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    Vajda: “Djokovic domina a tal punto da rendere la gente gelosa della sua perfezione”

    Marian Vajda insieme a Novak Djokovic

    Marian Vajda, storico allenatore di Novak Djokovic, ha rilasciato al portale Tennis Majors un’intervista dopo il sesto titolo a Wimbledon del suo pupillo. Secondo Vajda, la perfezione raggiunta da Novak è talmente grande da aver scavato un solco enorme rispetto a tutti gli avversari e tanto da rendere il suo assistito poco amato al pubblico. Ecco alcuni passaggi del suo pensiero.
    “Reputo che nessuno nell’ultimo Wimbledon sia riuscito a far toccare a Djokovic il suo apice, ha sempre avuto del margine su ogni avversario. Per la finale ho detto alla mia famiglia che la partita si sarebbe decisa in quattro set e che ci sarebbe stato un tiebreak. Avevo assolutamente ragione. Novak gioca in modo molto intelligente sull’erba ed è uno dei tennisti attivi più esperti. Su questa superficie ha primeggiato per anni, il che è stato un bel vantaggio nella sua partita contro Berrettini. Per Matteo è stato davvero difficile. Era la sua prima finale del Grande Slam ed è stato abbastanza sfortunato nel ritrovarsi proprio Novak come avversario per la coppa”.
    Chiedono a Marian come è il suo lavoro insieme a Goran Ivanisevic, l’altro coach del serbo. Per Vajda tutto scorre molto bene: “Prima di tutto, come squadra, condividiamo ogni momento insieme e ci godiamo l’esperienza. Non solo ci divertiamo a prepararci per le partite o durante le analisi, condividiamo anche passione e momenti privati con le nostre famiglie. Novak è un ragazzo fantastico che porta sempre energia positiva. È una benedizione far parte della sua squadra. Durante i tornei del Grand Slam, io e Goran comunichiamo ogni giorno e analizziamo tutto prima della partita. L’allenatore che è presente in quel momento è quello che dà le ultime informazioni a Djokovic. Goran l’ha fatto a questo Wimbledon e io l’ho fatto al Roland Garros. Di solito ci alterniamo su quello”.
    Vajda rende merito a Ivanisevic sul netto miglioramento al servizio di Novak da quando il croato è entrato nel team: “Il contributo di Goran è stato fantastico. È il maestro in questo campo. Il servizio di “Nole” non è proprio lo stesso di Goran… ma le sue istruzioni sono state simili a quelle che il suo allenatore ha fatto con lui ai suoi tempi da professionista. Novak ora ha un servizio molto più veloce, più fluido e più potente. Se ti fermi ad analizzarlo, Novak sta facendo sempre più Ace e il suo servizio è più controllato. È stata una delle chiavi per raggiungere il livello che sta avendo oggi”. Ed in effetti, tutti restano ammaliati dalla velocità, controllo, recuperi di Djokovic, ma se andiamo a vedere i numeri, il serbo dal 2019 ha incrementato tutte le percentuali al servizio, serve mediamente più veloce di almeno 15 km/h, e soprattutto col servizio vince punti decisivi nei momenti chiave. Cosa che prima dell’inserimento di Goran nel suo team non accadeva.
    Il rapporto tra Djokovic ed il pubblico continua ad essere ricco di alti e bassi. Anche nel corso della finale di Wimbledon, la stragrande maggioranza del Centre Court era pro-Berrettini. Ok sostenrere lo sfavorito, ma… Per Vajda il livello di perfezione raggiunto dal suo assistito lo rende meno appetibile per gli spettatori. “Alla fine i media dicono quello che vogliono… A volte sono a senso unico e non vedono la complessità della personalità di Novak. È una persona molto simpatica e positiva, che porta molta energia a tutti, anche agli spettatori. A volte le persone tendono a tifare di più per i giocatori meno forti. Vedendo Novak così dominante, nessuno vuole vederlo vincere ogni torneo del Grande Slam. Il suo dominio è così importante che molte persone diventano gelose nel vedere tale perfezione. Invece io sento che Novak è un esempio straordinario per le giovani generazioni di atleti”.
    Ormai tutti parlano di Grande Slam o addirittura “Golden Slam”, ma Vajda preferisce tenere un profilo basso: “Cerchiamo di vivere al momento, perché proiettarsi nel futuro a lungo termine può diventare contro producente. Potrei dire che gli restano due, tre o quattro anni a questo livello, non lo so. Tutto quello che so è che non è vicino a fermarsi. Non voglio porgli limiti, lui vuole giocare pensando anno dopo anno perché la sua passione per il tennis è ancora lì“.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    La prima intervista di Lucarelli da biancorosso

    Dalla vittoria della VNL 2021 al tesseramento con la Cucine Lube Civitanova in attesa dell’avventura olimpica a Tokyo con la sua nazionale. Lo schiacciatore Ricardo Lucarelli Santos De Souza sta vivendo un’estate da protagonista dopo una prima stagione in Italia chiusa in crescita a Trento. L’atleta è pronto per raccogliere i frutti dopo un primo assaggio della SuperLega. Già altri brasiliani hanno vestito la maglia biancorossa: Nalbert, Chiarotti, Mauricio, Rodrigão, Dentinho, Lampariello (con nazionalità sportiva italiana), Ricardo Garcia, Bruno e Leal (cubano naturalizzato brasiliano).
    Com’è andato il tuo primo anno in Italia?
    Lucarelli: “Il bilancio è positivo perché dopo un avvio difficile sono riuscito ad ambientarmi in SuperLega, un campionato dal livello altissimo. L’inizio è stato traumatico. Per la prima volta affrontavo un torneo senza la preparazione e non mi sentivo in forma. La mancanza del mio paese si è fatta sentire, l’impossibilità di viaggiare per il rischio Covid ha accentuato il disagio iniziale. Quando ho perso mio padre non ho potuto abbracciare la mia famiglia, non è stato facile”.
    Hai ricevuto anche altre offerte nella finestra del mercato?
    Lucarelli: “Mi era arrivata una proposta economica più alta, ma io volevo solo la Lube per tre motivi: il Club mi aveva già cercato concretamente quattro anni fa, tanto che il Dg Beppe Cormio era venuto a parlarmi in Brasile, ma all’epoca non ero pronto. Si è creato comunque un bel rapporto. Quando la mia avventura con Trento è arrivata al capolinea ho detto che sarei andato alla Lube e per me la parola data conta molto. Poi, mi sembra ovvio, qualsiasi atleta vorrebbe giocare in un team di campioni”.
    Civitanova Marche può essere il posto giusto in cui sentirti a casa?
    Lucarelli: “Vivrò in una città solare, con una spiaggia molto bella. Prima di andare a Trento avevo studiato un po’ di italiano, ma ora mi esprimo molto meglio e di sicuro sarò a mio agio anche per un ritorno alla normalità grazie ai vaccini. Attendo di vedere l’Eurosuole Forum colorato di biancorosso”.
    Conosci già i tuoi nuovi compagni?
    Lucarelli: “La fama li precede. Mi sento fortunato a entrare in un gruppo che ha vinto così tanto. Già in Brasile affrontavo Simon, atleta che stimo molto come gli altri della Lube. Juantorena è stato davvero una fonte d’ispirazione per me”.
    Raccoglierai l’eredità di Leal. Dovrai sostituirlo nel cuore della gente.
    Lucarelli: “Yoandy è stato eccezionale alla Lube, ha fatto cose indimenticabili ed è giusto che i tifosi se ne ricordino sempre. Io voglio dare il mio massimo supporto al gruppo in tutti i fondamentali e migliorarmi giorno dopo giorno”.
    I supporter biancorossi possono tornare a dormire sonni tranquilli?
    Lucarelli: “Gli obiettivi della Cucine Lube diventeranno i miei obiettivi. Darò sempre il massimo per far sì che la squadra continui a lottare su tutti i fronti”.
    Finora sei stato un rivale davvero tosto, cosa ti ha colpito della Lube?
    Lucarelli: “Mi ha intrigato l’aggressività in campo, sia nelle fasi di gioco che al servizio. Un collettivo ben organizzato e dominante LEGGI TUTTO

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    Ivanisevic: “Djokovic è l’unico a poter realizzare un Grande Slam stagionale”

    Goran Ivanisevic ha rilasciato una interessante intervista al collega Sasa Ozmo e riportata da Tennis Majors. Tra i molti concetti espressi dal croato spicca la convinzione che Djokovic sia l’unico tennista in grado di completare un Grande Slam stagionale, impresa che manca da Rod Laver (1969). Ecco alcuni passaggi del pensiero di Goran, coach di […] LEGGI TUTTO

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    Rublev: “La paura che il mio livello non sia abbastanza mi spinge a migliorare”

    Andrey Rublev, n.8 del ranking

    Andrey Rublev è uno dei tennisti più “caldi” dell’ultimo periodo. Quest’anno vanta la vittoria a Rotterdam, con un record  di 16 vittorie e 3 sconfitte complessive. Tuttavia il bilancio nei confronti diretti contro i migliori non è esaltante. Sbarcato a Miami, è stato intervistato dal sito ufficiale dell’ATP. Le sue parole sono chiare: sente di poter far bene, ma ha paura di esser stato anche “fortunato” nel raggiungere i suoi risultati, che il suo tennis ancora non sia abbastanza. Vuole di più, e la paura di non fercela lo spinge a migliorare, a cercare di crescere ancora. Ecco alcuni passaggi dell’intervista.
    “È vero, ad un certo punto la mia crescita come risultati e nella classifica è stata rapida, ma per un po’ invece ho fatto molta fatica ad impormi. Ho sofferto degli infortuni, le cose non andavano come speravo. A quel punto ho smesso di pensare a come sarebbe stato e cosa aspettarmi, perché forse mi stavo creando troppe aspettative. L’anno precedente stavo pensando: ‘Oh, se sta andando bene, forse presto sarò tra i primi 20, o ancora più in alto’. Invece mi sono infortunato e sono crollato fuori dalla Top 100. Da quel momento, ho smesso di pensare a come sarà … la mia mente si è focalizzata solo su cosa fare per essere migliore e basta”.
    Ecco il paggaggio chiave del suo pensiero, in merito al suo livello e quel che davvero desidera: “Voglio essere sempre migliore. Non si tratta di quello che sto facendo adesso o di quello che ho fatto. Voglio continuare a giocare e vincere per un lungo periodo. Voglio continuare ad essere migliore. Ho raggiunto buoni risultati, è vero, ma ho paura di essere stato solo fortunato, che forse non sono abbastanza bravo per dove voglio arrivare. Ecco perché voglio continuare a lavorare per vedere se posso continuare a giocare al massimo  livello, allo stesso livello per un po’ e migliorare ancora. È questo tipo di paura che non sia abbastanza, paura che non ce la farò o paura che non sarò abbastanza bravo che mi ha aiutato a migliorare, ed è per questo che voglio migliorare e migliorare. Il mio pensiero deve focalizzarsi solo su un aspetto: migliorare. È per questo che quando commetto un errore, ripenso al perché e voglio ripetere quella situazione per renderla perfetta e non sbagliare più. Voglio che tutto sua perfetto. Questa è una mentalità un po’ estrema forse, ma per il momento, mi aiutato”.
    Un atteggiamento perfezionista all’estremo, che finisce per aumentare la  pressione su se stesso. Ma parlando di pressione, Rublev la distingue dai risultati: “Non posso controllare se perderò al secondo turno o al primo. Alla fine, non importa quale pressione hai. Se vinci, vincerai comunque con la pressione del risultato o meno; se perdi, non importa cosa farai o quanto ci penserai, perderai comunque. Alla fine, è solo importante cercare di concentrarti su te stesso, sulle cose che devi migliorare per fare del tuo meglio e basta. Pressione sul mio atteggiamento e voglia di migliorare, non sul risultato”.
    Andrey dice di prendere i tornei uno alla volta, pensando di poter fare bene, ma resta consapevole che la stagione è lunga e in caso di qualche cattivo risultato, c’è sempre tempo per recuperare: “Come andrò a Miami? Lo vedremo, spero bene, ma non mi pongo obiettivi. Anche se qui non andasse bene, tra qualche settimana giocherò a Monte Carlo. Dopo Monte Carlo ecco Madrid, Roma, e Roland Garros. Avrò possibilità di fare bene, vedremo. Anche se non andassi bene in tutti questi eventi, mi resterà la seconda parte dell’anno per ottenere risultati. Alla fine, tutti noi abbiamo delle pressioni, ci sentiamo sotto pressione. È una bella sfida vedere come affronti questa situazione”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Federer: “Fastidi? Sotto controllo. Djokovic a US Open ha avuto una sfortuna incredibile. Ritiro? Dipende dal ginocchio, ora non ci penso”

    Roger Federer tornerà in campo mercoledì prossimo a Doha nel suo esordio stagionale, contro il vincente di Chardy – Evans. Proprio contro il britannico si è allenato ultimanente, cercando di ritrovare una buona forma e le sensazioni smarrite in uno stop lungo un anno intero, con due delicate operazioni allo stesso punto del ginocchio. Roger […] LEGGI TUTTO

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    Intervista a Tsitsipas” Sono autentico, senza filtri. Troppi sportivi hanno portato la diplomazia a livelli esagerati, è noioso”

    Stefanos Tsitsipas in uno scatto dell’intervista

    Stefanos Tsitsipas è un personaggio molto particolare. Sembra vivere in un mondo tutto suo, esterna il suo pensiero in modo realmente autentico, infischiandosene di commenti e critiche. Stessa cosa per i suoi post sui social, davvero diversi da quelli dei suoi colleghi. Sarà la sua personalità, sarà il suo background, sarà la fortissima eredità culturale greca della quale è molto fiero, ma Stefanos è davvero un tennista diverso dal resto dei suoi coetanei. Ha rilasciato una lunga e molto interessante intervista al magazine greco DownTown, in cui parla a 360° della sua vita, del suo modo essere, e della sua carriera. Dalle sue parole trapela ambizione, voglia di vincere ma facendo tutto a modo suo, senza la paura di essere considerato “diverso”. Riportiamo alcune parti del suo pensiero, che ci aiuta a capire meglio chi sia davvero Stefanos Tsitsipas.

    “La recente semifinale a Melbourne? Ad essere sincero, io miro più in alto. Questa semifinale non mi ha regalato tante emozioni come le precedenti, ma è un ottimo risultato. Mi sto avvicinando, in ogni caso, al mio obiettivo, vincere. Sono contento di aver raggiunto due semifinali consecutive in tornei del Grande Slam, mi aiuta anche in termini di punti in classifica”.
    “Cosa manca per vincere? Solo una parola: lavoro! Lavorare per costruire il mio gioco in modo che sia più completo, senza i punti deboli che Medvedev ha fatto emergere in campo. Devo affrontare questi giocatori per vincere un Grande Slam. Quel giorno non ero pronto per affrontarlo. So che Medvedev sarà un avversario che affronterò molte volte in futuro e sicuramente lo affronterò in partite importanti o del Grande Slam. Pertanto il mio gioco deve crescere in modo da poter affrontare giocatori di questo livello. Quando posso confrontarmi con giocatori come Daniil, che ha un gioco così completo, anche il mio livello sale”.
    “Se già mi vedevo vincitore? No, ma quando raggiungi quel punto nel torneo, qualcosa del genere scatta nella tua testa, è difficile non farlo. Perché è il sogno di una vita e all’improvviso ti rendi conto che sei abbastanza vicino a realizzare quel sogno. Per me vincere l’Australian Open significava tantissimo, soprattutto perché mio nonno vinse la medaglia olimpica nel 1956 a Melbourne (Sergei Salnikov, un calciatore russo, ndr) nello stadio di calcio sito proprio a 50 metri da Melbourne Park. Purtroppo non ho avuto modo di conoscerlo, è morto in giovane età. Ogni partita che gioco lì la dedico a lui e il suo pensiero mi spinge a voler dimostrare qualcosa in più e giocare bene a Melbourne”.
    “Alcune sconfitte fanno più male di altre, inutile negarlo, e quest’ultima agli Australian Open ancora un po’ mi turba, ad essere onesto, non me ne sono dimenticato, è ancora nella mia mente. L’importante è uscire da questa situazione e vederla come un momento positivo della mia carriera, poiché cerco di ottenere cose più grandi giorno dopo giorno. Ho fissato alcuni grandi obiettivi e so che avrò l’opportunità di fare qualcosa di meglio la prossima volta. Tutto quello che devo fare è scendere in campo tutti i giorni e allenarmi, così da poter trovare modi per migliorare e giocare contro questi avversari alla pari, per non dover affrontare queste difficoltà in futuro”.

    Stefanos sottolinea l’importanza di essere vicino ai proprio familiari, ancor più dopo una bruciante sconfitta: “Stare con loro mi solleva molto, mi dà una prospettiva diversa sulla vita. Mi sento amato e al sicuro quando sono vicino a loro. La cosa più importante è che ci divertiamo, condividiamo bei momenti. Quando sono vicino a loro dimentico tutto quello che è successo in passato, me lo tolgo dalla testa e vivo nel presente, cosa che non mi capita molto spesso. Ho un senso di pace quando sto loro!”.
    “Siamo una famiglia dedita al tennis, è vero. Magari arriverà un po’ di rivalità perché Pavlos sta iniziando a giocare molto bene e non so se giocherò con lui o Petros ai Giochi Olimpici. Vorrei fare anche il doppio misto con Elisavet, ma per lei è un po’ presto, aspettiamo i giochi seguenti. Pressione su di loro per paragoni con me? Ne ho parlato con loro, ognuno deve pensare solo al proprio destino, al proprio percorso e modo di fare le cose. Sicuramente quel che ho realizzato influenzerà il modo in cui la gente guarderà loro. Ho detto loro, tuttavia, che non devono farsi influenzare, che tutti hanno l’opportunità di mostrare al mondo che questa è la nostra “azienda di famiglia”! Ci sosteniamo a vicenda. Sono molto felice quando vedo i ragazzi progredire. Voglio essere vicino a loro mentre realizzano il loro potenziale, sostenerli nei loro risultati e in tutto ciò che creano lungo la loro strada. Spero che il mio sostegno sia significativo e che tutto ciò che ottengo gli faccia amare ancora di più questo sport”.
    Stefanos ha dichiarato che a volte aver sempre la famiglia al fianco (il padre è il coach) non è facile. “A volte voglio stare da solo, isolato dagli altri e non averli sempre intorno a me. So che mi amano e il loro sostegno è una cosa bellissima. Apprezzo davvero che siamo così uniti e che giocano un ruolo importante nella mia vita. È solo che a volte il tutto può diventare noioso. È un discorso relativo all’abitudine: quando continui a seguire la stessa routine e ad ascoltare sempre le stesse cose, può diventare un po’ monotono. Cambiare ogni tanto rende il tutto più spontaneo”.
    Tsitsipas è molto fiero di essere greco, lo ricorda spesso nei suoi discorsi. “Porto la Grecia con me ovunque. Ho un rapporto speciale con il mio paese, sono un ambasciatore molto fedele, provo un enorme orgoglio per aver contribuito a costruire un domani migliore con il mio tennis. Con i miei risultati e le mie prestazioni, spero di dare lo slancio e l’ispirazione ai ragazzi per uscire e iniziare a giocare a tennis. E non solo tennis, ma anche per iniziare a praticare sport in generale, perché lo sport è una cosa meravigliosa, che può creare un domani migliore per il paese. Cosa adoro e mi manca del mio paese? La passione e l’orgoglio del popolo greco. Per me, non c’è paese al mondo che abbia una cultura come la Grecia. Le persone sono completamente diverse, possiamo vivere ogni giorno con passione e amore. Forse non ce ne rendiamo ancora conto, ma abbiamo molto potere e possiamo creare cose sorprendenti”.
    “Baghdatis è sempre stato uno dei miei giocatori preferiti, dopo Federer, che resta il mio idolo, punto di riferimento, ho sempre voluto essere come lui”.
    “La vita “normale” non mi manca. Ci sono momenti in cui vorrei avere più tempo fuori dal campo per fare qualcosa di creativo. Riprendere a studiare, imparare qualcosa di nuovo e sviluppare nuove abilità per diventare più completo come persona. Però il tennis mi ha portato dove sono, ha dato opportunità non solo a me ma anche alla mia famiglia. Ci siamo trasferiti e ora viviamo nel sud della Francia, cosa che ha dato ai miei fratelli più piccoli la possibilità di iniziare a giocare a tennis sotto una struttura generale che li supporta. Abbiamo sofferto molto finanziariamente alcuni anni fa e lo sport mi ha aiutato in modo inimmaginabile. Ora non dobbiamo più preoccuparci di queste cose. Inoltre, il tennis è cresciuto nel paese e devo sottolineare che questo è stato fatto non solo grazie a me, ma anche a Maria Sakkari, che ha ottenuto grandi cose ed è anche una persona straordinaria. Offre molto agli sport greci, sia come tennista che come persona”.
    Ricordano al greco le parole di Djokovic, che afferma che contro le critiche è necessario aver “la pelle dura”. Stefanos ha un’idea molto chiara in merito, non temendo il giudizio della gente. “Le critiche? Non ho motivo di sviluppare una “pelle dura”. Sono autentico, penso che le persone lo capiscano. Non cerco di fingere o di fare qualcosa che non mi esprima e non faccia parte della mia personalità. Ci sono giocatori che sono stati criticati per questo e non credo che sia ingiusto, soprattutto quando proviene da gran parte del pubblico. Credo che la gente voglia l’onestà. Se devo dire qualcosa che mi sta molto a cuore, lo farò senza filtrare i miei pensieri. Una cosa del genere mi è successa di recente su Twitter e non me ne pento. Credo che esprimere un’idea o un’opinione sia sempre la cosa migliore, anche se può complicare le cose e creare conflitti con altre persone. Non ci faccio caso, ho già detto che il modo in cui alcune persone reagiscono è divertente per me, perché le mie intenzioni sono buone e non sto cercando di inimicarsi nessuno. Per me essere autentico è molto importante. Molti atleti negli ultimi anni hanno portato la diplomazia a un livello esasperato e tutto ha iniziato a diventare noioso. Sempre le stesse risposte, gli stessi titoli… Il campo deve rimanere interessante, devono esserci dei momenti di verità”.
    “Il mio sogno? Vorrei una carriera come Roger Federer. Non intendo quello che ha ottenuto, voglio dire che mi piacerebbe avere una carriera lunga quanto la sua. Il mio obiettivo è creare i migliori ricordi e momenti possibili dentro e fuori dal campo. La mia speranza è che quando guarderò indietro a quei momenti, mi porteranno gioia e sentirò di aver dato il massimo, che ho avuto l’opportunità di imparare qualcosa di nuovo e di maturare come atleta, ogni giorno”.

    Parole che confermano il carattere e la sensibilità di Tsitsipas, un tennista per nulla banale, sia per il gioco che per il suo pensiero.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO