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    Budkov Kjaer vola nella Race to Jeddah: seconda vittoria consecutiva e sogno Next Gen sempre più vicino

    Federico Cina ITA, 30.03.2007

    Nicolai Budkov Kjaer continua a stupire. Il giovane norvegese, appena diciottenne, è il protagonista assoluto delle ultime settimane nel circuito Challenger: grazie al secondo titolo consecutivo conquistato ad Astana domenica, è salito fino al sesto posto nella PIF ATP Live Race To Jeddah, la classifica che determina l’accesso alle Next Gen ATP Finals (under 21) in programma dal 17 al 21 dicembre.
    Solo due settimane fa, Budkov Kjaer era fuori dalla Top 10 della Race, ma una striscia di dieci vittorie consecutive – tra Tampere (Finlandia) e Astana (Kazakistan) – gli ha permesso di raccogliere 125 punti fondamentali per la sua rincorsa a Jeddah, rilanciando le proprie ambizioni di qualificazione al prestigioso torneo riservato ai migliori giovani del circuito.Il norvegese, che ora si trova in una posizione privilegiata per volare alle Finals, ha dichiarato dopo il trionfo: “Resterò sulla terra battuta e proverò a qualificarmi per le Next Gen Finals invece di andare negli Stati Uniti. Ho deciso di saltare le qualificazioni dello US Open: sarà una stagione lunga e spero di poter giocare lo US Open per tanti anni ancora”.
    Tra i protagonisti della Race anche l’americano Learner Tien, che si consolida al terzo posto dopo la splendida cavalcata fino agli ottavi di finale del Masters 1000 di Toronto, dove è stato fermato solo da Alex Michelsen. Ritorno in campo invece per il cinese Shang Juncheng (oggi quindicesimo in classifica), appena rientrato dopo un lungo stop di sei mesi per infortunio.
    Ecco la situazione aggiornata della PIF ATP Live Race To Jeddah:1. Jakub Mensik – 1.930 punti2. Joao Fonseca – 9853. Learner Tien – 7504. Dino Prizmic – 3785. Alexander Blockx – 3186. Nicolai Budkov Kjaer – 3047. Nishesh Basavareddy – 2468. Rodrigo Pacheco Mendez – 2069. Martin Landaluce – 20110. Federico Cina – 188 LEGGI TUTTO

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    Andrey Rublev: Dietro la maschera del guerriero, un uomo di profondi valori e una relazione speciale con Fernando Vicente

    Andrey Rublev nella foto – Foto Getty Images

    Chi guarda una partita di Andrey Rublev, magari senza conoscere a fondo il personaggio, potrebbe facilmente farsi un’idea superficiale del russo: nervoso, a volte apparentemente fuori controllo, sempre pronto a rimproverarsi e a sgridare il proprio team. Un’immagine “malencarada”, forse anche irrispettosa, che però rappresenta solo una faccia della medaglia. Perché chi vive il tennis da vicino sa che fuori dal campo Rublev è un ragazzo dai valori profondi e dalla grande umanità, e molto di questo lo si deve a Fernando Vicente, suo storico allenatore e ormai vero e proprio membro della famiglia.
    Dopo la qualificazione ai quarti di finale del Masters 1000 di Toronto 2025, Rublev ha risposto in conferenza stampa a una domanda proprio sul rapporto con Vicente, spiegando quanto sia speciale e diversa questa relazione, anche rispetto a molte altre nel circuito ATP: “La nostra relazione va ben oltre quella tra allenatore e giocatore. Fernando è un membro della mia famiglia, lo sarà per tutta la vita, qualunque cosa accada. Ha sacrificato tutta la sua vita privata per starmi vicino nei momenti in cui ne avevo più bisogno, quando ero solo. È un grandissimo coach, ma ancora di più è la migliore persona che potessi trovare in questo mondo del tennis. Abbiamo una connessione incredibile, ci facciamo molte risate insieme”.
    Sul campo, Rublev ammette che i suoi scatti d’ira non lo aiutano, anzi: “Arrabbiarmi non mi fa giocare meglio, anzi, spesso è il contrario”. E sottolinea ancora il ruolo fondamentale di Vicente: “Non lavora per soldi, non ha altri interessi se non quello di aiutarmi perché ci tiene davvero. Ha fatto cose per me che nessun altro allenatore avrebbe mai fatto. Ha valori umani eccezionali, è una persona unica”.
    Il russo riflette anche su come, a certi livelli, siano le scelte personali a fare la differenza più che il cambio di coach: “Forse altri campioni hanno vinto tanti Slam cambiando spesso allenatore, ma quando sei nei primi dieci al mondo nessuno può insegnarti nulla di nuovo. I cambiamenti devi farli tu, non puoi sempre aspettarti che siano gli altri a dirti cosa fare, altrimenti non cresci”.
    Rublev e Vicente rappresentano così un esempio raro e prezioso di rapporto umano che va ben oltre la collaborazione sportiva, una storia di amicizia, fiducia e crescita personale che sta dando grandi frutti sul campo e, soprattutto, fuori.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Sanguinetti: “Mi piacerebbe allenare un giovane italiano. Tutto il mondo del tennis oggi invidia l’Italia”

    Davide Sanguinetti

    Davide Sanguinetti punta a far diventare Elena Rybakina la miglior tennista al mondo, con il sogno nel cassetto di allenare in futuro un giovane italiano e portarlo nei piani alti del ranking, ripetendo storie di successo come i binomi azzurri Berrettini-Santopadre o Musetti-Tartarini. Il classe ’72 spezzino, ex finalista in Davis (1998) e protagonista a Wimbledon quando gli italiani di strada sull’erba ne facevano ben poca (quarti di finale, sempre nel ’98), da tempo lavora come coach sul tour Pro e dopo varie esperienze con tennisti come Harrison e Nakashima dai primi mesi del ’25 è nel box di Elena Rybakina. Per lui un compito non facile dopo il burrascoso rapporto della kazaka con Vukic e la breve e poco fortunata parentesi con Ivanisevic. Intervistato da SuperTennis, Davide conferma che sul tour tutti invidiano non solo Sinner ma l’intero tennis italiano, in un momento eccezionale per qualità dei giocatori e anche quantità di talenti nei piani alti della classifica. Riportiamo alcuni dei passaggi più interessanti dell’intervista.
    “Confermo, il mondo del tennis invidia l’Italia” racconta Sanguinetti. “Tutti a chiedermi cosa mangiano gli italiani, e io rispondo ‘pane magico!’ ma, scherzi a parte, la verità è che qui spuntano ragazzi come i funghi, e ognuno con un suo gioco, una propria personalità….”.
    “Vedo Sinner come una macchina da guerra, Musetti come Van Gogh, Cobolli che sembra Billy the Kid con la velocità del braccio, Darderi che potrebbe essere la Cosa dei Fantastici Quattro e Arnaldi che potrebbe essere Mister Fantastic… e non dimentichiamoci Berrettini, che è solo in un momento particolare… (…) Noi coach italiani siamo fantasiosi, siamo creativi e sappiamo spiegare cose che loro umani non hanno mai visto e mi perdonino quelli di Blade Runner…. Rispetto ai miei tempi, negli anni ’90, posso solo dire che noi andavamo in giro quasi da soli, e invece oggi i ragazzi sono super professionali e seguitissimi”.
    Sanguinetti spiega il delicato passaggio necessario per allenare una ragazza dopo anni passati seguendo uomini: “Di sicuro bisogna essere più sensibili con le ragazze, che hanno altri modi di porsi. Per me è stato nuovo, sto imparando e mi sto adeguando. Obiettivo, con Rybakina? Al momento sono una sorta di traghettatore: sono entrato nel suo team a febbraio, senza lavoro dietro. Lei mi ha spiegato più o meno che cosa aveva fatto e io le ho chiesto due anni di collaborazione perché ho il mio metodo di lavoro: nel primo anno vorrei conservare lo status quo, magari chiudere al numero 6 della classifica, e l’anno prossimo vorrei portarla al numero uno del mondo: le potenzialità ce le ha tutte”.
    Il sogno di Sanguinetti? “Ho sempre detto che prima di smettere di fare il coach vorrei allenare un ragazzo italiano, e magari far scrivere un’altra storia come quelle di Santopadre/Berrettini e Musetti/Tartarini. Chissà…”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Taylor Fritz: quarti di finale in tutti i Masters 1000

    Taylor Fritz nella foto – Foto Getty Images

    Spesso il suo tennis e la sua carriera vengono sottovalutati, ma Taylor Fritz continua a smentire gli scettici con risultati importanti. L’americano è infatti diventato il primo giocatore non europeo dal 2009 a raggiungere i quarti di finale in tutti i Masters 1000, completando l’impresa proprio a Toronto 2025.
    Un traguardo tutt’altro che banale, se si pensa che persino grandi campioni statunitensi come Roddick, Sampras, Agassi, Courier e Chang non ci sono mai riusciti: Roddick, Sampras e Agassi non sono mai arrivati ai quarti a Montecarlo, Courier si è fermato ad Amburgo, Chang né a Montecarlo né ad Amburgo. Fritz invece può vantare questa impresa in tutti i tornei della categoria, fatta eccezione solo per il Roland Garros che è ovviamente un Grand Slam unico torneo dello Slam dove non ha mai raggiunto i quarti (si è fermato agli ottavi).
    Questo risultato rafforza ulteriormente lo status di Fritz come punto di riferimento del tennis americano attuale. Grazie alla sua costanza, alla capacità di adattarsi a ogni superficie e a un tennis sempre più maturo, Taylor sta scrivendo una pagina importante nella storia del tennis a stelle e strisce. Il sogno, ora, è spingersi ancora più in là, ma intanto Fritz può godersi una statistica che fino ad oggi era rimasta inaccessibile anche ai più grandi.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Zverev si racconta: “Calendario ATP ingestibile, serve un cambiamento. Dopo l’infortunio a Parigi sono stato perso, ma ora punto agli Slam”

    Alexander Zverev nella foto – Foto Getty Images

    Alexander Zverev non ha mai avuto paura di esporsi e lo conferma anche nell’intervista concessa al celebre podcast Nothing Major Podcast, condotto da Querrey, Isner e Johnson. Il campione tedesco, uno dei protagonisti più discussi e attesi della sua generazione, si è lasciato andare a una chiacchierata a tutto campo: dagli inizi, ai cambiamenti del tennis moderno, fino alla drammatica parentesi dell’infortunio di Parigi e alle sue critiche decise al calendario ATP.
    Gli inizi e il salto nel professionismoZverev parte dal racconto dei primi passi nel tennis, sottolineando il ruolo chiave della famiglia: “Tutti conoscono mio padre e mio fratello Mischa, ma il vero merito per avermi insegnato a giocare a tennis è di mia madre. Da piccolo mi allenava lei, mentre papà seguiva Mischa in giro per il mondo. Mi sono formato nel circuito professionistico guardando allenamenti di alto livello e, a 16 anni, il salto fisico mi ha permesso di adattarmi subito.”
    Il confronto tra generazioni e l’evoluzione del tennisIl tedesco spiega senza mezzi termini quanto il tennis sia cambiato negli ultimi anni, e non solo per merito delle racchette: “Uno dei fattori che più ha cambiato il gioco sono le palline: dopo il Covid, la qualità è scesa, sembrano sempre sgonfie e questo incide molto sul ritmo. Oggi si gioca tutti in modo simile, a parte forse Alcaraz, che ha più varietà. Tra il 15 e il 30 del mondo il livello è altissimo e le differenze si sono assottigliate. Un tempo i top erano nettamente superiori, ora è tutto più livellato.”
    La semifinale choc contro Nadal e la corsa interrotta al numero 1Impossibile non tornare con la memoria alla semifinale del Roland Garros 2023, quando un drammatico infortunio alla caviglia fermò Zverev contro Nadal. “Venivo da una stagione incredibile, ero nel momento migliore della mia carriera. In quella semifinale stavo giocando uno dei migliori match di sempre, mi sentivo vicino al sogno Slam e, soprattutto, al numero 1 del mondo. Quello che mi ha fatto più male non è stato perdere la partita – Rafa avrebbe potuto comunque battermi – ma vedere sfumare la possibilità di essere numero 1. Bastavano poche vittorie anche nei tornei successivi”.
    La crisi mentale dopo l’Australian OpenZverev è lucido nel parlare del suo 2025: “È stato un anno terribile. Dopo l’Australian Open ero completamente perso, mentalmente svuotato. Credevo davvero di poter vincere quella finale, invece Sinner mi ha surclassato e ho pagato a caro prezzo quella botta psicologica. Sono andato in Sudamerica senza motivazione e non mi divertivo più in campo. Ho perso partite che non avrei mai dovuto perdere. La sconfitta al primo turno di Wimbledon e la successiva rinuncia ad altri tornei mi hanno fatto capire che dovevo resettare tutto. Ora voglio arrivare pronto e competitivo agli US Open”.
    La dura critica al calendario ATPSu uno dei temi più caldi, Zverev è netto: “Il calendario ATP è ingestibile. Tutti i top vorrebbero scegliere i tornei a cui partecipare e concentrarsi sugli Slam, ma è impossibile: tra Masters 1000 obbligatori, 500, Slam, Finals e Davis, si arriva a competere almeno 20 settimane l’anno, spesso in tornei di due settimane. Montecarlo e Parigi sono gli unici 1000 in una sola settimana: sono i preferiti di tutti perché giochi, vinci o perdi e torni subito a casa, senza giorni morti.”“Non ha senso che De Miñaur, ad esempio, abbia finito la stagione il 25 novembre e ricominciato già il 27 dicembre: non si può né riposare, né allenarsi bene. La ATP deve riflettere: nessun giocatore – e credo nemmeno nessun tifoso – è davvero contento dei Masters 1000 su due settimane. Il tennis è business, lo so, ma questo modello di business non sta funzionando”, ha concluso il tedesco.
    Il futuro? Gli Slam restano l’obiettivo principale.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Quattro infortuni per quattro campioni. 2017-2018: le stagioni “horribilis” di Nadal, Djokovic, Murray e Del Potro

    Juan Martin Del Potro

    Rodolfo Lisi, specialista in Posturologia e Cultura Sportiva, è senza dubbio uno dei maggior esperti in lesioni legate alla pratica del tennis, dal classico gomito del tennista fino ai molteplici traumi causati da un’approccio al gioco sempre più estremo. Lo testimoniano i premi e riconoscimenti ricevuti, ma soprattutto il cospicuo numero di contributi in riviste specializzate ed i ben 14 volumi che hanno ripercorso l’intera anatomia umana alla ricerca delle zone più vulnerabili per un giocatore, in cui la sue profonde conoscenze fisiologiche si sono abbinate a quelle tennistiche.
    Il suo ultimo contributo è di particolare interesse, perché l’analisi “meccanica” di quattro tipologie specifiche di infortuni viene esemplificata con i casi reali di quattro grandi campioni nell’arco delle stagioni 2017 e 2018: il ginocchio di Nadal (sindrome di Hoffa), il gomito di Djokovic (bone bruise), l’anca di Murray (conflitto femoro-acetabolare), ed il polso di Del Potro, che contribuì come è noto alla sua parabola discendente e al prematuro ritiro. Al di là dei tecnicismi e delle specificità delle singole patologie trattate risulta particolarmente stimolante, anche per i non addetti ai lavori, l’analisi a 360º delle diverse concause che possono determinare nell’insorgere di una lesione: la predisposizione genetica, la tecnica, la gestione di allenamenti e prestazioni, le superfici (e soprattutto i continui cambi cui sono costretti i giocatori in questo senso), il calendario e, non ultimi, gli impegni contrattuali e gli interessi economici, che spesso spingono a intensificare l’attività agonistica anche quando la medicina ed il buon senso consiglierebbero periodi di riposo e riabilitazione.

    Come si diceva i lavori di Lisi sono di grande interesse anche per i semplici appassionati, perché conosce e ama profondamente il tennis. In questo caso lo si vede per esempio nell’analisi dettagliata delle strategie tecnico-tattiche seguite dai giocatori per convivere, nei limiti del possibile, con le lesioni, come nel caso, solo per citare un esempio, di Del Potro. Il campione argentino si vide infatti obbligato a modificare la sua impugnatura di rovescio, adattandola però al livello e la forza degli avversari. Mentre contro i top players continuava a ricorrere ad un’impugnatura più efficace per potenza ed effetti, ma più lesiva a livello bio-meccanico (eastern per la mano destra e ibrida strong eastern per la sinistra), contro giocatori di livello più basso implementò un’impugnatura più “classica”, meno incisiva ma più sicura a livello articolare (continental per la mano destra e strong eastern per la sinistra).
    Quello di Rodolfo Lisi è in sostanza un volumetto (il diminutivo riguarda solamente le dimensioni) che può interessare non solamente gli esperti in lesioni sportive, e che rappresenta l’integrazione di competenze tecniche e tennistiche, nonché il culmine di un lungo lavoro di ricerca che ha già prodotto molteplici frutti.
    Rodolfo Lisi, Quattro infortuni per quattro campioni. 2017-2018: le stagioni “horribilis” di Nadal, Djokovic, Murray e Del Potro, La Versiliana Editrice, 2025
    Paolo Silvestri LEGGI TUTTO

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    Medvedev svela i cinque giocatori più simpatici del circuito: ecco la sua Top 5

    Daniil Medvedev nella foto – Foto Getty Images

    Anche se il momento in campo non è dei più positivi, Daniil Medvedev riesce sempre a regalare sorrisi e curiosità fuori dal rettangolo di gioco. Intervistato da Overtime, il tennista russo si è lasciato andare a una classifica molto personale, rispondendo a una domanda insolita: chi sono i cinque giocatori più “simpatici” e disponibili dell’intero circuito ATP?
    Senza esitazioni, Medvedev ha stilato la sua Top 5 dei colleghi più alla mano e amichevoli. Ecco la sua selezione:Casper RuudJoao FonsecaCarlos AlcarazAndrey RublevMiomir Kecmanovic
    Un mix tra giovani talenti e vecchi amici, un gruppo che secondo Medvedev rappresenta il meglio dell’atmosfera fuori dal campo: “Sono tutti ragazzi genuini, sempre pronti a scambiare una battuta o a dare una mano. Mi sento fortunato ad avere questo tipo di colleghi nel circuito”, ha commentato Daniil.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Toronto 2025: I favoriti dominano, record di teste di serie agli ottavi del Masters 1000 canadese

    Taylor Fritz nella foto – Foto Getty Images

    Nonostante l’assenza di alcuni dei nomi più illustri del circuito, chi pensava che il Masters 1000 di Toronto 2025 sarebbe stato teatro di sorprese e colpi di scena si è dovuto ricredere. I favoriti stanno rispettando i pronostici e il torneo canadese, spesso criticato per le sue “assenze pesanti”, sta invece regalando un tabellone di altissimo livello, almeno nei numeri.La statistica è significativa: tra i sei Masters 1000 disputati in questa stagione – compreso quello in corso a Toronto – è proprio il torneo canadese quello che vanta il maggior numero di teste di serie arrivate agli ottavi di finale, ben 15 su 16. Di queste, addirittura 11 erano tra le prime 16 del seeding, e ben 7 tra le prime otto, eguagliando il primato stabilito a Roma.
    Estendendo l’analisi ai nove grandi tornei maschili del 2025 (i tre Slam più i sei Masters 1000), l’Open del Canada si distingue per:* Numero di teste di serie agli ottavi: 15 su 16* Numero di top-16 del seeding tra gli ottavi: 11* Numero di top-8 tra gli ottavi: 7 (record condiviso con Roma)
    Numeri che certificano una tendenza chiara: i favoriti stanno mantenendo il controllo del torneo, rendendo la corsa al titolo una sfida tra i big presenti, nonostante le assenze eccellenti che hanno caratterizzato questa edizione.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO