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    “Io lo conoscevo bene”: Roberto Ghiretti racconta il volley di ieri e di oggi

    Se c’è una figura che riassume in sé tutta l’epoca d’oro della pallavolo italiana è sicuramente quella di Roberto Ghiretti: dai successi di Santal e Maxicono Parma alla Mediolanum Milano di Berlusconi, dalla Lega Pallavolo Serie A alla FIVB, il dirigente parmigiano ha vissuto davvero tutte le facce (anche quelle meno piacevoli) degli anni ruggenti del nostro sport. Da oltre vent’anni impegnato con la sua “creatura” SG Plus Ghiretti & Partners, studio di consulenza per aziende e società sportive, Ghiretti non ha mai abbandonato il mondo del volley (oggi è consulente di marketing per la Fipav) e a fine 2023 ha deciso di raccontare la sua straordinaria esperienza in un libro: “Io lo conoscevo bene“, pubblicato da Kriss Edizioni (186 pagine, 15 euro), più che una biografia è un dialogo a due voci con Leo Turrini, amico inseparabile dell’autore e altro nome storico del nostro volley, questa volta dal lato del giornalismo.

    Protagonista di grandi successi sportivi e invenzioni destinate a rimanere nella storia come quella di Volley Land, una festa della pallavolo unica nel suo genere, Ghiretti è paradossalmente ricordato anche per le sue sconfitte nella corsa alla presidenza della Federazione Italiana Pallavolo, nel 2001, e della Lega Pallavolo Serie A Femminile, nel 2020. Soprattutto la prima, alla quale seguì un assurdo ostracismo che lo tenne lontano dal mondo del volley per più di 15 anni, è entrata nella leggenda attraverso i racconti della notte di Montesilvano, in cui voti e deleghe passarono di mano fino a premiare al fotofinish Carlo Magri. Ghiretti ha il merito di ripercorrere questi episodi senza malanimo, al massimo con un po’ di giustificata ironia al vetriolo, e soprattutto con parole da cui traspare l’invincibile passione per la pallavolo che non gli ha mai permesso di allontanarsi da questo sport, a dispetto dei torti subiti.

    Al di là di questo aspetto, il libro merita decisamente una lettura anche da parte di chi quell’epoca non l’ha vissuta: per rileggere da un punto di vista originale (e sicuramente non edulcorato) personaggi storici come Julio Velasco e Andrea Zorzi, o anche semplicemente per scoprire aneddoti che hanno dell’incredibile. Come quello sulla monetina che colpì Kim Ho-Chul durante un derby tra Modena e Parma, o sul giorno in cui Silvio Berlusconi regalò a Ghiretti… un rasoio e un pennello da barba perché non sopportava di avere collaboratori barbuti! Insomma, un volume che non può mancare nelle librerie degli appassionati di volley di ieri e di oggi, anche grazie al ricco materiale fotografico d’epoca che correda il “botta e risposta” tra i due co-autori.

    di Eugenio Peralta LEGGI TUTTO

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    “Non sono un fallito!”: il mondo del lavoro raccontato da Roberto Zucca

    Di Redazione I lettori di Volley NEWS lo conoscono come acuto commentatore e, soprattutto, autore di interviste esclusive a campioni italiani e stranieri, che brillano per originalità e sensibilità. Ma Roberto Zucca ha anche molti altri volti: “Sono un lavoratore, un vecchio impiegato, un consulente guarito, un ex stagista sopravvissuto, un giovane manager, un sardo adottato da una città difficile” dice di se stesso nella copertina del suo primo libro. Già, perché da oggi Zucca è anche uno scrittore: l’autore di “Non sono un fallito!“, il libro autobiografico in cui racconta la sua esperienza lavorativa, già disponibile online in versione cartacea e in formato e-book (dagli 8,99 ai 13,88 euro). Un “romanzo saggio” che affronta il mondo del lavoro di oggi dal punto di vista “di chi domani non vuole più lavorare“: come scrive l’autore stesso, “Sono un futuro insegnante, un attempato impartitore di insegnamenti di vita. Non ho più il coraggio di rischiare ma ho molto coraggio da vendere. (…) ‘Non sono un fallito’ è la mia storia tra le dita. Che, fortunatamente, mi sono rimaste ben ancorate a una mano“. Naturalmente vi invitiamo tutti ad acquistare e leggere il libro, in cambio di una promessa che siamo riusciti a strappare all’autore: quella di continuare a scrivere per noi sulle pagine di Volley NEWS, anche quando sarà diventato una celebrità della letteratura! LEGGI TUTTO

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    Libro “Il polso del tennista”, con un occhio a Del Potro

    La Copertina

    Rodolfo Lisi, docente e posturologo, ha dato alle stampe il suo quattordicesimo libro sul tennis dal titolo “Il Polso del tennista” (Edizioni Draw Up). Nella sua ultima fatica letteraria, lo scrittore si è avvalso della presentazione dell’ex campione Adriano Panatta e, addirittura, di quella dell’ex Presidente del Consiglio Giuliano Amato. Amato, appassionato giocatore di tennis e già conoscitore delle opere dello stesso Lisi, ha redatto il testo in quarta di copertina, rimarcando le peculiarità di un libro “davvero proficuo”. Nel testo, il capitolo più importante e avvincente riguarda il calvario di Del Potro. Ad avviso di Lisi, dopo gli infortuni ai polsi, la tattica del “nuovo” e lungimirante argentino – assecondata dal proprio éntourage – è ben chiara: Delpo, in caso di esecuzione del rovescio bimane, si avvale di una ben nota impugnatura (presa eastern per la mano destra, presa strong eastern o presa eastern carica per la mano sinistra – per intenderci, una presa ibrida tra eastern e semi-western) solamente se i suoi avversari si chiamano Federer, Nadal, Djokovic o altri top players e, quindi, si abbisogna di una notevole potenza dei colpi con effetto in top al fine di poter gareggiare alla pari e sfruttare appieno tutte le dotazioni tecniche a disposizione. In caso contrario, Delpo si affida ad una diversa e ben ponderata strategia, ricorrendo alla più sicura (in termini di carichi articolari) impugnatura (presa continental per la mano destra, ancora presa strong eastern per la mano sinistra).
    In buona sostanza, in ragione di avversari tecnicamente più deboli (sulla carta, ovviamente), la “Torre di Tandil” si mostra verosimilmente più prudente ed accorto (memore dei suoi antichi dolori) alternando il rovescio bimane piatto (con assenza parziale di qualsivoglia effetto in top) a quello ad una mano in slice (che è entrato, gioco forza, nel suo repertorio, arricchendo tuttavia il proprio bagaglio tecnico). Oltre alle considerazioni appena formulate, entra nell’analisi finanche la “predisposizione genetica” di Del Potro agli infortuni. Un’ipotesi, questa, sommessamente avanzata da alcuni addetti ai lavori. È bene ricordare come la suscettibilità di un individuo a subire lesioni è influenzata dalle interazioni di diverse proteine, codificate da geni localizzati in differenti parti del genoma umano (interazioni gene-gene) insieme alle interazioni con altri fattori di rischio intrinseci ed estrinseci (gene-environment). Trattasi di patologie multifattoriali. In pratica, i fattori intrinseci predisporrebbero gli atleti, e gli stessi tennisti, a lesioni specifiche determinate, di fatto, da esposizione a fattori di rischio estrinseci. Infatti, la predisposizione genetica allo sviluppo di lesioni muscolo-tendinee nello sport sarebbe conferita da diverse varianti genetiche, alcune delle quali codificano per i componenti della matrice extracellulare del tessuto muscoloscheletrico, tra cui i geni del collagene.

    Rodolfo Lisi, considerato uno dei massimi esperti italiani nell’ampia tipologia di lesioni che affliggono i tennisti, ha pubblicato quattordici libri. Tra questi, si ricordano i più recenti: Tutto Tennis (Edizioni Draw up), Patologie del tennista (Libraio Ghedini Editore), Gomito del tennista (Libraio Ghedini Editore), La spalla del tennista (Libraio Ghedini Editore). LEGGI TUTTO

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    Simone Giannelli a fumetti per “Il primo manuale della pallavolo”

    Di Redazione Sarà in libreria dal prossimo 22 aprile il libro “Il primo manuale della pallavolo“, edito da Beccogiallo e destinato ai piccoli aspiranti pallavolisti. Il volume avrà un protagonista d’eccezione: Simone Giannelli, palleggiatore della nazionale e dell’Itas Trentino, in un’inedita veste a fumetti. Il regista azzurro guiderà i lettori alla scoperta del volley raccontandone le regole, le curiosità e i campioni che hanno fatto la storia, e nel fumetto che lo vede impegnato come “supereroe” dovrà destreggiarsi tra personaggi stralunati, avventure fantastiche e poteri magici. (fonte: Instagram Federazione Italiana Pallavolo) LEGGI TUTTO

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    “Bisogna saper perdere”: Giorgio Barbareschi, da pallavolista a scrittore

    Di Roberto Zucca
    Vittoria e sconfitta sono concetti che durante la carriera da pallavolista, e per un breve periodo anche di direttore sportivo, hanno costituito gran parte della sua quotidianità. Con questi due fenomeni Giorgio Barbareschi, ex giocatore di Montichiari, Cagliari, Latina, Perugia ed ex DS della Conad Reggio Emilia, ha convissuto, lottato, fatto pace. E sui quali ha scritto un libro, che in poche settimane è diventato un piccolo caso editoriale.
    “Il libro si chiama Bisogna saper perdere (uscito ad agosto 2020 per l’editore Ultra, n.d.r.) ed è una raccolta delle dieci sconfitte più incredibili e devastanti nella storia dello sport. Ho spaziato dal basket, al tennis e alla stessa pallavolo, solo per citarne alcuni. Ho sempre praticato e seguito lo sport a 360°, avevo il sogno di scrivere un libro sin da giovane e una volta conclusa la carriera ho deciso di mettermi all’opera”.
    Flavio Tranquillo, da anni la voce del basket per Sky Sport, ne ha curato la prefazione. Lei lo portò anche a Reggio Emilia, per un incontro con gli atleti durante la sua stagione da direttore sportivo.
    “Penso che Flavio sia uno dei più grandi giornalisti sportivi che esistano in Italia. È stato un onore poterlo conoscere e costruire un rapporto di amicizia. Le contaminazioni tra sport funzionano sempre e quel giorno lo invitai per parlare con i ragazzi del valore del successo. Fu un bell’incontro, che credo sia rimasto nella mente di tutti i partecipanti dell’epoca”.
    Il capitolo sulla pallavolo è dedicato alla Generazione dei Fenomeni e alla sconfitta di Atlanta ’96.
    “Ho raccontato la cronistoria di un gruppo che ha vinto tutto e molto di più. Quest’anno, in occasione del trentennio dai mondiali 1990, ho letto molte celebrazioni, ma in ogni racconto c’è sempre quella seccante postilla della finale con l’Olanda. Ciò che ho voluto ribadire e ho cercato di far capire al lettore è che una sconfitta, per quanto dolorosa come in quell’Olimpiade, non può cancellare i trionfi e il fantastico percorso che quella squadra ha fatto sotto la guida di Velasco e Bebeto. Era un team ineguagliabile, composto da atleti contro cui ho avuto l’onore di giocare e che furono in grado di creare un’incredibile interesse attorno al nostro sport”.
    Ne parlò mai con qualcuno di loro?
    “Conosco molto bene Luca Cantagalli, con il quale ho lavorato a Reggio Emilia, ma per rispetto non ho mai cercato di approcciare l’argomento Atlanta. Quei momenti, se non sono vissuti in prima persona, non si possono comprendere per davvero. Ma mi è capitato di assistere a interviste di Julio Velasco o di Bernardi, in cui hanno fatto capire il fastidio che provano ogni volta che sono costretti ad affrontare quell’argomento”.
    Giani ha dichiarato che non ha vissuto a lungo con lo spauracchio dell’ultimo punto perso.
    “E ha fatto bene, perché quel punto non potrà mai intaccare una carriera straordinaria come la sua”.
    Travica invece mi ha confessato che da una semifinale scudetto persa si è ripreso dopo molti mesi.
    “Capisco il suo pensiero. Anche io ho vissuto molto male alcune sconfitte, ma bisogna riuscire a metabolizzarle e andare avanti. Però apprezzavo di più quelli che si chiudevano in un cupo silenzio piuttosto che quelli, e mi creda ne ho visti parecchi anche in serie A, che entrati nello spogliatoio dopo una partita persa chiedevano dove si andasse a cena o in discoteca. Una sconfitta non può e non deve condurre alla depressione, ma nemmeno essere dimenticata dopo un paio di minuti, altrimenti significa che a quella gara non ci tenevi poi molto”.
    La sua reazione più plateale?
    “Ai tempi della A1 dovetti rinunciare a partecipare al matrimonio di mia sorella a causa di una partita, che finimmo per perdere malamente. Rientrando nello spogliatoio un compagno di squadra fece una battuta scherzosa: mi avventai su di lui e lo presi per il colletto della maglia, con i compagni che dovettero separarci a forza. Era un amico, uno di quelli a cui ero più legato in squadra. L’episodio finì lì e cinque minuti dopo mi scusai con lui. Il mio gesto era ingiustificato, ma in quel momento non riuscivo ad accettare quel tipo di atteggiamento”.
    Ci sono giocatori ma anche allenatori che proprio non digeriscono la sconfitta. Ne ha avuti?
    “(ride, n.d.r) Nei primi anni l’allenatore di una squadra di serie A si buttò a terra in spogliatoio perché era furibondo con noi per un 3 a 0 subito in casa. Era molto teatrale negli atteggiamenti e aveva un carattere molto forte. Tanto che un giorno un compagno gli fece un verso modello Cassano, quando imitava gli allenatori dietro le spalle. Appena il coach lo vide scoppiò un putiferio e dovemmo interrompere l’allenamento per dividerli”.
    Le vittorie, invece, quanto sono difficili da vivere?
    “Molto, a volte anche più delle sconfitte. Perché alla gioia per il traguardo raggiunto segue l’ansia da prestazione di poter fare meglio. Di dover fare meglio. Penso alla generazione di Velasco, per cui dopo ogni trionfo tutti si aspettavano che sarebbero stati in grado di fare ancora di più. Non è solo il pubblico, la società o la federazione che ti chiedono di alzare l’asticella, ma è la tua professione che ti spinge a guardare sempre più in alto”.
    La tennista Schiavone ha scritto recentemente che, dopo il successo al Roland Garros, non è più riuscita a pensare alla vittoria in maniera concreta.
    “Perché non è facile restare con i piedi per terra dopo un successo del genere. È importante non perdere la bussola, non farsi svuotare dall’appagamento. Se una mattina ti svegli e ti accorgi che il punto più alto della tua carriera è ormai alle spalle e non riesci più a spingere al 100%, significa che è l’inizio della fine. Perdere fa male, deve fare male, altrimenti non è sport. Se la sconfitta non ti pesa più come una volta, forse è arrivata l’ora di pensare ad altro”. LEGGI TUTTO