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    Fontang: “Felix è un ragazzo educato e con la testa sulle spalle”

    Fontang con Auger-Aliassime

    Con la stagione ATP terminata, i tennisti non impegnati nella Davis tirano il fiato, rimettono a posto testa e fisico pensando già alla trasferta australiana che come sempre darà il via al nuovo anno. Il coach di Felix Auger-Aliassime, Frederic Fontang ha rilasciato una interessante intervista al portale TennisActu, dove racconta il 2021 del suo assistito (che segue dal 2016) e le prospettive per il nuovo anno. Chiaro l’obiettivo: mettere una coppa, finalmente, in bacheca. Quella del vincitore dopo 8 finali perse.

    “È bello essere in vacanza. Dopo il torneo di Stoccolma, abbiamo concluso la stagione. Felix avrebbe dovuto giocare in Coppa Davis ma considerando quanto ha giocato nell’anno e il fatto che aveva un’infiammazione al ginocchio, aveva bisogno di riposo. Quando il giocatore che alleni ha fatto una buona stagione, vai in vacanza di buon umore”.
    Per Fontang, l’aver mancato le Finals per poco, non è una grande delusione: “Lo sapevamo che non ce l’avremmo fatta, anchg se per poco. Tsitsipas era in difficoltà dopo il suo ritiro a Bercy, quindi avevamo in mente la possibilità di prendere il posto Sinner. Devo ammettere che Jannik Sinner merita di essere entrato, in casa poi. Felix è riuscito a entrare nella Top 10 ed è stato un grande passo avanti per noi”.
    “Dopo aver aggiunto Toni Nadal alla nostra squadra all’inizio della stagione, sapevano che avrebbe fatto un salto in avanti. All’inizio non è stato facile me l’idea era quella di dotarlo di una consistenza maggiore. La grande soddisfazione è la costanza avuta nei tornei del Grande Slam, con una vera crescita: ottavi in Australia, quarti a Wimbledon e semifinale agli US Open”.
    Lavorare con Toni Nadal è stato un momento di crescita anche per il coach: “Toni aveva già avuto risultati eccezionali con il nipote. Abbiamo assorbito il più possibile dall’esperienza. I risultati non c’erano all’inizio ma non si possono fare collegamenti diretti. Ci ha dato indicazioni per lo sviluppo, ha confermato la mia metodologia e aggiunto novità grazie al metodo Nadal. La delusione in stagione viene dai risultati nei Masters 1000, troppe sconfitte nei primi turni. L’obiettivo ovviamente resta conquistare un primo torneo dopo diverse finali giocate”.
    Ecco il tasto dolente… perché non è ancora riuscito a vincere un torneo?
    “Il tennis c’è. Lo aveva già anche a Rio durante la prima finale contro Djere. E’ stata la prima per entrambi e la partita si è giocata in tre set. Dopo di che ha perso contro i Top 10 o tennisti forti. L’aspetto mentale ed emotivo ora è più pesante. Ha comunque fatto 8 finali. Dobbiamo creare le condizioni perché ciò accada e lui ha delle cose da imparare nella gestione mentale delle sue finali. Sta sviluppando strumenti che gli permetteranno di farlo. All’inizio dell’anno, contro Dan Evans, non ha fatto una buona finale dal punto di vista tattico. È importante capire che quando ci sono difficoltà da affrontare, devi metterti ad imparare”.

    Chiedono se ha l’impressione che Felix sia diverso domenica mattina prima di una finale…
    “Realmente no… Prima di ogni partita ci sono piccole fluttuazioni. Rispetto alle sue finali non abbiamo avvertito alcun nervosismo particolare. Essendo un giocatore giovane e molto aggressivo, le sue opzioni sono un po’ più lente da sviluppare rispetto a chi ha un tennis più definito, il suo è ancora in evoluzione. Ci vuole un po’ più di maturità ed esperienza ed è lì che ha fatto davvero molta strada, sono fiducioso per il prossimo anno, l’obiettivo è continuare a fare bene negli Slam, vincere il primo torneo e possibilmente cercare di arrivare alle Finals nel 2022”.
    Il coach è molto contento di Felix come persona: “L’aspetto più importante di Felix è la sua educazione. Ho conosciuto i suoi genitori e posso vedere la forza della sua educazione. I fondamenti ci sono perché l’istruzione è stata molto ben fatta. Ha la testa sulle spalle, è una persona posata. Cos’è il talento? Ci sono molte definizioni. La miglior qualità di Felix è quella di essere calmo e lavorare ogni giorno. Per un allenatore della mia età è bello poter interagire con un ragazzo così, discutere di filosofia, politica, geopolitica. È fantastico! È una persona interessante che ha interessi oltre al tennis. Discussioni? È molto raro. La serenità è nel nostro carattere. Momenti di tensione ce ne sono sicuramente, normale quando si lavora insieme, ma si risolve col confronto senza diventare uno scontro. L’allenatore è lì per tenere la rotta. Il giocatore vuole vincere e noi allenatori lavoriamo per far arrivare i risultati”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Camila Giorgi intervistata a Tenerife: “Col tennis ho una splendida relazione, ma complicata”

    Camila Giorgi

    Camila Giorgi è una delle stelle in campo al WTA 250 di Tenerife. Il collega Fernando Murciego l’ha intervistata per il media iberico puntodebreak, una chiacchierata a 360° che va oltre al puro torneo, toccando il suo rapporto col tennis, col padre, con le sue varie attività extra tennistiche. Riportiamo alcuni passaggi dell’interessante intervista.
    “Mi piace molto la Spagna, ho vissuto per un periodo a Valencia, Villena e Palma di Maiorca. Della Spagna amo i costumi, il cibo, mi piace tutto, è sempre molto bello tornare”
    “Dopo il successo al 1000 di Montreal? Tutto è rimasto lo stesso per me. Ovviamente è una cosa molto bella vincere un torneo del genere, ma nella mia testa mi dicevo: ‘Devo continuare a lavorare per vincere di più’. È stato molto bello, ma nel tennis devi sempre continuare, non c’è molto tempo per festeggiare perché dopo pochi giorni hai già un altro torneo. Si festeggia in quel momento, e via, poi si guarda avanti”.
    Le ricordano che in dicembre compirà 30 anni, Camila non ha ancora una idea su quando appenderà la racchetta al chiodo: “La verità è che non lo so. È chiaro che continuerò per altri anni ma non so per quanto tempo ancora. Amo lo sport, amo questo ambiente, il corpo mi dirà quando è il momento di fermarsi e cambiare tappa nella vita. Al momento sto bene così”.
    Qualche anno fa fece scalpore una sua dichiarazione, in cui affermava che il tennis fosse solo il suo lavoro. Oggi riflette così in merito al suo rapporto col tennis: “È un rapporto molto bello, ma allo stesso tempo complicato. Tempo fa dicevo che era il mio lavoro, perché ovviamente è il mio lavoro, ma è un lavoro che mi piace, che amo, ma a volte hai quei giorni brutti e quegli alti e bassi che rendono tutto molto complicato. In quei giorni devi aver la forza per restare lì, nonostante tutto. Per fortuna la mia famiglia mi ha sempre insegnato che dopo il tennis ci sono altre cose, c’è una vita, gli amici e altre passioni. Dopo il tennis mi piacerebbe fare altro, ci sono tappe per tutto”.
    Le chiedono se ha amiche sul tour, Camila risponde così: “L’atmosfera è molto buona, mi piace, ma tutti i miei amici fanno altri tipi di lavoro. Li ho incontrati in tutto il mondo e questa è una delle cose che mi piace di più. Quando finisco di allenarmi ed esco per il fine settimana con i miei amici, mi piace che si parli di altre cose, di altri progetti, di cose che non sono tennis. Sono tutti artisti, sono strettamente legati all’arte, appena possiamo scappiamo a vedere i musei. Sul tour siamo qui per gareggiare, è normale, ma penso che ci sia un buon rapporto tra noi. Sono una persona molto socievole, amo parlare con tutti. Certo che buone relazioni anche nel tennis”.
    Non poteva mancare la domanda sul rapporto col padre, con in quale condivide da tutta la vita il lavoro il campo. Per Camila, suo padre è insostituibile: “Prima di tutto, è mio padre. Nessuno ti sosterrà come tuo papà, nessuno crederà così in te, l’idea di cambiare allenatore non mi è mai passata per la testa. Per me è il migliore anche in campo perché vede tutto, è un saggio di sport, non solo nel tennis. Mi ha portato da zero ad essere 26° al mondo, quindi non capisco molto bene le critiche, dovrebbero valorizzare molto di più il lavoro che ha fatto con me. Adoro lo sport grazie lui, questo è l’insegnamento che mi ha dato, quindi starò con lui fino alla fine della mia carriera, non lo cambierò mai. La cosa più curiosa delle critiche che riceve, è che tutte quelle persone che se la prendono con lui, poi quando lo vedono di persona non dicono niente, questa è la cosa più triste”.
    Continua sul rapporto quotidiano col padre Sergio: “Dal mio punto di vista è un rapporto che negli anni è migliorato, con il passare del tempo ci siamo conosciuti meglio. Una volta che conosci te stesso, sai com’è l’uno e com’è l’altro, il rispetto è massimo. L’allenamento è il lavoro, stabile, sai cosa devi fare in campo, e dopo essere stato un allenatore in campo quando si finisce di lavorare, diventa papà. È un rapporto molto completo, mi sento fortunata ad averlo. Penso che non potrei mai stare con un altro allenatore perché so che non lo fanno per amore, lo fanno per qualcos’altro e questo non mi piace”.
    Le chiedono sul tema “caldo” di questi giorni, la vaccinazione obbligatoria per la trasferta 2022 in Australia. Per “Cami”, nessun problema: “Sono vaccinata, quindi non ho problemi. Già quest’anno c’erano molte restrizioni, abbiamo dovuto anche vivere nella bolla, credo che alla fine sarà simile. Per me, se si può giocare, va bene. Devi essere felice e grato di poter gareggiare, per fortuna il calendario 2022 sarà già più completo e molto più organizzato. Non è giusto lamentarsi. Djokovic? Non ne ho idea, io penso a me stessa e nessun altro, andrò a giocare e sono felicissima di farlo”.
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    Prime parole di Djokovic dopo US Open: “Giocherò nel 2021, non so in Australia. Non voglio partecipare alla guerra sui vaccini”

    Novak Djokovic

    Novak Djokovic torna a parlare dopo la dolorosissima sconfitta patita a US Open. Dopo un allenamento in patria, è stato intervistato dal media Blic, informando sulle proprie condizioni e sul suo prossimo programma. Si è detto sicuro di rientrare per il 1000 di Bercy, ATP Finals di Torino e Coppa Davis, mentre non ha ancora certezze per l’Australian Open, viste le restrizioni per i non vaccinati e la sua nota posizione no-vax. Ecco alcuni estratti del pensiero del n.1 del mondo, intervistato dopo un allenamento con Olga Danilovic.
    “Ho iniziato ad allenarmi oggi. Era passato molto tempo dall’ultima volta in cui avevo preso in mano una racchetta. Sì, ho allenato il mio fisico, ma oggi è stata la prima volta di nuovo in campo”. Come se Novak avesse bisogno di staccare, totalmente, dopo la rincorsa al Grande Slam, stoppata all’ultimo passo, a tre set dall’impresa leggendaria.
    Ecco il programma per il resto della stagione 2021: “Ho intenzione di giocare a Parigi, le ATP Finals a Torino e la Coppa Davis. Starò qui tutta la settimana, a Belgrado, e la settimana prima di Parigi lascerò la Serbia per dedicarmi di più all’allenamento. Il compleanno di Stefan è tra pochi giorni e noi saremo qui, a festeggiarlo con la famiglia. Ho trascorso la maggior parte del mio tempo qui a Belgrado. Sono impegnato nello sviluppo del Tennis Center e della mia futura Academy. Questo progetto mi dà molte soddisfazioni. Il mio desiderio è quello di trasmettere la storia della mia vita e carriera ai più piccoli”.
    Il capitolo più lungo è quello relativo alla delicata questione Australian Open. Ricordiamo che lo stato di Victoria dallo scorso 15 ottobre ha stabilito che solo atleti vaccinati possono competere in tornei e campionati professionistici. Un ostacolo enorme per ogni persona che rifiuta il vaccino anti-covid. Ecco il pensiero di Djokovic: “Sto seguendo quello che sta succedendo in Australia e credo che tra due o tre settimane verrà presa una decisione definitiva. Non credo che le condizioni cambino molto rispetto a quanto già sappiamo. Ci saranno molte restrizioni. Stanno cercando di migliorare le condizioni quest’anno. Il problema è che viaggi in aereo con una persona positiva, vaccinata o meno, e devi passare una quarantena di 14 giorni in camera tua. È successo a 70 giocatori quest’anno. Vorrei che tutti i giocatori si riunissero di più e fossero coinvolti nel processo decisionale. Mi sembra che non ci venga chiesto nulla. La verità è che non so se giocherò gli Australian Open. La situazione non è affatto buona”.
    Continua Novak: “Quest’anno in Australia non è stata una bella esperienza. Passare così tanto tempo nella stanza e poi dover giocare al meglio dei cinque set… Se queste decisioni vengono mantenute, penso che molti giocatori si chiederanno se andranno o meno, se vale la pena andarci… Non ho ancora deciso se giocherò a Melbourne. Ci sono molte speculazioni. I media speculano molto. C’è molta divisione nella società, tra chi è stato vaccinato e chi no. Questo, per me, è terrificante. Che qualcuno venga giudicato se vuole capire e decidere se vaccinarsi o meno… mi fa sentire deluso dalla società. Non rivelerò se sono vaccinato o meno. È una questione privata. Qualunque cosa tu dica, i media diffonderanno la paura tra la gente. Non voglio partecipare a questa guerra. Voglio andare in Australia, ma non so se lo farò. Al momento posso dire solo questo”.
    Parole importanti quelle di Djokovic, in cui conferma la propria delusione per la situazione generale, la volontà di capire come muoversi prima di prendere una decisione definitiva, ma vista la fermezza mostrata “down Under” dall’inizio della pandemia, pare difficile che possa essere offerto una sorta di “salvacondotto” a chi volesse giocare agli Australian Open da non vaccinato.
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    Opelka tuona: “I russi domineranno presto, Brooksby può essere un n.1 I media? Pessimi, come le critiche per toilette break”

    Reilly Opelka

    Reilly Opelka spara cannonate, non solo col suo terrificante servizio. Il gigante statunitense ha rilasciato qualche giorno fa, appena prima di Indian Wells, una “colorita” intervista ad Inside Tennis, spaziando a 360° sull’attualità, sulle prospettive dei suoi giovani connazionali, non disdegnando qualche stoccata anche ai media tennistici, soprattutto del suo paese. Per Opelka, il tennis USA ha trovato alcuni ottimi prospetti, tra cui spicca Jenson Brooksby, quello che a suo dire ha il maggiore potenziale. Ecco alcuni estratti del suo pensiero.
    “Credo che i russi siano la maggior forza nel tennis attuale, sono in vetta per dominare per un po’. Da dove viene la disparità con gli europei? Guarda, la verità è che oggi noi americani siamo solo una manciata di ragazzi… È solo una piccola parte del campione degli sportivi nel paese. In Europa o è calcio o tennis. Negli Stati Uniti è il football, il baseball o il basket. Il football è assai più importante del tennis negli Stati Uniti, anche il lacrosse lo è. I migliori atleti del mondo sono americani, ma giocano a basket e football. E perché no? Vorrei aver giocato a basket…. Penso di essere un grande atleta, il mio corpo si muove bene per essere un 7 piedi. Se fossi diventato un giocatore di basket, uno dei primi 20 giocatori NBA, guadagnerei 28 milioni di dollari all’anno. Invece mi sto sbattendo in giro per il mondo per guadagnare molto meno. Potrei starmene a casa per molti mesi all’anno, giocare nel paese e incassare grandi assegni per 12 anni. Se sei l’ottavo uomo dei Bulls, guadagni più del numero 8 del mondo nel tennis…”.
    Una foto impietosa, ma piuttosto fedele di come negli States i principali sport di squadra stiano – da tempo – reclutando i migliori atleti. Tuttavia, secondo Opelka i nuovi giovani a stelle e strisce hanno un talento e mezzi superiori a quelli della sua generazione.
    “I giovani sono migliori di noi, se devo essere onesto. Korda è un giocatore eccezionale… Brooksby è brutale… Diventerà uno che se la gioca nella seconda settimana (degli Slam, ndr). Nakashima è un attaccante puro come ce n’è pochi. I giovani saranno i ragazzi da battere per noi connazionali. Il padre di Korda era un grande giocatore, senza offesa per Seb, ma è un grande aiuto, è cresciuto con una grande mente tennistica ed è un bravo ragazzo. Ha una bella corporatura, un bel telaio da tennis moderno… Tuttavia io scommetto su Brooksby. È speciale, potrebbe essere il numero 1. La sua mente funziona in modo diverso, ha una visione del gioco differente. Porta in campo un tennis unico, vede le cose in anticipo e produce un tennis complicato. Dietro la linea di fondo mi ricorda Djokovic. Ha una grande profondità, è un grande attaccante, un grande “motore”, buona struttura fisica. Ha l’X-Factor, una mentalità che potrebbe renderlo un futuro campione del Grande Slam”.
    Non manca una stoccata ai giornalisti di tennis, in particolare quelli del suo paese… “Ci sono in giro dei pessimi giornalisti, gente buona solo a criticare, solo super negativi. Ragazzi che non sanno nulla di tennis. Penso che abbiamo i peggiori media di qualsiasi sport, francamente. Voglio dire, ci saranno di sicuro buoni professionisti, ma quelli che io vedo in giro o che mi intervistano chiedono cose assurde. Sono in finale a Toronto e questi ragazzi mi chiedono ‘Cosa c’è che non va nel tennis americano? Perché non ci sono giocatori americani tra i primi 30?’. Stessa cosa a Roma: sono in semifinale e loro trovano il lato negativo. Ho 23 anni e gioco contro Rafa. Credo che le cose vanno abbastanza bene, no? Invece niente, solo a chiedere perché ci sono problemi”.
    Ricordano a Reilly il pensiero di McEnroe, ossia che il pubblico USA attuale si è formato con le vittorie di Agassi, Sampras e Serena, e ora queste mancano… Ecco come replica Opelka: “Il problema è che il pubblico deve godersi quello che ha, i ragazzi che sono qui. Perché criticarli così tanto? Non paragonateci a Sampras e Agassi. Divertitevi e sosteneteci. Non sai niente su di me, come sono arrivato qua, la fatica per esserci. Ci sono così tante persone negative là fuori. Potrei fare nomi ma non voglio. In realtà vorrei proprio farlo, ma allo stesso tempo non voglio nemmeno che sappiano che me ne frega un c**** di loro perché non hanno voce in capitolo nella mia vita”.
    Anche su lunghi toilette break, Opelka “non le manda a dire”… “Si, anche io ho fatto lunghe pause per il bagno a Toronto e sono stato criticato, ma, ancora una volta, non conoscono la situazione, ecco perché i media del tennis fanno schifo. Mi ci sono voluti sei minuti per raggiungere un bagno. Mi ci vogliono dai tre ai quattro minuti per togliermi i calzini sudati e indossare quelli asciutti, cambiare i miei plantari con un paio di scarpe diverse e poi riallacciare quelle scarpe. Agli US Open, ho cambiato molto velocemente contro Basilashvili in due minuti e lui si lamentava, allora gli ho detto in faccia: ‘Amico, cosa vuoi che faccia?’, della serie chi ***** sei tu per lamentarti? Ti stai solo lamentando perché Murray si è lamentato ed è la cosa bella da fare ora”.
    In chiusura il suo sogno: “Sono molto vicino ai top in classifica. Lavoro per vincere uno Slam, è il mio sogno”.
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    Tsitsipas: “Medvedev ha un gioco unidimensionale. Toilette break? Amo prendermi il mio tempo”

    Stefanos Tsitsipas è intervenuto nel programma tv To Proino, show mattutino condotto da Giorgios Laigkas e trasmesso su Ant1 in Grecia. Tra le varie chiacchiere su molti temi generali e attualità del suo paese, Stefanos ha risposto anche ad alcuni temi “caldi” dell’attività tennistica, tra cui i tanto discussi Toilette break che stanno spingendo l’ATP a rivedere […] LEGGI TUTTO

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    Nadal: “Noi sportivi siamo sotto pressione, ma siamo anche super fortunati”

    Rafa si allena a Washington

    Rafael Nadal è davvero l’uomo della settimana, attesissimo il suo rientro all’ATP 500 di Washington, dove spera di riprendere il miglior ritmo in vista di US Open. L’iberico ha rilasciato una intervista a Norah O’Donnell di CBS News, in cui parla del suo momento e del tema “caldo” di questa estate, la pressione sugli sportivi e la salute mentale. Ecco alcuni estratti del pensiero di Nadal.
    “Non mi sento affatto al 100%, devo ancora lavorare molto. Ho avuto dei problemi fisici, sono stato lontano dalle gare per diverse settimane. È stato brutto rinunciare a Wimbledon e alle Olimpiadi, ma ho dovuto farlo. Spero di essere in buona forma per l’inizio del torneo”.
    La corsa al record di più Slam vinti è sempre in prima pagina… “Onestamente, è importante come lo è sempre stato. Il fatto che Novak ne abbia 20, Roger ne abbia 20, io anche io sia a 20 non aumenta la motivazione per me, o la pressione. Il mio approccio non cambierà. Rimango sempre lo stesso, continuo a fare a modo mio. Se Novak o Roger giocano in un Major e vincono, ok, ben fatto per loro. Non sarò frustrato per questo. So di aver ottenuto qualcosa che potevo nemmeno immaginare nei miei sogni, e continuerò a lottare, continuerò a dare del mio meglio”.
    Ricordano a Rafa che Washington sarà il primo torneo con lo stadio pieno dall’avvento della pandemia. “Penso che lo sport, in generale, abbia bisogno della gente. Credo che sia più difficile per i giocatori più anziani rispetto a quelli più giovani perché i giocatori più giovani hanno l’energia per tutto, a noi “vecchi” il pubblico ci stimola di più. Credo che tutti dovrebbero essere preoccupati per il coronavirus. Molte persone soffrono, molte persone muoiono”.
    Ecco la domanda sul tema pressione sopportata dagli atleti. La risposta di Rafa è ferma, e saggia: “Ognuno affronta i problemi in modo diverso. Siamo sotto pressione perché la competizione ti fa sentire più stressato, abbiamo gli occhi del mondo addosso. Ma, allo stesso tempo, siamo persone super fortunate perché siamo in grado di lavorare su uno dei nostri hobby, la passione che ci ha spinto a dare tutto in allenamento per arrivare in alto. La cosa più importante in questa vita, secondo me, è essere felici, più di ogni altra cosa. Poter giocare per vincere i più grandi tornei è straordinario, devi accettare la pressione. A volte ti senti un po’ ansioso, è normale che accada. Nel 2015 per esempio, non uno dei migliori anni per me, la sentivo molto. Un approccio è fermarsi per un po’ e cercare di riprendersi. Un altro approccio è continuare a provare e accettare di avere questo problema. Accetti che non vincerai. Il mio approccio è stato quello di andare avanti e superare lentamente quella situazione. Così ho fatto nel 2015, e dopo otto mesi ho iniziato a sentirmi molto meglio”.
    Rafa debutterà questa notte (1.00) contro Jack Sock sul cemento della capitale USA.
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    Kyrgios: “Non gioco più per me stesso. Malattie mentali? Non hanno idea di quel che ho passato io”

    Nick Kyrgios ha esternato il proprio pensiero nella press conference pre torneo a Washington, torneo da lui vinto nel 2019, e come sempre le sue parole non lasciano indifferenti. Il discusso talento australiano ha spaziato su molti temi, dal suo momento ai problemi mentali nello sport, che afferma di aver vissuto duramente sulla propria pelle […] LEGGI TUTTO

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    Vajda: “Djokovic domina a tal punto da rendere la gente gelosa della sua perfezione”

    Marian Vajda insieme a Novak Djokovic

    Marian Vajda, storico allenatore di Novak Djokovic, ha rilasciato al portale Tennis Majors un’intervista dopo il sesto titolo a Wimbledon del suo pupillo. Secondo Vajda, la perfezione raggiunta da Novak è talmente grande da aver scavato un solco enorme rispetto a tutti gli avversari e tanto da rendere il suo assistito poco amato al pubblico. Ecco alcuni passaggi del suo pensiero.
    “Reputo che nessuno nell’ultimo Wimbledon sia riuscito a far toccare a Djokovic il suo apice, ha sempre avuto del margine su ogni avversario. Per la finale ho detto alla mia famiglia che la partita si sarebbe decisa in quattro set e che ci sarebbe stato un tiebreak. Avevo assolutamente ragione. Novak gioca in modo molto intelligente sull’erba ed è uno dei tennisti attivi più esperti. Su questa superficie ha primeggiato per anni, il che è stato un bel vantaggio nella sua partita contro Berrettini. Per Matteo è stato davvero difficile. Era la sua prima finale del Grande Slam ed è stato abbastanza sfortunato nel ritrovarsi proprio Novak come avversario per la coppa”.
    Chiedono a Marian come è il suo lavoro insieme a Goran Ivanisevic, l’altro coach del serbo. Per Vajda tutto scorre molto bene: “Prima di tutto, come squadra, condividiamo ogni momento insieme e ci godiamo l’esperienza. Non solo ci divertiamo a prepararci per le partite o durante le analisi, condividiamo anche passione e momenti privati con le nostre famiglie. Novak è un ragazzo fantastico che porta sempre energia positiva. È una benedizione far parte della sua squadra. Durante i tornei del Grand Slam, io e Goran comunichiamo ogni giorno e analizziamo tutto prima della partita. L’allenatore che è presente in quel momento è quello che dà le ultime informazioni a Djokovic. Goran l’ha fatto a questo Wimbledon e io l’ho fatto al Roland Garros. Di solito ci alterniamo su quello”.
    Vajda rende merito a Ivanisevic sul netto miglioramento al servizio di Novak da quando il croato è entrato nel team: “Il contributo di Goran è stato fantastico. È il maestro in questo campo. Il servizio di “Nole” non è proprio lo stesso di Goran… ma le sue istruzioni sono state simili a quelle che il suo allenatore ha fatto con lui ai suoi tempi da professionista. Novak ora ha un servizio molto più veloce, più fluido e più potente. Se ti fermi ad analizzarlo, Novak sta facendo sempre più Ace e il suo servizio è più controllato. È stata una delle chiavi per raggiungere il livello che sta avendo oggi”. Ed in effetti, tutti restano ammaliati dalla velocità, controllo, recuperi di Djokovic, ma se andiamo a vedere i numeri, il serbo dal 2019 ha incrementato tutte le percentuali al servizio, serve mediamente più veloce di almeno 15 km/h, e soprattutto col servizio vince punti decisivi nei momenti chiave. Cosa che prima dell’inserimento di Goran nel suo team non accadeva.
    Il rapporto tra Djokovic ed il pubblico continua ad essere ricco di alti e bassi. Anche nel corso della finale di Wimbledon, la stragrande maggioranza del Centre Court era pro-Berrettini. Ok sostenrere lo sfavorito, ma… Per Vajda il livello di perfezione raggiunto dal suo assistito lo rende meno appetibile per gli spettatori. “Alla fine i media dicono quello che vogliono… A volte sono a senso unico e non vedono la complessità della personalità di Novak. È una persona molto simpatica e positiva, che porta molta energia a tutti, anche agli spettatori. A volte le persone tendono a tifare di più per i giocatori meno forti. Vedendo Novak così dominante, nessuno vuole vederlo vincere ogni torneo del Grande Slam. Il suo dominio è così importante che molte persone diventano gelose nel vedere tale perfezione. Invece io sento che Novak è un esempio straordinario per le giovani generazioni di atleti”.
    Ormai tutti parlano di Grande Slam o addirittura “Golden Slam”, ma Vajda preferisce tenere un profilo basso: “Cerchiamo di vivere al momento, perché proiettarsi nel futuro a lungo termine può diventare contro producente. Potrei dire che gli restano due, tre o quattro anni a questo livello, non lo so. Tutto quello che so è che non è vicino a fermarsi. Non voglio porgli limiti, lui vuole giocare pensando anno dopo anno perché la sua passione per il tennis è ancora lì“.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO