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Open Court: la diversità di Matteo Berrettini, tennista “moderno” (di Marco Mazzoni)

29 luglio 2018, una data che ricorderemo a lungo. Per chi scrive è un giorno “speciale”, e viverlo esultando per la prima vittoria ATP di Matteo Berrettini è stato un regalo bellissimo. Il match mi ha incollato alla tv, come non mi capitava da tempo. C’era elettricità nell’aria, la sensazione netta che stava per accadere qualcosa di grosso. Il tennis di Matteo scorreva veloce, fluido, continuo. Una “macchina” al servizio, una sorprendente sicurezza nella spinta e nel passaggio da difesa ad attacco. Pochissimi errori col rovescio, molti drive lunghi a buttare fuori il rivale, e poi via coi piedi in campo… booooom! Botta a chiudere, imprendibile per potenza e precisione. Il giocatore esperto, forte, abituato a vincere, pareva nettamente lui, non l’iberico. Nei primi piani lo sguardo di “Berretto” bucava la tv, di un’intensità clamorosa. “Questo ragazzo sembra divorare la pallina con gli occhi”, dice mia moglie di passaggio, confermando quel che le avevo raccontato in mattinata. Il tiebreak è un’orgia di emozioni, il secondo set è scivola via, col vento in poppa. Siamo al match point, è andata. Urlo un “Sìììì!”, veemente e spontaneo. Non capita di frequente assistendo una partita.

La gioia per questo successo va oltre il successo stesso. Quel che mi ha rapito e convinto nella vittoria di Berrettini è stato come il successo sia arrivato. Matteo in finale (ed in pratica per tutto il torneo) ha dominato il campo. Ha condotto il gioco con una forza tecnica e mentale da campione. Ha fatto esplodere i suoi punti di forza mascherando totalmente quelli di relativa debolezza. Ha condotto la partita dal primo all’ultimo 15 – e soprattutto il tiebreak, momento decisivo – con una convinzione da tennista di qualità superiore. Qualità atletica, tecnica, mentale. Applicazione, sicurezza, freddezza. Scacco Matto. Sì può dire? Sì, oggi si può dire.

Matteo Berrettini è un tennista assolutamente diverso da quello che il tennis maschile italiano ha prodotto negli ultimi anni. Non ricordo un nostro giocatore capace di abbinare tanta forza fisica, qualità mentali e di lucidità tattica, applicazione, ed un paio di armi di valore assoluto come il suo servizio ed il suo dritto. 13 ace nel primo set della finale, di cui 6 nel tiebreak. Questi numeri sono da Campione. Sono propri di un tennis forse non così “bello” sul piano meramente stilistico ma terribilmente moderno. Moderno. Questa la parola chiave.

Quante volte, parlando dei nostri talenti, abbiamo commentato con rammarico“eh… se avesse il servizio… se avesse un dritto più definitivo… se avesse più solidità mentale… se avesse più potenza…”.Troppe. Il nostro movimento per tanti anni ha creato tennisti spesso superbi sul piano tecnico, ma assai carenti sul piano atletico; oppure giocatori anche potenti, ma con troppe lacune, tecniche o mentali. Attenzione: Berrettini non è affatto un giocatore già “completo”, perfetto. Tutt’altro. Ma è il primo giocatore azzurro in epoca moderna a possedere un mix di qualità giuste per eccellere in quello che richiede oggi il tennis di vertice. Ossia: fisico imponente (guardate la top20 ed i centimetri dei giocatori attuali…), grandissimo servizio; dritto fulminante; grande propensione offensiva, discreta completezza tecnica e capacità di giocare bene su ogni superficie. Il tutto abbinato a lucidità tattica e solidità mentale, perché la battaglia nei grandi tornei è durissima. Identikit di questi giocatori? Beh… per non andare tanto lontano rispetto a recenti successi, giocatori con queste caratteristiche sono Kevin Anderson, Jack Sock, JM Del Potro, John Isner, per citarne solo alcuni. Gente che qualcosa di buono ha combinato…

Tennisti moderni, vincenti, magari non dotati di una fluidità da “gesti bianchi” ma tremendamente efficaci. Che piaccia o no, per eccellere nel tennis del 2020, servono queste doti. E Berrettini, possiede moltissime di queste qualità, e sta dimostrando settimana dopo settimana che il percorso sapiente intrapreso con il suo eccellente team lo sta portando passo dopo passo verso questo tipo di tennis.

Una conferma ulteriore è arrivata con la bellissima vittoria di ieri al primo turno a Kitzbuhel, dove sotto di un set e di un break contro una vecchia volpe come Simon non ha mollato niente, ha rimontato ed ha vinto. Uno tosto Matteo, che non ci sta a perdere, e che non si è affatto montato la testa di dopo i milioni di messaggi che avrà ricevuto da domenica scorsa, inclusi servizi ai Tg nazionali.

Una notorietà improvvisa, che potrebbe far girare la testa a molti… ma non credo che accadrà al giovane romano. Lo racconta la sua storia, il suo team, il suo modo di vivere la sua carriera. In tante interviste ha rivelato la sua semplicità, la serenità con cui sta attraversando (di corsa!) il passaggio da giocatore promettente a tennista di vertice del nostro movimento. Un semplicità che non cozza con una giusta determinazione ed ambizione. Infatti mi piace definire Berrettini un ragazzo “modestamente ambizioso”.Lui è consapevole di avere qualità importanti, di poter “vincere” dove pochissimi arrivano. Ma c’è modo e modo di affrontare questa situazione. Lui riesce ad affrontarla con la giusta mentalità, quella di chi ci crede, di chi lavora per farcela, ma senza smania, senza eccessi, facendo dei passi piccoli e sicuri, uno dietro l’altro, perché saltare troppo in alto può essere pericoloso quando si cade… Mi ha stupito a Roland Garros, quando dopo vittorie e sconfitte ha parlato con parole ferme, secche, precise. Non una in più, non una in meno. Non banali. Ho avuto la fortuna ed il piacere di aver assistito ai suoi successi vs. Otte e Gulbis accanto a suo padre. Giustamente nervoso e coinvolto nella partita, papà Berrettini ha seguito le importanti vittorie con partecipazione viva ma anche moderazione, senza eccessi. E tutti quelli che conoscono la sua quotidianità confermano che Matteo è così, un ragazzo maturo, sereno e consapevole.

Una consapevolezza che si vede chiaramente in campo.Pur nei momenti di altissima tensione, non esterna troppo, anche se dentro magari sta “esplodendo”. Hanno lavorato molto nel canalizzare in modo positivo le energie mentali, perché perdere il focus nel momento caldo della partita è l’inizio della fine. Ancor più per un tennista che ha nella prima di servizio l’arma principale. Per far rendere al massimo il servizio devi applicare la “tecnica Sampras”: devi restare totalmente focalizzato su te stesso, non si pensa al punteggio, al contesto, al rivale, al campo, a niente. Sei tu e la pallina. Il servizio è l’unico colpo che giochi con e contro te stesso. Matteo riesce a gestirlo così, ad astrarsi e ragionare solo sul proprio colpo, ome giocarlo in modo funzionale al momento della partita, che sia un tentativo di Ace, una prima sicura, una lavorata e via dicendo. Questo parte dalla sua condotta di gara: lucida, sicura, ragionata. E’ grazie a questa convinzione che riesce stare in campo così bene, tanto aggressivo e prepositivo. Berrettini non è mai passivo, va a prendersi tutti i punti quando contano, se li gioca, non si lascia “giocare”. Si prende rischi in momenti importanti, non è mai conservativo o attendista. Un gioco più efficace che bello, ma quanto è bello vincere….

E per vincere davvero non sarà sufficiente tenere questi ritmi, già notevoli, ma migliorare. Tanto. Dovrà farlo continuando questa traiettoria, avanzare a piccoli passi, inserendo novità in un gioco che sta diventando sempre più efficace ed adeguato per i suoi mezzi tecnici e fisici. Condivido totalmente l’approccio descritto dal suo ottimo coach, Vincenzo Santopadre. Lavorare tanto, per crescere dove ancora è carente: sicurezza e ritmo col rovescio; transizione tra fondo campo e rete; costanza di rendimento della risposta, tendendo a trovarne sempre di più lunghe ed aggressive; soprattutto deve lavorare per esaltare ulteriormente le proprie qualità, trasformando gli attuali punti di forza ed i colpi migliori in armi di valore assoluto. Per eccellere nel tennis del 2000, così atletico e competitivo, è necessario aver una discreta completezza, perché sei hai un punto di debolezza importante, è difficile salire ai massimi livelli; ma è altrettanto cruciale possedere qualche arma tecnica con cui fare la differenza, strappare punti, rompere l’equilibrio nelle fasi calde dello scambio e del game. In questo mi intriga e convince la traiettoria che sta avendo Matteo. Un tennista meno “bello”, completo e raffinato dei nostri storicamente “migliori”, ma assolutamente diverso da quello che abbiamo mai prodotto.

E’ fin troppo facile esaltarsi adesso, dopo il primo grande successo, vedendo giorno dopo giorno una crescita così importante. Ed il tutto in un’annata così clamorosa per il tennis azzurro maschile. Non sarà facile restare coi piedi per terra… Seguiamo Berrettini (ed anche gli altri, sono in diversi a crescere, sia davanti e dietro) con grande calore e passione, ma senza eccessi. Senza depressione per sconfitte che arriveranno.Condividiamo il suo modo sereno di vivere il tennis, puntando in alto. Perché questo ragazzone può arrivare toccare le stelle.

Marco Mazzoni

@marcomazz


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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