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    Djokovic e la caccia al 25° Slam: il dubbio di Becker e il peso della nuova generazione

    Novak Djokovic classe 1987, n.6 del mondo – Foto Getty Images

    Ogni Slam che passa sembra essere un ostacolo in più per Novak Djokovic nella rincorsa a quel leggendario trofeo numero 25 che continua a sfuggirgli. A Wimbledon 2025, il serbo è andato vicino all’impresa, ma ancora una volta è stato fermato da chi, oggi, sembra aver preso il suo posto al vertice: Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. E proprio su questa nuova gerarchia, Boris Becker – ex allenatore di Djokovic – ha espresso la sua analisi lucida durante un podcast con Andrea Petkovic.
    “È la grande domanda che tutti si pongono adesso,” ammette Becker. “Il vero problema per Novak è che, se vuole tornare a vincere uno Slam, dovrà molto probabilmente battere sia Alcaraz che Sinner. È successo proprio a Wimbledon, il torneo in cui secondo me aveva la migliore opportunità per conquistare il tanto agognato 25° major. Un torneo che ha già vinto sette volte e dove è arrivato per 14 volte in semifinale: sono numeri assurdi, quasi inverosimili.”
    Becker ha sottolineato anche il peso dell’età e degli acciacchi: “Dobbiamo ricordare che durante l’ultimo game contro Cobolli nei quarti si è infortunato, e a 38 anni è molto più facile avere problemi fisici. Nei primi due set con Sinner, però, mi è sembrato comunque in buona forma. Naturalmente, Jannik ha dimostrato di essere il giocatore migliore: per me è un Djokovic 2.0, una versione di Novak di quindici anni più giovane. E credo che anche Novak ne sia consapevole”.
    La domanda da un milione di dollariMa allora: Djokovic può ancora vincere un altro Slam o ormai è troppo tardi? “Mi fa piacere vedere che Novak sia arrivato di nuovo in semifinale in uno Slam, ma è sufficiente per lui? Lui gioca ancora a tennis perché vuole diventare l’unico a quota 25, vuole quel record assoluto. Ma bisogna essere realistici: nei loro giorni migliori, oggi Sinner e Alcaraz sono più forti di Djokovic nei suoi giorni migliori. È la realtà e può essere frustrante per lui, ma è così.”
    Becker non esclude la sorpresa, ma invita a ragionare con realismo: “La vera domanda è: quanto è realistico pensare che Novak possa ancora avere l’occasione per vincere un altro Slam? Il tempo sta finendo.” E se lo dice uno che di grandi sfide se ne intende, forse è il momento di guardare davvero in faccia la nuova era del tennis.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Zverev-Becker, tra tensioni e speranze: “Alexander può diventare numero uno e vincere uno Slam”

    Alexander Zverev nella foto – Foto Getty Images

    La tensione tra Alexander Zverev e Boris Becker resta uno dei temi più caldi del tennis tedesco alla vigilia di Wimbledon, ma nelle ultime ore il discorso si è arricchito di nuove sfumature. Tutto era iniziato dopo la sconfitta nei quarti di finale al Roland Garros contro Novak Djokovic, quando Becker — nei suoi ruoli di opinionista e coach — aveva espresso pubblicamente dubbi sulla composizione del team di Zverev e suggerito l’opportunità di aggiungere nuove voci per aiutare il campione di Amburgo a compiere l’ultimo salto verso i grandi traguardi della carriera.
    In particolare, Becker e la collega Barbara Rittner, durante la trasmissione Matchball Becker su Eurosport, avevano suggerito a Zverev di valutare qualche nuovo stimolo, spiegando che il gruppo guidato dal padre e dal fratello Mischa potrebbe beneficiare di impulsi esterni. Zverev, da parte sua, aveva replicato in modo diretto a Stoccarda: “Quando le cose vanno bene, faccio tutto giusto, quando vanno male, improvvisamente tutti sanno cosa dovrei fare. Anche Boris purtroppo fa parte di questo gruppo”, aveva detto il tedesco, chiaramente infastidito dalle critiche pubbliche.
    Ma, durante il torneo WTA di Bad Homburg, Becker ha abbassato i toni in una live del suo podcast con Andrea Petkovic, spiegando le sue reali intenzioni: “Sono dalla sua parte, voglio che vinca”, ha ribadito, sottolineando che le sue erano solo “possibilità di miglioramento o suggerimenti”. Becker ha poi aggiunto: “Sono convinto che possa diventare numero uno del mondo, sono convinto che possa vincere uno Slam. È il miglior tedesco in assoluto, per questo dico queste cose. Vedo il potenziale, vedo le chance”.
    Il punto centrale delle critiche di Becker resta l’evoluzione del team di Zverev, e la necessità di una voce nuova, magari esterna, per trovare quella marcia in più che manca ancora per arrivare al vertice assoluto. “Sta a lui continuare a svilupparsi”, ha spiegato Becker, che però ha anche sottolineato come il dialogo con Zverev resti buono: “Credo che in una buona collaborazione non sia necessario essere sempre d’accordo su tutto”.
    Nel frattempo, la stagione sull’erba ha comunque portato discreti risultati per Zverev: finale a Stoccarda, battuto solo da Taylor Fritz, e semifinale ad Halle, dove si è arreso a Daniil Medvedev. Ora arriva Wimbledon, con Zverev testa di serie numero tre e tante aspettative su di lui. Tra “buone vibrazioni” e critiche costruttive, la Germania continua a sperare che sia davvero l’anno della svolta definitiva. LEGGI TUTTO

