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Djokovic si racconta: “Mi definirei meticoloso. La mia miglior partita? La finale dell’Australian Open 2019”

15-0 è un formato del sito ATP nel quale un tennista risponde a una “raffica” di domande con pensieri brevi, spontanei, sul tennis e non solo. In quel di Atene è stato Noval Djokovic a sottoporsi a questa intervista particolare (Q&A), nella quale si spazia tra la sua lunghissima e fortuna carriera ad aspetti più profondi della sua vita privata. Alcune risposte del serbo sono interessanti, la riportiamo integralmente.

Qual è una frase che ti guida nella vita?
Una delle mie preferite è: “Non esiste l’ascensore per il successo, devi salire le scale.”

Qual è il miglior regalo che tu abbia mai ricevuto?
Un dipinto fatto a mano di me insieme alla mia famiglia. È stato un gesto davvero speciale.

Qual è un consiglio che daresti a tutti i bambini che inseguono i propri sogni?
Prima di tutto, è importante credere nei propri sogni e non lasciare che nessuno te li porti via. I bambini hanno una straordinaria capacità di immaginare, di essere creativi e di vedersi già realizzati — nello sport o in qualsiasi altro ambito della vita. Bisogna semplicemente permettere loro di volare con le proprie ali, senza tarpargliele. Lasciarli essere se stessi, perché l’immaginazione dei bambini è qualcosa di incredibile.

Qual è la lezione più grande che hai imparato dall’essere padre?
La lezione più grande è imparare a essere presente. Non fare multitasking quando sei con i tuoi figli, perché loro richiedono la tua piena attenzione, qualunque cosa tu stia facendo. I bambini ti insegnano questo più di ogni altra cosa: essere nel momento, saper perdonare e andare avanti.

Qual è il tuo piatto preferito?
Dipende dai periodi, ma ho un debole per i dolci… quindi direi una acai bowl.

Qual è la miglior partita che tu abbia mai giocato?
La partita più memorabile a cui abbia partecipato è la finale dell’Australian Open 2012 contro Nadal, la più lunga finale di uno Slam nella storia.
E naturalmente la finale di Wimbledon 2019 contro Federer. Ma se parliamo del miglior livello di tennis che io abbia espresso, direi la finale dell’Australian Open 2019, sempre contro Nadal. L’ho battuto in tre set e ho giocato un tennis straordinario.

Hai passato più settimane da numero 1 al mondo di chiunque altro. Che sensazione si prova a stare in cima?
È una sensazione fantastica, ma può anche essere un po’ solitaria. Ti senti come il “bersaglio” di tutti. È il massimo traguardo che si possa raggiungere in qualunque sport. Da bambino sognavo di vincere Wimbledon e diventare numero 1 del mondo, e quando ci arrivi, capisci che restarci è una sfida diversa. Da inseguitore diventi il giocatore da battere. È bellissimo, ma può portare anche un po’ di pressione. Il segreto sta tutto nella mentalità: devi continuare a creare, a migliorare, a inseguire nuovi obiettivi. Se pensi solo “sono il numero 1 e tutti vogliono togliermi il posto”, ti carichi di stress inutile.

Qual è stata la chiave principale del tuo successo?
Dedizione. Passione e dedizione. L’amore per questo sport è ciò che mi spinge a essere così devoto e costante in tutto ciò che faccio.

Chi è il giocatore più sottovalutato che tu abbia mai affrontato?
Wawrinka. Penso sia molto sottovalutato, considerando che ha vinto tre Slam. La gente spesso dimentica quanto ha ottenuto. Ha conquistato più di quanto abbia fatto oltre il 90% dei giocatori nella storia del tennis. Quindi direi lui.

Se potessi allenare il giovane Novak, che consiglio gli daresti?
Gli direi di giocare sul lungo periodo, di avere pazienza e fiducia nel processo. E soprattutto di divertirsi lungo il cammino. Bisogna trovare un equilibrio tra la vita privata e quella professionale: lavorare duro, sì, ma senza perdersi nel percorso. Goditi la giovinezza, perché il tempo non torna indietro.

Se potessi prendere un colpo da un altro giocatore, quale sceglieresti?
Il servizio di uno dei “giganti” del circuito: Karlovic, Isner o Opelka. Mi andrebbe bene quello di chiunque superi i due metri!

Se potessi giocare una partita storica che non fosse una tua, quale sceglieresti?
Probabilmente una delle epiche sfide tra Borg e McEnroe. Mi sarebbe piaciuto essere sugli spalti, o magari provare a giocare con una racchetta di legno, giusto per sentire la differenza. Avrei sicuramente faticato a generare topspin, ma amo la storia del tennis e mi affascina vedere come il gioco si sia evoluto, tecnicamente e tecnologicamente, negli ultimi cinquant’anni.

Hai avuto lunghe rivalità con Federer e Nadal, e ora con Alcaraz e Sinner. Come le confronteresti?
Sono rivalità molto diverse. Con Roger e Rafa ho condiviso la maggior parte della mia carriera — oltre 20 anni di battaglie. Con Carlos e Jannik è tutto più recente: abbiamo 15 anni di differenza, quindi le nostre sfide sono solo all’inizio. Ma è bellissimo vedere la nuova rivalità tra Sinner e Alcaraz: stanno giocando partite straordinarie e il tennis ha bisogno proprio di questo.

Se dovessi descrivere Novak Djokovic con una sola parola?
Userei la definizione di Nick Kyrgios: meticoloso.

Se potessi cambiare un solo risultato nella tua carriera, quale sarebbe?
Nessuno. Perché credo che tutto accada per una ragione.

Marco Mazzoni


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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