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Open Court: “Caso Serena” a NY, una sconfitta per tutti (di Marco Mazzoni)

Sono passati alcuni giorni dal bruttissimo epilogo della finale femminile di US Open 2018, ma l’eco del “Caso Serena” si è tutt’altro che spento. Resta una delle pagine più nere che io abbia mai visto su un campo da tennis, provocando rabbia e profonda amarezza. Quel che è successo l’abbiamo visto tutti, inutile ripercorrere quei momenti concitati, a suo modo folli. Premiazione inclusa. Sarebbe ideale poter cancellare tutto con un colpo di spugna. Impossibile. La ferita è aperta e sanguina copiosamente. Ha provocato un dibattito a tratti surreale, perché coinvolge tanti aspetti, sportivi e non, finendo per fagocitare in un gorgo nerissimo tutto e tutti. Infatti, commentando a freddo l’accaduto, la mia sensazione personale è che in questa vicenda abbiano perso tutti. Tutti, nessuno escluso.

La vera vittima è stata ovviamente la bravissima Naomi Osaka. La giovane nipponica sognava un match del genere, l’aveva dichiarato alla vigilia. Sfidare il suo idolo per alzare la coppa più desiderata. S’è conquistata sul campo quella chance, ha disputato una partita quasi perfetta, sembrando lei la campionessa, la veterana. La dominatrice. Quel finale folle del match non è riuscito (per fortuna!) a metterla in crisi tecnica. Ha giocato tutto l’incontro come in trance, pensando solo alla palla, ai suoi colpi potenti e precisi, e così non s’è fatta trascinare nelle sabbie mobili, fino all’ultimo quindici. Però la sbandata è arrivata subito dopo, quando si è resa conto di avercela fatta, ed è scoppiata l’emotività del momento. Lì, inesperta e lasciata sola di fronte ad una situazione mai vissuta, ingiusta e più grande di lei, non è riuscita ad isolarsi dal teatro dell’orrore tirato su dalla rivale, e anche da uno stadio inferocito e “malvagio” contro di lei. La Osaka “ha perso” perché è venuta fuori la fragilità della ragazzina, schiacciata da una situazione orribile, tanto da non poter gioire di fronte alla più grande impresa della sua vita, ed arrivare quasi a “chiedere scusa” per aver vinto e strappato il palcoscenico alla mitica rivale, ad un passo da un record storico. Doveva essere più fiera, quasi sprezzante Naomi. Non ce l’ha fatta, ma difficile fargliene una colpa. Qua la perfidia di Serenona è stata totale, con l’ipocrisia delle sue parole al momento della premiazione: “Let’s make this the best moment we can”. Dopo aver rubato il palcoscenico e la gioia a chi ti ha sconfitto con merito e nessuna colpa, Serena dovrebbe solo vergognarsi. Ma lascio alla conclusione il mio parere su di lei.

Anche l’ottimo arbitro Ramos esce sconfitto, e non per sua colpa. Ha seguito il regolamento. Punto. Le regole ci sono, non è un suo demerito se troppi arbitri lo applicano con lassismo, o paura (vedi le minacce che ricevono a volte anche da pluricampioni Slam “Non sarai mai più su quella sedia in un mio incontro…”). Si può discutere sul merito, coaching sì o coaching no? Oggi il coaching non è permesso, quindi se accade è da sanzionare (e lo stesso coach di Serena ha poi ammesso di averle parlato…). Ramos ha forse applicato il tutto in modo rigido, pedante? Forse sì, ma sono punti di vista. L’unica colpa che posso imputare all’arbitro è quella di esser diventato suo malgrado “protagonista”; ma è stato trascinato all’inferno dalla giocatrice… difficile salvarsi in quella situazione.

Forse l’aspetto più nero dell’intera vicenda è che a perdere è stato soprattutto il tennis.

Invece di parlare dell’esplosione di una possibile campionessa, dotata di un tennis brillante, personaggio potenzialmente molto interessante, da quel maledetto sabato sera su ogni organo di informazione si parla solo del “Serena-gate”. Pro Serena, contro Serena, tennisti viziati, tennisti maleducati, la stirpe dei Mc/Connors è tornata, razzismo, sessismo e via dicendo… Uno spot pessimo per il tennis, soprattutto per quello rosa, che sta attraversando un momento difficile, incapace di creare nuove campionesse credibili. Per questo è ridicolo e oserei dire pericoloso che la WTA abbia appoggiato la posizione della Williams, difendendola. Non è solo una caduta di stile, è una presa di posizione grave. Che messaggio manda al mondo del suo sport l’associazione che lo governa, difendendo una giocatrice indifendibile? Si può capire che la WTA abbia un bisogno disperato di Serena, visto che nessuna nuova giocatrice sembra capace di sostituirla, e che il livello di punta del gioco è forse ai minimi termini dall’inizio dell’era Open (altissimo livello medio con un agonismo sfrenato, ma condito da un infimo livello tecnico e di appeal). Ma schierarsi apertamente dalla parte di una ragazza che ha letteralmente perso la testa in campo, dando un chiaro esempio di antisportività, è fatto nuovo e grave. WTA bocciata.

Serena ovviamente ha perso. La testa prima, la faccia poi. Spiace ricordare che non è la prima volta che accade. Sempre a NY. Finale 2011, di fronte una Sam Stosur scatenata. La campionessa yankee si scagliò violentemente contro l’arbitro (donna), apostrofandola in mondovisione come “hater” e “ugly inside”. Cosa era successo? Niente che potesse spingerla a tanto, eccetto una rivale quel giorno fortissima, capace di metterla sotto con il suo tennis. Una situazione simile era già accaduta sempre sul quel campo nel 2009, in semifinale contro una splendida Kim Clijsters da poco rientrata nel tour dopo la maternità. Quella volta Serena se la prese contro una giudice di linea (donna), rea di aver sbagliato una chiamata. Grida, sguardi furibondi, si arrivò quasi ad un’aggressione fisica, con la minaccia di farle ingoiare una palla e di aspettarla all’uscita dal campo. Aveva totalmente “sbroccato”, e fu sanzionata dall’arbitro (donna) con un punto di penalità. Curioso che Serena abbia tirato fuori sabato sera il sessismo quando è stata proprio lei la carnefice vs altre donne in ognuna di queste situazioni… Una caduta di stile e di credibilità totale, proprio da una delle paladine dello sport “rosa” e dei suoi giusti diritti. Ogni singola parola pronunciata dalla Williams non ha fatto altro che aggravare la sua situazione. E’ andata in tilt….oppure è stato un disperato tentativo di buttarla sulla rissa, alla “McEnroe” dei bei tempi, cercando di rompere l’incantesimo della rivale? Probabilmente entrambe, ma per fortuna del gioco, non è riuscita nell’intento in nessuno dei tre brutti episodi citati. “I have a daughter and I stand for what’s right for her”, altra frase memorabile di Serena durante la rissa verbale. Quale insegnamento può trarre una figlia da un comportamento del genere? Giustificherà la sua piccola per capricci, insulti e cose simili? Ha aggravato la sua situazione disperandosi per quanto ha lavorato per tornare a disputare una finale a Flushing. Beh, la Osaka c’era arrivata per grazia divina o per un aiutino? Non direi proprio… La verità è che Serena era convinta di vincere. Di poter salutare di nuovo il suo pubblico come campionessa, il più grande ritorno di sempre, di una madre che ha lottato e sofferto, ma ce l’ha fatta, strappando l’ennesimo record. Purtroppo per lei al di là della rete c’era una ragazza che ha giocato un tennis migliore, e che si meritava quel successo. Una grande campionessa accetta la sconfitta, applaude e benedice la nuova arrivata nell’Olimpo del tennis, le rende merito e chiede l’applauso del suo pubblico. Questo è fair play, questa è classe. Sabato abbiamo visto l’esatto opposto.

Serena, che piaccia o meno, è la sportiva più ricca, famosa e privilegiata al mondo. Sabato ha perso una grande occasione per rafforzare la sua immagine, scrivendo invece una pagina nerissima che sarà difficile dimenticare. Tra l’altro aveva avuto recentemente un bellissimo “assist” dalle scellerate dichiarazioni del boss della Federtennis francese, sul suo particolare completino da gara mostrato a Parigi. Un’altra vicenda grottesca, ma in cui stavolta la Williams era totalmente dalla parte del giusto. La finale di US Open 2018 non è andata come lei sperava. Poteva e doveva perdere con classe. Accettare anche il richiamo dell’arbitro, e tentare fino all’ultimo una delle sue incredibili zampate tecniche, ricche di quella rabbia agonistica e potenza che l’hanno resa la più forte tennista degli ultimi 20 anni. Sarebbe un vero delitto se la sua immagine venisse definitivamente offuscata da questa brutta faccenda, perché Serena è un monumento del nostro sport. Purtroppo, chi è causa dei suoi mali, pianga se stesso. E oggi nel mondo del tennis nessuno ha la forza per sorridere.

Marco Mazzoni

@marcomazz


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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