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    “Inside”: Boris Becker rivela la copertina e dettagli della sua autobiografia

    Boris Becker

    “Finalmente sono orgoglioso di rivelare la copertina della mia autobiografia: INSIDE. Winning, Losing, Starting again”. Così Boris Becker, uno dei più grandi e discussi talenti del tennis moderno, lancia via social il suo libro autobiografico, con uscita in libreria (anche in italiano) il prossimo settembre. “Questo è il contributo più personale che abbia mai scritto” continua Becker. “È una riflessione su una delle esperienze più difficili della mia vita, incluso il periodo trascorso in prigione, e su tutto ciò che è successo prima e dopo. Ho scritto dei trionfi, dei fallimenti e di cosa significhi davvero ricominciare da capo quando si è toccato il fondo. Oggi presento le prime edizioni in diverse lingue, e altre arriveranno presto”.

    I’m proud to finally reveal the cover of my book:
    INSIDE.Winning, Losing, Starting again.
    This is the most personal I’ve ever been. It’s a reflection on one of the toughest experiences of my life — including my time in prison — and everything that came before and after.… pic.twitter.com/BXLwyBmj7j
    — Boris Becker (@TheBorisBecker) June 16, 2025

    Becker stupì il mondo della racchetta nell’estate del 1985 quando a soli 17 anni distrusse a furia di servizi imprendibili, bordate mai viste prima e colpi di volo acrobatici tutti gli avversari a Wimbledon, diventando il campione più giovane nella storia di Championships, un record molto difficile da battere. Ne vincerà altre due di titoli a Londra, e altri tre Slam in carriera, insieme ad alcune edizioni delle Finals e della Davis Cup. Un personaggio unico, dotato di un carattere tanto potente quanto il suo tennis, con scelte di gioco e di vita che gli sono costate anche dure critiche e sconfitte pesanti. Lui in qualche modo ne è sempre uscito fiero di se stesso. La dura esperienza del carcere l’ha toccato nel profondo, come raccontato già alcune recenti interviste che abbiamo riportato. Attualmente è commentatore nei grandi eventi tennistici, anche se da tempo in Germania si vocifera di un suo possibile ingresso nel team di Sasha Zverev.
    Boris è stato un personaggio unico, divisivo, dirompente. Il suo avvento ha cambiato la direzione dello sport come pochi altri nella storia del tennis Open, e forte è stato il suo impatto anche come coach a fianco di Djokovic in alcune stagioni vincenti del serbo. Per questo è grande la curiosità per conoscere nuovi dettagli ed esperienze della sua vita in un’opera scritta in prima persona.
    Marco Mazzoni  LEGGI TUTTO

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    Roland Garros 2025: una finale indimenticabile che ci ha lasciato con la voglia di ancora. Boris Becker “Perdere una finale di uno Slam con match point a favore, servendo addirittura per il titolo, è una delle esperienze più dure che un tennista possa vivere”

    Boris Becker nella foto – foto getty images

    Per quanto la finale del Roland Garros 2025 sia durata 5 ore e 29 minuti, la sensazione che ha pervaso tifosi e appassionati è stata unanime: non ne avevamo abbastanza. Un incontro così intenso, combattuto e carico di emozioni ha lasciato un vuoto difficile da colmare. Le ore successive sono scivolate via in una sorta di trance collettiva, mentre il lunedì ha portato con sé quella malinconia dolceamara che solo il grande sport sa regalare.
    A cercare di dare voce a ciò che è accaduto in campo sono arrivati gli esperti, quelli che certi palcoscenici li conoscono bene, li hanno vissuti da protagonisti. Tra loro, Boris Becker, intervenuto ai microfoni di TNT Sports, ha offerto una riflessione profonda e sentita, soffermandosi in particolare sulla delusione di Jannik Sinner, grande protagonista e, al tempo stesso, grande sconfitto di questa finale epica.
    “Per Sinner questa partita è stata qualcosa di brutale,” ha detto il sei volte campione Slam. “Perdere una finale di uno Slam con match point a favore, servendo addirittura per il titolo, è una delle esperienze più dure che un tennista possa vivere. Non credo ci sia nulla di peggio, ma può essere fiero di quello che ha mostrato. Ha lottato come un vero campione e ha giocato il miglior tennis della sua carriera su terra battuta. Sono certo che un’occasione così tornerà, magari la prossima volta con un epilogo diverso.”
    Becker ha poi voluto sottolineare come una partita di questo livello possa nascere solo dall’eccellenza assoluta di entrambi i contendenti. “Dobbiamo dire grazie a tutti e due. È stato quasi un miracolo che Carlos sia riuscito a vincere, perché Jannik aveva il match nelle sue mani e stava giocando un tennis quasi perfetto. Credo sia stato il miglior incontro che abbia mai visto dal vivo. Il livello espresso è stato irreale, da manuale del tennis. È una lezione per tutti i bambini che lo hanno guardato: l’atteggiamento, la correttezza, l’assenza totale di scuse, la capacità di trovare soluzioni per oltre cinque ore. Hanno colpito la palla in modo incredibile, si sono spinti oltre ogni limite. Per la prima volta nella mia vita, ho desiderato che finisse in pareggio.”
    Parole importanti, che assumono ancora più valore se pensiamo alla carriera di Becker, uno dei grandi del tennis mondiale, pur mai vincitore di uno Slam sulla terra. Oggi, a 57 anni, il tedesco guarda con ammirazione a una nuova generazione che sta raccogliendo l’eredità dei giganti del passato. Con sei Slam all’attivo, Becker è il primo a riconoscere che sia Carlos Alcaraz che Jannik Sinner sono destinati a superarlo, sia per titoli che per settimane da numero 1 del mondo. Una consapevolezza che non lo rattrista, anzi, lo entusiasma.
    “Abbiamo già vissuto match così con Federer, Nadal e Djokovic, quei duelli epici che ci hanno accompagnato per più di quindici anni,” ha concluso Becker. “E domenica ho visto esattamente quel livello in Carlos e Jannik. È stato un incontro straordinario, e mi dispiace profondamente che uno dei due abbia dovuto perdere. Ma questo è il tipo di partite per cui ci si allena tutta la vita. Le partite che ti fanno innamorare di questo sport.”
    Una finale da leggenda, un racconto che andrà oltre il punteggio. Perché ci sono incontri che non si dimenticano. Si custodiscono, si rivivono e, soprattutto, ci fanno capire perché amiamo così tanto il tennis.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Becker a cuore aperto: “Finire in prigione è stata la sveglia di cui avevo bisogno per iniziare una nuova vita. La classe politica attuale è pessima e ha dimenticato gli errori del passato”

    Boris Becker ai Laureus 2025

    Boris Becker è diverso, lo è sempre stato. Non vinci Wimbledon a 17 anni per caso, è uno di quei personaggi che hanno un’aura particolare, divisivo e mai scontato. Ha toccato il cielo con un dito senza esser pronto a tutto questo e il suo modo unico e tutto personale di vivere la carriera e la vita gli è costato errori clamorosi, che ha pagato a caro prezzo finendo addirittura in prigione. Dai più grandi titoli alle cadute più rovinose ne è sempre uscito a testa alta e maturando ha acquisito una consapevolezza diversa, passando da uno che si sentiva invincibile a uomo risoluto e pazienze, fiero delle sue esperienze ma ora assai umile. Boris ha rilasciato una bella e toccante intervista a El Pais, a latere dei Laureus Award della scorsa settimana. Ha spaziato su molti temi della sua vita e non solo, per questo è interessante riproporre i punti salienti del suo pensiero perché le sue parole fanno indubbiamente riflettere, in particolare quando parla dei suoi errori e di quelli che nel mondo attuale sta commettendo anche per colpa di una politica non all’altezza dei tempi difficili che stiamo vivendo. Una critica alla società pungente quanto il suo servizio, imprendibile sui prati londinesi e non solo.

    “A volte ho avuto davvero molta paura e ho pagato per i miei errori, ma ho sempre imparato molto di più dalle mie sconfitte che dalle mie vittorie“, riflette Becker. Il campione tedesco ricordiamo è stato condannato nell’aprile 2022 a due anni e mezzo di carcere dopo essere stato riconosciuto colpevole di quattro capi d’imputazione ai sensi dell’Insolvency Act del Regno Unito per non aver dichiarato correttamente parte dei suoi beni nella procedura fallimentare. Dopo meno di otto mesi trascorsi nel carcere londinese di Wandsworth, è stato rilasciato nel dicembre dello stesso anno, dopo aver trascorso 231 giorni dietro le sbarre. Dopo essere stato deportato dal Regno Unito, si recò presto in Germania per ricominciare una nuova vita, più consapevole.
    “Mi è successo nel tennis, e mi è successo nella vita. Anche con il carcere. Quando hai il successo che avevo io da giovane, dai per scontato che andrà sempre bene, che sei invulnerabile. E non lo ero. Ho dovuto imparare che la maggior parte delle persone non vince, che la vita è difficile. Subire una sconfitta dura come quella del carcere è stato il campanello d’allarme di cui avevo bisogno per cambiare. Mi ha reso un uomo molto migliore di quanto non fossi prima di entrare. È stata come una sveglia per iniziare un cammino diverso come uomo”.
    Già prima del carcere, i problemi di Becker erano stato sbattuti in prima pagina dalla feroce stampa britannica e questo fu già un primo prezzo importante da pagare. “Ho perso completamente la mia privacy, una perdita che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico. Sono stati anni molto difficili per me; vivere così è insopportabile. È stato un incubo, ma alla fine fa parte del processo, e ora sono in pace con la vita. Tutto quello che mi è successo è una conseguenza dei miei successi. Se non avessi vinto Wimbledon a 17 anni, se non fossi stato il numero 1 del mondo, se fossi stato semplicemente un tennista mediocre, non avrei sofferto di tutti questi problemi. Sono due facce della stessa medaglia, e ora lo accetto, ma ci sono stati momenti in cui avrei solo voluto sparire”.
    Errori, ma sempre a testa alta, come in campo dopo le sconfitte: “Non provo risentimento per il mio passato, anzi… Ripenso alla mia vita con grande orgoglio. È stata intensa, non sapevo di poter vivere così tante esperienze in 57 anni. Dopo un po’, il tennis è diventato noioso perché sapevo esattamente cosa dovevo fare per vincere. Una volta che lo fai più e più volte, non c’è più alcun mistero. Mi sono annoiato e ho voluto provare cose nuove. Ed è quello che ho fatto. Alcune cose le ho azzeccate e mentre in altre ho commesso gravi errori, ma ho vissuto esperienze che non avrei mai pensato di poter vivere, e sono ancora qui a insegnare ai miei quattro figli senza che debbano imparare dai libri di testo”.
    Parlando della società, Becker critica duramente la situazione attuale, un mondo che sto tornando sempre meno tollerante. Ma anche quando sposò la modella Barbara Feltus in patria su aspramente criticato. “Ho preso decisioni familiari che hanno avuto ripercussioni pubbliche, ma mi sembrano del tutto normali perché non mi interessa il colore della pelle delle persone. Ho figli di etnia mista e li vedo soffrire le stesse cose che ha sofferto la loro madre. Pensavo che avessimo imparato dal passato, ma purtroppo non è così. Come società, stiamo commettendo gli stessi errori di 20, 40 o 60 anni fa. È molto deludente. La domanda è perché? Credo che la qualità dei politici di oggi non sia all’altezza di quella che avevamo 40 anni fa, quando fu creata una grande Europa. In Germania, ad esempio, c’era una grande consapevolezza che quanto accaduto in passato non si sarebbe ripetuto, eppure eccoci qui con un partito di estrema destra [AfD] che raccoglie milioni di voti. E non è solo in Germania… Molti paesi occidentali non hanno imparato dagli errori del passato e stiamo vivendo un’epoca pericolosa in questo senso. Onestamente, sono cresciuto sperando che avremmo creato un mondo migliore di quello dei nostri nonni e che avremmo posto fine a tutti questi movimenti, ma mi sbagliavo. Siamo tornati al punto di partenza”.
    L’intervista si chiude con un parere su Alcaraz che, tra il forfait a Madrid e l’uscita del documentario, è sulla bocca di tutti gli appassionati. “Alcaraz ha una pressione molto difficile da sopportare perché c’è un solo Rafa. Detto questo, Carlos sta lasciando il segno a modo suo. È ancora molto giovane e il suo meglio deve ancora venire, ma è impossibile prevedere per quanto tempo un tennista rimarrà al vertice. Spero che Carlos giochi per altri 10 o 15 anni perché per me è il tennista più entusiasmante del mondo da vedere in questo momento, ma gli spagnoli, soprattutto i giornalisti, devono stare attenti e non giudicarlo così severamente ogni volta che perde una partita perché è un giocatore molto diverso da come era Nadal. Carlos ha più talento naturale, ma il cuore di Rafa non lo avrà nessun altro atleta nella storia. Carlos è fantastico, Novak [Djokovic] e Roger [Federer] sono leggende, ma Rafa era a un livello di competitività diverso”.
    Nei mesi scorsi si parlava con insistenza di un possibile ingresso di Becker nel team di Zverev, da super-coach, per provare ad alzare il livello del gioco del connazionale e vincere finalmente quello Slam che tanto manca nella sua carriera. Vedremo se questo matrimonio si realizzerà o meno. Certamente la personalità e visione di Boris potrebbero essere quel valore aggiunto che finora è sempre mancato a Sasha. Quando hai acanto uno come Becker, la giornata scorre diversamente, e le sue parole non possono non toccarti dentro.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Becker: “Per diventare n.1 nella tua testa deve esserci solo il tennis”

    Becker premia Sinner come n.1 a Torino lo scorso novembre (foto Brigitte Grassotti)

    Raggiungere e mantenere la prima posizione nel ranking ATP è forse l’impresa più dura per un tennista perché oltre alla qualità di gioco serve una costanza di rendimento in partita e anche negli allenamenti che non lascia spazio a nient’altro. Così Boris Becker in un evento in Germania ha parlato sulle difficoltà di raggiungere la vetta della classifica mondiale. Nella sua carriera è riuscito in quest’impresa, ma ammette che i suoi principali rivali (Lendl ed Edberg su tutti) erano più consistenti e si sono meritati un maggior numero di settimane in cima alla classifica. Per questo secondo il tedesco Sinner è un vero numero 1: ha qualità e costanza di rendimento, con la testa totalmente focalizzata nella carriera e nell’eccellenza.
    “Per diventare n.1 nel tennis devi essere un po’ pazzo, un po’ egoista nel senso che la tua vita è solo il tennis”, racconta Becker. “Per essere disposto a fare ciò che serve, tutta la tua vita deve riguardare il tennis. Non può esserci niente di più importante che vincere la prossima partita”.
    “Mantenere quell’intensità per molto tempo è difficile, ma penso che tutti noi che ce l’abbiamo fatta avevamo questa mentalità folle di fare ciò che serve per vincere ogni partita. È un grande risultato raggiungere il n. 1, che si tratti di una settimana, 12 settimane o 350 settimane”.
    Becker in carriera è stato sul trono del tennis maschile solo per 12 settimane (9 consecutive), poco rispetto alle 72 di Edberg, le 101 di Agassi, o naturalmente le 270 di Lendl e 282 di Sampras. Anche Wilander, con 20 settimane, ha fatto meglio del tedesco. “Il trucco per restare lassù è la costanza, settimana dopo settimana. Raggiungere sempre la finale o vincere i tornei, è questo che alla fine ti porta lì e ti fa rimanere il n. 1. Negli anni ’80, ero ancora un adolescente. Ho fatto grandi tornei, ma poi ho avuto settimane nella media, nelle quali non riuscivo a dare il mio massimo. Ivan, Mats [Wilander] e Stefan [Edberg] sono stati più costanti nell’arco 52 settimane. Questo è cambiato all’inizio degli anni ’90.”
    Boris infatti divenne n.1 del mondo il 28 gennaio 1991, all’indomani del suo primo successo all’Australian Open (battendo Lendl in finale). Restò leader in classifica solo per 3 settimane, superato nuovamente da Edberg, che restò n.1 fino al 7 luglio ’91. I punti persi dello svedese con la semifinale persa a Wimbledon da Stich (che poi vinse il torneo su Becker in finale) costarono ad Edberg un nuovo sorpasso di Becker, che a sua volta rimase n.1 per altre 9 settimane, fino all’8 settembre 1991. La straordinaria cavalcata vincente di Stefan a New York, con la sua prima vittoria a US Open, riportarono il Maestro del serve and volley in vetta alla classifica per altre 22 settimane, mentre Becker non riuscirà più a tornare n.1.
    Proprio la combinazione di qualità di gioco e costanza di rendimento hanno portato Jannik Sinner a diventare n.1 del mondo e restare saldamente al vertice. Così Becker sull’italiano: “Quando Jannik è diventato n.1 in classifica non sono rimasto sorpreso. Lo conosco da molti anni ed è sempre stato un ragazzo talentuoso, ma ciò che era evidente era la sua determinazione. Ha sempre messo tutto in gioco per il tennis. Viveva e respirava tennis, ha lasciato la sua casa a 13 anni per diventare il miglior tennista possibile.  La costanza del suo rendimento è notevole, ha sempre un livello molto alto e non scende mai sotto quel livello. Penso che rimarrà attorno al numero 1 per molto tempo”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Boris Becker punge Mpetshi Perricard dopo la sconfita a Indian Wells

    Boris Becker nella foto – foto getty images

    Boris Becker, una delle più grandi leggende della storia del tennis, famoso per il suo servizio potente e letale, torna a far parlare di sé sui social media. Questa volta, il tedesco ha commentato ironicamente la sconfitta subita dal giovane talento francese Giovanni Mpetshi Perricard, battuto da Tallon Griekspoor nel Masters 1000 di Indian Wells 2025.
    “Che fine ha fatto il miglior servizio del tennis?” ha scritto Becker sul suo profilo ufficiale di X, rivolgendosi chiaramente a Perricard. Un commento pungente che non è passato inosservato, soprattutto considerando che il francese è una delle attuali rivelazioni del circuito ATP, noto per il suo ruolo tra i nuovi “servebots”, quei giocatori particolarmente specializzati nel servizio potente e spesso imprendibile.

    Whatever happened to the biggest serve in the game …. https://t.co/ZmzIZhOuad
    — Boris Becker (@TheBorisBecker) March 9, 2025

    Questa uscita del campione tedesco ha sollevato diverse reazioni sui social, alimentando ulteriormente l’immagine di Becker come personaggio spesso al centro di polemiche e discussioni online.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Chi per il dopo Cahill? Questo il nome più “funzionale”

    Jannik Sinner (foto Getty Images)

    La miglior risposta alla domanda inserita nel titolo è banalmente… Darren Cahill. “Proverò a farti cambiare idea” afferma Jannik Sinner nel corso della premiazione dell’Australian Open 2025, ma conoscendo il rigore, fermezza e serenità del coach australiano, non sarà facile per il n.1 far tornare l’allenatore sui propri passi e così continuare il percorso vincente di tennis e di vita. Sinner in un dopo partita a Melbourne l’ha combinata “grossa”, si è fatto scappare che Cahill avrebbe deciso di fermarsi al termine di questa stagione. Non lo doveva dire, si è scusato col coach che con un sorriso e una pacca sulla spalla l’ha rassicurato, tutto ok. Questo è uno dei segreti del “Little killer”, il modo in cui prende il lavoro e la vita. È sereno perché è forte delle sue idee e sicuro della sua condotta, irreprensibile, tanto da emanare un carisma e una positività che magicamente contagia chi gli sta intorno e diventa uno scudo potentissimo contro ogni avversità. Mi piace definire Cahill il più grande ammiraglio del tennis mondiale, nessuno ha navigato tutti i mari della disciplina quanto lui, conosce il gioco e sente come pochi altri lo spirito umano. Ha empatia, sa ascoltare e parla poco, centellinando le sue parole che diventando dardi al miele pronti a colpire il cuore e la testa dei suoi assistiti. Ho avuto la fortuna di fare una chiacchierata con lui a Roland Garros qualche anno fa. È impressionante il carisma che emana, la sua straordinaria passione per il gioco e per comprendere la personalità di chi gli sta di fronte. Con lui entri spontaneamente in sintonia quando avverte che dall’altra parta c’è disponibilità al confronto, e tutto diventa come magico. È il Re Mida del tennis perché è oculatissimo a scegliere con chi lavorare, persone disponibili ad aprirsi e capire senza pregiudizi, e il suo contributo diventa eccezionale perché riesce a toccarti dentro e ti cambia. In meglio.
    Nell’ambiente già lo scorso autunno girava la voce di un possibile clamoroso addio di Cahill dopo le ATP Finals. L’indiscrezione è rimasta riservata, ma ammetto che nel corso di ogni press conference di Sinner a Torino avevo il timore che lui o Jannik potessero uscire con questa cosa, soprattutto il giorno della vittoria. Per fortuna la cosa è rientrata, almeno per il 2025, ma pare che questa possa essere davvero l’ultimo ballo del coach. È comprensibile. Darren è persona che ama terribilmente il tennis e l’ambiente, stare sul campo e con persone eccellenti umanamente come Jannik, ma sono 40 anni che gira per il mondo, la fatica inizia a farsi sentire. Anche la difficoltà di prendere di petto – forte della sua esperienza – la bomba atomica scoppiata lo scorso marzo con la positività al Clostebol avrà sicuramente pesato, quei mesi gestiti in prima persona saranno pesati come anni sulle sue spalle… se lascia è comprensibile e va solo ringraziato per la qualità che ha portato nel tennis, da Hewitt a Sinner passando per Agassi e tanti altri. Soprattutto, se Jannik non riuscirà a convincerlo e dopo le prossime Finals sarà addio, chi scegliere al suo posto? Un bizzarro “toto allenatore” calcistico è già scattato prontamente, con i nomi più strani e improbabili. Eppure una soluzione, la più funzionale, credo ci sia.
    Becker, Agassi, Ljubicic, Moya, Norman, McEnroe… questi alcuni dei nomi usciti. Scarterei immediatamente il grande mancino newyorkese. John ha indubbiamente carisma e il gioco lo conosce, ma il coach non l’ha mai fatto per davvero e soprattutto è personaggio fuori dagli schemi, un front runner abituato a far tutto a modo suo. Un carattere estremo che ritengo possa aver più di una difficoltà ad inserirsi in un team consolidato e sereno senza portare rotture e squilibri. Uno dei segreti di Sinner è la serenità che cerca intorno a sé. Inserire nelle sue routine e giornate una persona come McEnroe potrebbe rivelarsi un detonatore, per quanto la visione dell’americano possa anche essere di un certo interesse da un punto di vista tecnico.
    A livello umano, di serenità, cultura del lavoro e attitudine a fare squadra, assai meglio allora Carlos Moya, attualmente disoccupato dopo il ritiro dell’amico Nadal. Anche questa strada tuttavia non so quanto sia praticabile, perché il bel Carlos ha accettato di lavorare con Rafa perché i due sono amici da sempre, e tra conterranei come loro si crea una condivisione naturale. Oltretutto l’apporto di Moya al gioco già fortemente strutturato di Nadal è stato quasi minimo, gli è sicuramente servito più a livello umano di vicinanza e condivisione, una persona forte e amica al fianco. Se Sinner sarà costretto a trovare un nuovo membro del suo tennis, ritengo sia meglio inserire qualcuno che possa portare novità a livello di gioco. Moya magari può farlo, ma… non so se avrà voglia di farlo e per lui sarebbe una novità farlo. Lo vedo sinceramente di più a lussureggiare sulle spiagge della sua Maiorca che in giro con Sinner per una nuova avventura tennistica.
    Chi invece è sempre sul pezzo e lavora tutto l’anno con passione è Magnus Norman, che oltre alla sua avviata accademia (GTGT in Svezia) ha accettato di accompagnare di nuovo Wawrinka nella fase conclusiva della sua bellissima carriera. Norman è uomo di campo e di gioco. Ha dato un contributo eccellente a far esplodere il talento di Dimitrov, dando struttura a un gioco un po’ debole nel complesso, e convinto Wawrinka a lavorare come un pazzo per far diventare quelle “sassate” in spinta un tennis più completo e continuo. I risultati parlano per lui. Da buon svedese è persona seria e serena, quindi la sua candidatura è tutt’altro che peregrina, e già infatti se n’è era parlato per Sinner quando avvenne il traumatico distacco da Piatti. C’è una sola cosa che forse stride a quest’ipotesi: Norman è forse “troppo simile” a Vagnozzi, hanno due approcci quasi identici. Forse Jannik avrebbe bisogno di un supporto diverso, che sia un valore aggiunto e non un tecnico-2.
    In questo potrebbe allora funzionare Andre Agassi. Carisma totale, grandissimo amico di Cahill, per assurdo sarebbe un passaggio di testimone quasi indolore. E vi sono anche molte analogie tecniche tra Sinner e Agassi. “A volte ci sentiamo e mi interessa molto sentire il suo parere su Jannik”, ha affermato di recente Darren. Che sotto sotto il coach australiano non stia già lavorando alla propria sostituzione? Di sicuro il Kid di Las Vegas porterebbe nel team Sinner empatia, grande visione di gioco, quella stessa cultura del lavoro e del dettaglio che proprio grazie a Cahill ha affinato negli ultimi anni di carriera e che la carriera gli ha allungato. È una candidatura forte, interessante e con potenziale positivo; resta da vedere se Agassi avrà voglia e tempo di seguire almeno 30 settimane all’anno Sinner. Ha moltissimi impegni nella sua Las Vegas e ultimamente si è buttato a capo fitto nel Pickleball, diventando una sorta di ambasciatore di questo nuovo sport di racchetta. Conoscendo Sinner, sceglierà una persona che stia con lui molto tempo e per lavorare, non qualcuno pronto a seguirlo “a gettone”.
    A livello di personalità, Boris Becker potrebbe essere un altro candidato, ricordando in particolare l’ottimo lavoro fatto in passato con Djokovic. Profondo conoscitore del gioco d’attacco e del servizio, ha aiutato tanto Novak a migliorare i suoi schemi offensivi, dando al gioco del serbo un’altra dimensione. Prima del suo arrivo, mai Djokovic cercava il vincente sull’uno-due, su erba le sue prestazioni ancora erano non così sicure, e i due insieme hanno iniziato a lavorare su di un servizio più efficace. La loro collaborazione si interruppe in modo un po’ brusco perché alla fine due caratteri così forti si scontrarono inevitabilmente, e Boris non è uno che ama abbassare la testa e zittirsi. Becker ha l’aura di chi tende a dominare, questo potrebbe essere il suo limite inserendosi in un team già coeso e vincente come quello di Sinner. La sensazione è che Jannik possa inserire più facilmente qualcuno che arriva con un bagaglio ricco di idee ma che non voglia a tutti i costi prendere il timone.
    Ljubicic potrebbe essere l’uomo giusto, per vari motivi. Intelligente come pochi, analizza il tennis con il dettaglio grandi, e poi basta ricordare quanto bene ha lavorato con Federer, forte dell’esperienza maturata con Riccardo Piatti. E Jannik alla fine resta un prodotto di Piatti per cultura generale e radici, quindi l’inserimento nel team Sinner per il croato sarebbe immediato. Ma Ljubo ha un impegno molto importante in FFT, e non so quanto facile possa esser per lui liberarsi, e quanto anche abbia voglia di rimettersi in gioco in prima persona ogni giorno sul tour, lasciando un incarico prestigioso – e ben remunerato – senza dover viaggiare di continuo.
    Quindi, tirando le somme, chi potrebbe essere l’uomo ideale per sostituire Cahill, oltre allo stesso Cahill? A mio avviso, se Jannik non riuscirà a far cambiare idea a Darren, dovrebbe puntare deciso su Goran Ivanisevic. Per una serie di ragioni molto semplici, e la semplicità in sistemi complessi come la gestione di un n.1 tennistico resta vincente. Goran ha ottenuto risultati eccezionali da coach sia con Cilic che con Djokovic. È stato bravissimo ad inserirsi in team già collaudati apportando del suo senza scombinare troppo quel che già funzionava. Parla pochissimo ma quelle 5-6 parole che dice sono esatte, vanno dirette al bersaglio. È ruvido al punto giusto per esser rispettato e capito, e sa stare al suo posto. Conosce alla perfezione Panichi e Badio per aver già lavorato con loro, e soprattutto potrebbe apportare nel tennis di Sinner quelle migliorie a servizio e schemi offensivi che anno aiutato Djokovic a diventare quasi imbattibile in molte stagioni passate insieme.
    Se ci pensiamo bene, la traiettoria di carriera di Sinner sta andando verso quella di Djokovic: sempre meno un tennista che spacca la palla e tira mazzate sulle righe; sempre più un giocatore completo, duttile, pronto ad attaccare per primo come attendere, difendere e contrattaccare; lucido nelle scelte, pronto a capire l’esigenza del momento e applicare lo schema più efficiente per vincere il punto. Il servizio di Jannik è molto migliorato, ma c’è ancora molto margine di crescita. Enormi sono invece gli spazi per capire, affinare e metabolizzare gli schemi offensivi, dalla scelta del momento dell’attacco, alla posizione sul campo, alla frenata per preparare l’impatto di volo e la tecnica esecutiva. Vagnozzi è maestro di tennis vero, con Ivanisevic avrebbe a suo fianco un supporto di qualità, forte di un carisma importante e grandissima esperienza. Goran è ancora giovane, motivato, pronto a rimettersi in gioco dopo la breve parentesi con Rybakina che oggettivamente ha sorpreso tutti e che tutti abbiamo pensato da subito che sarebbe durata ben poco…. Ivanisevic potrebbe essere la scelta migliore, quella più funzionale, se Cahill smetterà e se Ljubicic non si libererà. Alla fine, Sinner e il suo team sapranno scegliere al meglio. C’è tutta una stagione per pensarci ed operare la scelta più corretta. Tutto lascia pensare che non sbaglieranno. 
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO