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    Binaghi rivela: “Il no alla Davis 2025? Jannik lo disse l’anno scorso a Torino, davanti a me e al ministro Giorgetti. Per l’Italia è più importante che torni numero 1 di un’altra Davis”

    Angelo Binaghi, Presidente FITP

    Il Presidente della FITP Angelo Binaghi difende Jannik Sinner da tutte le accuse mosse per la sua indisponibilità a giocare la Final 8 di Davis Cup il prossimo mese a Bologna, e conferma che alle Finals ci sarà uno show spettacolare ad accompagnare gli incontri del torneo. Il livello del tennis in Italia è altissimo, non sarà facile crescere ancora ma c’è l’intenzione di rendere l’edizione 2025 del “Master” di Torino indimenticabile, una sorta di Super Bowl. Binaghi ha parlato a La Stampa, con alcune dichiarazioni che riportiamo nei passaggi più salienti.
    “Il livello che abbiamo raggiunto fa paura” afferma Binaghi, “siamo vicini al massimo e possiamo solo scendere. Più di così francamente è impossibile. A Torino e a Riyadh i nostri daranno il massimo in campo e noi faremo la nostra parte per rendere indimenticabile l’edizione 2025 delle Finals”.
    Il Presidente rivela quando ha saputo da Sinner del suo “no” alla Davis: “L’anno scorso. Jannik lo disse davanti a me e al ministro Giorgetti, a Torino. Ho sperato che il lungo e forzato riposo per la squalifica lo portasse a rivedere i suoi programmi. Dopo il ritiro di Shanghai, mi sono detto: magari ci ripensa. Invece niente. Abbiamo capito e anche condiviso la decisione. La storia ci insegna che ogni sua rinuncia ha prodotto conseguenze positive. Sarà così anche questa volta: per la FITP e per l’Italia è più importante che Jannik torni numero uno al mondo di un’altra Davis“.
    Secca la risposta di Binaghi in merito alla presunta poca riconoscenza sollevata da alcuni commentatori (perlopiù non tennistici ma di testate generaliste). “Conosco Jannik fin da quando era bambino, come la sua famiglia e il suo team. Erano stati chiari fin da subito, lo difenderò sempre e a prescindere. La riconoscenza nei confronti del tennis italiano si concretizzerà quando tornerà numero 1 al mondo. La Davis ha una differenza rispetto agli altri tornei, non dà punti per la classifica. Con un altro regolamento cambierebbe anche lo spirito dei giocatori. A fine stagione per chi l’ha già vinta vale come il Six Kings Slam, con meno soldi e molta più fatica. Prima di tacciarlo di disaffezione per la maglia azzurra aspettiamo 10 anni: se non la giocherà più ne riparleremo”.
    Oltretutto il Presidente è sicuro del grande valore della nostra nazionale, anche priva di Sinner. “Abbiamo uno squadrone” commenta Binaghi, “Con Jannik partiamo da un punto e mezzo a zero per noi, così sarà più equilibrata. Ce la giochiamo con la Spagna di Alcaraz, la Repubblica Ceca e la Francia. A Musetti ho sempre detto che ha un talento inarrivabile ma che rischiava di perderlo per le troppe proteste e per l’incostanza al servizio. Ora l’ha migliorato e parla molto meno, non ha più le cadute di prima e arrivare a Torino sarebbe il coronamento della sua crescita”.
    Proprio su Torino l’ultima considerazione di Binaghi, un evento che vuol portare al livello del Super Bowl della NFL americana per impatto: “Potremmo avere due italiani in campo alle FInals e la stagione 2025 da oro diventerebbe di platino. Organizzeremo uno spettacolo senza precedenti in Italia, uno show dentro lo show. L’ultimo nome è quello di Gianni Morandi: le Finals saranno il nostro Super Bowl. Portarcele via sarà più difficile. Abbiamo firmato il rinnovo del contratto e anche il governo ne conosce il testo da molto tempo. Non si può tornare indietro, sarebbe una grave perdita di credibilità per il Paese”.
    Interessante l’idea di Binaghi sulla Davis Cup: riportare punti per il ranking per i match disputati, potrebbe avere un impatto sulla volontà dei migliori giocatori di partecipare? Tra le molte ipotesi per rivedere e migliorare quest’evento storico, oltre alla collocazione nel calendario – il punto dolente – anche il discorso ranking potrebbe avere un impatto non indifferente.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Sinner: “Cahill? Mi piacerebbe che restasse, ma dobbiamo ancora parlarne”

    Darren Cahill insieme a Simone Vagnozzi

    Il fine stagione si avvicina e in “casa Sinner” oltre alle ATP Finals ormai alle porte e la corsa – più teorica che realistica – per finire da n.1 nel ranking, torna caldo il tema relativo alla permanenza di Darren Cahill come coach. Lo scorso gennaio nel corso dell’Australian Open a Jannik “scappò” una frase di troppo, sull’ultima stagione da allenatore per Cahill. Poi sono successe tante cose, inclusa la nota scommessa nel team, vinta da Sinner, che avrebbe dato mano libera per scegliere o meno la permanenza dell’australiano nel suo team. La situazione sembra ancora molto fluida, il n.2 del mondo ne ha parlato a Vienna dopo la vittoria su De Minaur in semifinale. L’obiettivo per il nostro campione è chiaro: convincere Darren a restare ancora con lui e continuare un percorso straordinario di cresciuta umana, sportiva e vittorie.
    “Mi piacerebbe che restasse, mi ha sicuramente dato molto” afferma Sinner parlando di Cahill. “Ormai non è solo un allenatore di tennis per me, ma qualcosa di più. Mi dà tanto anche a livello personale. Ora ha 60 anni ed è nel mondo del tennis da tanto tempo. Dobbiamo prima parlarne e poi vedere”.
    Interessante il seguente passaggio, nel quale Jannik afferma che all’interno del team non è ancora stato affrontato il tema di chi potrebbe essere un sostituto di Cahill, qualora confermasse la sua idea di terminare la propria carriera da allenatore. E, allo stesso tempo, Sinner conferma la necessità di un innesto se Darren a fine anno lascerà il team. “Simone Vagnozzi e io non abbiamo ancora discusso su chi potrebbe essere il prossimo allenatore, ma di certo ci serve un secondo coach” afferma Sinner. “Anche Simone ha bisogno di qualche settimana libera per stare con la sua famiglia. Per me è importante avere uno scambio anche su questo”.
    Parole che confermano come ancora niente sia stato deciso e, allo stesso tempo, di come all’interno della sua squadra ci sia un vero confronto per arrivare a una decisione che possa soddisfare tutti. Jannik giocherà la finale del 500 di Vienna contro Zverev, a caccia del quarto titolo stagionale e 22esimo in carriera. Seguirà un volo a Parigi, per l’ultimo Masters 1000 dell’anno nella nuovissima La Defence Arena. Quindi l’ultima tappa del suo 2025 in Italia, a Torino, per le ATP Finals. Darren Cahill seguirà Jannik in questi ultimi tornei della stagione. Vedremo se all’Inalpi Arena si concluderà il viaggio sportivo dell’australiano, o se Sinner vincerà anche questa sfida, convincendolo a restare.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    In ricordo di Federico Luzzi

