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Open Court: nelle parole di Gaudenzi idee e opportunità (di Marco Mazzoni)

Finalmente. Era tempo che aspettavo (insieme a tutto il mondo della racchetta) una vera presa di posizione di Andrea Gaudenzi, un’intervista lunga, franca, approfondita. Per la prima volta da quando si è insediato sulla poltrona più “pesante” del mondo tennistico, l’Andrea nazionale ha parlato, e l’ha fatto in modo schietto, con concetti interessanti. Per chi lo segue da sempre (è esattamente mio coetaneo, con 24h di differenza) prima da giocatore e poi come manager, Gaudenzi è sempre stato una persona di carattere. In campo fin da giovane, quando aveva una visione molto chiara del suo gioco; poi con la svolta e l’ingresso nel team di Muster, grazie a cui ha fatto il salto di qualità; quindi con il coraggio di prendere posizioni scomode e rivendicazioni allora ardite per i colleghi. Un tipo brillante, uno che tra un dritto consistente e tanto lavoro atletico si ritagliava il tempo per studiare e prepararsi ad una carriera extra agonistica che gli ha portato enormi soddisfazioni, fino a condurlo al vertice dell’ATP.

Fui sorpreso dalla sua scelta a Presidente, perché conoscendolo ritenevo difficile che “Gaudio” accettasse un ruolo da comparsa, schiacciato da poteri economici e mille interessi. Lui è uno che detta una rotta, ha una visione, è consapevole di dove la barca deve arrivare e delle virate necessarie ad arrivarci.

Per questi motivi, finora ero deluso dalla sua mancanza di comunicazione “vera”. Poche righe, succinte, senza guizzi, senza un’idea forte, senza una presa di posizione sui temi importanti. E quando ti siedi in quella poltrona lì, deve esporti e non puoi vivere di rimessa.

Finalmente ieri Gaudenzi ha incontrato la stampa (una call ristretta dalla sua casa londinese), e ha parlato di mille cose. Con dettagli, idee e considerazioni forti. Questo è il dato più interessante della sua chiacchierata, un segnale inequivocabile di presenza e di obiettivi. I primi risconti da parte del mondo della racchetta alle sue parole sono positivi, tecnici ed osservatori guardano con interesse a diversi passaggi della press conference, sottolineando alcuni cambi di rotta rispetto al passato.

Tra i più importanti, il riconoscere che il nostro sport è guidato dagli Slam. Lapalissiano, ma non scontato da parte di chi guida l’ATP. Ecco alcuni estratti delle sue parole, che riportiamo da Ubitennis, Tennis Actu e Tennisnet. “Il principio che ci ispira è molto semplice: cercare di giocare il più alto numero dei tornei possibili con le settimane disponibili, per preservare non solo punti e prize money ma soprattutto per poter offrire lo spettacolo agli spettatori. Io rappresento l’ATP ma gli Slam sono gli Slam, noi abbiamo le Finals ATP a fine anno, ma mi piacerebbe avere lì a Londra i migliori fra chi ha giocato tre Slam e sette Masters 1000. Noi alla fine incoroniamo il n.1 del mondo…”. Questo un estratto importante delle sue dichiarazioni. Priorità quindi. Banale? Sì, ma a livello politico tutt’altro, come la volontà di ricompattare le varie anime che guidano il tour, perché con questo disastro-pandemia, il rischio di rompere il giocattolo è molto serio. “Il Roland Garros ha fatto un passo indietro, ha capito e ha detto parliamone. Anche l’US Open ha piani per spostare il suo torneo se la situazione non migliora quest’estate”. Continuo il confronto con i giocatori: “Mi hanno seguito molto. Ho parlato con tutti quelli del Player Council, con Roger, Rafa, Djokovic, e tutti sono d’accordo che la filosofia è poter giocare i tornei più importanti. Quindi anche se è tutto teorico ha un senso che il Roland Garros vada a settembre, mentre non lo ha spostare di due o tre settimane l’US Open. Se non si gioca ai primi di settembre dubito che si possa giocare a fine settembre. Qui stiamo parlando del calendario, ma in questi giorni abbiamo fatto 50 versioni che cambiamo giorno dopo giorno. Ci sono anche dei paletti: la 02 Arena per le finali ATP è bloccata, c’è solo quella settimana…. Vorremmo idealmente poter contare su due Masters 1000 su terra prima o dopo Roland Garros”.

Ma l’aspetto più interessante delle parole di Gaudenzi è sulla visione attuale e del prossimo futuro dello sport della racchetta. Il focus deve essere sui giocatori, e sul modo in cui arrivare al pubblico, che sta invecchiando in modo netto e quindi è importantissimo star dietro ai più giovani, che vivono in un modo velocissimo, iperconnesso, dove tutto è fruibili all’instante. Smaterializzare il prodotto rispetto al broadcasting tradizione. “Quando ho presentato la mia candidatura al Board a New York avevo osservato, avendo passato tre anni nel Board di ATP Media, che c’era un’opportunità enorme per il tennis, che secondo me non sta esprimendo il potenziale a cui può ambire. Il nostro è uno sport sano, solido dal punto di vista del business, ma se ti paragoni agli altri sport dal punto di vista dei diritti TV, il tennis rappresenta meno dell’1,2% dei diritti totali, ma ha più di un miliardo di fan. Siamo in top 5 per tutti e due i generi, 50-50 uomini e donne, mentre altri sport sono uomo-centrici. Possiamo passare i prossimi anni a litigare sulle briciole mentre di là c’è un mondo. I nostri competitor non sono soltanto gli altri sport, ma tutte le piattaforme di entertainment. Oggi competi con il tempo, il portafoglio e l’attenzione della gente: se un ragazzo si siede sul divano ha la scelta di guardare una serie su Netflix, ascoltare musica, guardare il calcio o una partita di tennis. Finora siamo andati bene, ma attenzione perché il mondo sta cambiando, passiamo da un mondo di ‘linear broadcasting’ a un mondo digitale in cui ci sono opportunità enormi, specialmente per il nostro sport. Nel mondo delle trasmissioni lineari era un incubo: non si sa a che ora una partita comincia, quanto dura, e fino al giorno prima non si sa neppure chi gioca. Ma dalla transizione verso il mondo in cui stiamo entrando, quello del “direct to consumer” possiamo beneficiare tutti, se riusciamo a far crescere il tennis invece che focalizzarci su diatribe interne nate da una mancanza di trasparenza e fiducia”.

Questa è una visione davvero interessante, perché nuova, fresca, che apre una finestra su di un futuro che è già alle porte. E lo sport, che piaccia o no, non può ignorare se non vuol essere relegato ad una nicchia della nicchia.

Continua Gaudenzi con un paragone molto calzante con quel che ha passato il mondo della musica con l’avvento del digital download: “Abbiamo uno sport bellissimo da vedere, ma oggi devi fare 3-4 abbonamenti per guardare il tennis, in ogni paese è diverso ed è tutto frammentato. Non possiamo chiedere questo ai nostri utenti, è contro ogni logica commerciale e poi i dati dei centinaia di milioni di fan che hanno comprato i biglietti sono sparsi per le varie federazioni e i vari tornei, niente è centralizzato: non conosciamo i nostri fan. Anche i grandi tornei avranno delle difficoltà in futuro, anche se hanno tante risorse, perché hanno un evento di due settimane. Ci sono investimenti enormi che non puoi fare altro che centralizzare. Questa crisi ci pone davanti a un bivio: o ci si eleva oppure ci si divide maggiormente. Ho sempre fatto un esempio: negli anni ’90 la musica vendeva i cd, poi è arrivato il digital dowload e nessuno ha più pagato la musica, quindi gli artisti. Steve Jobs ha lanciato Itunes, l’hanno preso per pazzo, con ogni canzone a 0,99 dollari…, quel modello non ha funzionato, poi è spuntato Spotify, aggregando tutto: 9,99 dollari e ascolti tutta la musica che vuoi. Quello che conta è l’esperienza. Gli artisti vanno pagati, migliaia di etichette discografiche si sono messe insieme. Il tennis è molto frammentato, tutti stanno benino, ma la musica lo è ancora di più. La crisi ha creato coesione. Vero che nel tennis tutti stanno benino, gli Slam vanno bene, i Masters 1000 anche… ma quale deve essere la motivazione forte nel tennis?”.

È un pensiero forte, che apri scenari potenzialmente rivoluzionari, per come potrebbe essere vissuta l’annata tennista, i tornei, e la singola partita. Nuove regole next gen a tutti i livelli? Tornei con orari molto diversi? Un tour più snello fatto di eventi top molto distanziati dagli altri? Vendita delle singole partite e su piattaforme uniche in tutto il mondo? Le parole di Gaudenzi aprono molti scenari. Alcuni personalmente li condivido, alcuni mi spaventano perché amo visceralmente il tennis e nelle sue fondamenta non lo vorrei nemmeno sfiorare. Però l’aspetto importante, oggi, è che ci sono idee sul tavolo, innovative, e che un momento di grave crisi come quello attuale può essere anche una grande opportunità se ben sfruttato, progettato e attuato.

Marco Mazzoni


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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