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    Piatti parla di Sinner: “La rottura con Jannik? Ero rigoroso, a volte rigido, e a un certo punto è stato troppo da reggere. Per il dopo Cahill vedo bene Moya”

    Riccardo Piatti con Jannik Sinner

    Il nome di Riccardo Piatti resterà per sempre legato a quello di Jannik Sinner. L’attuale n.1 del mondo nel febbraio del 2022 scelse – con una decisione allora sorprendente – di interrompere la collaborazione con il coach che l’aveva raccolto bambino a soli 13 anni e portato a diventare prima uomo e poi grande tennista, lavorando in modo eccezionale su fisico e tecnica di gioco. Il dibattito su quel che ne sarebbe stato del tennis e successi di Sinner restando a fianco del suo mentore non avrà mai fine, ma è indubbio che la mano, cultura del lavoro, tecnica di gioco e mentalità del nostro campione è stata forgiata in modo indelebile dagli insegnamenti e anni trascorsi insieme a Riccardo, cosa questa che lo stesso Jannik riconosce. Chi vi scrive restò sorpreso e dubbioso da quella scelta, affermai che si assumeva un enorme rischio; ma allo stesso tempo il volersi costruire un team su misura decidendo in prima persona il proprio futuro era un segnale clamorosamente importante. Il tennista è un atleta solo in campo: la forza di assumersi la totale responsabilità della direzione da prendere e l’impegno per risolvere problemi in campo e fuori, prendendo le redini dalla propria carriera, indicava una voglia totale di autodeterminazione, quella ti porta sicurezza nel gioco e forza mentale. Si chiama maturità, autostima, coscienza di se stessi. Oggi, dopo tre anni, possiamo dire che la scelta di Sinner è stata assolutamente vincente: sulla base solidissima costruita con Piatti, ha costruito un grattacielo ardito e bellissimo, arrivando a toccare il cielo con un dito. Piatti resterà un passaggio decisivo nella costruzione del nostro n.1, e per questo un parere di Riccardo è sempre importante e gradito. Il Corriere della Sera ha intervistato il coach lombardo nella sua Bordighera, dove sta continuando ad insegnare tennis a molti giovani promettenti. Riportiamo i passaggi più significativi dell’intervista, nella quale si ripercorre anche il momento della rottura nel 2022 e si guarda al prossimo futuro tra il rientro in campo a Roma e la scelta del dopo Cahill, per la quale Riccardo ha un nome ben preciso.

    “Ho smesso di vivere la vita degli altri” racconta Riccardo al Corriere. “52 settimane all’anno in trasferta, la famiglia che ruota intorno alle esigenze del giocatore: Gasquet, Ljubicic, Raonic, Djokovic, Sinner. Quando ho finito con Jannik ammetto di aver avuto qualche mese di stordimento, poi sono andato verso quello che piace a me: insegnare tennis. Il Piatti Center non è un supermarket: qui si fa un processo di crescita. L’ho fatto anch’io. È stato un clic mentale, sono cambiate le priorità ma il tennis rimane in cima ai miei pensieri. Ora inseguo i sogni dei ragazzini”.
    Le settimane di tennis senza Jannik hanno visto i suoi principali rivali deludere invece di approfittare della chance per avvicinarlo nel ranking, e nuovi talenti – molto giovani – hanno spiccato il volo, come Mensik e Draper. Così la vede Piatti: “Vedo un momento di passaggio. In vetta c’è un Sinner molto cresciuto. Alcaraz insegue, ma non crocifiggetelo: ha già quattro Slam, è solo del 2003, si sta costruendo vita e carriera. Arriverà anche la maturità. C’è un cambio generazionale in atto. Joao Fonseca, a 18 anni, ha giocato solo 33 match ATP. Io a Jannik dicevo che ne doveva fare 150 prima di poter aspirare al salto di qualità. Lui aveva fretta: al 139° è diventato n.9 del mondo. Diamo tempo a Fonseca, riparliamone quando arriva a quota 80 partite. Mensik ne ha giocate 69, e ha già vinto a Miami. Lo trovo interessante però anche nel suo caso risentiamoci tra 60/70 match. Non conosco la motivazione di questi talenti, conoscevo bene quella di Jannik: mi ricordava molto Novak Djokovic. Un’arroganza agonistica rasente alla cattiveria“.
    Non sono molti i contatti di Riccardo e Jannik: “Lo sento di rado. Però l’8 novembre mi ha mandato gli auguri di compleanno. Eravamo alla vigilia delle ATP Finals. Divertiti e facci divertire, gli ho scritto. Andrà bene, ha risposto. Sapeva già tutto. Sapeva che avrebbe vinto”.
    Ecco il passaggio forse più interessante dell’intervista. Piatti ripercorre quei giorni del gennaio 2022, quando si è consumata la rottura clamorosa con Jannik dopo il ritorno dall’Australia. “Tutti ricordano il match con Daniel, a Melbourne, nel gennaio 2022, quando ha detto: stai calmo, cazzo. Ce l’aveva con me per cose di campo, era già successo altre volte: è normale dinamica tra coach e giocatore. Non è quello il problema. Ho sempre voluto che Jannik diventasse indipendente, sapevo che un giorno se ne sarebbe andato. Ma con lui dovevo essere l’allenatore rigoroso, a volte rigido: era il mio ruolo. Ljubicic mi rimprovera che gli dicevo: decidi pure tu, Ivan, ma poi fai come dico io. Per Jannik questo rigore, a un certo punto, è stato troppo da reggere. Se rifarei tutto? Sì. Era l’unico modo per arrivare in alto. Dovevo dire di no, dare regole. L’ho preso a 13 anni, se n’è andato a 20. In quel momento, sentivo di dover fare così. Come oggi con Dhamne: un giorno mi manderà anche lui a quel paese. Ci sta. Ivan invece era differente: all’inizio gli vietai di portare la moglie agli Slam, lui non batté ciglio. Ognuno è diverso. Certo il rigore può diventare un difetto, a volte esagero. So essere duro“.
    Se fosse rimasto a guidare Sinner, molto probabilmente Piatti avrebbe vinto quel titolo Slam che gli è sempre mancato… “È un’idea che avevo in testa, ma non credo di valere meno come coach perché non l’ho ancora vinto. E comunque in Jannik e nei suoi tre titoli Slam, senza nulla togliere al suo team, rivedo molto del lavoro che abbiamo fatto insieme a Dalibor Sirola, Andrea Volpini e Claudio Zimaglia. Fondamentale, per me, fu allenare Djokovic ma non ebbi il coraggio di abbandonare Ljubicic per andare a tempo pieno dietro a Novak”.
    Chiedono a Riccardo chi vedrebbe bene al posto di Cahill: “Carlos Moya, che avevo già preso in considerazione. È stato numero 1, conosce il circuito. Umanamente è un’ottima persona, come Darren. Renzo Furlan, ora che ha smesso con Paolini, è libero. Ljubicic è molto valido. Oppure Becker, che avevamo contattato; però lavorare con Boris è più complicato. I nomi sono questi”.
    Secondo Piatti lo stop di tre mesi non avrà un forte impatto sul gioco del n.1, che vede pronto a vincere appena rientrerà: “Sarà subito forte. Io credo davvero che quest’anno possa fare il Grande Slam. La sospensione gli ha allungato la vita: arriverà a fine stagione fresco. Si gioca troppo, mentalmente non ci si ferma mai. Lui tornerà carico e motivato. Lo è sempre stato. In pandemia molti ne approfittavano per non allenarsi, Gasquet nello stop per doping ha preso otto chili, Jannik non ha perso un giorno. Sa perfettamente dove vuole andare”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Piatti confessa: ‘La mia visione era un Sinner capace di battere Djokovic”

    Jannik Sinner nella foto con Riccado Piatti (2020)

    In un’intervista esclusiva rilasciata a Tennis Majors dal suo centro di Bordighera, Riccardo Piatti – il guru italiano che ha plasmato alcuni dei più grandi talenti del tennis mondiale – svela i segreti del suo metodo, la visione dietro la costruzione dei campioni e il rapporto speciale con Jannik Sinner.
    La filosofia di un maestro: costruire per il futuro“Ho inaugurato il centro nel 2017 come incarnazione dell’approccio che ho sviluppato nell’arco della mia vita,” rivela Piatti con la tranquillità di chi ha dedicato l’esistenza a un’idea. “Desideravo creare uno spazio dedicato primariamente all’insegnamento del tennis e alla costruzione metodica del gioco dei giovani talenti. È questa l’essenza che mi appassiona: forgiare fondamenta solide per i futuri professionisti.”Il maestro comasco, che ha guidato campioni del calibro di Novak Djokovic, Maria Sharapova, Ivan Ljubicic e Milos Raonic, considera la prospettiva a lungo termine e la pazienza come pietre angolari del suo approccio. “Con i giovani si ha il tempo necessario per lavorare profondamente e si può costruire un’architettura tecnica e mentale su cui potranno prosperare, con o senza la mia presenza,” afferma il 66enne, che continua a privilegiare il processo evolutivo rispetto ai successi immediati.
    L’ingegneria dei campioni: costruire per superare i dominatoriLa rivelazione più affascinante dell’intervista riguarda la strategia adottata con Sinner: “Quando allenavo Jannik, avendo già lavorato con Djokovic in passato, il mio obiettivo specifico era progettare un giocatore capace di battere Nole. Studiavo minuziosamente ogni aspetto del gioco di Djokovic, e questa osservazione analitica ha guidato lo sviluppo del tennis di Jannik.”Secondo Piatti, l’evoluzione del tennis segue una logica darwiniana: “Alcaraz e Sinner sono stati concepiti tecnicamente avendo come bersaglio Nadal e Djokovic. Il prossimo passo evolutivo sarà identificare e plasmare un giovane talento che tra otto o dieci anni possa sovvertire il dominio di Alcaraz e Sinner.”Sul confronto tecnico tra il suo ex allievo e il campione serbo, Piatti è sorprendentemente diretto: “Se analizziamo Sinner in rapporto a Djokovic, possiamo rilevare una meccanica e una mobilità simili, ma i colpi di Jannik hanno ora una potenza superiore. Naturalmente, Nole è in una fase diversa della carriera, ma ritengo che Jannik abbia sviluppato un plus significativo in questo aspetto.”
    Il percorso con Sinner: dalla costruzione alla separazioneParlando del numero 1 del mondo, Piatti svela un retroscena significativo: “Due anni prima della nostra separazione, comunicai a Jannik che una volta raggiunto un certo livello, avrei ritenuto opportuno affiancarlo con altre figure tecniche. Ma prima doveva completare la sua formazione,” racconta con un sorriso che rivela quanto quel percorso sia stato pianificato.“Contemplo con immensa soddisfazione gli otto anni di lavoro condiviso. Abbiamo sempre mantenuto una chiarezza cristallina sugli obiettivi,” prosegue Piatti. “Nel 2021, quando era già numero 9 al mondo, continuavo a spiegargli che in quella fase gli errori erano parte integrante del processo: l’unico vero fallimento sarebbe stato ripetere lo stesso errore. Era un aspetto cruciale della sua educazione tennistica.”Sulla separazione, il tecnico dimostra una serenità rara nel mondo dello sport professionistico: “Ha effettuato una scelta eccellente, particolarmente nell’ingaggiare Darren Cahill. Anche il resto del team sta svolgendo un lavoro pregevole. Questi passaggi fanno parte del naturale ciclo professionale, non rappresentano problematiche.”
    La squalifica di SinnerRiguardo all’attuale situazione di Sinner e alle reazioni del circuito alla sua squalifica, Piatti offre uno spaccato della psicologia del tennis professionistico: “Conosco intimamente le dinamiche tra i giocatori. La coesione totale è un’utopia in questo ambiente. Non sono affatto sorpreso dalle reazioni. La mentalità del tennista è prevedibile: quando una problematica riguarda loro stessi, è una catastrofe; quando colpisce un rivale, diventa relativizzabile. È la natura intrinseca di uno sport individuale.”Con la visione strategica che lo contraddistingue, Piatti identifica un potenziale vantaggio nella pausa forzata di Sinner: “Nel contesto dell’attuale calendario, dove il recupero fisico e mentale è diventato problematico, specialmente dopo lo sforzo degli Australian Open, questa interruzione potrebbe rivelarsi provvidenziale. Jannik ha ora l’opportunità di ricalibrare la sua preparazione specificamente per conquistare gli altri tre Slam stagionali.”
    Il rinascimento del tennis italiano e le prospettive futureSul boom del tennis italiano, Piatti offre un’analisi lucida: “Il successo attuale non è sorprendente; era la precedente assenza di risultati ad essere anomala. L’Italia può nuovamente competere alla pari con le altre potenze europee. Ma è importante contestualizzare: parliamo dell’Italia con enfasi perché oltre ad avere una buona densità di giocatori, abbiamo la fortuna di avere Sinner. Senza di lui, il nostro livello complessivo sarebbe comparabile a quello della Francia, cui manca solo una figura di vertice assoluto.”Per il futuro del suo centro, Piatti definisce una missione chiara: “Il mio obiettivo è vedere un flusso crescente di professionisti emergere da questo ambiente, giovani che dopo un percorso di tre-quattro anni possano affermarsi nel circuito mondiale. Questo rappresenterebbe il vero successo della nostra metodologia.”A chi aspira a intraprendere la carriera di coach, Piatti lascia un messaggio di disarmante semplicità e profondità: “Amate questo sport. Coltivate una passione autentica per il tennis.” Una filosofia essenziale ma potente che ha orientato una delle carriere più influenti nella storia del coaching tennistico mondiale.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Un altro ex top-100 fra i coach del Piatti Tennis Center: nello staff arriva Thomas Fabbiano

