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    Carla Suarez Navarro: “Il cancro non mi ha fatto paura, ma tanta rabbia e tristezza”

    Carla Suarez durante un trattamento

    Il 2020 è stato un anno davvero difficile per la spagnola Carla Suarez Navarro. Giusto un anno fa annunciò che il 2020 sarebbe stato il suo ultimo anno da Pro. La sua “passerella finale” è stata a dir poco guastata prima dalla pandemia, con il tour sospeso in marzo, quindi dalla scoperta in estate di avere un Linfoma di Hodgkin (LH), una forma di tumore che si origina dalle cellule linfoidi normalmente presenti nel sangue, nel midollo osseo, nei linfonodi e in molti altri organi. Carla convocò una conferenza stampa il 2 settembre, giusto il giorno prima del suo 32esimo compleanno, rivelando la sua malattia e l’inizio di un percorso impegnativo per affrontarla, “la partita più dura che ho mai giocato” disse. Fortunatamente ha scoperto il cancro in tempo, e le varie sessioni di chemioterapia a cui si è sottoposta stanno dando segnali più che incoraggianti.
    Carla ha rilasciato una lunga e toccante intervista al collega Angel Rigueria di Mundo Deportivo, in cui parla del suo presente, di come ha affrontato la malattia, con grande forza e convinzione, e anche del suo futuro. In campo. Riportiamo alcune parti dell’intervista, che ci rivalano il carattere e la forza d’animo della spagnola.
    “Sto abbastanza bene, il trattamento sta rispondendo e questo è un motivo per essere felice. Sono nella fase finale, credo che mi manchi un mese e mezzo. Mi restano tre sedute di chemio, poi dovremo vedere se faremo radioterapia o no. È una malattia che in linea di principio  quando finisce… finisce, non deve riprodursi di nuovo. A febbraio, se non dovrò fare la radioterapia, sarò arrivata alla meta”.
    “Paura? Onestamente no. All’inizio non sapevamo davvero cosa fosse, avevo fatto dei test su tutto. In una delle visite il dottore mi ha spiegato tutte le possibilità. Mi ha messo in guardia. Passarono forse sette giorni prima che mi dessero la notizia, e non fu più una sorpresa a quel punto. Non avevo paura perché mi hanno detto che era un cancro curabile, che l’avevamo preso in tempo. Mi hanno dato così tanta speranza e così tanta fede che non ho mai temuto per la mia vita. La rabbia? Sì, mi sono chiesta perché, perché a questo punto della mia vita. Ho pensato, che peccato proprio in questo momento… Dopo quindici anni a dedicati al tennis, ammalarsi proprio ora che ero vicina alla fine. Adesso mi sento molto bene, ma non avevo idea se nel 2021 sarei potuta tornare giocare di nuovo oppure no. Se la porta era chiusa, dire addio in quel modo non mi piaceva. Non era quello che volevo”.

    Le chiedono se esser una sportiva aiuta ad affrontare una malattia così importante: “Ti parlano degli effetti collaterali, del dolore che puoi avere, e poi aiuta a essere una giocatrice di tennis perché ci sono momenti nella tua carriera in cui hai dovuto soffrire, giocare con molto dolore, sopportarlo. Quando sentivo dolore a casa era come qualcosa di già più familiare, che sapevo affrontare. Se ho scoperto una nuova Carla? No. Quello spirito da lottatrice già che ce l’avevo. Essere ottimista, positiva o calma lo sentivo forte dentro di me, e in questo senso non ho scoperto nulla di nuovo. Le sessioni di chemioterapia? Sono andate abbastanza bene. Ho fatto cinque sessioni e ho avuto un brutto momento nella seconda, un po’ anche nella quinta. Dopo le sedute ho mal di pancia per due o tre giorni, con nausea, ma dopo ho una vita “normale”. In quel senso, sono dieci, dodici giorni in grado di godermi le cose, anche all’interno di quello che ci lascia il Covid-19″.
    Vincere il cancro sarà la migliore vittoria? “Probabilmente sarà la mia migliore vittoria. All’inizio lo affrontavo bene perché contavo: il primo, il secondo, il terzo turno di cure. Ora sono passata a quel momento in cui è meno uno, meno due e ho fretta di finire. Sono a Barcellona, ​​mi sarebbe piaciuto essere a Las Palmas. Ci sono cose che voglio finire per recuperarne altre più normali”.
    Carla ha già ricominciato a giocare a tennis… Quando glielo fatto notare, sorride raccontando: “Non dico molto ai dottori! Mi hanno messo un PICC (dove viene inserito il catetere per la somministrazione della chemioterapia, ndr) e mi hanno detto che non potevo sopportare molto peso, che non potevo nuotare, che non sarei riuscita a giocare a tennis o padel… Mi hanno detto una serie di cose che all’inizio mi hanno scioccato, che se avessi esagerato avrei rischiato una trombosi. Ma col passare del tempo sono andata in palestra, facendo pesi, riacquistando mobilità nel braccio. Uno di quei giorni ho detto: se posso fare tutto quello che faccio, perché non posso giocare a tennis, che è quello che ho fatto per tutta la vita? Ho provato, con le palle senza pressione, con le palle di un bambino, e devo dire è che è andata bene, non mi ha infastidito. Adesso sto provando a giocare due o tre volte a settimana. Cerco ogni volta di alzare un po ‘di più il livello, ma soprattutto mi serve come evasione dalla mia situazione e attività fisica. È un sollievo, è quello che so fare e quello che mi piace”.
    Carla è convinta e focalizzata sul rientro in campo, per un’ultima passerella, come aveva desiderato fin dal 2019: “Mi piacerebbe poter giocare un Grande Slam, ovviamente nella seconda parte della stagione. E sto vedendo se riuscirò a qualificarmi per le Olimpiadi. La chiusura dell’entry list per parteciparvi è al Roland Garros e io non potrò giocare prima, quindi dipende da cosa faranno le altre. Se entrerò nella lista, vorrei essere ai Giochi di Tokyo. Ho una classifica protetta, il numero 68, e il taglio deve essere compreso tra 60 e 70. Voglio anche giocare un po’ del tour americano, e basta. L’intenzione è di giocare tre o quattro tornei. Vediamo anche come si evolverà anche la situazione del coronavirus. Giocare oltre il 2021? No, voglio riposare. Con il lockdown e quindi la malattia, non sto facendo quello che vorrei o quello che avevo programmato di fare. Dopo aver salutato il tour, voglio avere tempo per me stessa, cosa che non sono ancora riuscita a fare. So che questo è già programma fin troppo a lungo termine, meglio andare giorno per giorno, settimana dopo settimana, ma rispetto a prima ora posso guardare al futuro”.
    In questo periodo di lotta, molti colleghi non l’hanno lasciata sola: “Qualche messaggio a sorpresa? Molti. Ho sentito la vicinanza di giocatori che hanno fatto la storia nel nostro sport e con i quali, all’interno del circuito, non avevo un grand rapporto. Chi? Preferisco tenerlo per me. E’ stata una bella sorpresa  scopire che sono consapevoli del mio stato e seguono il mio percorso di guarigione”.
    Anche tutti noi auguriamo il meglio a Carla, che possa sconfiggere definitivamente la malattia e quindi, se il corpo glielo consentirà, che provi di nuovo l’emozione di giocare sul tour e ricevere il saluto che si merita.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Kermode (ex CEO ATP): “Abbiamo aumentato i prize money in modo importante. La PTPA? Non avrà un forte impatto”

    Chris Kermode

    Il britannico Chris Kermode è stato CEO dell’ATP per ben sette anni, prima della sfiducia da parte dei giocatori nel 2019 che ha portato al non rinnovo della sua carica. Dopo un periodo “sabbatico” in cui s’è esposto ben poco con la stampa, lasciando così libertà di campo al suo successore Andrea Gaudenzi, Kermode è intervenuto nel corso del programma “The Tennis Podcast” condotto dal collega David Law. Le parole di Chris sono state interessanti, e ferme. Pur non facendo polemica in merito all’interruzione del suo percorso a guida dell’ATP, ha rivendicato gli ottimi risultati (a suo dire) nel suo mandato, sottolineando soprattutto l’aspetto economico, proprio quello che a detta dei giocatori invece gli è “costato il posto”.
    Ecco alcuni passaggi del pensiero di Kermode, con alcune considerazioni finali, visto che l’ultima parte dell’intervista è quella più interessante.

    “Nel corso del mio mandato come CEO dell’ATP ho ricoperto un ruolo politico. Credo molto nell’ATP, penso che sia un’organizzazione che funziona. Il tennis è uno dei pochi sport in cui giocatori e tornei sono ascoltati ogni giorno, a differenza degli sport USA dove si trovano accordi collettivi che diventano operativi per diversi anni e quindi non c’è necessità di ritrovarsi, nonostante ci possano essere anche litigi e conflitti. Le decisioni che abbiamo preso sono state quasi totalmente all’unanimità, direi per il 98%. Ovviamente è successo di ritrovarmi in mezzo ad un conflitto tra tornei e giocatori, serve un amministratore proprio per questo. Durante la mia presidenza in sole 8 votazioni su 350 il mio voto è stato decisivo, e in queste ben 7 su 8 ho votato sposando la parte vicina al parere dei tennisti. Sono stato il CEO a decidere per il maggior incremento dei prize money nella storia dell’ATP tour. Devo dire che se esiste un punto debole nel sistema è nel fatto che la politica può diventare determinante e il peso si sposta su questa piuttosto che sul miglioramento della disciplina. Quindi è importante trovare le persone giuste per far crescere il tennis”.
    “Se fossi stato confermato? Avrei lavorato per trovare il modo migliore per aumentare ancora i prize money. Siamo riusciti a centrare l’obiettivo per la categoria 500, avrei lavorato per trovare lo stesso equilibrio in 250 e Masters 1000″.
    “La nascita delle NextGen Finals testimonia che abbiamo guardato in modo deciso alla crescita dei giovani insieme a possibili cambiamenti delle regole del gioco. Siamo stati consapevoli fin dall’inizio che tutti gli esperimenti della manifestazione non sarebbero diventati novità sull’ATP Tour, ma ci siamo posti delle domande e provato sul campo. Alcune cose sono state un successo. Col mio mandato inoltre è nata la ATP Cup. I giocatori spingevano per avere nuovi eventi, la ATP Cup è stata una risposta, portando 15 milioni ai protagonisti, diventando così una apertura nuova e interessante per la stagione. Abbiamo osservato l’andamento degli ascolti televisivi: i numeri salivano solo a marzo con Indian Wells, era indispensabile trovare una novità che facesse scattare prima l’interesse per l’ATP tour, già in gennaio e quindi per febbraio. L’ATP Cup è nata in questa ottica”.

    “La pandemia? Non ho mai pensato in realtà a come l’avrei potuta affrontare. Mi dispiace molto per Gaudenzi, è stato sicuramente sfortunato ad iniziare il suo mandato in un anno così difficile. In un periodo come questo è necessario aver i nervi saldi per mantenere la corretta prospettiva ricordandosi che stiamo governando il tennis, attività importante ma che, in una visione globale, ha un’importanza relativa. Bisogna resistere, forse si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel, ma i primi sei mesi del 2021 saranno altrettanto duri. Credo che il tennis sopravviverà, anche se i problemi saranno tanti. Dall’altro lato, possiamo dire che in tempo di crisi si può sfruttare la contingenza per spingere su cambiamenti più radicali, cosa più difficile da realizzare quando tutto va bene e non è facile toccare qualcosa che sembra funzionare”.
    “Unire ATP e WTA? Sì, ne ha parlato anche Federer, ma la situazione è complessa, servirebbe superare la storia delle due organizzazioni, che sono diverse. Si può partire da una maggior collaborazione e quindi vedere di accrescere i punti di contatto. Fare ex novo un calendario? Facile a dirsi, difficilissimo da realizzare. Ci sono tanti punti di vista diversi, mediare non è affare comodo. Non ci dobbiamo dimenticare il tennis è lo sport globale per eccellenza, quindi non siamo noi a poter decidere tutto, ogni paese ha proprie peculiarità, governi ed esigenze. I giocatori vogliono giocare molto, i tornei devono essere sostenibili, non è per niente facile”.
    “Di cosa vado più fiero del mio mandato? È stato un periodo molto intenso, stressante, ma anche ricco di soddisfazioni, un onore guidare l’ATP . I numeri che abbiamo lasciato alla nuova dirigenza sono molto buoni e ne vado orgoglioso: il fatturato è passato da 97 milioni di dollari nel 2013 a 150 milioni nel 2018, il montepremi è passato da 85 a 135 milioni nello stesso periodo, e il numero di i giocatori che hanno raccolto più di un milione di dollari sono aumentati del 90%. La crescita è stata reale nei guadagni per i giocatori tra il n.50 e n.100, aumentati del 69%, e per i tennisti tra il n.150 e n.200, aumentati del 65%. Siamo riusciti a fare una ridistribuzione del denaro ai giocatori di rango inferiore, oltre ad aver aumentato anche il fondo pensione del 60%. Sono numeri indiscutibili, che i giocatori conoscono”.
    “PTPA? Non è la prima volta che succede che i giocatori vogliano qualcosa, ma il Board non lo approva, quindi non possono fare quello che vogliono che accada. Vedremo cosa succederà con la PTPA, personalmente non credo che questa iniziativa alla fine avrà un grande impatto, ma è un messaggio che va ascoltato. I giocatori non ascoltati? Non è vero, ci sono i membri del Consiglio, sono adeguatamente rappresentati. Il problema è che le esigenze del numero 1 al mondo sono diverse da quelle del 2000 e queste due cose sono difficili da conciliare. Non so quali siano le intenzioni di Djokovic, non posso giudicare. Penso che dovremmo stare molto attenti quando facciamo affermazioni generali che possono essere suggerite da persone che non hanno nulla a che fare con il tennis. Quando ero in carica come CEO, una delle cose che leggevo molto era che stavamo mettendo troppe energie nei giocatori di rango inferiore. I numeri suggeriscono che questo non è vero. La situazione è molto, molto complicata: da un lato è certamente molto difficile per questi giocatori guadagnare abbastanza per mantenersi, ma è anche vero che i tornei Challenger non sono redditizi, è necessario che il sistema sia sostenibile perché senza tornei nessun giocatore può guadagnare qualcosa. E questo apre la questione di definire cosa sia un “tennista professionista”. È necessario disporre di un sistema in cui non sia possibile per un giocatore trascorrere 10-15 anni sul circuito Challenger. I Challenger devono essere una categoria di transizione per arrivare al circuito ATP, non un luogo dove trascorrere l’intera carriera”.

    Quelle conclusive sono le affermazioni più nette. Ovvio che Kermode difenda il suo mandato, ma obiettivamente non gli si può rimproverare di non aver fatto crescere “la torta”. Che magari questa sia cresciuta con “fette non abbastanza grandi” per i giocatori, può essere la vera questione. Come anche il fatto dei Challenger: è una questione dibattuta da tempo. Per la visione di Kermode i tennisti considerati davvero Pro dovrebbero essere quindi meno di 300, con altri 200 (al massimo) che lottano per salire al piano di sopra e quindi considerarsi dei veri professionisti. Chiaro che solo con l’ingresso nel 100 oggi un tennista vive “bene” e guadagna abbastanza di potersi assicurare – con vari anni stabilmente dentro – un futuro sereno dopo la carriera.
    È una visione altamente meritocratica e spinta verso l’eccellenza, e anche Gaudenzi – anche se non l’hai mai dichiarato con questa nettezza – ha lasciato intendere una visione simile. Che ne pensate?
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Esclusiva – Fornell-Mestres: “Un’italiana nelle intercettazioni? Non la conosco, è un’invenzione della Guardia Civil”

    Pubblichiamo oggi la seconda parte (clicca QUI per leggere le altre domande) dell’intervista esclusiva a Marc Fornell-Mestres, ex giocatore spagnolo arrestato nel 2018 perché ritenuto colpevole di essere a capo di un’organizzazione dedita alla combine di partite di tennis a livello Challenger e ITF. L’ex numero 236 ATP, ai microfoni di LiveTennis, ha parlato del possibile coinvolgimento di […] LEGGI TUTTO

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    Marc Rosset: “Non è la fine del mondo se Federer necessita di più tempo per rientrare. Il mio sogno? Rivedere Del Potro”

    Marc Rosset, vincitore di 15 titoli ATP e l’Oro olimpico nel ’92

    L’ex top 10 svizzero Marc Rosset ha rilasciato un’interessante intervista al media svizzero RTS Sport (con il collega Arnaud Cerutti) in cui ha parlato della situazione dell’amico Roger Federer, spaziando poi su vari temi dell’attualità tennistica e della stagione da poco conclusa. Secondo Rosset, Roger tornerà ma è giusto che si prenda tutto il tempo necessario, eventualmente saltando la trasferta in Australia qualora non si senta del tutto pronto dopo le due operazioni subite al ginocchio.
    “Federer ha spaventato tutti con le sue parole alla cerimonia dell’altro giorno? No, il contrario, continuo a pensare che Roger giocherà di nuovo, su questo non ho dubbi. Solo credo che in questo momento viva intensamente il suo presente e volesse semplicemente esprimere la sua felicità per aver vinto questo premio (miglior atleta svizzero degli ultimi 70 anni, ndr). È come quando un ragazzo vince un titolo del Grande Slam e dice che è il suo torneo preferito. Lo avrebbero detto tutti … ovunque. Sono quelle classiche frasi che dice nel momento, per accontentare le persone in quel contesto… “.
    Rosset pensa che Federer possa tornare competitivo nel 2021 ma non esclude la possibilità che possa alla fine saltare gli Australian Open: “Francamente, quando vedi i vincoli imposti ai giocatori, il fatto che non dovrebbero esserci molti spettatori, e le tue condizioni non sono ancora ottimali, ti chiedi se vale la pena correre dei rischi andando lì. Dovrebbe giocare un torneo molto duro, con una forma incerta, senza il brivido di quelle emozioni che solo il pubblico può dare, e il tutto senza la famiglia al suo fianco. Roger non divide mai volentieri la vita familiare e il tennis, negli anni è stato bravo a costruire la sua carriera da adulto riuscendo a combinare viaggi e tornei con la famiglia. A 39 anni, potrebbe avere qualcos’altro da fare che andare a Melbourne in tali condizioni tra due mesi, magari restare a casa e prepararsi ancora meglio”.

    “Se ci vuole più tempo per rivedere Federer in campo, non poi è la fine del mondo. Tutti sanno che con quello che ha vissuto quest’anno, tornare al top sarà molto complicato per lui. Con questo contesto, niente è semplice ma si potrà fare affidamento sull’esperienza acquisita questa primavera e quindi con la ripresa dalla scorsa estate. Il tennis rispetto ad altre discipline ha il vantaggio di poter esser disputato anche in momenti diversi da quelli classici senza che stravolgere i valori tecnici. Come sempre saranno le decisioni degli Slam a trainare l’intera stagione 2021″.
    Quindi Rosset segna un bilancio del 2020 e si focalizza sul 2021. “Il 2020? La prima cosa che mi viene in mente come spettatore è che guardare il tennis senza un pubblico è difficile. Anche per i giocatori è molto complicato. Ed è questo che mi fa dire che quello che sono riusciti a fare quest’anno è davvero notevole, perché nonostante il contesto c’è stato un livello di gioco molto interessante e alcune partite epiche. Il titolo di Nadal al Roland è stato notevole, per il modo in cui ha vinto, ma ancor più importanti sono state le prime incoronazioni nel Grande Slam di Thiem e Swiatek, grande giocatrice la polacca, davvero impressionante“.
    “Gli svizzeri? Beh, annata difficile, era prevedibile. È stato un anno speciale per Stan Wawrinka, ma spero davvero che abbia ancora il desiderio, la fiamma, perché credo che ci sia ancora del “tennis” in lui. Sono convinto che abbia i mezzi per fare un’altra grande impresa. Dipende quasi solo da lui. Sarebbe molto bello se potessimo rivedere donne svizzere protagoniste, in particolare Belinda Bencic, e seguiamo la crescita dei giovani, abbiamo qualche talento interessante”.
    “I prossimi campioni? Dominic Thiem ha finalmente infranto la barriera dei Majors agli US Open. Se nel 2021 ci sarà un altro nuovo vincitore Slam? Sono sicuro nel 2021 i più giovani potranno battere Djokovic e Nadal in tornei di una settimana, giocando su tre set. Ma riuscirci in quindici giorni, nel Grande Slam, dove non ti è permesso di sbagliare troppo e devi avere un rendimento altissimo per lunghe partite sarà ancora complicato per loro. In definitiva, Stefanos Tsitsipas mi sembra il più attrezzato, ma credo uno di loro potrà vincere uno Slam solo se Rafa e Novak concedono qualcosa”.
    “Cosa vorrei nel 2021? Vedere andar bene gli svizzeri, ovvio, ma sogno di rivedere Juan Martin Del Potro! È un ragazzo che, dopo tutto quello che ha passato, merita di finire la sua carriera in modo diverso. Vorrei avere una bacchetta magica e potergli dire ‘hey, hai ancora una grande stagione, buon divertimento!’ Sarebbe bello per Serena Williams vincere il 24esimo titolo Slam, ma sembra molto complicato… Non è una questione fisica, non sembra più in grado di controllare le emozioni e la mente come un tempo, ma mai scommettere contro una tale campionessa”.
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    Esclusiva – Fornell-Mestres: “Trattato come un terrorista, la polizia non ha mai capito la realtà delle cose”

    Marc Fornell-Mestres nella foto

    Marc Fornell-Mestres, arrestato nel 2018 perché ritenuto colpevole di essere a capo di un’organizzazione dedita alla combine di partite di tennis dei circuiti Challenger/ITF, è tornato al centro dell’attenzione nelle ultime settimane dopo le squalifiche comminate dalla TIU a Naydenova e Lopez-Perez, giocatori che sarebbero stati menzionati dall’ex tennista iberico in alcune conversazioni telefoniche intercettate dagli investigatori. L’ex numero 236 del ranking ATP, in riferimento a questo articolo, ha rilasciato una lunga serie di dichiarazioni in esclusiva ai microfoni di LiveTennis: la seconda parte dell’intervista, nella quale lo spagnolo parlerà anche del possibile coinvolgimento di una tennista italiana fuori dalla Top-500 WTA, sarà pubblicata nei prossimi giorni.

    Alla fine di ottobre del 2018 hai giocato a Santa Margherita di Pula, perdendo al primo turno da Mattia Frinzi. Questo, alla fine, si è rivelato essere l’ultimo incontro della tua lunga carriera.“Purtroppo sì, non credevo potesse essere l’ultima partita della mia lunghissima avventura nel circuito professionistico“.
    Ad un mese dall’ultimo match, sei stato arrestato. Che momenti sono stati per te?“E’ successo tutto nel giro di pochi istanti, io stavo dormendo e la polizia è piombata in casa all’improvviso ad arrestarmi come fossi un terrorista: non sono riuscito a capire cosa mi stava capitando, ero veramente sorpreso. Dopo tre giorni mi hanno portato in carcere a “Soto del Real”, dove sono stato rinchiuso per poco meno di un mese, ma anche nel corso di questo periodo bruttissimo ho fatto tanta fatica a capire cosa mi stava succedendo. Non ho mai fatto nulla di così sbagliato da meritarmi un trattamento da terrorista, c’è stato una sorta di “spettacolarizzazione” attuata nei modi e nei gesti dalla polizia, che non ha mai capito la realtà delle cose“.
    Naydenova e Lopez-Perez sono gli ultimi giocatori, in ordine cronologico, ad essere stati fermati dalla TIU. I loro nomi risultano in un’intercettazione telefonica che ti ha visto coinvolto: spiegaci la situazione.“Conosco molto bene Enrique Lopez-Perez ma con lui ho sempre avuto conversazioni tradizionali come quelle che si hanno tra amici. Era un gran tennista, sicuramente non meritava una punizione così severa come quella che gli è stata inflitta dalla Tennis Integrity Unit“. LEGGI TUTTO

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    Andrea Gaudenzi e il futuro del tennis, “Focus sui fan e siamo a un bivio, come quando le etichette musicali hanno mediato con Spotity”

    “Invece di spendere il 90% del tempo in conversazioni tossiche, che alla fine prosciugano tutte le energie, tempo e denaro, il vero problema è l’unità, è trovare un modo in cui giocatori e tornei possano effettivamente lavorare insieme e crescere nella stessa direzione. Se devi discutere la formula dei prize money ogni due anni, è […] LEGGI TUTTO

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    Feliciano Lopez: “Speriamo di annunciare entro fine anno la conferma di Madrid fino al 2031”

    Feliciano Lopez

    Feliciano Lopez ha annunciato l’intenzione di giocare anche nel 2021, quando il 20 settembre entrerà negli “anta”, come Federer. Ma la sua attività parallela di direttore del Masters 1000 di Madrid è diventata altrettanto importante, e proprio in queste settimane tutto il suo staff sta lavorando alacremente per il rinnovo del contratto dell’evento con l’ATP e la città di Madrid. I diritti scadono l’anno prossimo, e poche settimane fa avevamo pubblicato un’indiscrezione secondo la quale Ion Tiriac, proprietario del torneo, fosse in trattativa con Berlino per spostare in Germania il suo evento.
    In realtà dalla Spagna arriva tutt’altra musica, e la fonte è molto autorevole: proprio Feliciano, il direttore del torneo. In una lunga intervista rilasciata al quotidiano sportivo iberico Marca, Feliciano ha parlato del 1000 di Madrid e di molti altri temi relativi al tennis. Ecco i passaggi più salienti del suo pensiero.
    “Siamo molto felici per l’allungamento del torneo 2021. Le ragazze inizieranno martedì e per i ragazzi non ci sarà alcun cambiamento rispetto a quello che era fino ad ora. Ma c’è un progetto ATP per fare più tornei su due settimane, come Indian Wells e Miami. Se Madrid è appena dietro a Indian Wells? Per molte ragioni direi di sì, Madrid ha sempre dimostrato di essere vicino a un “Grande Slam”. Merita di essere un evento di 10 giorni per uomini e donne, speriamo che lo sia presto”.
    È in corso la progettazione di una nuova arena all’interno del complesso della Caja Magica: “Il progetto è praticamente pronto e sarà il cambiamento più sostanziale che le persone vedranno. Lo stadio è una prossima realtà e ci permetterà di avere due sessioni di gioco, giorno e notte. Molte volte siamo stati limitati con la capienza del secondo campo a causa delle grandi partite che ci sono fin dal primo giorno. Abbiamo avuto molti fan in coda per limiti di dimensione. I progetti sono in divenire affinché Madrid diventi il miglior torneo del mondo perché abbiamo un complesso che nessuno ha. Nuovo stadio tra due anni? Il progetto è fatto e per il Consiglio Comunale va bene. Va tenuto presente che è necessario fare un grande lavoro perché l’acqua dietro di essa deve essere rimossa. Si spera che nel 2022 si possa giocare nel nuovo stadio, al massimo nel 2023. E avremo tennis fino al 2031. Presto potremo annunciare che l’accordo con il Comune sarà firmato per altri 10 anni. Le cose stanno andando molto bene. Il contratto è in fase di revisione. Si spera di poterlo annunciare prima della fine dell’anno”.

    “Se potrei giocare Madrid essendo anche direttore? Non l’ho mai chiesto all’ATP. Fin dal primo momento, non ho voluto insistere. Ho preso ad esempio la situazione di Tommy Haas (direttore a Indian Wells). Penso che abbia chiesto il permesso di giocare a Indian Wells e loro hanno detto di no. È un peccato perché, a questo punto della mia carriera, è il torneo che più vorrei giocare”.
    “Edizione 2021 con pubblico a capienza regolare? Sono generalmente una persona positiva, voglio pensare che la pandemia non durerà per sempre. Le notizie sono un giorno buone e l’altro cattive… Ora sembra che ci sia un trend positivo perché presto arriveranno i vaccini. Se una parte della popolazione sarà stata vaccinata a maggio, le persone avranno più fiducia nell’uscire e fare una vita normale”.
    Ricordano a Lopez di esser stato in campo per la vittoria n.1000 di Nadal: “Giocare contro Rafa per me è sempre speciale e lo è ancora di più ora che ho 39 anni e apprezzo ancor più il gioco. Continuo a sforzarmi ogni giorno per arrivare a giocare a quel tipo di partita contro i migliori. Quel giorno sono riuscito a spingerlo al limite e mi sono sentito competitivo contro il numero due del mondo, forse il migliore della storia. Questo significa molto per me perché mi dà la speranza di poter continuare un altro anno a giocare a tennis. Quel giorno solo fu un peccato giocare in uno stadio vuoto”.
    Per Feliciano i tornei dello Slam dovrebbero continuare a giocarsi al meglio dei 5 set: “Le partite del Grande Slam giocate in tre set? Manchebbe qualcosa. È vero che un torneo con match su cinque set ti costringe a giocare due settimane e questo significa perdere due mesi in quattro tornei. Se ci focalizziamo su questo, trovo che sia un argomento ragionevole, e dobbiamo aggiungere la settimana precedente di preparazione in cui molti giocatori non gareggiano. Nonostante questo, resto a favore dei cinque set“.
    “Giudici di linea o occhio di falco? La mia esperienza a livello personale non è stata delle migliori… Non so se perché il sistema è nuovo e richiede un po’ di tempo … La prima volta che ho giocato con questa tecnologia è stato agli US Open e la chiamata sembrava lenta durante il gioco, non so se possa essere migliorato questo aspetto. Occhio di falco resta una delle grandi invenzioni del tennis. Sostituire i guardalinee? Se è per migliorare, sono a favore. Ma la mia esperienza è stata che la chiamata non sia abbastanza rapida e questo genera un dubbio per il giocatore”.

    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO