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    Morte Max Mosley, l'ipotesi dall'Inghilterra: l'ex boss della F1 si suicidò

    ROMA – Arrivano in queste ore dall’Inghilterra delle novità sulla scomparsa di Max Mosley, deceduto nel maggio 2021. Secondo quanto riportato dal Daily Mail l’ex boss di F1 si sarebbe suicidato sparandosi in testa con un fucile da caccia dopo aver appreso di aver un cancro alla prostata terminale che gli lasciava solo poche settimane di vita. A confutare la tesi la scritta “non entrare, chiama la polizia” trovata da un vicino e la sua governante sulla porta della camera da letto.
    I nuovi dettagli
    Mosley aveva un cancro gestito con cure paliative, ma senza risoluzione che l’avrebbe portato fino a togliersi la vita. La notte prima, il signor Mosley aveva confidato alla sua governante di “averne abbastanza” e che stava per togliersi la vita. Gli agenti hanno scoperto il corpo del signor Mosley con ferite compatibili con un’arma da fuoco. Una seconda nota trovata sul suo comodino era poco leggibile, a causa della grande quantità di sangue, ma le poche parole che gli agenti hanno potuto distinguere sembravano dire “Non avevo scelta”. LEGGI TUTTO

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    Morte Max Mosley: dall'Inghilterra arriva l'ipotesi suicidio

    ROMA – Arrivano nuovi dettagli riguardanti la scomparsa di Max Mosley, deceduto nel maggio 2021. Secondo quanto riportato dal Daily Mail l’ex boss di F1 si sarebbe suicidato sparandosi in testa con un fucile da caccia dopo aver appreso di aver un cancro alla prostata terminale che gli lasciava solo poche settimane di vita. A confutare la tesi la scritta “non entrare, chiama la polizia” trovata da un vicino e la sua governante sulla porta della camera da letto.
    Le nuove rivelazioni
    Un dolore cronico, ma impossibile da curare avrebbe portato all’insano gesto. La notte prima, il signor Mosley aveva confidato alla sua governante di “averne abbastanza” e che stava per togliersi la vita. Gli agenti hanno scoperto il corpo del signor Mosley con ferite compatibili con un’arma da fuoco. Una seconda nota trovata sul suo comodino era poco leggibile, a causa della grande quantità di sangue, ma le poche parole che gli agenti hanno potuto distinguere sembravano dire “Non avevo scelta”. LEGGI TUTTO

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    È scomparso Ronnie Leitgeb, storico coach di Muster. Aveva 62 anni

    Ronnie Leitgeb

    Ronnie Leitgeb, ex giornalista e storico coach di Muster, è deceduto oggi a 62. Lo rivelano fonti austriache, e confermano anche alcuni suoi collaboratori ed amici, come Leonardo Caperchi. Oltre a portare Muster in testa alla classifica mondiale, aveva condotto anche Jürgen Melzer nella top ten. Tra i suoi assistiti, anche Andrea Gaudenzi, oggi Presidente dell’ATP. Ancora non si conoscono le cause dell’improvviso decesso.
    Nato nella Bassa Austria, è stato una delle figure di spicco del tennis austriaco, soprattutto negli anni ’90. Più recentemente, Leitgeb è stato organizzatore di un torneo ATP a Marbella lo scorso anno, vinto da Pablo Carreno Busta.
    Aveva cercato anche di rilanciare la carriera del nostro Gianluigi Quinzi, per una breve collaborazione.
    Leitgeb ha ricoperto anche la carica di capitano di Davis per l’Austria e Presidente della Federtennis austriaca. Aveva anche intrapreso una carriera manageriale seguendo vari tennisti, tra i quali Nikolay Davydenko.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    È deceduto il Prof. Parra, il “dottor Laser”

    Parra esulta in Davis con Fognini

    Pier Francesco Parra è mancato a 64 anni. Lo riferisce la Federtennis, con la quale il Professore collaborava da molti anni, vero punto di riferimento per il team di Davis e moltissimi atleti (non solo italiani) che fruivano delle sue cure con un laser medicale da lui perfezionato.
    Proprio per la sua invenzione era stato ribattezzato come “Dottor Laser”, soprannome che non amava ma accettava di buon grado, diventato poi anche suo cavallo di battaglia e titolo della sua autobiografia.
    Nato a Grosseto il 5 agosto 1957, è stato un piccolo inventore fin da bambino, tanto da raccontare di aver  assemblato una radio usando una scatola di latta per biscotti. Si era laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Pisa con il massimo dei voti, specializzandosi in Chirurgia Generale e in Chirurgia d’Urgenza e Pronto Soccorso all’Università di Pisa. Quindi si era perfezionato in Laserchirurgia a Tolosa, in Francia, e si era indirizzato decisamente in quella branca come testimoniano le oltre 150 pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali ed internazionali e due libri: “Laser ad Argon e Neodimio-YAG nella pratica clinica”, “Laser e Sport”.
    Fu pioniere dell’uso dei laser all’argon, con più macchinari sviluppati e brevettati nel tempo, con i quali ha curato infiammazioni di migliaia di sportivi, tra cui Alberto Tomba e la Juventus, oltre a campioni dell’atletica, volley, basket e tennisti. Nel 2002 lanciò il modello FP3, un laser curativo che non scaldava e tagliava i tessuti, poi perfezionato in modelli più piccoli e facilmente trasportabili in giro per il mondo, seguendo gli atleti. Tutti i tennisti più importanti al mondo hanno fatto ricorso alle sue cure, per intervenire in modo tempestivo su processi infiammatori, che grazie al suo laser venivano curati in tempi record.
    Tutta FIT ma il mondo della racchetta intero si stringe intorno alla sua famiglia. LEGGI TUTTO

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    Bob Brett, storico coach di Becker e Ivanisevic, ci lascia a 67 anni

    Bob Brett con Boris Becker

    Il mondo della racchetta oggi piange Bob Brett, scomparso a 67 anni. Da tempo lottava contro un tumore. Nel corso di una longeva e fortunata carriera lunga 46 anni, l’australiano ha lavorato con campioni come Johan Kriek, Boris Becker, Goran Ivanisevic e Marin Cilic, oltre a molte federazioni nazionali. La sua serietà e metodologia l’hanno elevato a vero mentore per centinaia di allenatori a livello internazonale. Ha lavorato per molti anni in liguria, fondando a Sanremo la Bob Brett Tennis Academy nel 2002.
    Nel novembre 2020, è stato premiato all’unanimità dai suoi colleghi del “Tim Gullikson Career Coach Award”.
    Brett spiccava tra i colleghi per la sua notevole devozione al lavoro e attenzione per i suoi assistiti, che guidava con grande maestria e pazienza. Si è dedicato alla professione entrando nel mondo del tennis di alto livello sin da giovane età, da devoto allievo del leggendario allenatore australiano Hopman, suo mentore fino alla sua morte nel 1985. Di Hompan disse: “Ho tratto enorme beneficio dalla mia collaborazione con Harry Hopman. Non l’ho copiato, ma molto mi ha ispirato. Il lavoro e la ripetizione sono la chiave di una partnership giocatore-allenatore. Un giocatore deve essere mentalmente duro, con la capacità di eseguire i suoi migliori colpi sotto pressione. È sempre una battaglia tra la testa del tuo giocatore contro la personalità dell’altro. Puoi quindi guidare, fornire loro esempi e parlare di storia, ma alla fine devi tirare fuori le qualità di un giocatore, non solo tecniche ma soprattutto morali. Inoltre, devi avere un occhio che attento ai dettagli, al massimo livello sono le piccole cose a fare la differenza”.

    Brett era una persona premurosa, se ne stava sempre composto in panchina durante i match dei propri giocatori, guidandoli con fair play e classe, tanto da mantenere relazioni positive con ciascuno dei suoi assistiti anche al termine delle loro collaborazioni.
    Moltissime sono state le partnerships di Brett: ha condotto Andrei Medvedev alla finale del Roland Garros del 1999, ha portato Nicolas Kiefer al numero 4 del mondo partendo dalle retrovie, ha formato Mario Ancic, ospitandolo nella sua accademia, quindi Marin Cilic. Ha lavorato in precedenza con Harold Solomon, John Lloyd, Peter McNamara e Paul McNamee.
    Di lui Boris Becker ha scritto nella propria autobiografia: “Quando Bosch ha lasciato il mio angolo, ho dovuto trovare un nuovo allenatore, ma Tiriac era contro la mia scelta, l’australiano Bob Brett. ‘Lui? Cosa ha di cui potresti aver bisogno? Non è mai stato in una finale di Wimbledon! Come potresti avere rispetto per lui?’ Ma invece Brett era un duro, esattamente quello di cui avevo bisogno. Mi ha fatto capire molto chiaramente cosa si aspettava da me: disponibilità, disciplina, forza di volontà, puntualità. Tre ore di allenamento al mattino, tre ore al pomeriggio. ‘Quello che fai dopo non mi interessa.’ Era un puro rapporto tra professionisti. Brett mi ha trattato come un adulto, anche se ero molto giovane, mi ha dato rispetto e responsabilizzato. Fu importantissimo per me”.
    Moltissimi i messaggi di cordoglio dal mondo del tennis. Scegliamo quello di Riccardo Piatti, che lo ricorda con affetto: “Really saddened to hear about the passing of a great tennis coach but mostly of a mentor and friend. It’s been an honor and a pleasure to meet you. You’ll be missed. Rest in peace Bob. All my condolences to Caroline and Katarina”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO