Jannik Sinner e Carlos Alcaraz nella finale di Wimbledon 2025
Sinner e Alcaraz, così uguali, così diversi. Due talenti immensi, accomunati da colpi straordinari e una classe cristallina, ma agli antipodi in tutto il resto, incluso il modo di approcciarsi alle difficoltà e differenze – spesso nemmeno così enormi rispetto al passato – che si trovano tra un evento e l’altro. L’ennesima conferma arriva da questa settimana e il rinnovatissimo torneo di Parigi. Dalla storica sede di Bercy, ormai inadeguata agli standard imposti dall’ATP per tornei di questa categoria, si è passati a La Defense, uno “scatolone” gigantesco allestito per le esigenze del tennis dal rugby. I campi lo scorso anno all’Accord Arena furono tra i più veloci del 2024, una resina bella compatta e scivolosa rendeva la palla pronta a schizzare via dopo il rimbalzo; forse fin troppo per le medie dei nostri giorni tanto che Pioline e la direzione tecnica del torneo parigino hanno scelto scientemente di “rallentare”, per avvicinarsi maggiormente alle condizioni che di solito i giocatori trovano a Torino alle Finals. Si è forse rallentato il manto fin troppo, ma ormai così è. Quel che è stato anticipato dal direttore del torneo è stato confermato dai giocatori, fin dai primi allenamenti. Morale della favola: un campo davvero lento, tanti scambi, la palla che “non va” e… clamorosamente a farne le spese è stato niente meno che Carlos Alcaraz, inferocito da condizioni che lui stesso ha definito non così lontane dalla terra battuta (…dove lui quest’anno è stato dominante) e battuto a sorpresa, pure in rimonta, da Cameron Norrie.
La sorpresa è stata clamorosa. Al coperto Alcaraz non si trova esattamente “a casa”, anche se la faccenda è curiosa visto che la possibilità di impattare la palla alla perfezione senza disturbi dovrebbe in teoria agevolare uno con la sua velocità d’esecuzione… Ma oltre a questo stride il contrasto totale tra le dichiarazioni di Carlos dopo la partita di Parigi e quelle che mediamente rilascia rispetto al tenore di Jannik sul discorso condizioni/adattamento. In questo i due leader del tennis mondiale sono davvero all’opposto, azimut e zenit…
“Non sento la palla, zero. Non posso giocare qui, impossibile. È come giocare sulla terra, peggio che a Monte Carlo. Solo il servizio si salva”, urlava Alcaraz al suo angolo nel corso del match contro Norrie. “Non ricordo un match recente in cui non sentissi niente. Forse uno lo scorso anno, ma non come questo. È una sensazione terribile” ha rincarato poi la dose nella press conference. Non è prima volta che lo spagnolo è assai critico con le condizioni di un torneo, delle palle, di un passaggio da quelle del precedente al successivo. Anzi, questo tenore è il praticamente il suo standard, una attitudine a criticare ormai consolidata, incluso il discorso dei troppi impegni del calendario, nonostante nell’ultimo periodo la sua programmazione si arricchisca di ogni esibizione possibile. Non è una critica, è un dato di fatto rilevabile dalle sue parole e dal suo fittissimo calendario di impegni.
Jannik vive il tutto con un distacco e approccio totalmente differente. Non serve andare ad estrapolare una frase in particolare di un determinato torneo per averne la conferma. Il nostro Enrico Milani l’ha ascoltato ieri nel media day a Parigi, e ha riportato Sinner affermare “Per me questa è una superficie un po’ diversa, né lenta né veloce. Muoversi qui non è semplice: a volte si scivola, altre no. È un tipo di campo su cui in passato ho sempre avuto un po’ di difficoltà, ma è solo una questione di fiducia. Ho giocato mezz’ora ieri e un’ora oggi: il mio feedback è ancora limitato, vi saprò dire di più dopo la prima partita. È solo questione di abituarsi e ritrovare ritmo”. Allenarsi, trovare ritmo e fiducia. Abituarsi. Non una lamentela ma una richiesta a se stesso: lavorare in campo per capire come far rendere il mio tennis in questo contesto. Il campo, le palle, le luci, non le posso controllare; il mio movimento, approccio, swing e rilascio della palla e atteggiamento sì, quindi è una cosa che posso gestire. Stessa identica cosa nella continua litania della maggior parte dei giocatori sul calendario troppo impegnativo con troppi tornei. Sinner in questo taglia corto, afferma che alla fine è il tennista che si iscrive o meno ai tornei; ci sono quelli obbligatori ma se non sono funzionali al mio momento, basta non giocarlo. Ok, ci sono i bonus in palio, ma è più importante avere una programmazione corretta. È una posizione di forza la sua, ovviamente, visto che non perde quasi mai… ma anche di estrema coerenza.
Al momento sono assai diversi tono e parole di Alcaraz su questi temi. Ma, attenzione: non sembra dire queste cose per cercare scuse o alibi, solo esterna una diversa sensibilità, approccio e gestione di questi fattori, e forse il tutto non gira a suo favore visto il nervosismo che lo attanaglia in queste situazioni che percepisce come negative e non riesce a mediare. Nel 2025 “Carlitos” ha giocato talmente bene e continuo da aver schivato quest’insidia, ma in generale l’approccio di Jannik appare più razionale ed efficace a portarlo nella condizione tecnica e mentale migliore ad affrontare le sfide. Charlie and The Fox, tanto talentosi, tanto vincenti, tanto diversi. Forse la loro rivalità ci piace anche per questo….
Marco Mazzoni LEGGI TUTTO