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    Gian Marco Moroni a SuperNews: “US Open il mio Slam preferito. Wimbledon? Djokovic favorito, ma Federer può ancora vincere. Rientrare nei primi 200 del ranking ATP il mio obiettivo”

    SuperNews ha avuto il piacere di intervistare Gian Marco Moroni, tennista classe 1998 originario di Roma. Gian Marco ha rilasciato una lunga intervista ai nostri microfoni, in cui ha saputo sapientemente mantenere un filo conduttore tra passato, presente e futuro: dal racconto dei primi anni in cui giocava a livello juniores, al passaggio al professionismo nei tanti match dei Futures a cui ha partecipato. Moroni ci ha rivelato quale sia il tennista da cui trae ispirazione e quali tornei suscitano in lui maggiore attrattiva. Inoltre, il tennista romano ha anche espresso le sue considerazioni sull’esponenziale crescita del tennis italiano e sui prossimi grandi eventi, come l’inizio del torneo di Wimbledon. Infine, il nostro intervistato si è anche espresso sui suoi obiettivi e piani futuri.
    Gian Marco, quando e perché hai iniziato a familiarizzare con pallina e racchetta da tennis? Come nasce la tua passione per questo sport?Ho iniziato a giocare a tennis a 3 anni, quando mi sono fatto regalare la mia prima racchetta dai miei genitori. In casa tutti praticavano questo sport, così anche io me ne sono innamorato. Il mio primo maestro è stato mio padre.
    Raggiungi il primo successo tra i professionisti nel Futures F7 in Spagna, a Reus, nel marzo 2018, sconfiggendo Lukas Rosol ai quarti, Jordi Samper-Montana in semifinale e anche Pol Toledo Bague in finale. Che ricordi hai di quel torneo?Ricordo di essere partito un po’ titubante, e inoltre, anche se non si trattava di un vero e proprio infortunio, ricordo che mi faceva male una gamba. Pian piano, fortunatamente il dolore è scomparso. Così, ho potuto giocare abbastanza rilassato. Sono stato anche molto contento della sorpresa ricevuta dalla mia famiglia: mio padre e mia sorella, il giorno prima del torneo, sono venuti a trovarmi, e questo è stato per me fonte di grande carica. Giocare davanti la propria famiglia è sempre bello. Toledo Bague credo sia stato l’avversario più ostico dei tre, anche perché lo affrontavo nella mia seconda finale in carriera, quindi mi trovavo nella fase di gioco decisiva. Ricordo di essere stato molto teso inizialmente: mi sono trovato 2 a 0 sotto, ho preso subito il break. Poi mi sono sfogato, urlando e facendo uscire fuori la tensione, e questo mi ha aiutato, perché ho ripreso a giocare davvero bene.
    Nel 2019 giochi per la prima volta in carriera le qualificazioni degli Australian Open, dove purtroppo vieni eliminato al primo turno da Jason Jung, in un match molto combattuto. Che sensazione hai provato a giocare lo Slam australiano?Avevo già avuto modo di conoscere l’Australian Open, quando ho giocato il torneo Juniores. Mi sentivo a mio agio, perché conoscevo l’ambiente. Quel match è stato un peccato, perché credo mi sia un po’ scappato di mano. Avrei potuto vincerlo. Tuttavia, sono rimasto ugualmente soddisfatto, perché credo di aver giocato bene e di aver fatto una bella rimonta.
    Nello stesso anno, superando le qualificazioni del torneo di Gstaad, entri per la prima volta nel tabellone principale di un torneo ATP, e ottieni il suo primo successo nel circuito maggiore sconfiggendo lo spagnolo Tommy Robredo. E’ stata una delle partite più importanti per te?E’ stata molto importante, trattandosi della prima volta nel tabellone principale di un torneo ATP. Robredo è un avversario tosto: con lui ho sempre fatto delle belle lotte, mi sa mettere in difficoltà, soprattutto sotto l’aspetto mentale, e ha sempre trovato delle buone contromisure. Tuttavia, quel giorno ero davvero motivato, e il mio avversario non è riuscito a destabilizzarmi.
    Una sconfitta nella tua carriera che hai fatto fatica a metabolizzare?In realtà sono sempre in grado di metabolizzare le sconfitte. Se devo citarne una, dico la partita valida per il secondo turno del Santo Domingo Challenger persa contro Delbonis: ho avuto un match point, abbastanza facile, che non ho saputo sfruttare.
    Quale dei maggiori Slam suscita in te maggior fascino e perché?Gli US Open, prima di tutto perché io sono innamorato dell’America, e poi perché mi piace l’ambiente del torneo e il fatto che quello dello Us Open sia uno dei campi più rumorosi di tutti. Questo mi piace molto. Ovviamente, mi piace se il tifo è dalla mia parte, altrimenti no. (ride, ndr)
    C’è un tennista al quale ti ispiri o che ammiri particolarmente?Rafael Nadal: mi piace molto la sua carica, il suo atteggiamento e il suo gioco.
    Contro chi vorresti giocare, un giorno?Contro Nadal al Roland Garros. Mi piacerebbe molto.
    I nostri azzurri macinano successi e ci regalano grandi soddisfazioni. Berrettini è arrivato ai quarti di finale del Roland Garros contro Novak Djokovic, disputando una grande gara, così come Musetti, che ha giocato contro il serbo al quarto turno dello stesso Slam. E’ ugualmente ottimo il rendimento anche di tennisti come Sonego e Sinner. Cosa ne pensi del livello della nuova generazione del tennis italiano? Sì, è vero, il tennis italiano sta vivendo un bellissimo momento. Sono molto contento, perché conosco tutti questi professionisti, sono tutti bravi ragazzi oltre che bravi tennisti. In ogni caso, uno degli azzurri che mi piace di più Lorenzo Sonego.
    Tra poco inizierà lo storico torneo di Wimbledon. Chi pensi possa arrivare in finale e chi, dei nostri azzurri, può restare in gioco il più a lungo possibile?Per come sta giocando e per quello che ha vinto, credo che il favorito sia Novak Djokovic. Per quanto riguarda i nostri azzurri, direi Matteo Berrettini: l’ho visto giocare nel Queen’s e l’ho visto bene. Spero che vada il più avanti possibile, anzi, che possa magari vincere il torneo.
    Credi che Roger Federer riuscirà a dare lo spettacolo al quale ci ha sempre abituati sull’erba di Wimbledon?Nel tennis non si sa mai: magari un torneo lo giochi male, ma il successivo riesci a vincerlo. Secondo me, da Federer ci si può aspettare davvero di tutto, e credo che lo svizzero possa trionfare. In fondo, anche nel 2017, nel torneo in Australia, nessuno si aspettava vincesse lui.
    Quali sono i tuoi obiettivi adesso?Il mio obiettivo è quello di poter giocare uno Slam, in particolare lo US Open, e poi, entro la fine dell’anno, rientrare almeno nei primi 200. Tuttavia, non abbiamo parlato nello specifico di obiettivi, perché al momento sono concentrato maggiormente su obiettivi di tipo lavorativo. LEGGI TUTTO

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    Leo Shoes Casarano, Peluso a SuperNews: “Dopo lo scoglio Leverano, la consapevolezza di poter conquistare la promozione. Grande orgoglio aver fatto la storia di questa città”

    SuperNews ha avuto il piacere di intervistare Christian Peluso, centrale classe 1994 della Leo Shoes Casarano, club di volley maschile che sabato scorso ha ottenuto una storica promozione in categoria Serie A 3. Ai nostri microfoni, Peluso ha raccontato di come è approdato nella squadra salentina, le sensazioni e l’euforia dell’ambiente rossazzurro e ha cercato di analizzare e individuare i fattori che hanno permesso al Casarano, in questa stagione sportiva, di conquistare questa importante promozione.

    Christian, come sei arrivato ad indossare la maglia del Casarano? Il tuo ruolo è sempre stato quello del centrale?Sì, sono un centrale fin da quando ho iniziato a praticare questo sport. Sono arrivato qui a Casarano dopo l’esperienza dello scorso anno vissuta a Genzano, nel Lazio, quando il campionato è stato fermato a causa del Covid. Per via della pandemia, sono ritornato in Salento.
    Sabato 19 giugno avete conquistato la promozione in Serie A 3 contro il San Giustino. Che gara è stata? Vi aspettavate questo risultato?Con il San Giustino abbiamo disputato gara 1 e gara 2 della finale dei playoff. Nonostante il risultato sia stato in entrambi i casi quello del 3 a 0 a nostro favore, entrambe sono state partite combattute: sono state molto equilibrate nelle prime fasi, e soltanto dopo noi siamo riusciti ad avere la meglio. Abbiamo affrontato questa sfida con una grande carica, dovuta alla vittoria ottenuta in semifinale contro il Leverano, la squadra che ci ha maggiormente messo in difficoltà quest’anno. Per questo motivo, dopo aver superato questo scoglio importantissimo, abbiamo avuto la giusta carica per disputare una buona finale e la consapevolezza di poter conquistare la promozione.
    Che gruppo è quello della Leo Shoes Casarano? Quale caratteristica fondamentale vi ha permesso di essere promossi in A3?È un gruppo fantastico. Si è creata alchimia fin da subito, e questo ci ha permesso di fare qualcosa di davvero importante, ovvero raggiungere la prima promozione in Serie A nella storia del Casarano. Siamo un gruppo affiatato, e insieme siamo riusciti anche a superare le difficoltà legate al Covid, lavorando tutti insieme in palestra e grazie al supporto di una grande società, che ci ha sempre messo nelle condizioni di fare del nostro meglio.
    In cosa maggiormente ha contribuito coach Licchelli nel guidarvi in questo cammino verso la promozione? Che rapporto hai con lui?Il mister è colui che studia e analizza le partite e, prima delle gare, ci fornisce tutte le informazioni necessarie per affrontarle al meglio. Ho un buon rapporto con coach Licchelli, l’ho avuto fin dall’inizio. Io quest’anno sono approdato in questa società in qualità di terzo centrale e, nonostante ciò, il mister mi ha sempre dato spazio, ha sempre saputo giostrare al meglio tutti noi.
    Durante la finale c’è stato il ritorno del pubblico nel palazzetto. Quanto contava riavere il supporto dei tifosi? O vi eravate abituati a disputare le partite nel silenzio?È stato importantissimo il ritorno del pubblico, perché ci ha dato una grande spinta. Tuttavia, sarebbe potuto essere anche un rischio, dal momento che ci si era ormai abituati a giocare senza tifosi, e ci sarebbe stata l’incognita di come avremmo reagito alla presenza degli spettatori. Inoltre, per molti di noi si trattava della prima finale, quindi avremmo dovuto capire se saremmo stati in grado di trasformare la carica del pubblico in energia positiva a nostro vantaggio o meno. In ogni caso, siamo stati felicissimi di rivedere tutta quella affluenza nel palazzetto, e le tante persone che purtroppo non hanno potuto assistere alla gara si sono poi riversate nella piazza di Casarano a seguirci sul maxi schermo. È stato molto emozionante. Siamo molto felici, aspettavamo tanto questo momento.
    Cosa significa per te, la squadra e la società questo importantissimo salto di categoria?È un traguardo molto importante, perché abbiamo fatto la storia di questa città. Di questo, non si può che essere orgogliosi.
    Cosa vi aspettate dalla nuova avventura in Serie A 3? Quali sono i vostri nuovi obiettivi?Adesso, in Serie A 3, il livello crescerà ulteriormente, e noi dovremo cambiare e migliorare alcune cose. Sono sicuro che, lavorando tutti insieme, anche l’anno prossimo potremo toglierci delle soddisfazioni. LEGGI TUTTO

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    Prisma Taranto, il presidente Bongiovanni: “Supercoppa Del Monte? Sarebbe un regalo alla nostra gente. Con il suo volley, Taranto vuole migliorare la vita di tanti ragazzi”

    SuperNews ha avuto il piacere di intervistare Antonio Bongiovanni, presidente della Prisma Taranto Volley, squadra di pallavolo maschile di Serie A2 che in data 19 maggio ha conquistato la promozione in Superlega. Dopo aver battuto per 3 a 1 il Brescia, per la squadra pugliese è arrivato un traguardo prestigiosissimo, che mancava da ben 11 anni. Il numero uno del club tarantino ha svelato quale sia stato il valore aggiunto di questa società in questa stagione sportiva e ha raccontato ai nostri microfoni cosa significhi per la società, la squadra e i tifosi aver conquistato la massima serie di pallavolo.
    Presidente, complimenti per questo traguardo: la prossima stagione Taranto giocherà in Superlega dopo ben 11 anni. Si aspettava questo risultato arrivato con la vittoria per 3 a 1 contro Brescia?Innanzitutto vorrei complimentarmi con Brescia, con la città e in particolare con la squadra, che ha lottato con intelligenza e passione per cercare di fare il proprio risultato. Per rispondere alla sua domanda: sì, in linea di massima, me l’aspettavo. Siamo abituati a programmare, ma bisogna anche ricordarsi che la vita è fatta di momenti, e programmare può portare i suoi frutti come no. In questo caso, i risultati sono arrivati.
    Che valore ha questa promozione per la società, la squadra e la stessa città di Taranto?È una grande gioia. Noi non facciamo sport per ragioni commerciali né per motivi politici. Da 42 anni lavoriamo con la nostra Prisma Volley, e facciamo pallavolo per passione, perché lo sport ci permette di rendere migliore la vita di tanti ragazzi meno fortunati: noi lavoriamo con tribunali e amministrazioni comunali, cerchiamo di dare stimoli e felicità a ragazzi che hanno famiglie problematiche alle spalle, magari assumendoli come raccattapalle, facendo loro praticare volley, facendoli quindi sentire parte della nostra realtà. Questo aspetto, magari, può sembrare banale e secondario, ma per noi è fondamentale: pratichiamo volley perché ci piace e perché ci permette di migliorare il “modus vivendi” di tanti ragazzi. Probabilmente prima non si capiva a pieno questa necessità, ma adesso, in questo momento particolare, i giovani hanno bisogno di rapporti non solo di carattere societario, ma anche e soprattutto di carattere umano. Non tutti gli atleti giocano nella squadra della città di appartenenza: per questo motivo, è necessario che i giocatori si sentano sempre “a casa”, che siano accolti in un ambiente “familiare”.
    Qual è stato il fattore decisivo che ha contribuito a farvi fare il salto di categoria quest’anno? Qual è stato il valore aggiunto di questo gruppo?Elisabetta Zelatore, vicepresidente della società, che, come tutte le donne intelligenti, ha qualche marcia in più rispetto agli uomini. Elisabetta è stato il valore aggiunto: si occupa dei contratti, del rapporto attraverso gli organi della società con gli atleti e le rispettive famiglie, si occupa davvero di tutto. Abbiamo uno staff importante dal punto di vista operativo, di cui fa parte anche il direttore sportivo Adi Lami, che si è unito a Prisma Volley nel mese di febbraio e che a noi è sembrata una persona perbene, precisa e competente. Sicuramente, oltre ad avere un solido staff e un solido gruppo, ini questa stagione c’è anche stata una componente di fortuna, ma Taranto ce l’ha fatta: ha portato il sud in alto.
    Il 28 maggio è in programma la Supercoppa Del Monte. Sarebbe la ciliegina sulla torta di questa stagione. Obiettivo possibile contro Bergamo?Speriamo che questa sua considerazione sia beneaugurale. Sì, noi desideriamo e speriamo di ottenere anche questo risultato, ma non per poter dire “ho vinto”, quanto per dare felicità ai tifosi, alla gente semplice, alle famiglie, ai giovani. Vogliamo regalare “raggi di sole” in un momento così buio, e mi auguro che attraverso lo sport, ma anche e soprattutto attraverso la politica, la nostra nazione e in particolare il sud, di cui sono un grande sostenitore, possa esprimere tutto ciò che è in grado di offrire. LEGGI TUTTO

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    Andrea Arnaboldi a Supernews: “Vittoria di un italiano a Roma? Mai possibile come quest’anno. Federer può vincere ancora. Tornerò sui campi dopo aver superato il mio infortunio”

    SuperNews ha avuto il piacere di intervistare Andrea Arnaboldi, tennista milanese classe 1987. Ai nostri microfoni, Andrea ha ricordato i momenti più significativi della sua carriera, come il match di qualificazione contro Herbert, disputato al Roland Garros nel 2015, l’incontro al meglio dei 3 set più lungo e con più game giocati nella storia del tennis, e ci ha parlato dei suoi piani futuri, al momento in stand-by a causa di un infortunio alla schiena. Il nostro ospite si è poi soffermato sul Masters 1000 di Roma, esprimendosi sulla possibilità di vittoria del torneo da parte di uno dei nostri azzurri. Infine, Arnaboldi augura a Federer di poter vincere ancora uno Slam, indicando lo svizzero come l’avversario contro cui sogna di giocare.
    Andrea, il tennis è una passione che ti è stata trasmessa da qualcuno o ti ci sei avvicinato da solo?Il tennis è una passione che mi ha trasmesso mio padre, quando ero piccolo. Poi, nel corso degli anni, è diventata una passione che ho fatto mia.
    Detieni il record dell’incontro al meglio dei 3 set più lungo e con più game giocati nella storia del tennis: a maggio 2015, infatti, in un incontro di qualificazione al Roland Garros, sconfiggi Herbert con il punteggio di 6-4, 3-6, 27-25, rimanendo in campo 4 ore e 30 minuti e disputando 71 game. Ci racconti come è andata? Che partita è stata?È una partita che non scorderò mai, tutt’ora ho un ricordo vividissimo e bellissimo di quel match. Una partita in cui stavo giocando bene, contro un avversario ostico. Dopo aver vinto il primo set, ricordo che nel secondo ho preso un break e l’ho perso. Poi, nel terzo set, sono ripartito con il piede giusto: stavamo sul 6-5 per me quando ho avuto il match point. Sembrava che la partita volgesse al termine, ma sprecai l’occasione di chiuderla, sbagliando di pochissimo un passante di dritto. Da quel momento in poi, il match è diventato durissimo: entrambi giocavamo benissimo i nostri game di servizio, eravamo solidi, il livello del match era alto, e pian piano siamo arrivati inizialmente fino al 15 pari, risultato che ha sancito l’interruzione del match per oscurità, per poi chiudere l’incontro il giorno successivo. Il giorno seguente si è giocato ancora per un’ora e venti minuti, con una tensione altissima perché ogni game poteva essere l’ultimo. Quell’incontro contro Herbert ha scatenato l’interesse di tutto il torneo, dal momento che difficilmente si vedono partite così lunghe. Ricordo ancora il momento del match point: un passante di dritto incrociato che mi ha permesso di vincere quel match infinito. Ho provato una sensazione di libertà e di soddisfazione che non scorderò mai.
    Nel 2015, al Roland Garros vinci il primo turno contro Duckworth in 5 set. È stata la tua prima vittoria nel tabellone principale di uno Slam, conquistata in rimonta al quinto set. È una delle partite più significative per te?Sì, vincere un turno in uno Slam non è per tutti. Il fatto di aver giocato nel main draw di uno Slam e di aver vinto il match rende quella partita una delle più importanti della mia carriera, anche per come è andato l’incontro, poiché ero sotto di 2 set a 0, con il match point a favore di Duckworth, e ho rimontato la partita vincendola 6 0 al quinto set. Sicuramente, quel Roland Garros è stato uno dei migliori momenti della mia carriera fino ad ora.
    A Wimbledon, nel 2019, hai giocato il primo turno contro Karlovic. Anche in questo caso, si è trattato della tua prima partita nel tabellone principale del torneo inglese. Che emozione hai provato? Wimbledon è lo Slam con maggiore fascino?Sì, per me ancora di più, dal momento che ho avuto modo di giocare le qualificazioni a Wimbledon, che vengono disputate in una sede diversa rispetto al circuito principale. Quindi, riuscire a passare le qualificazioni e giocare nel main draw ha tutt’altro impatto. È stato davvero bello giocare a Wimbledon. Purtroppo, non mi sono goduto molto il match che ho giocato in tabellone, perché affrontai Karlovic, un avversario davvero scomodo. Non giocai il mio miglior tennis, e quella partita scivolò un po’ troppo in fretta. Sicuramente, mi adopererò per riavere l’opportunità e rigiocarmi un main draw a Wimbledon per fare ancora meglio.
    Una domanda sugli Internazionali di Roma: vista la crescita esponenziale di tanti tennisti azzurri, come Sinner, Berrettini e Sonego, potrebbe essere un italiano a vincere il Masters di Roma dopo tanti anni? Nel torneo c’è un tennista-sorpresa, secondo te?Quest’anno c’è un’opportunità che vinca un italiano come non c’è mai stata ultimamente, o forse anche nella storia, perché così tanti tennisti azzurri di alto livello non so se ci sono mai stati. Penso che possa trionfare un italiano, me lo auguro, perché sarebbe davvero un bel traguardo per il nostro tennis. La sorpresa può esserci sempre, nel tennis non si sa mai, in ogni singola partita e in ogni singolo torneo può succedere di tutto, e magari potremmo assistere all’exploit di un giocatore che prima non aveva avuto grandi risultati, un po’ come Karatsev quest’anno: nessuno si aspettava dal russo questo rendimento da primi 10 del mondo.
    Ieri, Sinner ha battuto Humbert per 2 set a 0. Oggi, nel suo secondo turno, affronterà Rafael Nadal. Quante possibilità ha l’azzurro di passare il turno? Sinner è ad un livello di gioco tale da poter portare a casa il match o Nadal rimane l’indiscusso “re della terra rossa”?Credo sia un match apertissimo: 50 e 50 di possibilità per entrambi.
    C’è un tennista che sogni di affrontare?Mi piacerebbe affrontare uno tra Nadal e Federer. Se dovessi sceglierne uno, direi Roger. Chissà se capiterà.
    A proposito di Roger Federer, è molto atteso il suo ritorno. Essendo lo svizzero un fuoriclasse, può ancora ambire alla vittoria di uno Slam o il lungo stop che ha vissuto e la conseguente crescita di tanti tennisti non lo permetteranno?Sarà difficile. Dovrà dare il meglio di sé, ma penso che Federer possa farcela, perché nonostante il lungo stop è un giocatore che negli anni ha dimostrato di saper fare tanto e di saper vincere, sa bene cosa fare. Sì, è vero che ci sono nuovi tennisti e un diverso livello da affrontare, ma il tennis è sempre quello lì, quindi credo che Roger possa farcela ancora. Glielo auguro.
    Quali saranno i tuoi prossimi impegni sportivi? Quali obiettivi ti sei prefissato di raggiungere?Purtroppo, è un anno difficile. È partito bene con il primo torneo, ma da lì in poi ho sofferto e sto soffrendo tutt’ora per un infortunio alla schiena. Sono completamente fermo da un mese, quindi il mio primo obiettivo è quello di riprendermi e tornare in forma. Dopodiché, tornerò a guardare i calendari e a tornare sui campi. LEGGI TUTTO

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    Valeria Papa a SuperNews: “Serie A1? Consapevoli di potercela fare. Traguardo frutto di anni di lavoro e sacrificio da parte della società”

    SuperNews ha avuto il piacere di intervistare Valeria Papa, capitana della Roma Volley Club di pallavolo femminile, squadra che in data 2 maggio ha conquistato la promozione in Serie A1. La schiacciatrice genovese ci ha parlato di sé, di come è approdata a Roma e del suo ruolo da capitano nella squadra giallorossa. Inoltre, Valeria ha fatto il bilancio di questa stagione sportiva, esprimendosi anche sui prossimi impegni sportivi delle squadre di Serie A2 che ancora lottano per un posto nella massima serie e di quelle che cercheranno di salvarsi dalla retrocessione.

    Valeria, come sei approdata a Roma? Il tuo ruolo è sempre stato quello della schiacciatrice?Quello dell’estate scorsa è stato un mercato particolare, soprattutto a causa del Covid. Quando ho capito che il mio futuro sarebbe stato in Serie A2, ho deciso di scegliermelo, così ho scelto Roma: conoscevo l’allenatore, Luca Cristofani, che è stato il mio primo contatto, e poi mi è piaciuto fin da subito il progetto e la squadra che stavano allestendo. Per questa ragione, ho scelto di giocare nel club giallorosso con grande entusiasmo. Per quanto riguarda il mio ruolo sì, ho sempre giocato come schiacciatore.
    In questa stagione, Roma ha vinto 21 partite e ne ha perse solo 6. Sono numeri significativi, che testimoniano una grande annata. Quali sono stati i punti di forza di questa squadra, cosa vi ha consentito di avere un rendimento così importante?Sicuramente quello di aver allestito un roaster di altissimo livello per la categoria. Lo ha dimostrato il fatto di aver portato a casa questo obiettivo. Abbiamo creato il giusto mix tra giocatrici di grande esperienza e giocatrici giovani e di grande talento.
    Secondo te, chi ha più chance di conquistare un posto in Serie A1 e chi riuscirà, invece, a salvarsi?È molto complicato, da esterna sono molto curiosa di seguire questi playoff. In generale, è stata una stagione particolare: il Covid e i lunghi stop che hanno dovuto affrontare le squadre a turni alterni hanno fatto sì che fosse difficile mantenere, da un punto di vista tecnico e fisico, un livello costantemente alto. Per questo motivo, credo che siano tutte squadre che hanno la possibilità di salire di categoria. A essere determinante sarà la condizione fisica dei club.
    Sei la capitana di Roma Volley Club, che adesso dovrà misurarsi nella massima serie. Quali caratteristiche del “capitano” senti di avere? E quali serviranno per affrontare la Serie A1?Nella mia carriera, è la seconda volta che mi trovo ad indossare la fascia di capitano. La prima volta è stato quando ho vinto Campionato e Coppa Italia in A2. In quel periodo, avevo un’età e una maturità diversa. Quest’anno, invece, sentivo nei confronti delle mie compagne un’enorme responsabilità, pallavolistica, sportiva e personale. Non è stato semplice: l’avere sempre fisso in testa un obiettivo a volte mi ha portato a fare scelte e discorsi che forse non tutti hanno compreso, però sento di aver fatto davvero di tutto affinché Roma conquistasse la prima categoria.
    Secondo alcune indiscrezioni, coach Luca Cristofani non condividerà con Roma l’avventura in A1. Che coach è stato per voi Cristofani?Luca è stato uno dei motivi per i quali ho scelto di giocare a Roma. È un allenatore che ha tantissima esperienza. Con lui ho avuto un rapporto di “odi et amo”. Cristofani aveva un bellissimo rapporto anche con i giocatori più giovani, è stato il collante della squadra.
    Avete conquistato la Serie A1, che mancava da 25 anni in casa giallorossa, dopo la vittoria per 3 a 0 contro Cuore di Mamma Cutrofiano. Cosa significa per voi e per la società questo traguardo?Fin dal primo giorno, eravamo tutti consapevoli di poter raggiungere questo obiettivo. Magari non si è mai detto esplicitamente, ma Roma sapeva di potercela fare. In questa stagione così particolare e complicata per tutti, per noi la promozione è stata un traguardo importantissimo. Dopo la vittoria con Macerata, ottenuta ancor prima del match contro Cutrofiano, ci siamo resi conto che eravamo ad un passo dal titolo. Il 3 a 0 contro Cutrofiano, quindi, è stata la ciliegina sulla torta di una stagione bella e complicata. Per la società, la Serie A1 è il coronamento di anni di lavoro, di sacrificio e fatica, quindi siamo felici di alzare questa coppa e festeggiare il successo.
    Qual è l’obiettivo primario da raggiungere la prossima stagione?Gli obiettivi da raggiungere verranno definiti dalla società. Non so quali saranno le scelte, gli obiettivi, il roaster che verrà composto. Personalmente, posso dire che il mio obiettivo è quello che mi pongo ogni stagione, ovvero quello di riuscire a dare sempre il massimo di me stessa. LEGGI TUTTO

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    Sara Franceschi a SuperNews: “A Tokyo 2020 una Sara protagonista. Obiettivo? Disputare una finale olimpica”

    SuperNews ha avuto il piacere di intervistare Sara Franceschi, nuotatrice livornese classe 1999. La giovane mistista, nella prima giornata degli Assoluti primaverili, a marzo, ha centrato la qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo 2020, nei 400 misti, con il tempo di 4’37”0. Per la Franceschi non si tratta di una novità, dal momento che nel 2016 è stata la più giovane atleta della spedizione azzurra alle Olimpiadi brasiliane di Rio. Ai nostri microfoni, Sara ci ha raccontato in che modo la giovane nuotatrice di Rio 2016 sia adesso più cosciente, più grande e consapevole dei propri mezzi per raggiungere un grande obiettivo: una finale a Tokyo 2020.

    Sara, come nasce l’amore per il nuoto?Fin da piccola ho sempre nuotato. Vivendo a Livorno, città di mare, i miei genitori volevano che io sapessi nuotare. Come la maggior parte delle bambine, da piccola praticavo anche danza, contemporaneamente al nuoto. Poi, in prima media, decisi di intraprendere la sola strada del nuoto per vari motivi: la scuola era diventata più impegnativa, a danza non eccellevo particolarmente e mi divertivo moltissimo in piscina con i miei compagni di nuoto.
    Come ti sei sentita ad essere la più giovane atleta della spedizione azzurra alle Olimpiadi brasiliane di Rio 2016?Rio 2016 è stato un sogno. Ero un po’ la “mascotte” della spedizione azzurra, essendo la più piccola atleta che l’Italia portava all’Olimpiade. È stata un’esperienza indimenticabile, perché l’Olimpiade, per me ma credo per ogni sportivo, è l’ambizione più grande da realizzare. Inoltre, ritrovarsi in un villaggio popolato da atleti provenienti dalle più varie discipline sportive e nazioni è surreale, un’atmosfera completamente diversa dal solito. Ero davvero piccola, non mi rendevo bene conto di dove mi trovassi. Rio è stata una parentesi davvero fantastica.
    Hai centrato la qualificazione per Tokyo 2020, nei 400 misti, con il tempo di 4’37”0, nella prima giornata degli Assoluti primaverili, nella «bolla acquatica» dello Stadio del Nuoto di Riccione. Cosa ti aspetti dalla prossima esperienza olimpica? Quale risultato ti auguri?Sicuramente, nella mia seconda e prossima Olimpiade, vivrò il tutto in maniera più concreta, sarò più protagonista. Non sono più la bambina di Rio, ma un’atleta di 22 anni che ha conquistato meritatamente questo pass olimpico. L’obiettivo è quello di dare il massimo. Ho tempo per prepararmi, dal momento che mi sono qualificata a marzo. Noi, come Nazionale, potevamo provare a rifare il tempo a giugno, al Settecolli, ma, avendolo fatto prima, ho il tempo di realizzare e prepararmi al meglio. Spero di dare il mio massimo e di arrivare in una finale a Tokyo 2020. Visto il tempo realizzato a marzo, non credo sia così impossibile. Vedremo cosa succederà.
    In cosa è cambiata Sara di Rio 2016 rispetto a Sara di Tokyo 2020?Sara di Rio 2016 era una bambina ancora incosciente, che aveva ottenuto dei buoni risultati nelle Nazionali Giovanili, ma che non era ancora entrata nel mondo dei grandi, dei professionisti. A partire dal 2018, dopo la maturità, ho iniziato a dedicarmi completamente al nuoto, allenandomi intensamente, mattina e pomeriggio. Avevo capito che in me c’era qualcosa, che potevo realizzare qualcosa di importante, così ci ho creduto, non ho mollato, neanche durante il difficile periodo della quarantena. Alle Olimpiadi di Tokyo 2020 parteciperà una Sara più grande, più consapevole e con la voglia di dare il proprio massimo. Mi sono tanto allenata per questo, e spero di riuscire nel mio obiettivo.
    In quale stile ti senti più forte?Gli stili in cui sono più forte sono sempre stati rana e dorso. Un nuotatore può diventare mistista perché i due stili principali, al centro della gara, sono quelli che poi ti permettono di fare risultato. Poi, delfino e stile libero sono quelli che, con gli anni e acquisendo più forza, ho perfezionato e migliorato, cimentandomi di conseguenza in tutti e quattro gli stili. Tuttavia, dorso e rana rimangono il mio pezzo forte.
    C’è un nuotatore o una nuotatrice fonte di ispirazione per te?Sicuramente Federica Pellegrini per la Nazionale Italiana. Ho avuto la possibilità di allenarmi con lei e, nonostante abbia 33 anni, Federica non molla mai un metro, è sempre lì a competere, a gareggiare anche in allenamento. Per questo, la ammiro molto, è un esempio da seguire.
    In che modo ti stai allenando attualmente? Hai già iniziato una preparazione particolare in vista di Tokyo 2020?Sì, l’ho già iniziata. Dopo gli Assoluti, sono stata ferma soltanto nei due giorni di Pasqua e Pasquetta, per poi subito ripartire con gli allenamenti. Le gare sono terminate sabato e già mercoledì siamo partiti e arrivati a Livigno per iniziare il collegiale in altura, che a noi nuotatori serve a riossigenare il sangue. Siamo ad alta quota, in montagna, e per due settimane e mezzo rimarrò qui. Dopodiché, a maggio parteciperò agli Europei di Budapest, e continuerò poi gli allenamenti a casa, nella vasca da 50 metri, in vista dell’Olimpiade che inizierà a fine luglio.
    Come ci si sente a rappresentare la propria nazione ad una competizione prestigiosa come le Olimpiadi?E’ veramente bellissimo. Noi della Nazionale Nuoto, poi, siamo un gruppo molto affiatato, unito, ci facciamo forza l’un l’altro anche in allenamento. Quando ho partecipato alle Universiadi nel 2019, a Napoli, gareggiare in Italia è stato veramente emozionante: avevi tutto il pubblico che tifava per te, un calore incredibile. Gli italiani, nonostante non potranno essere fisicamente presenti alle Olimpiadi quest’anno, faranno sicuramente un gran tifo da casa che arriverà e che sentiremo fino a Tokyo. LEGGI TUTTO

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    Andrea Vavassori a SuperNews: “Sinner mentalità fuori dal comune. Con la wild card, io e Sonego potremmo giocare a Roma”

    SuperNews ha intervistato Andrea Vavassori, tennista italiano classe 1995. Il doppista torinese ha raccontato ai nostri microfoni come sia nata la sua passione per il tennis, quali competizioni sta attualmente disputando e il suo rapporto con Sonego, compagno di doppio e grande amico anche fuori dal campo. Inoltre, Vavassori si è anche espresso sull’ottimo risultato raggiunto dal tennis italiano, ovvero la presenza nel ranking ATP di 10 azzurri nella top 100, sullo strepitoso cammino di Jannik Sinner nel Master 1000 di Miami e sui suoi obiettivi futuri.

    Andrea, come ti sei avvicinato al tennis?Mi sono avvicinato a questo sport quasi subito, perché mio padre è maestro di tennis. Ho iniziato il minitennis all’età di quattro anni. A casa dei miei nonni avevo un campo da tennis, e passavo i weekend lì, a giocare. Successivamente, all’età di sette anni, ho iniziato a frequentare il circolo tennis di Grugliasco, dove abitavo. Poi, a partire dai sedici anni, mi sono avvicinato all’attuale circolo in cui mi alleno, quello di Pinerolo.
    Oggi, giocherai il doppio con Sonego nel torneo ATP 250 di Cagliari contro la coppia n.1 del seeding Rojer-Melo. Su cosa dovete puntare per vincere?In realtà, sappiamo cosa fare contro qualsiasi coppia che affrontiamo. Io e Sonego abbiamo disputato ottimi match in questi ultimi mesi. Siamo una coppia molto affiatata, ci conosciamo ormai da tanti anni, siamo cresciuti insieme. Siamo amici anche fuori dal campo, questa cosa aiuta tanto durante il gioco. Inoltre, entrambi viviamo a Torino, ci siamo allenati tanto insieme e abbiamo anche giocato contro. A Dubai abbiamo quasi vinto contro la coppia numero 1 del mondo, e oggi sarà un’altra grande opportunità per crescere. Faremo del nostro meglio.
    Nel mese di febbraio hai esordito in Nazionale in ATP Cup in coppia con Bolelli contro Mahut e Roger-Vasselin. Che emozione è stata?E’ stata un’esperienza pazzesca: giocare una competizione del genere con giocatori come Berrettini, Fognini, Bolelli è stato bellissimo. Ero accompagnato da mio padre, quindi le emozioni erano ancora più amplificate. Rappresentare l’Italia è stata un’emozione speciale. Abbiamo ottenuto un buonissimo risultato: abbiamo raggiunto la finale nonostante ci fosse una squadra nuova. E’ stata una bella soddisfazione.
    La tua specialità è il doppio. Con quale dei tuoi compagni c’è più alchimia?Ultimamente ho giocato di più in doppio, dal momento che, anche a causa del Covid, in singolo ho avuto meno occasioni di giocare. Sonego è la persona con cui mi trovo meglio. Abbiamo delle caratteristiche che ci completano: lui gioca molto bene da fondo campo, risponde bene, entrambi abbiamo un servizio pesante, riusciamo ad essere molto incisivi nella fase di servizio. Inoltre, avendo io delle buone doti al volo, possiamo essere molto aggressivi.
    Jannik Sinner è stato il grande protagonista del Master 1000 di Miami. Quale sua caratteristica gli ha permesso di arrivare a disputare la finale contro Hurkacz?Jannik è uno dei giocatori più precoci. In questi due ultimi anni ha giocato benissimo. E’ impressionante come sia riuscito a bruciare le tappe: due anni fa era 500 del mondo e in due anni è riuscito a fare un salto di qualità incredibile. Il suo team sta lavorando benissimo, lo sta facendo crescere nella maniera migliore possibile. Era da tempo che Sinner giocava davvero bene, quindi un exploit del genere ce lo aspettavamo un po’ tutti. Aveva giocato benissimo anche al Roland Garros e in altri tornei. Penso che tutti si aspettino grandi cose da lui, e sono sicuro che Jannik riuscirà a confermare le aspettative, perché ha una mentalità fuori dal normale e un grande talento da fondo campo. Vedremo cosa ci aspetterà.
    Al momento, nel ranking ATP ci sono 10 azzurri nella top 100. Che risultato è per il tennis italiano?Se l’avessero preventivato tre o quattro anni fa, non se lo sarebbe aspettato nessuno. Ci sono state diverse combinazioni a favorire questo risultato: Fognini è nei primi 15 ormai da tanti anni, Cecchinato ha disputato la semifinale a Parigi, l’exploit di Berrettini, quindi tante componenti che hanno permesso ai più giovani di crederci davvero. Inoltre, quando si riesce a costruire un movimento che fa bene e ottiene risultati, anche i ragazzi più giovani pensano di potercela fare, e in questo processo un giocatore tira l’altro, quindi è una cosa molto positiva. In questo momento, avere 10 azzurri in top 100 è un risultato incredibile.
    Quali sono i tuoi obiettivi futuri?Spero di giocare in singolare il più possibile appena ci sarà occasione. In questo momento, ho dato priorità al doppio. Voglio crescere, alzare la mia classifica e giocare in tornei importanti. Se ci verrà data la wild card, come lo scorso anno, io e Sonego giocheremo probabilmente nel torneo di Roma e a Parigi. I miei obiettivi nel doppio sono molto ambizioni, quindi, in questi anni, farò del mio meglio per realizzarli. LEGGI TUTTO