #TeamKei per la stagione 2024. Abbiamo già trascorso delle belle settimane insieme in Florida e sono felice che si unisca alla squadra”.
    Con questo messaggio social, il nipponico Kei Nishikori annuncia il nuovo coach per la stagione da poco iniziata, nella quale spera di rilanciarsi e tornare a giocare stabilmente dopo una serie infinita di problemi fisici.

    Hi everyone! Excited to announce that @tompatennis is joining #TeamKei for the 2024 season. We already had some good weeks together in Florida and I am happy he is joining the team.
    — Kei Nishikori (@keinishikori) February 24, 2024

    Nishikori, ex. n.4 al mondo, oggi 34enne e crollato al n.347 del ranking, è fermo dal torneo di Atlanta dello scorso luglio, dove si arrese nei quarti di finale a Fritz. In tutta la scorsa annata l’allievo di Bollettieri e Dante Bottini ha giocato solo 4 tornei, il 250 della Georgia e in precedenza 3 Challenger, raccogliendo un successo a Palmas del Mar (Portorico).
    Johansson, vincitore a sorpresa degli Australian Open 2002 contro lo strafavorito Marat Safin, ha contribuito in modo significativo rilanciare la carriera di Sorana Cirstea lo scorso anno. Così la rumena aveva parlato dell’apporto nel suo gioco del coach svedese: “Thomas mi ha reso un po’ più consapevole di tutto. Mi ha insegnato un po’ di QI nel tennis. Quando giocava lui, penso che sia stato uno dei migliori a leggere il gioco. Quindi ha condiviso questa sua forza un po’ con me”. In effetti c’è una certa affinità tra il tennis geometrico in progressione di Kei e quello che portò Thomas a vincere gli Australian Open, non grande potenza ma grande controllo dei colpi e velocità in campo, con una visione molto lucida del gioco.
    Nishikori in carriera ha vinto 12 tornei, impressionando per la sua velocità in campo e pulizia d’impatto in anticipo, incarnando in pieno i dogmi del tennis di Bollettieri. Ha disputato la finale a US Open 2014 come miglior risultato in uno Slam (sconfitto da Cilic) e i successi più importanti li ha riportati a Tokyo, Barcellona e Washington. Arrivò ad un passo dal battere a Nadal al 1000 di Madrid, ma un infortunio a pochi game da chiudere il match rimise in corsa lo spagnolo, che finì per rimontare e vincere. Proprio i tanti problemi fisici hanno caratterizzato e interrotto ripetutamente la carriera del giapponese, un braccio tennistico di prim’ordine quasi “intrappolato” in una struttura troppo fragile per stare al passo con gli stress della competizione al massimo livello. Nonostante uno stop lunghissimo (è stato totalmente fermo dall’ottobre 2021 al giugno 2023), ha ancora voglia di riprovarci. In bocca al lupo Kei!
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