    Thomas Fabbiano, pugliese classe 1989, è stato n.70 del ranking ATP. È un nuovo coach del Piatti Tennis Center

    La ricetta per eccellere nel tennis contiene tanti ingredienti: impegno quotidiano, sacrifici, studio e anche capacità di mettere sul piatto l’esperienza, di chi l’insegnamento lo vive da anni o di chi ha giocato ad alti livelli. Al Piatti Tennis Center lo sanno dal giorno uno e continuano a dimostrarlo, come racconta la tendenza (sempre più evidente) a inserire nello staff ex tennisti di alto livello. Nel 2022 è toccato a Gianluigi Quinzi, nel 2023 a Luca Vanni, mentre la novità più recente è l’innesto dell’altro ex top-100 Thomas Fabbiano, numero 70 del mondo nel 2017, che ha detto basta col professionismo nel 2023. Poco meno di un anno più tardi eccolo a Bordighera, dove era già transitato da giocatore fra 2018 e 2019, e ora parte con la sua prima esperienza da coach. Fabbiano lavorerà alla corte di Riccardo Piatti per 20 settimane all’anno, al servizio di tutti i giovani di base al PTC. “Sono felice di iniziare questo nuovo capitolo della mia vita – dice il 34enne pugliese –, e molto determinato per imparare a svolgere questo mestiere nel migliore dei modi. Saper insegnare non ha nulla a che vedere con l’aver giocato ad alti livelli, quindi parto dal basso e in punta di piedi, anche per mia indole. Per me è un ambiente nuovo, ma la struttura è già rodata e conta su tanta gente che la vive da anni. Mi daranno una mano a conoscere meglio gli allievi, il metodo da portare avanti e le dinamiche. Devo guadagnarmi la loro fiducia, così come quella di tutti i ragazzi”.
    Nel suo primo anno Fabbiano trascorrerà la gran parte delle settimane a Bordighera, per poter incidere di più nel quotidiano, ma anche per imparare il mestiere di coach. “Tante esperienze le ho già vissute da giocatore – continua –, ma ora è come ricominciare un nuovo processo. Lavorerò con ragazzi di tutte le fasce d’età, così da capire in ogni settore quali sono le abilità e le competenze da sviluppare. Per viaggiare ci sarà tempo, la gestione di un torneo è la parte più semplice per un ex professionista. Quindi – chiude –, ora la priorità è sviluppare le capacità adeguate per tutti gli altri aspetti di questo impiego”. A spalleggiarlo, come detto, anche Vanni e Quinzi: sono tre ex giocatori dalle storie sportive molto differenti fra loro, che faranno squadra nel team Piatti per trasmettere ai giovani i diversi aspetti del proprio vissuto.
    Sempre in tema di miglioramento di staff e servizi, il Piatti Tennis Center continua a crescere anche dal punto di vista organizzativo, tanto che dal 2024 sono stati introdotti nell’organico Federico Andreani nel ruolo di general manager e Lorenzo Boveri come nuovo business manager. “Per noi – spiega il direttore sportivo Andrea Volpini – è determinante avere una struttura interna ben chiara e sviluppata, che ci permetta sia di poter garantire a tutti gli stessi standard di qualità anche all’aumento del numero di atleti e di membri dello staff, sia di essere costantemente pronti ad aprirci a nuovi progetti. Oltre che al lavoro che svolgiamo quotidianamente con i ragazzi, l’ambizione è quella di migliorare sempre di più il funzionamento della nostra macchina, così da muoverci tutti nella stessa direzione”. Una direzione che anno dopo anno diventa sempre più innovativa. E vincente. LEGGI TUTTO

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    Il giovane francese Debru alla corte di Piatti: “Con lui penso di poter arrivare lontano”

    Gabriel Debru, classe ’05

    C’è fermento in Francia per assistere alla crescita e, si spera definitiva esplosione, di alcuni dei giovani talenti nazionali, a completare il ricambio generazionale con l’epoca dei vari Tsonga, Monfils, Gasquet, Simon, giunta quasi al termine. Arthur Fils è già una realtà del tennis internazionale, Luca Van Assche è in crescita, come la rivelazione di Melbourne Arthur Cazaux, e molti altri teenager sono osservati speciali. Tra questi certamente Gabriel Debru, 18enne di sicuro talento, campione juniores a Roland Garros 2022. Non sono stati positivi i suoi risultati nelle primissime settimane del 2024 (tre sconfitte all’esordio in altrettanti Challenger disputati), una stagione iniziata dopo la separazione dal suo allenatore Boris Vallejo, avvenuta nello scorso novembre. Per riprendere un percorso di crescita il nativo di Grenoble ha deciso di avvalersi della competenza ed esperienza di Riccardo Piatti. A metà febbraio il francese inizierà la collaborazione con l’affermato coach comacino, primo maestro di Jannik Sinner, ma assai noto anche in Francia per aver allenato – tra gli altri – Richard Gasquet. Debru inizierà quest’avventura con un blocco di allenamento di tre o quattro settimane prima di tornare alle competizioni.
    Gabriel è stato interpellato da Eurosport, soffermandosi alla sua decisione di cambiare rotta ed affidarsi ad un coach di grande esperienza come Riccardo, insieme ai suoi collaboratori presso la sua Academy di Bordighera. Anche Ivan Ljubicic, oggi coordinatore della FFT, ha contribuito alla scelta di Piatti, nessuno lo conosce bene come il croato visto che è stato lanciato e seguito dal coach lombardo per tutta la sua fortunata carriera.
    “C’è stata un’attenta riflessione con la Federazione francese, a cui ha partecipato anche Ivan Ljubicic, che lavora con la FFT per aiutare i giovani come Arthur Fils, Luca Van Assche o me a crescere” racconta Debru. “Ho parlato con lui e ovviamente mi ha aiutato a prendere questa decisione. Ho deciso di prendere in mano la mia carriera, di fondare un mio team. Ho fatto diversi test diversi. Ho iniziato l’anno negli Stati Uniti giocando due tornei Challengers a Indian Wells e dopo aver parlato con Ivan, Riccardo, la mia famiglia e i miei agenti, ho deciso di tornare presto in Europa per prepararmi bene ed essere pronto a progredire. Penso che sia la cosa più importante”.
    Prima di scegliere Piatti, Debru ha lavorato anche all’Academy di Nadal, avendo pure l’opportunità di allenarsi cn Rafa in persona. Alla fine la scelta è andata sull’italiano: “Ho fatto dei test all’Accademia Nadal di Maiorca lo scorso dicembre. L’infrastruttura è incredibile, ci sono moltissimi campi e le persone che ci lavorano sono molto accoglienti. Mi hanno permesso di giocare con Rafael Nadal, allenarmi insieme a lui, vedere come lavorano gli allenatori. All’accademia Piatti mi sono trovato un po’ meglio, c’è un ambiente più familiare: ci sono solo quattro campi – due in cemento indoor, due in cemento all’aperto – e un club accanto per giocare sulla terra, ma è un progetto molto centrato sulla persona ed è questo che mi ha davvero attratto“.
    Sicuramente l’esempio di Jannik Sinner, cresciuto con Piatti, sarà stato un gran bello stimolo per il francese… “Ovviamente, quando sai che l’allenatore che mi allenerà ha avuto grandissimi giocatori, ti viene ancor più voglia di dare il meglio di te. Credo che se ci alleniamo bene possiamo arrivare in alto, andare lontano. Ognuno è diverso. Non ho proprio lo stesso stile di gioco di Sinner, ma lui è un esempio! Mi fa venire voglia di iniziare con Riccardo e continuare a progredire”.
    Ecco cosa l’ha colpito del lavoro con Piatti: “Penso che ci siano tre aree principali di lavoro per un tennista: tecnica, fisico, e capacità mentale. Riccardo è molto attento alla tecnica, è una persona che ha una capacità straordinaria di trovare i piccoli errori e le imperfezioni che ci sono nel tuo gioco, cosa bisogna cambiare in termini di posizione e piazzamento. Quando vediamo giocare Sinner, vediamo pochissimi errori di posizionamento, il suo fisico va sistematicamente dalla parte giusta. Ed è qualcosa su cui ha lavorato durante tutto il suo sviluppo. E con la squadra che ha Riccardo lavoriamo sugli altri aspetti”.
    La Piatti Academy lavora con la struttura Formula Medicine sull’aspetto mentale, altro aspetto che Debru apprezza: “Sono piccoli esercizi di concentrazione, una sorta di “fitness” della mente per così dire. Ciò ti consente di tenere sotto controllo lo stress in modo che ti guidi e non aumenti, causando una perdita di energia. In altre parole, lavorare sulla concentrazione il più a lungo possibile sprecando meno energia possibile. È molto interessante come approccio”.
    Questi gli obiettivi di miglioramento che Debru si pone a breve: “Voglio essere un giocatore che può fare tutto! Voglio difendere così come attaccare, continuando a contare su un ottimo servizio. Il mio gioco deve essere sviluppato a livello globale. Voglio essere più esplosivo sul diritto, giocare più a lungo e trovare impatti migliori sul rovescio, avere una migliore percentuale di prime di servizio ed essere più preciso. Obiettivo in termini di classifica? No, è presto. Bisogna pensare prima al miglioramento. Mi sono posto obiettivi di progresso nel mio gioco, nelle mie qualità fisiche, nella mia testa. E se questo avviene, a poco a poco, la mia classifica avanzerà e continuerò a salire” conclude Debru.
    Un ragazzo di sicuro potenziale, dotato di un gran servizio e un diritto potente, ma con ancora molti aspetti tecnici, fisici e mentali da migliorare. Piatti è un vero “maestro” nel senso pieno del termine, potrà certamente mettere la sua esperienza e competenza nel tennis del francese.
    Marco Mazzoni​ LEGGI TUTTO

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    Il Piatti Tennis Center brinda a un 2023 da incorniciare e guarda avanti, con un coach… da Slam

    Riccardo Piatti al lavoro con lo staff del Piatti Tennis

    Il 2023 è stato un anno molto importante per il Piatti Tennis Center. Perché il progetto di coach Riccardo Piatti nato nel 2018 a Bordighera ha spento le sue prime cinque candeline, occasione – celebrata con una grande festa – per tirare le somme di quanto fatto sin qui, ma soprattutto per guardare al futuro con ancora più ambizioni.
    È lì che sono concentrati tutti gli sforzi della parte direttiva e operativa, come vuole una mission che da sempre punta a costruire i giocatori – e gli allenatori – di domani. “Da questo punto di vista – dice Andrea Volpini, direttore sportivo del Centro – il 2023 è andato alla grande. Proprio in questo momento abbiamo un gruppetto di atleti classe 2008 e 2009 davvero promettenti, fra i primi dieci della loro categoria nelle classifiche di Tennis Europe. L’obiettivo è portarli tutti ad alti livelli, seguendo un percorso già tracciato con altri. Puntiamo a farli crescere nel modo giusto, facendo capire loro l’importanza del lavoro tecnico ma anche di preparazione atletica, fisioterapia e altri aspetti. E anche del nostro modello di lavoro: ogni atleta non ha un coach dedicato, ma un pool di persone a propria disposizione”. Un messaggio passato ormai da tempo, visto che sono sempre di più i giovani talenti – da ogni parte del mondo – che bussano alle porte del centro. Più i professionisti: solo durante la preparazione invernale sono transitati da Bordighera una manciata di “pro”, fra uomini e donne, la gran parte già accolti negli anni scorsi. Se sono tornati, evidentemente sapevano di trovare ciò di cui avevano bisogno.
    Nel corso del 2023 del Piatti Tennis Center ci sono stati anche una decina di stage in altre strutture, italiane e non, ed è proseguita la collaborazione con la Fitp per i raduni dei giovani delle categorie dall’under 11 all’under 14. Occasioni ideali per diffondere il metodo e allargare il confronto. Anche per allenatori, staff atletico e medico. “Il discorso di internazionalizzazione a noi tanto caro – dice ancora Volpini – non riguarda infatti solo i giocatori. Ma anche chi lavora al loro servizio: allargare gli orizzonti vuol dire aumentare le competenze”. In questo senso, da poco è entrato a fare parte del team dei coach lo svedese Magnus Tideman, uno che dalla panchina ha vinto addirittura un torneo del Grande Slam, l’Australian Open 2002 da coach di Thomas Johansson. “Ma oltre a Johansson – precisa Volpini – ha seguito tanti altri giocatori di alto livello: sarà un valore aggiunto importante per le nostre attività quotidiane”. Attività che quest’anno si sono rafforzate grazie a un importante lavoro di riorganizzazione interna, utile a rendere la struttura ancora più funzionale. “Abbiamo stilato il percorso di crescita professionale per i membri del team – continua il direttore sportivo –, con tutte le tappe precise, e dato un ruolo chiaro a ognuno di loro. Un passaggio fondamentale per permettere a tutti di seguire una strada, e sentirsi al cento per cento partecipi nella nostra realtà”. LEGGI TUTTO

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    Piatti su Sinner: “Sono felice per Jannik e non sono sorpreso. Bravo a non ascoltare sterili critiche da persone non competenti”

    Foto d’archivio di Jannik e Riccardo

    Riccardo Piatti ha affidato ai suoi canali social un proprio commento sulla splendida settimana vissuta dal suo ex pupillo Jannik Sinner alle ATP Finals. Riportiamo le parole del coach.
    “In molti mi hanno chiesto un commento sulla partita di ieri di Jannik e in generale sulla sua settimana alle Finals di Torino: giornalisti, amici, addetti ai lavori o semplici curiosi. Onde evitare fraintendimenti, preferisco affidarmi ai miei canali di comunicazione e rispondere a tutti da qui.
    Per prima cosa faccio pubblicamente i complimenti a Jannik (perché privatamente glieli ho già fatti) per questa bellissima settimana, ha giocato un ottimo torneo e un tennis di alto livello. Ci tengo anche a dire che la cosa non mi sorprende più di tanto, perché ho sempre creduto in lui e ho sempre saputo che Jannik era pronto per fare grandi cose, perché in questi anni ha sempre dimostrato una costante crescita, un’incredibile attitudine al lavoro e consistenza nei risultati e nel miglioramento. Non posso che essere felice per questa sua finale, perché come per ogni insegnante, di ogni fascia d’età, è bello vedere i propri “allievi” crescere e diventare grandi, sia fisicamente che sportivamente. La finale di ieri è sicuramente solo la prima di una lunga serie che vincerà e auguro a Jannik un grande in bocca al lupo per questo presente e per il futuro. Come ho sempre detto e sempre dirò “Forzaaa e divertiti”.
    Per concludere, ci tenevo anche a dirgli bravo per non aver ascoltato le inutili critiche ricevute durante la sua ultima mancata partecipazione alla Davis, circa il suo non attaccamento “alla maglia” e al suo sentirsi o meno italiano. Critiche sterili che sono arrivate da persone non competenti e che non conoscono come fare la prestazione di alto livello.
    Jannik, una settimana così alle Finals, i futuri Slam che vincerai e il ranking mondiale sono il miglior modo di dimostrare il tuo attaccamento all’Italia e di far sentire tutti gli italiani orgogliosi di avere uno come te tra i migliori atleti al mondo
    Riccardo”. LEGGI TUTTO

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    Il Tennis tra sfide personalizzate e creazione di campioni: La visione di Riccardo Piatti

    Riccardo Piatti nella foto

    In un mondo dove il punteggio potrebbe sembrare l’unica metrica di successo, Riccardo Piatti, un nome che ha lasciato un’impronta indelebile nel tennis mondiale, ci offre un quadro differente, rivelando il tennis come una vetta personale e un’avventura, dove ogni dettaglio ha il potere di forgiare o frantumare un atleta. Piatti, una figura chiave dietro le quinte di campioni come Jannik Sinner e Novak Djokovic, condivide il suo pensiero laddove il tennis moderno è più che semplicemente vincere o perdere.
    “Non capisco le polemiche su chi giochi in Davis”, confida Piatti, schierandosi contro un’ondata di critiche recenti nel tennis italiano e difendendo la visione di chi gioca in un’era in cui le dinamiche sono cambiate. In un’intervista rilasciata a Lorenzo Ercoli del Corriere dello Sport, l’esperto coach di 64 anni sottolinea l’importanza di guardare avanti, oltre le polemiche, e di comprendere il cambiamento radicale nei ritmi del tennis odierno.
    Negli ultimi due anni, l’Italia ha dimostrato di avere un tesoro di talento e potenziale che va ben oltre le scelte individuali dei giocatori su chi rappresentare in campo. La nuova generazione di tennisti, così come descritta da Piatti, è patriotica, devota alla maglia azzurra, e naviga attraverso le sfide con la stessa determinazione che definiva i veterani del campo – ma in un panorama radicalmente diverso.Il calendario di gioco è più fitto e il periodo di riposo tra i tornei, che un tempo offriva un respiro vitale ai giocatori, è ora quasi inesistente. La pressione è costante, e il riposo e il recupero sono un lusso piuttosto che una norma. “Adesso è più difficile perché bisogna trovare questi momenti durante la stagione, ma se uno va in vacanza dopo Wimbledon nella testa ha già gli US Open”, riflette Piatti.
    Queste parole si rivelano ancor più acute alla luce delle recenti rinunce di Sinner e Carlos Alcaraz alla Davis. Piatti sottolinea, “hanno saltato la Davis perché pensano alla loro sopravvivenza”, evidenziando che le decisioni degli atleti riflettono spesso una necessità di autogestione e preservazione piuttosto che una mancanza di dedizione.
    In un’epoca dove le critiche sono spesso immediate e implacabili, le parole di Piatti fungono da promemoria che la costruzione di un atleta è un percorso lungo, e la pacienza è fondamentale. Gli esempi di Djokovic e Andy Murray, entrambi criticati nei loro primi giorni e ora iconici nel panorama tennistico, sono testimonianza della necessità di dare spazio e tempo agli atleti di sviluppare le proprie capacità e carriera.
    Il ruolo del coach, nell’ottica di Piatti, è un patto di fiducia e direzione tra l’atleta e l’allenatore. La sicurezza con cui condivide le sue riflessioni si basa su un curriculum di successo e l’esperienza che ha vissuto guidando diversi atleti verso la top 10 mondiale.
    In un mondo sportivo che evoluziona costantemente, la visione di Piatti rappresenta un faro di saggezza e prudenza, sottolineando che dietro ogni punteggio e ogni partita ci sono le storie, le sfide e i sogni di ogni giocatore, e che la crescita e il percorso personale vanno al di là di un semplice gioco di numeri e vittorie.Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Lesia Tsurenko trova casa al Piatti Tennis Center. Anche due giovani ucraini ospiti a Bordighera

    La tennista ucraina Lesia Tsurenko, classe 1989, ha scelto il Piatti Tennis Center come sua nuova base per gli allenamenti

    Il suo appello, lanciato a fine marzo dal torneo di Miami, aveva fatto il giro del mondo: vivendo a Kiev, la tennista ucraina Lesia Tsurenko aveva fatto sapere di trovarsi senza un posto dove rientrare a casa, chiedendo un aiuto al grande popolo della racchetta. Ha ricevuto tanta solidarietà, e la soluzione è arrivata in fretta: oggi la nuova base della 32enne numero 135 del mondo (ma già n.23) è il Piatti Tennis Center di Bordighera, dove è giunta per un periodo di prova, si è trovata a meraviglia e ha deciso di rimanere, affidandosi allo staff del centro di Riccardo Piatti. Lì ha trovato numerosi connazionali, una su tutte la stellina Marta Kostyuk, 19enne numero 52 della classifica Wta.
    Dopo essersi più volte appoggiata in passato al centro di viale Canariensis per delle consulenze, dall’inizio del 2022 la giocatrice di Kiev ha deciso di farsi seguire a tempo pieno dal team Piatti, nello specifico dal coach Andrea Volpini e dall’osteopata Claudio Zimaglia. Ma la lista degli atleti ucraini è ancora lunga, visto che da marzo la struttura ha aperto le porte anche a due giovani impegnati nell’attività internazionale, e ospiti fino a quando la situazione non si sistemerà. Si tratta dei sedicenni Andrii Zimnokh, n.240 della classifica mondiale under 18, arrivato tramite l’amicizia con il connazionale e coetaneo Volodymyr Iakubenko (che invece si allena al Piatti Tennis Center in pianta stabile già da tempo) e Sofiia Zhylchuk, numero 657 al mondo. Quando è scoppiato il conflitto quest’ultima si trovava nei Paesi Bassi per un paio di tornei e, dopo averne disputati altri due in Germania, ha trovato aiuto al Piatti Tennis Center, con l’intercessione dell’agenzia monegasca Top Five Management.
    Insieme a Zimnokh e Zhylchuk è transitato da Bordighera per un paio di settimane anche il giovane allenatore Igor Dudun, 24enne di madre italiana, a sua volta impegnato in giro per il mondo quando sono iniziati gli attacchi militari. “Tramite alcuni contatti – spiega Luigi Bertino, direttore del Piatti Tennis Center – ci ha chiesto se potevamo aiutarlo per un breve periodo, in attesa che trovasse una soluzione più stabile”. Così è stato inserito nello staff come assistant coach, fornendogli l’ospitalità e tutto ciò di cui aveva bisogno. “Si tratta di persone – ha detto ancora Bertino – che stanno vivendo una situazione molto complicata, che le obbliga a rimanere lontano dal proprio Paese se desiderano svolgere attività. Di fronte a delle richieste d’aiuto ci è sembrato doveroso fare la nostra parte. Per i ragazzi è importante non solo trovare delle soluzioni temporanee di assistenza, ma anche avere una base dove potersi allenare con tranquillità, senza doversi preoccupare di questioni logistiche e senza il rischio di perdere mesi preziosi in un periodo molto importante della loro formazione. Compatibilmente con le nostre possibilità e quelle di un centro che non ha un solo posto libero, desideriamo dare il massimo sostegno sotto tutti i punti di vista, per permettergli di continuare a svolgere al meglio la loro attività”. LEGGI TUTTO