    Federico Luzzi

    Il 25 ottobre 2008 scomparve Federico Luzzi, colpito da una leucemia fulminante. Uno shock per il mondo del tennis e non solo, che perse un ragazzo solare, con i classici spigoli del “buon toscano” ma estremamente generoso. Mamma Paola negli anni si è dedicata anima e cuore alla Fondazione FedeLux nata in suo ricordo, ottenendo risultati straordinari con tantissime iniziative concrete che ancora sostengono tante nobili cause. Nel mandare un abbraccio a lei, alla sua famiglia e a tutti coloro che gli volevano bene, ripubblichiamo il ricordo scritto da Marco Mazzoni, di una giornata a Todi ammirando il suo talento tecnico in campo. Perché Federico non sarà mai dimenticato.
    Quel giorno a Todi, in ricordo di Federico Luzzi (di Marco Mazzoni)
    Il calendario dice 16 settembre 2008. Ricordo perfettamente quel martedì. Cielo terso, leggero vento settembrino, temperatura perfetta. Una luce clamorosa rende il paesaggio ancor più spettacolare, da cartolina, tanto che scorrere dolcemente nel cuore della nostra Italia più bella (da Firenze a Todi, passando per Perugia) è un vero piacere. Ancor più se l’input al viaggio è l’amatissimo tennis. La giornata è una di quelle che aspetti tutto l’anno, così bella da maledire di non aver portato la macchina fotografica “buona” per accostare l’auto e scattare meraviglie, ricordi da custodire gelosamente. “Infatti…” annuisce il mio fido compagno di viaggio in tante esperienze sportive.
    Prima fermata a Corciano, nei pressi di Perugia, per i 50 anni di Ellesse, brand storico e icona del Made in Italy, quello buono. Cerimonia toccante, visita al museo dei cimeli sportivi, pranzo (ottimo) in mezzo a tanti personaggi del mondo della racchetta, incluso un irresistibile Ion Tiriac in grande spolvero con i suoi aneddoti unici. Però l’orologio segna già le 14.30, e nella vicina Todi c’è un altro evento che ci ha spinto in Umbria: il torneo Challenger. Oltre al buonissimo campo di partecipazione, con vari giovani da osservare (tra cui Matteo Trevisan), il programma è arricchito dal ritorno in campo di Federico Luzzi dopo un periodo di stop.
    Arriviamo al club insieme al mitico Rino, anche lui presente a Corciano. Chiediamo poche info agli addetti, un paio di programmi e via in campo. Ramirez Hidalgo mulina con totale sicurezza i suoi colpi, passiamo oltre. Saluto l’amico Claudio Grassi, vedo Di Mauro che parlotta fitto fitto con Rizzo, meglio non disturbare. Sul campo adiacente scorgo Luzzi che attende in risposta, siamo a metà del primo set. Al servizio lo spagnolo Menendez Maceiras, che prova da sinistra un kick vigoroso. Fede si avventa su quella palla spavaldo, avanzando oltre un metro in campo con il massimo dell’anticipo. Boom! Impatto secco, a tutta velocità, e palla che taglia il campo cross, quasi imprendibile. Questo è Luzzi. E’ velocità, adrenalina, rischio. Spettacolo. L’aretino sembra elettrico, carico come mai. Guarda dietro, verso di noi. L’intensità del suo sguardo vale più di mille parole. E’ l’immagine della voglia di giocare, di riprendersi tutto, di divertirsi e divertire. Il suo servizio non va ancora al meglio, qualche colpo scappa lungo, ma c’è un abisso di talento e di manualità tra i due. Prova di tutto Fede, e molto gli riesce.
    Le sue corde alternano frustate a tutta velocità a tocchi improvvisi che fanno sobbalzare i presenti, compiaciuti dai suoi ricami, dalla fantasia e facilità del suo tennis. Arriva una “smorza” delle sue, giocata con una velocità di esecuzione ed eleganza superiori. L’altro neanche ci prova ad andarci, sa che non ci riuscirebbe mai, ed è giusto così. La partita fila via bene, le sensazioni crescono, ed anche l’intensità del suo tennis. E’ evidente che la condizione non sia ancora al meglio, ma le sue doti tecniche non l’hanno affatto abbandonato, ed è pure abbastanza veloce, scattante, reattivo. Corre leggero, ringhia e diverte. Chiude lasciando solo cinque giochi all’iberico, ma lasciando in tutti i presenti la sensazione che questo “talentaccio” toscano abbia ancora qualcosa di importante da dire e da dare su di un campo da tennis. Esce dal campo con un sorrisone compiaciuto dopo la bella vittoria, felice di esser tornato in campo e di essersi divertito. Saluta tutti, stinge mani, non si nega a nessuno perché lui ama la compagnia. Ama assaporare la vita. Passa anche vicino a noi, un cenno di saluto e via in doccia. Riappare dopo poco, vestiti casual, occhiali da sole d’ordinanza e borsone in mano. Abbraccia la compagna e volano via insieme, a bordo della sua auto cabrio. E’ l’immagine della salute, di un giovane uomo di nuovo felice.
    Quel 16 settembre è stata l’ultima volta che l’ho visto. Assurdo quel che è capitato un mese dopo. Assurdo che ad un ragazzo così pieno di vita la vita sia stata strappata via, lasciando in tutti coloro che gli volevano bene un vuoto che non si può colmare, una ferita che non si potrà mai rimarginare. Sono passati 7 anni, ma il freddo della cattedrale di Arezzo strapiena per l’ultimo saluto mi provoca ancora i brividi. Il cielo piangeva, all’interno un silenzio assordante fatto di centinaia di grida soffocate dal dolore, dal non accettare quel film che stava andando in scena. Non dimenticherò il dolore scolpito nei volti di Flavia, Potito e tutti gli altri. Non posso dimenticare la lacrima che scorreva sul volto di un coach conosciuto da tutti come “sergente di ferro”. Non posso dimenticare i tanti ricordi personali di Luzzi in campo, tra vittorie e sconfitte, esplosioni di rabbia e lampi di genio. Uno come Luzzi non lo puoi dimenticare.
    Ciao Fede.
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    Sinner e Alcaraz giocheranno una esibizione a Seoul il prossimo 10 gennaio

    Sinner e Alcaraz a Wimbledon 2025

    Prima due indizi social “molto concordanti”, poi ecco la notizia, diffusa dalla stampa coreana. Jannik Sinner e Carlos Alcaraz giocheranno un’esibizione il prossimo 10 gennaio 2026 a Seoul, denominata “Hyundai Card Super Match”. Quest’incontro, che diventerà di fatto un avvicinamento – se così lo possiamo chiamare… – al prossimo Australian Open, è stato sancito da una nuova partnership commerciale siglata da entrambi i tennisti con il noto brand automobilistico coreano. Infatti stamattina sia l’italiano che lo spagnolo hanno diffuso ognuno sui propri canali social una foto con una loro firma e un inequivocabile “ci vediamo in Corea”. Qui gatta ci cova… e infatti ecco che il quotidiano “The Chosun” ha riportato la notizia, l’annuncio di questa partita di esibizione tra i due.

    La partita andrà in scena presso la Incheon Inspire Arena, e un portavoce dell’azienda coreana ha affermato al giornale che “presto verrano diffuse tutte le informazioni relative ai biglietti, orari e tutto il resto di quest’avvenimento”.
    L’Australian Open 2026 scatterà con il main draw domenica 18 gennaio, quindi i due leader del tennis mondiale avranno una settimana per arrivare a Melbourne e studiare le condizioni del primo Slam in stagione, del quale Sinner è campione in carica nelle ultime due edizioni.
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    Volandri: “La porta per Sinner è aperta ma non mi aspetto un cambiamento. Credo che la Davis non si debba per forza giocarla ogni anno. E soprattutto serve una collocazione migliore”

    Filippo Volandri, Capitano del team italiano in Davis Cup

    Filippo Volandri, pur con dispiacere, accetta la decisione di Jannik Sinner di non essere disponibile quest’anno a giocare la Final 8 di Bologna, in scena la settimana successiva alle ATP Finals. Il capitano azzurro ha raccontato alla Gazzetta dello Sport di aver parlato molto serenamente con il n.2 del mondo a Vienna, e ha spaziato su molti temi interessanti: la non convocazione di Darderi (ricordiamo che si possono cambiare entro il 17 novembre), le motivazioni di Berrettini e anche sui problemi che continuano ad attanagliare la competizione, su tutti la pessima collocazione a fine anno quando tutti i giocatori sono prosciugati dalla durezza della stagione. Anche per Volandri questo è il vero problema, aggiungendo che non debba per forza giocarla ogni anno. Questi i passaggi più significativi dell’intervista del capitano italiano.
    “Sono stati due anni pesantissimi per Sinner per le motivazioni che sappiamo e Jannik ha speso tanto anche a livello mentale, ancora più che in campo” commenta Volandri. “Sia lo scorso anno che questo ha finito la stagione spremendo tutto ciò che aveva. Alla Davis ha letteralmente raschiato l’ultima goccia di energia dal barile. E la sua grandezza è che non lo fa mai sembrare: appare sempre in controllo, ma vi assicuro che arriva alla fine della competizione svuotato. (…) Quella settimana serve per staccare, per ricaricarsi davvero e resettarsi per puntare al 2026 dove, comunque avremo ancora le Finals in casa. Quello con la Nazionale è un impegno importante per tutti, ma va gestito con equilibrio visto che arriva alla fine della stagione. Tecnicamente la possibilità di convocarlo c’è, ma quando un team di quel livello prende una decisione di questo genere sulla programmazione poi è difficile cambiare in corsa. Noi restiamo disponibili, la porta è aperta, ma non mi aspetto un cambiamento”.
    Il rapporto con Jannik è ottimo, nessuna frizione per questa scelta del 4 volte campione Slam e due in Davis: “A Vienna ci siamo visti e abbracciati. Abbiamo chiacchierato con il team, con la famiglia. Mi ha raccontato della cotoletta che hanno preparato. C’è grande serenità nei rapporti”.
    “La squadra rimane molto forte. È ovvio che ogni capitano vorrebbe avere la rosa al completo con il suo giocatore più forte a disposizione. Ma proprio perché sono il capitano della Davis e ho giocato, cerco di normalizzare la cosa” continua Filippo. “È una decisione che, come ha detto anche il presidente Binaghi, fa male, ma non è né la prima né l’ultima volta che succede. Capita a tutti i giocatori, anche ai grandissimi. Zverev non l’ha giocata per anni, Federer e Nadal lo stesso. Ci sono stagioni che ti portano ad arrivare in determinati momenti in condizioni fisiche e mentali diverse. Siamo pur sempre a fine stagione, e ogni anno è diverso. Per Jannik questa è stata una stagione particolare, e lo sappiamo tutti”,
    A questo punto il leader “morale” della squadra sarà Matteo Berrettini, campione lo scorso anno proprio insieme a Sinner, e complessivamente vincitore di tutte le sei partite disputate tra i gironi di Bologna e la finale di Malaga: “Matteo nell’indoor ha picchi altissimi. È un giocatore da superfici rapide, anche se gli è mancata un po’ di continuità. Spero che in queste settimane ritrovi ritmo. Non ho dubbi sulla sua qualità, né come giocatore né come uomo squadra, è molto importante e lo ha dimostrato”.
    Musetti spera nella qualificazione alle Finals e proprio in quei giorni, tra Torino e Bologna, potrebbe nasce il suo secondo figlio: “Lui ha dato la massima disponibilità e noi lo aiuteremo a gestire la situazione nel miglior modo possibile. Io sono padre, capisco perfettamente cosa prova. Fino al giorno prima dell’inizio dell’evento si possono ancora fare sostituzioni, quindi c’è margine per valutare”.
    Darderi nel ranking è quarto tennista italiano, dietro Sinner Musetti e Cobolli, ma non è stato convocato… Questa la motivazione di Volandri: “Luciano ha fatto una bellissima stagione, ma è nato e cresciuto sulla terra rossa. È migliorato anche sul cemento all’aperto, ma sull’indoor deve fare ancora un po’ di esperienza e ne è consapevole. È un grande lavoratore, sta crescendo e la sua chance arriverà“.
    Questa la considerazione del capitano sui problemi della finale di Davis Cup, con i giocatori che arrivano provati dall’intensa annata di tornei individuali: “Io credo che non si debba per forza giocarla ogni anno. E soprattutto serve una collocazione migliore: non può stare nell’ultima settimana della stagione, quando tutti sono scarichi. Se la consideriamo importante, dobbiamo darle il posto che merita. Il problema è che è un evento ITF in un calendario ATP che non lascia altri spazi”.
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    Zverev miglior tennista a non aver vinto uno Slam? Secondo Kafelnikov no

    Alexander Zverev

    È numero tre del mondo Alexander Zverev, una posizione che quasi tutti i colleghi tennisti sognano e invidiano, ma lui non è affatto felice della sua stagione come più volte esternato in varie interviste, e ora è uscito con le “ossa rotte” pure dal torneo di Shanghai, masticando amarissimo dopo l’ennesima delusione. Un torneo quello cinese che si era aperto in modo incredibile a tutti vista l’assenza del n.1 Alcaraz e il ritiro di Sinner in preda ai crampi per le difficilissime condizioni di caldo umido che opprime da giorni e giorni quest’area del paese asiatico. Invece Sasha ancora una volta non ha colto l’occasione, sconfitto al terzo turno da Rinderknech, stesso avversario che lo estromise addirittura all’esordio all’ultima edizione di Wimbledon. E pensare che lo scorso anno, durante le ATP Finals, Zverev era convintissimo di aver la prima agognata vittoria in uno Slam molto molto vicina. Lo diceva a chiare lettere durante ogni intervista, “So cosa devo fare e mi sto avvicinando”. A Torino, con la stagione ormai alla fine, se ne stava in campo più di tutti, addirittura un’ora abbondante dopo ogni singolo match disputato perché gennaio e l’Australia erano dietro l’angolo e c’era uno Slam da vincere.
    C’è andato molto vicino il tedesco a Melbourne, ad un passo… ma la prepotenza tennistica di Sinner l’ha stoppato ancora una volta, in quella che è stata la sua terza finale major persa (US Open 2020, Roland Garros 2024, Australian Open 2025). Quella sconfitta netta sulla Rod Laver Arena fu molto più di una normale partita persa. Per lui è stato un vero schiaffo in faccia, la dimostrazione di come ogni sforzo profuso, anche quelli di una off-season quasi spesa interamente a lavorare invece di riposarsi, non fosse sufficiente. Tanto che alla ripresa dell’attività dopo il ritorno dall’Australia ha inanellato una serie di risultati molto negativi. Il tutto aggravato da un’altra situazione per lui terribilmente scomoda: lo stop di tre mesi dell’allora n.1 Sinner gli aveva messo sul piatto d’argento la possibilità di diventare primo nel ranking ottenendo ottimi risultati tra fine inverno e inizio primavera, c’era la matematica a confermalo a suo favore. Il suo destino e nelle sue mani, ma…, ancora una volta, tra tensione e qualche acciacco, Zverev non ce l’ha fatta e anche questo grande obiettivo è svanito. Con Sinner così tosto e continuo e il “nuovo” Alcaraz non solo strepitosamente forte ma ora pure costante come rendimento, il trono del tennis si è allontanato forse definitivamente per Zverev, e lui ne è dannatamente consapevole.
    Ha tantissime qualità Sasha, ma anche problemi irrisolti. Con quel fisico imponente non ti puoi permettere di restare troppo lì dietro a costruire e remane. Non è un caso che forse il miglior torneo in carriera l’ha disputato nella prima edizione delle Finals di Torino dove, forte di un servizio mai così efficace ed di un’attitudine super aggressiva, a scambiare ci stava ben poco e sbaragliò tutta la concorrenza, anche un Djokovic ancora fortissimo e un Medvedev che da lì a poco sarebbe diventato n.1 del mondo. Quella settimana magica di Torno è rimasta una fiammata. Non mai stato nemmeno particolarmente fortunato il tedesco. A Parigi 2022 tutti ricordiamo il suo terribile infortunio sofferto in campo in semifinale vs. Nadal, una partita durissima che Zverev forse avrebbe vinto se non si fosse spezzato 7 legamenti della caviglia in una brutta caduta, col piede bloccato nella terra, perché lo spagnolo sembrava essere molto vicino al limite delle sue energie, mentre Sasha aveva in quel momento ben altra tenuta (e in finale c’era Ruud, non Djokovic…). Il rientro non fu facile ma alla fine ce l’ha fatta. Slam escluso, che resta ancora lì, come un miraggio. Magari un giorno il tedesco ce la farà, se mai Alcaraz e Sinner per una volta non saranno “cannibali” e perderanno qualcosa per strada, non si può mai sapere. Al momento per moltissimi commentatori Zverev è il tennista più forte nella storia moderna del gioco a non aver mai vinto uno Slam. A rafforzare questo “scomodo” primato i tanti tornei vinti in carriera (24) tra cui vari Masters 1000, le due edizioni delle Finals e la posizione di n.2 del mondo.
    Non tutti però indicano Zverev come il miglior tennista senza uno Slam in bacheca. Tra questi il russo Yevgeny Kafelnikov, due volte campione Slam ed ex n.1, che rispondendo ad un post sui social sulla questione, tuona “Non c’è un tennista nell’intero universo senza un titolo Slam migliore di Marcelo Rios!”. Il leggendario mancino cileno, famosissimo per il suo braccio fatato quanto il suo caratteraccio, in effetti vanta un altro primato assai particolare: è ad oggi l’unico n.1 ATP nella storia moderna del gioco a non aver vinto alcun titolo Slam. Per lui solo la finale agli Australian Open 1988, dove fu battuto da Petr Korda. Rios effettivamente è stato un tennista fuori dal comune: nonostante un fisico a dir poco “normale” aveva un senso geometrico del campo e una capacità di governare la palla senza pari, tra arrotate e cambi di ritmo pazzeschi. Faceva in campo quel che voleva, ma ha sempre difettato di di visione e costanza di rendimento, tanto aver vinto molto rispetto al proprio talento.
    Il “migliore senza vittorie Slam” è il classico tema che scatena un bel dibattito. Che dire allora di “Gattone” Mecir, uno con due finali Slam perse e uno stile di gioco unico? O David Ferrer, altro agonista feroce ma capitato in un’epoca quantomeno scomoda. Tomas Berdych è certamente un altro candidato forte in questa categoria, come l’americano Todd Martin (due finali Slam) o Jo Tsonga. Per non dimenticare anche Nikolay Davydenko e Robin Soderling (due finali a Roland Garros). Chissà se mai Zverev uscirà da questa categoria, vincendo finalmente uno Slam. Per farcela dovrà sicuramente compiere un grande salto di qualità a livello di consistenza, velocità nel battere gli avversari nei primi turni per non consumare troppe energie, e spogliarsi da quelle titubanze e attendismo che troppe volte lo rendono passivo e conservativo. Un titolo Slam devi andare a prendertelo di forza, non te lo regala nessuno…
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    I migliori giochi da casinò ispirati al tennis per gli appassionati di tennis

    Dal Centre Court di Microgaming ai classici di Playtech, scopri le migliori slot machine e i migliori giochi da casinò a tema tennis per gli appassionati che amano sia lo sport che il gioco d’azzardo.

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    Alcaraz critica il calendario ma… finisce sotto accusa. “Come fai a prendere sul serio uno che si è iscritto a quasi tutte le esibizioni a dicembre?”

    Carlos Alcaraz (foto Getty Images)

    Il tema del calendario, la sua lunghezza e durezza che sottopone i giocatori a uno stress enorme, resta il più caldo di queste settimane attirando moltissimi commenti e anche aspre critiche. Ancor più se ti chiami Carlos Alcaraz, ti lamenti frequentemente senza peli sulla lingua ad ogni domanda relativa e poi annunci la presenza a un’esibizione dietro l’altra. Il n.1 del mondo di Murcia nel corso del recente torneo di Tokyo, da lui vinto nonostante abbia subito un problema alla caviglia nel corso del primo match vs. Baez, non ha perso occasione per rispondere ai cronisti che lo interpellavano proprio sulla fatica e difficoltà di giocare tanti tornei obbligatori nella stagione. A far scattare la polemica sullo status quo è stata Iga Swiatek, che si è lamentata a chiare lettere per i troppi impegni consecutivi del calendario WTA. Alcaraz ha sposato la linea della polacca, sottolineando come ai giocatori venga chiesto troppo e invocando un intervento per rivedere il calendario.
    “Sono d’accordo con Iga” ha dichiarato lo spagnolo dopo il successo al Japan Open. “Penso che il calendario sia davvero troppo fitto. Devono fare qualcosa. Ci sono troppi tornei obbligatori, troppi uno dietro l’altro. Hanno imposto delle regole: dobbiamo giocare i Masters 1000, i 500, qualunque essi siano. Ma ci sono troppe imposizioni e noi tennisti non abbiamo la libertà di scegliere se partecipare o meno“.
    “A essere sincero, in futuro dovrò valutare se saltare alcuni tornei obbligatori, per preservare la mia condizione fisica e mantenere una buona forma. Ma non è solo una questione di tenuta fisica: mentalmente è davvero logorante affrontare così tante prove consecutive senza giorni di recupero. Considererò l’idea di rinunciare a qualche appuntamento obbligatorio proprio per salvaguardare anche il mio equilibrio mentale. Concordo con Iga, e credo che molti altri giocatori finiranno per fare lo stesso”.
    Parole nette, quelle di Alcaraz, che però gli sono già valse un’ondata di critiche: il murciano, infatti, mentre da un lato denuncia i carichi del circuito, dall’altro ha scelto di iscriversi a molte esibizioni, a cominciare dal Six Kings Slam in Arabia Saudita, al via a metà ottobre, e poi altre in dicembre, nel mese che dovrebbe essere deputato al riposo e preparazione prima di viaggiare in Australia per la nuova stagione. Anzi, in Medio Oriente, dove ormai si riparte negli ultimi giorni dell’anno con… altre esibizioni. A scagliarsi senza mezzi termini contro lo spagnolo è stata Rennae Stubbs, ex coach di Serena Williams e da tempo stimata commentatrice dell’attualità tennistica. L’australiana ha messo in dubbio la coerenza delle dichiarazioni di Carlos Alcaraz, sottolineando come le lamentele dello spagnolo perdano forza alla luce delle sue scelte che lo vedono onnipresente nelle maggiori esibizioni.
    “Devo dire che è difficile prendere sul serio le parole di Alcaraz quando poi decide di aggiungere altro tennis e match oltre a quelli ufficiali. Per quanto adori Carlos, è a dir poco singolare: ho visto che si è letteralmente iscritto a quasi tutte le esibizioni di dicembre” afferma Stubbs nel suo podcast, dove si parlava anche di Laver Cup e del prossimo Six Kings Slam, due esibizioni ricchissime che vedono Carlos tra le stelle al via. Stubbs ha poi rincarato la dose, sottolineando l’incongruenza tra le richieste di Alcaraz e le sue scelte personali: “È difficile prendere sul serio le parole di chi dice che il calendario va alleggerito e poi corre a giocare esibizioni nei sobborghi di Miami a dicembre. Non è tanto una critica, quanto una constatazione: è un po’ incoerente. Ed è proprio questo che mi fa sorridere”.
    Alcaraz questa settimana ha deciso di rientrare in Spagna per rimettere a posto la caviglia sofferente dopo la storta rimediata a Tokyo, e quindi di salare il Masters 1000 di Shanghai. Tuttavia non ha al momento messo in dubbio la sua presenza in Arabia Saudita per il Six Kings Slam.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO