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Borg incorona Djokovic: “Il più grande di sempre. Federer e Nadal? Al secondo posto. Se avessi avuto il supporto che oggi hanno i tennisti, forse non mi sarei ritirato a 26 anni”

Bjorn Borg, l’“ice-cool king” di Wimbledon, non ha dubbi: “Ritengo Djokovic il più grande giocatore di tutti i tempi. Poi, subito dietro, vengono Federer e Nadal, a pari merito”. Così il leggendario campione svedese parla a Sky Sport UK, in un’intervista che lancia la sua attesa autobiografia “Battiti”, appena uscita anche in Italia. Borg, 11 volte campione Slam e icona del tennis degli anni 70-80, è intervenuto al media londinese spaziando sull’attualità e altro, un punto di vista il suo sempre assai qualificato. Bjorn si dice impressionato dalla longevità del serbo, ancor più se comparato alla sua carriera, straordinariamente vincente ma assai breve rispetto a quella di “Nole”: “È incredibile il livello a cui riesce a giocare a 38 anni. Sono molto colpito. So che vuole conquistare il suo 25° Slam. Spero che giochi almeno un altro anno, perché con il tennis che esprime può ancora farcela. Certo, sarà dura con Sinner, Alcaraz e altri giovani, ma lui resta capace di tutto”.

Una carriera, quella di Djokovic, che ha avuto un respiro ben più lungo di quella di Borg, ritiratosi a soli 26 anni, una decisione che all’epoca scioccò il mondo dello sport perché arrivata del tutto inattesa. Il motivo? Mancanza di motivazioni e una fama divenuta per lui insostenibile: “Non avevo più privacy. Room service continuo, fotografi fuori dai ristoranti, a volte anche 20 a caccia di una mia foto… gente ovunque. Non potevo mai stare solo”.

Borg provò un timido rientro negli anni ’90, senza però nemmeno avvicinarsi ai fasti del passato, un tentativo che oggi reputa onesto ma di fatto sbagliato. E riflettendo sul diverso supporto che hanno oggi i giocatori – team numerosi, agenti, preparatori, psicologi e nutrizionisti – ammette: “Ai nostri tempi eravamo soli. Dovevamo arrangiarci per tutto. Se avessi avuto quell’aiuto in quella fase nella quale non mi sentivo affatto soddisfatto della mia vita immerso nel mondo del tennis, forse sarebbe andata diversamente. Forse avrei continuato a giocare”.

Il suo nome è legato in modo indissolubile a quello di John McEnroe, una rivalità la loro unica e irripetibile, con finali spettacolari e un contrasto di stile di gioco totale. Borg ricorda un episodio in particolare che segnò un prima e un dopo nella loro storia. “Credo che tutto cambiò a New Orleans, in un grande torneo negli Stati Uniti” racconta lo svedese. “In finale ero avanti 4-1 al terzo set e stavo dominando. Quella fu l’unica volta in cui John si comportò davvero male con me”. Bjorn racconta un momento che è rimasto impresso nella sua memoria: “Dopo uno scambio, sul 4-1 e 15-0, lo guardai e gli feci cenno con il dito: ‘Vieni, John’. Lui mi guardò come per dire: sei matto? Perché dovrei venire? Ma alla fine si avvicinò piano piano e mi chiese: ‘Cosa diavolo vuoi?’. Io gli dissi soltanto: ‘È solo un gioco, prendila con calma’. John mi fissò come se fossi impazzito”. La partita, ironia della sorte, finì per perderla Borg: “Ho avuto match point, ma vinse lui. Dopo quella partita nacque un rispetto reciproco che andava oltre il campo da tennis. Da lì siamo diventati buoni amici”.

Lo svedese nella sua autobiografia “Heartbeats, a Memoir”, scritta insieme alla moglie Patricia, racconta anche il lato oscuro del post-ritiro: dopo una prima fase serena, entrò nel tunnel della droga. Nel 1989 finì in ospedale per un’overdose e, qualche anno dopo, fu colpito da un infarto legato agli stupefacenti mentre si trovava in Olanda. “Scrivere il libro è stato una liberazione” commenta Borg. “Ho fatto tante scelte sbagliate, relazioni e decisioni che non avrei dovuto prendere. Ma oggi mi sento sereno e soddisfatto”.

A fine 2023 Borg ha affrontato un’ulteriore battaglia, quella contro il cancro alla prostata. Operato con successo, è ora in remissione, anche se deve sottoporsi a controlli periodici: “I medici mi hanno detto che era molto grave, ma per fortuna l’intervento è andato bene. Ci sono ancora cellule dormienti, ma ogni sei mesi faccio i test e al momento sto bene, sono felice”.

Marco Mazzoni


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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