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    Rinderknech racconta le assurde condizioni di Shanghai: “Qui si lotta per sopravvivere, non solo per giocare a tennis”

    Arthur Rinderknech nella foto – Foto Getty Images

    La discussione sulla velocità delle superfici al Masters 1000 di Shanghai 2025 continua a far discutere. Dopo le recenti dichiarazioni di Alexander Zverev, che ha accusato i tornei di rendere i campi più lenti per favorire Carlos Alcaraz e Jannik Sinner, il tema è diventato centrale nel dibattito del circuito.Sinner ha preso le distanze dalle parole del tedesco, sottolineando come i giocatori non abbiano alcuna influenza sulle caratteristiche dei campi e che l’unica cosa da fare sia adattarsi. Tuttavia, le difficoltà che stanno emergendo nel torneo cinese sembrano andare ben oltre la questione della rapidità delle superfici.
    In un’intervista concessa a L’Équipe, Arthur Rinderknech ha descritto con chiarezza le condizioni estreme in cui si gioca a Shanghai. “Lo confermo, è difficile respirare in campo. Non so se in televisione si percepisce, ma fin dal riscaldamento si fa fatica. C’è un’umidità altissima, peggiore di quella che si trova negli Stati Uniti d’estate. Inoltre, la qualità dell’aria non aiuta: nelle grandi città cinesi c’è molta contaminazione, e questo rende tutto più complicato”, ha spiegato il francese.
    Il tennista ha aggiunto che la combinazione di calore e smog crea un ambiente quasi insostenibile: “C’è una coltre di nuvole che schiaccia tutto, ma quando il sole esce la temperatura supera rapidamente i 30 gradi. Tutto diventa più difficile. È dura mantenere la calma e le sensazioni negative arrivano presto. Vedere tanti ritiri e partite interrotte influisce anche mentalmente, ma le condizioni sono uguali per tutti”.
    Rinderknech ha poi evidenziato come il torneo stia diventando una vera prova di resistenza: “Questa settimana non si tratta solo di tennis, ma di sopravvivenza. Bisogna trovare un modo per adattarsi e vincere, controllando al meglio il corpo e la mente. Quando vedo gli spettatori sudati sugli spalti penso che, anche se sono abituati, non siamo gli unici a soffrire”.
    Infine, parlando del suo prossimo avversario, lo stesso Alexander Zverev, il francese ha riconosciuto la difficoltà della sfida: “Zverev è il numero 3 del mondo, questo dice tutto. La partita di Wimbledon contro di lui resterà uno dei miei migliori ricordi, ma stavolta sarà completamente diverso. Non dico che non possa batterlo, perché l’ho già fatto, ma il livello sarà altissimo”.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Zverev accende la polemica: “Campi troppo lenti per favorire Sinner e Alcaraz”

    Alexander Zverev nella foto – Foto Getty Images

    Alexander Zverev ha acceso la polemica al Masters 1000 di Shanghai 2025 con dichiarazioni che hanno fatto rapidamente il giro del circuito. Il tennista tedesco, dopo la vittoria nel secondo turno, ha criticato la velocità sempre più uniforme delle superfici, arrivando a insinuare che i direttori dei tornei stiano favorendo Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. “Odio che la velocità dei campi sia la stessa in tutti i tornei. So che i direttori degli eventi più importanti stanno andando in quella direzione perché vogliono che Jannik e Carlos facciano bene e arrivino in finale”, ha dichiarato senza mezzi termini, scatenando sorpresa e discussioni.
    Le parole di Zverev arrivano in un momento in cui la tendenza alla “omogeneizzazione” delle superfici è ormai evidente e supportata dai dati. Il Court Pace Index (CPI), l’indicatore che misura la velocità dei campi, mostra infatti un rallentamento generalizzato. Shanghai, per esempio, è passata da un CPI di 42.4 nel 2024 a 32.8 quest’anno, diventando una delle più lente del circuito insieme a Indian Wells (31.0). Solo Toronto, Cincinnati e Parigi restano sopra i 40 punti, considerate dunque superfici rapide.
    Il numero 3 del mondo è però andato oltre la semplice analisi tecnica, suggerendo che questa tendenza favorisca i due giovani dominatori del tennis mondiale. “Un tempo c’erano superfici molto diverse e non si poteva giocare allo stesso modo su tutte. Bisognava adattarsi all’erba, alla terra e al cemento, ma ora si può giocare nello stesso modo in ogni torneo”, ha aggiunto il tedesco, rimpiangendo un tennis più vario e tecnico.Le sue parole ricordano quelle di Roger Federer, che di recente aveva espresso preoccupazione per la perdita di diversità nelle superfici e la curiosità di vedere come Sinner e Alcaraz si comporterebbero su campi davvero veloci. Tuttavia, il tono di Zverev è apparso molto più polemico, quasi a voler denunciare un presunto “trattamento di favore” nei confronti dei due giovani rivali.
    In realtà, la lamentela del tedesco sembra riflettere più una frustrazione personale che un reale complotto. Dopo una stagione altalenante e lontana dai livelli di Sinner e Alcaraz, il suo sfogo sembra quello di un campione che fatica ad accettare la nuova gerarchia del tennis mondiale. Paradossalmente, anche nei tornei più rapidi — come Cincinnati, la seconda superficie Masters 1000 più veloce dell’anno — gli stessi Sinner e Alcaraz sono arrivati in finale, smentendo di fatto l’idea che le condizioni attuali siano costruite su misura per loro.
    Il dibattito sulla velocità dei campi resta aperto, ma le parole di Zverev rivelano qualcosa di più profondo: la difficoltà di un ex protagonista nel confrontarsi con una generazione capace di eccellere ovunque e di adattarsi a ogni tipo di superficie.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Masters 1000 di Shanghai 2025: le superfici rallentano, CPI crolla a 32,9

    Masters 1000 di Shanghai 2025: le superfici rallentano, CPI crolla a 32,9

    Nel circuito ATP si nota ormai da qualche anno una chiara tendenza a rendere le superfici più lente, ma l’edizione 2025 del Masters 1000 di Shanghai ha segnato un vero e proprio spartiacque.Secondo i dati ufficiali, il Court Pace Index (CPI), che misura la velocità dei campi, è sceso a 32,9, un dato che rappresenta una drastica riduzione rispetto al 40,8 registrato lo scorso anno. Una differenza così netta trasforma le condizioni di gioco, rendendo Shanghai una delle tappe più lente dell’intero calendario Masters 1000.
    Il ruolo delle palline e del climaQuest’anno si stanno utilizzando le palline Yonex, più leggere rispetto agli standard consueti. In teoria, ciò dovrebbe favorire una maggiore rapidità degli scambi. Tuttavia, la forte umidità del clima di Shanghai annulla questo effetto, aumentando la sensazione di lentezza e rendendo la superficie ancora più impegnativa per i giocatori.
    Confronto con gli altri Masters 1000Per comprendere meglio il dato, basti pensare che:Indian Wells è tradizionalmente uno dei tornei più lenti, con un CPI intorno a 33-34, simile a quello di Shanghai 2025.Miami, pur con condizioni simili, si gioca su un cemento leggermente più rapido, con un CPI vicino a 36-37.Madrid, giocato sulla terra battuta in altura, ha invece un CPI molto più alto (oltre 42), risultando tra i campi più veloci sul rosso.In questo contesto, Shanghai si colloca dunque tra i tornei più lenti in assoluto, anche rispetto agli altri eventi su cemento, con la prospettiva di scambi molto lunghi e match fisicamente logoranti.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Mark Knowles: “Djokovic giocherà ancora due anni. È il migliore di sempre”

    Novak Djokovic classe 1987, n.5 del mondo – Foto Getty Images

    Il futuro di Novak Djokovic continua a far discutere il mondo del tennis. Da un lato il serbo lascia trasparire messaggi che sanno di saluto, come accaduto a Roland Garros, dall’altro non chiude affatto la porta a obiettivi a lungo termine, come una possibile partecipazione ai Giochi Olimpici di Los Angeles 2028. Un doppio binario che rende il suo percorso ancora più enigmatico: solo lui sa cosa gli riserva il futuro.
    L’ombra di Sinner e Alcaraz, ma la fame restaLa supremazia mostrata in questa stagione da Carlos Alcaraz e Jannik Sinner, capaci di dominare più del resto del circuito, potrebbe indurre Djokovic a chiedersi se abbia ancora le armi giuste per competere ai massimi livelli. Eppure, i risultati dicono altro: il serbo ha raggiunto le semifinali in tutti e quattro gli Slam del 2025, confermando una competitività che pochi alla sua età hanno mai mantenuto.
    Opinioni divise sul suo futuroC’è chi ritiene che il campione di Belgrado dovrebbe fermarsi qui per evitare di offuscare la carriera più vincente di sempre. Altri, al contrario, sono convinti che la sua innata competitività, quella che gli ha permesso di inserirsi nella rivalità tra Federer e Nadal e superarli per numero di Slam, lo spingerà a inseguire ancora un 25º Major o magari un’ultima medaglia olimpica.
    Mark Knowles: “Djokovic giocherà fino al 2027”L’ex numero uno al mondo di doppio Mark Knowles, oggi allenatore di Jessica Pegula, ha espresso chiaramente la sua opinione nel podcast Inside-In Tennis:“Quello che ho sentito è che Djokovic ha in programma di giocare nel 2026 e 2027. Non pensa affatto al ritiro. Ama le sfide e continua a credere in sé stesso. È ovvio che sia concentrato sul 25º Slam. Negli altri tornei non dobbiamo aspettarci troppo, ma negli Slam sì”.Knowles ha poi sottolineato quanto la sua presenza sia preziosa non solo per il circuito ma anche per i tifosi:“Non credo che nessun tennista possa trovare la motivazione dopo tutto quello che ha conquistato, ma lui sì. Per i fan è importantissimo che giochi ancora. Nessuno ha mai battuto il tempo, ma lui ci sta provando. Sta lottando contro il tempo”.
    Il “nemico” come stimoloInfine, secondo Knowles, le sconfitte nette rimediate contro Sinner e Alcaraz non rappresentano una resa, ma una scintilla in più:“Sono sicuro che, leggendo gli esperti dire che non può più batterli, lui trovi una motivazione extra. È la sfida che lo stimola di più. Ed è questo che lo rende, senza dubbio, il più grande di tutti i tempi. Ha conquistato tutto, ma vuole ancora dimostrare di poterlo fare”.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Alcaraz rientra in Spagna con le immagini della caviglia gonfia, Djokovic prepara Shanghai e Badosa nuova ambasciatrice del PIF

    Carlos Alcaraz (foto Getty Images)

    Carlos Alcaraz è tornato in Spagna dopo il trionfo all’ATP di Tokyo e il conseguente annuncio del forfait al Masters 1000 di Shanghai. Il numero uno del mondo si prende alcuni giorni di recupero, dopo la lunga trasferta americana e asiatica, e lo fa mostrando sui social immagini del suo soggiorno in Giappone. Una foto, in particolare, ha attirato l’attenzione dei tifosi: quella della caviglia gonfia a seguito del movimento innaturale durante il match d’esordio contro Sebastián Báez. Nulla di grave, ma un segnale che spiega la scelta prudente di rinunciare all’impegno cinese.

    Carlos Alcaraz muestra su lesión en el tobillo en Tokio
    El número uno, campeón del torneo, ha enseñado una instantánea de cómo quedó su tobillo tras hacerse daño frente a Sebastian Báez en el debut.#kinoshitajotennis pic.twitter.com/zSuxePkiPi
    — Eurosport.es (@Eurosport_ES) October 2, 2025

    PIF e tennis: nuovi legamiIntanto, continua a rafforzarsi la collaborazione tra il PIF, il Fondo Sovrano dell’Arabia Saudita, e il mondo del tennis. Dopo il grande colpo con Rafa Nadal come ambasciatore, è arrivata l’ufficialità anche per Paula Badosa, nuova testimonial del progetto saudita. La spagnola ha sottolineato di condividere i valori del PIF, in particolare la volontà di “far crescere il tennis e dare forza alla nuova generazione”, motivazione che ha guidato la sua scelta. Le Finals WTA, già in programma nel Paese, sono solo la punta dell’iceberg di una strategia di lungo periodo che punta a rendere l’Arabia Saudita un polo sempre più centrale nello sport mondiale.
    Djokovic accende ShanghaiA Shanghai, intanto, sale l’attesa per l’esordio di Novak Djokovic. Il serbo, deciso a ritrovare fiducia e successi per chiudere al meglio la stagione e rilanciarsi in vista dell’Australian Open 2026, debutterà contro Marin Cilic. Nei giorni scorsi Djokovic ha già impressionato in allenamento, con alcuni scambi ad altissimo livello catturati dalle telecamere, incluso un punto spettacolare contro Holger Rune che ha fatto il giro dei social.

    Novak Djokovic x Holger Rune.
    Surrounded by fans on our beautiful new practice court @DjokerNole @holgerrune2003 #RolexShanghaiMasters pic.twitter.com/y3zruIfKd7
    — Rolex Shanghai Masters (@SH_RolexMasters) October 2, 2025 LEGGI TUTTO

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    Darren Cahill fa 60. Auguri al più grande ammiraglio del tennis moderno

    Darren Cahill

    Tanti, tantissimi auguri Darren Cahill! Il 2 ottobre 2025 l’australiano soffia 60 candeline sulla torta, lo farà attorniato dalla sua famiglia con un occhio a quel che succede a Shanghai, dove il suo pupillo Jannik Sinner è appena sbarcato per continuare la cavalcata vincente iniziata a Pechino in quest’autunno così impegnativo e ricco di sfide. Cahill è un personaggio unico e straordinario nel nostro piccolo mondo, dal 2022 felicemente entrato nel team del nostro Jannik Sinner a fianco di Simone Vagnozzi, ma guai a bollarlo come allenatore, o coach. Darren è qualcosa di diverso, è più un mentore, una guida sicura nella vita più che in campo perché in quel maledetto campo porti la tua vita con il sole e tutte le ombre, e solo sapendo affrontare i tuoi demoni, guardandoli in faccia e sfidandoli a testa alta puoi batterli e dare il tuo meglio in partita. Mi piace definirlo come il più grande Ammiraglio del tennis moderno, colui che dopo aver navigato tutti i mari della disciplina da giocatore e aver vissuto sulla propria pelle la gioia della vittoria e il dolore di sconfitte e infortuni, ha maturato un’esperienza così grande, un vissuto così profondo da riuscire a trasmetterlo ai suoi giocatori con un’empatia fuori dal comune. Chiunque ha conosciuto Cahill ne è uscito arricchito, diverso. Ogni tennista passato sotto la sua ala ha vinto, ha svoltato verso un futuro migliore.
    Migliorare è il “mantra” di Jannik, la parola più usata nel suo quotidiano, quella che pensa appena sveglio e anima la sua giornata; Darren ha elevato questo pensiero ad arte, donando sfumature diverse e più interessanti. Un esempio? Cahill è quello che spinge Jannik a provare tantissime attività extra tennistiche, perché correndo sul kart, andando in bici o solo passando tre ore alla sera montando pezzi di un kit Lego si ha una percezione diversa del mondo, di quel che si ha intorno, e anche di se stesso. Si stacca la spina dallo stress della disciplina, un tritacarne micidiale che ti spacca in quattro se non riesci a gestirlo con serena lucidità, e si riesce così a trovare un’armonia e sicurezza interiore che solo di racchette e impatti a tutta velocità non puoi trovare. Cahill alla fine non parla mica tanto, ma ascolta tantissimo e osserva. E trasmette. Parla quando è necessario farlo, e tocca i tasti più profondi di Sinner, riuscendo a dargli qualcosa di unico. È una benedizione che sia entrato nel team del nostro campione, è stato decisivo insieme a Vagnozzi a farlo maturare come uomo e concretizzare in partita i miglioramenti studiati e imparati in allenamento. È colui che ha preso di petto la terribile situazione del caso Clostebol ed è stato porto sicuro per Jannik e per tutti gli altri. Non è un caso che proprio Cahill è stato il primo a parlare alla tv negli Stati Uniti nell’agosto del 2024, appena prima di US Open, per far sentire la voce interna al team. Anche in quel momento sportivamente drammatico, la pacatezza, parole sicure e nette di Darren sono state fondamentali.
    Per raccontare qualcosa in più di Darren Cahill, riporto un passaggio a lui dedicato del libro “Jannik Sinner, Una Straordinaria Normalità”, pubblicato nel luglio 2024, dove riporto anche una piccola esperienza personale vissuta con Cahiil a Roland Garros. Pochi minuti, che mi hanno segnato in modo indelebile e custodisco gelosamente come una gemma scintillante.
    “Darren Cahill è molto più di un classico “super coach” per Jannik Sinner. È il collante di tutto il team per carisma e attitudine, persona attenta al dettaglio che conosce la vittoria e l’altissimo livello, vissuto sia da professionista che da coach. È una sorta di Re Mida, tutto quel che tocca diventa oro perché è bravo nello scegliere i cavalli giusti ed è perfetto nel fornire loro gli input necessari a tirar fuori il meglio e superarsi. L’australiano è stato un buonissimo professionista, ha raggiunto il numero 22 nella classifica in singolare con un tennis d’attacco figlio della scuola aussie, quella che predicava “chi arriva ultimo a rete paga da bere a tutti”. Il suo miglior risultato in uno Slam è stata la semifinale agli US Open del 1988, dove sconfisse Boris Becker e Aaron Krickstein prima di cedere al futuro campione Mats Wilander, quasi imbattibile in quel suo anno di gloria. A vederlo così pacato e riflessivo, con quello sguardo profondo e modi affabili, non penseresti mai che il suo storico soprannome sia “Killer”. Così lo racconta: «Quando avevo quindici o sedici anni, ero il ragazzo più piccolo della mia classe ma ero già un giocatore di tennis piuttosto bravo, e poiché battevo i ragazzi più alti e grandi di me mi fu affibbiato il soprannome di “Little Killer”. Quel nomignolo mi è rimasto addosso, poi senza “piccolo”, perché in un anno, quando ne avevo diciassette, sono cresciuto di circa venti centimetri, e tanto piccolo non ero più…». Classico humor in stile british, come i suoi modi garbati ed eleganti nell’esprimere concetti e opinioni.
    È il classico personaggio che lo guardi e ti attira, non ti lascia indifferente. È magnetico, trasmette energia e positività con calma e toni rassicuranti, ma trasuda anche carica oltre ad assoluta competenza. Ha guidato svariati campioni, gente con carattere forte, riuscendo a farsi ascoltare da ciascuno di loro e lasciando un segno indelebile. Tutti coloro che hanno avuto il privilegio di condividere con Darren il campo di allenamento e ascoltare le sue idee hanno migliorato il proprio tennis e la propria vita. È un vincente per natura, forte di una profonda conoscenza del gioco e dell’animo umano. Ha un carisma calmo, riesce con poche e mirate parole a toccare le corde dentro ai suoi assistiti, stimolarli nel profondo del proprio ego e aiutarli a vincere paure e incertezze. È una guida salda, una sorta di zio che ha girato il mondo e che riesce a trasmetterti non solo esperienze ma soprattutto nuove prospettive, facendoti vedere cose che non coglievi, aprendo il futuro a scenari differenti. Una persona posata ma tutt’altro che passiva, capace come pochi altri di leggere le situazioni di gioco e le dinamiche umane dell’atleta, analizzando con metodo e visione lo status quo e portando la sua sapienza al giocatore, affinché abbatta quelli che reputa essere i propri limiti. Cahill ha elevato grandi potenziali a campioni, e campioni a fuoriclasse.
    «Il nostro compito è continuare a spingerlo. È appena l’inizio della stagione, l’anno è ancora lungo ed è giusto ora godersi questo momento», afferma Darren subito dopo la vittoria agli Australian Open 2024, «ma quando torneremo su di un campo da tennis ci assicureremo di provare a fargli mantenere questo giusto atteggiamento, che è quel che serve per continuare a vincere». In queste poche parole è espresso alla perfezione il verbo dell’australiano: motivazione, autostima, positività e attitudine al miglioramento continuo. Le chiavi del successo, da raggiungere con un lavoro di squadra, serenità, programmazione e attitudine alla condivisione. «Affinché due allenatori lavorino bene insieme è necessario, prima di tutto, che siano disposti a collaborare, a inserire delle regole e a sostenersi a vicenda. E così è stato. Simone è la prima voce, il “main coach”, ed è per me un onore lavorare al suo fianco. Credo che tra venti o trent’anni ne parleremo come di uno dei migliori coach del circuito» racconta Cahill al «Corriere dello Sport». «Il 2022 è stato un anno di insegnamenti, seppur buono sotto il profilo dei risultati. Credo che Vagnozzi sia stata per Jannik manna dal cielo, perché tecnicamente è uno dei coach più preparati che abbia mai conosciuto. Il mio compito, avendo tanta esperienza nel circuito, è stato più quello di capire quale fosse la giusta direzione da intraprendere per il team ed essere sicuro che tutti la seguissero. Il mio ruolo riguarda più l’esperienza e come aiutarlo mentalmente in questi grandi momenti, e assicurarci che stiamo lavorando sulle cose giuste che alla fine lo porteranno dove vogliamo essere».
    Cahill ha vissuto la prima grande esperienza da coach prendendo un giovanissimo Lleyton Hewitt, esaltandone colpi difensivi e smussandone gli spigoli più acuti, portandolo al numero uno della classifica mondiale – allora il più giovane a riuscirci – e vincere due Slam. In seguito ha allenato Andre Agassi, portando logica e ordine al tennis spumeggiante ma spesso tatticamente poco flessibile dell’americano, che con lui visse anni straordinari e tornò in vetta alla classifica mondiale. Cahill entrò nell’Adidas Player Development Program dopo il ritiro di Agassi nel 2006, collaborando allo sviluppo di diversi talenti, tra cui Andy Murray, Ana Ivanovic, Fernando Verdasco, Daniela Hantuchova e Sorana Cirstea. Da questo programma è iniziata la sua collaborazione con Simona Halep, di cui è diventato coach principale alzando a dismisura il livello della rumena, portandola a vincere Roland Garros nel 2018 e in vetta al ranking WTA. Dopo qualche mese insieme all’americana Amanda Anisimova, nel giugno del 2022 ha affiancato Vagnozzi nel team Sinner. Riporto con piacere un aneddoto personale di Darren, che ho avuto il piacere di conoscere a Roland Garros 2010.

    È una giornata uggiosa al Bois de Boulogne, ma ricchissima di partite interessanti. Una di queste, cerchiata in rosso sul mio schedule cartaceo, è il secondo turno tra Fernando Gonzalez e Alexandr Dolgopolov. Due che più diversi non potrebbero essere, lontani in tutto, a creare un match potenzialmente esplosivo, visto il totale contrasto di stile tra la potenza bruta del cileno e i tocchi effimeri ed estemporanei dell’ucraino. In un campo 2 (purtroppo oggi abbattuto) strapieno, la partita la vince il “Dolgo” con una serie incredibile di tagli e tocchi, discese a rete in contro tempo e smorzate che fanno venire il mal di testa al cileno, tramortito in tre set. Per chi ama un tennis più pennellato che martellato è una goduria per gli occhi. La partita fila via rapida, c’è tempo prima del mio prossimo match, così mi soffermo sull’attiguo campo 3, dove la piccola tribuna dei giornalisti è di fatto la stessa riservata allo staff dei giocatori. Siamo nel corso del primo set tra Daniela Hantuchova e Yanina Wickmayer, altro match di discreto interesse, e non solo per l’avvenenza della slovacca. Resto sorpreso da come Daniela, tennista molto precisa ma non potente, riesce a colpire la palla con grande anticipo, spolverando letteralmente le righe col rovescio, sia cross che lungo linea. La belga ha due gambe fantastiche, si difende con vigore ma contro la progressione geometrica della rivale a tratti niente può. Dopo l’ennesima accelerazione vincente di Hantuchova, mi lascio scappare un «come le esce bene la palla dalle corde» in inglese. La persona seduta appena davanti a me si gira, mi guarda e mi dice: «È quello che le sto dicendo, continua a lasciar correre i colpi, sei perfetta quando colpisci». Con grande stupore, sotto quel cappellino da pescatore di color bruno non c’è uno spettatore qualsiasi o un collega di qualche testata accorsa a Parigi, ma Mr. Darren Cahill, che a Roland Garros segue anche Daniela. Approfitto della sua gentilezza estrema al cambio di campo per un paio di considerazioni su Hantuchova, le condizioni del campo e qualcos’altro ancora. Il gioco riprende, Cahill segue con attenzione il gioco e la sua assistita. Esco dal campo, ma qualche ora dopo, con Hantuchova uscita vittoriosa, ritrovo Cahill nella zona mista del Centrale, dove i giocatori arrivano per le interviste. Mi riconosce, ci salutiamo con altre due chiacchiere di grande cordialità sul tennis in generale. Se ne va insieme a lei, osservando Roger Federer che arriva troneggiando nel salone. Di questi pochi minuti condivisi con il coach custodisco gelosamente la sua viscerale passione per il gioco e anche la disponibilità a condividerla con un perfetto sconosciuto altrettanto innamorato del tennis come il sottoscritto”.
    Buoni 60, caro Darren! Che gli Dei del tennis custodiscano intatta la sua passione, visione e guida, per tantissime nuove avventure da vivere (e vincere) insieme.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Shanghai, Sinner cauto: “Condizioni nuove, ma pronto a dare il massimo”

    Jannik Sinner nella foto – Foto Getty Images

    Dopo il trionfo al China Open di Pechino, Jannik Sinner è già arrivato a Shanghai, dove difenderà il titolo conquistato lo scorso anno. In conferenza stampa, l’azzurro ha parlato della sua condizione fisica, delle differenze tra i due tornei e delle sfide che lo attendono in questo Masters 1000.
    “È bellissimo essere tornato qui – ha esordito Sinner –. Questo è un torneo speciale, l’ultimo della stagione asiatica. Le condizioni sono molto diverse rispetto a Pechino, avrò solo una sessione di allenamento per adattarmi, quindi sarà difficile soprattutto all’esordio. Ma sono felice di giocare davanti ai tifosi di Shanghai, che mi hanno sempre dato un grande supporto”.
    Il campione altoatesino ha poi commentato i progressi mostrati nelle ultime settimane:“Non sono l’unico a cambiare: ogni giocatore cerca di aggiustare qualcosa nel proprio gioco. Noi abbiamo lavorato su alcuni colpi, alcuni sono migliorati, altri vanno ancora perfezionati. L’importante è avere tanti match per mettere in pratica ciò che stiamo provando. In generale, siamo contenti del lavoro fatto”.
    Sulla questione del calendario, più volte criticato da altri colleghi, Sinner ha mantenuto una linea equilibrata:“Il calendario è quello che è. Io non voglio criticare, ognuno fa le proprie scelte. L’anno scorso ho saltato alcuni tornei e penso sia stata la decisione giusta. Sta a noi capire le priorità: se vuoi giocare, giochi, altrimenti ti fermi e ti alleni. Io cerco sempre di scegliere ciò che è meglio per il mio corpo e la mia mente”.
    Un dato che ha colpito a Pechino riguarda la sua capacità di gestire i momenti delicati: 21 break point salvati su 26 nell’arco del torneo. “Non penso mai a queste statistiche durante il match – ha spiegato –. Cerco soltanto di fare la scelta giusta in quel momento. A volte funziona, altre no, ma l’importante è accettare anche l’errore e continuare a spingere”.
    Infine, una battuta sulle sue condizioni fisiche, dopo i piccoli problemi di stomaco accusati in settimana:“Sto bene, ero pronto già per la finale di Pechino e lo sono anche adesso. Qui però è più umido e caldo, vedremo come reagirà il mio corpo. Oggi mi riposerò, da domani penserò al debutto. I primi turni non sono mai facili, ma spero di mostrare un buon tennis”.
    Sinner è pronto dunque a difendere il trono di Shanghai, con la consapevolezza di avere addosso gli occhi del torneo e la fiducia di chi ha appena conquistato il suo ventunesimo titolo in carriera.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Djokovic, il segreto della longevità è il servizio: il serbo tra i migliori battitori del 2025

    Novak Djokovic classe 1987, n.5 del mondo – Foto Getty Images

    Per anni Novak Djokovic è stato universalmente considerato il miglior ribattitore della storia del tennis. Tuttavia, ciò che continua a mantenerlo ai vertici assoluti del circuito a 38 anni non è soltanto la sua leggendaria capacità in risposta, ma un’arma che negli anni ha perfezionato fino a trasformarla in un punto di forza decisivo: il servizio.Secondo un’analisi di Infosys ATP Beyond The Numbers, il serbo sta vivendo nel 2025 una delle sue migliori stagioni al servizio, con percentuali che superano la media della sua carriera e che lo collocano tra i migliori in assoluto del circuito.
    Le statistiche del servizio di Djokovic nel 2025Game di servizio vinti: 88.3% (media carriera: 86.1%)Percentuale di prime in campo: 66.6% (media carriera: 64.9%)Punti vinti con la prima: 76.4% (media carriera: 74.2%)Punti vinti con la seconda: 55.3% (media carriera: 55.5%)
    Si tratta di numeri straordinari: Djokovic ha vinto più game di servizio quest’anno che in quasi tutte le altre stagioni della sua carriera, eccetto il 2015 (89.5%) e il 2023 (88.4%). Nel 2025 è quarto assoluto nel Tour per percentuale di game di servizio vinti, dietro soltanto a Jannik Sinner (91.3%), Taylor Fritz (90%) e Reilly Opelka (88.7%).
    Il servizio come nuova armaNon è solo una questione di solidità: Djokovic sta servendo più prime, con maggiore efficacia, e soprattutto produce più punti diretti. Se nel corso della carriera ha mantenuto una media di 5.5 ace a partita, nel 2025 viaggia a 8.4 ace di media.Il dato forse più sorprendente è che tre delle sei migliori stagioni della sua carriera al servizio (per percentuale di game vinti) sono arrivate dal 2022 in poi, a conferma di una crescita costante anche in età avanzata.
    Le migliori stagioni al servizio di Djokovic2015: 89.5% | record 82-62023: 88.4% | record 56-72025: 88.3% | record 31-102013: 88% | record 74-92014 e 2022: 87.7% | record 61-8, 42-7
    La combinazione servizio-rispostaDjokovic rimane uno dei migliori ribattitori in assoluto — dal 2010 al 2021 è sempre stato nella top 3 ATP per game di risposta vinti — ma la vera chiave oggi è la combinazione tra servizio e gioco da fondo. Lo ha spiegato bene Taylor Fritz, battuto dal serbo nei quarti di finale dell’ultimo US Open:“Quello che rende difficile affrontarlo è che serve bene, anche aggressivo sulla seconda. È dura approfittare del suo servizio, perché lo abbina a una delle migliori risposte del circuito e a una solidità da fondo incredibile. Serve e subito dopo ti mette pressione negli scambi.”
    Un Djokovic sempre più completoSe un tempo il marchio di fabbrica di Djokovic era il dominio in risposta, oggi è il servizio a brillare: nel 2023 è stato secondo nell’ATP Tour per game di servizio vinti (contro il quinto posto in risposta), mentre nel 2025 è addirittura sesto posti più in alto al servizio rispetto alla risposta.La trasformazione è evidente: il Djokovic ribattitore resta una leggenda, ma è il Djokovic battitore a prolungarne la carriera ai massimi livelli.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO