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    Spagna: il Guaguas Las Palmas conquista la Coppa del Re

    Trionfa il Guaguas Las Palmas nella finale della Coppa del Re: la squadra delle Canarie si è imposta con un netto 3-0 (25-17, 25-17, 25-20) sull’Unicaja Costa Almeria davanti ai 4000 spettatori di Leganes, vincendo un trofeo che le mancava dal 2021. È l’ottava Coppa nella storia del Guaguas, la seconda dalla sua “rinascita” avvenuta nel 2020. La Coppa si è assegnata con la formula della Final Eight: in semifinale il Guaguas aveva superato per 3-1 il Cisneros Alter e l’Almeria aveva battuto con lo stesso punteggio il Conectabalear CV Manacor, che a sua volta aveva eliminato a sorpresa nei quarti il Rio Duero Soria.

    MVP della finale il palleggiatore del Guaguas, l’esperto Miguel Angel de Amo, bravissimo ad alternare i suoi attaccanti tra cui l’italiano Paolo Zonca, autore di 13 punti. Top scorer un’altra vecchia conoscenza del nostro volley come il brasiliano Walla Souza, con 15 punti, mentre l’argentino Nicolas Bruno ne ha messi a segno 10. Da giovedì il Guaguas sarà impegnato in uno storico quarto di finale di Champions League contro lo Ziraat Bank Ankara.

    (fonte: RFEVB) LEGGI TUTTO

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    Basket, Garbajosa esclusivo: dalla Spagna a Scariolo fino all’Nba

    Garbajosa, perché ha deciso di lasciare la federazione spagnola per Fiba Europe e quali sono gli obiettivi? «Se guarda la mia carriera da giocatore, ho sempre avuto rispetto per i contratti, però ho sempre ascoltato le mie sensazioni. Quando arrivi in un posto hai obiettivi, una volta che li hai raggiunti, o senti di non poterli raggiungere pur avendo dato tutto, è il momento di andare. In federazione spagnola ho vinto le elezioni 7 anni fa, in un momento molto difficile dal punto di vista sportivo ed economico. Grazie al lavoro di squadra con un’equipe di collaboratori, siamo giunti ai 100 anni della federazione, una grande festa, come primi nel ranking Fiba, primi in Europa a livello femminile. Ho sentito che era il momento perché avevo dato tutto. C’è una squadra che continuerà a lavorare. Io ho sempre avuto un buon feeling con Fiba, ogni volta che andavo a un Board riflettevo su come fare le cose. Ho pensato, ho parlato con mia moglie prima di fare questo passo in avanti. Vogliamo far crescere il basket in Europa. Come? Ci sono molti obiettivi per i prossimi 4 anni. Ho voglia, energia e dopo 7 anni in Spagna esperienza per aiutare».
    Tutti ammiriamo il sistema spagnolo, ma pochi o nessuno riesce a seguire l’esempio. Consigli? «È diverso lavorare in una federazione nazionale o internazionale. In Spagna avevamo un grosso problema, non c’era un programma sportivo per i settori giovanili. Con tantissimo aiuto da Sergio Scariolo e altri tecnici, abbiamo fatto un programma. All’inizio faticavamo però abbiamo avuto pazienza, fiducia nel lavoro dei professionisti con i ragazzini. Quello che ci ha portato al successo ed è mutuabile è stato lavorare insieme con gli allenatori, non solo delle squadre top, ma con i piccoli club. A prescindere dai risultati bisogna continuare a credere, senza cambiare, avere fiducia nel progetto e nelle persone. L’anno sorso abbiamo giocato tute le finali giovanili maschili e femminili salvo una. Dopo tanti anni di disaccordi e battaglie tra lega e federazione lavoriamo assieme, non solo con il management, ma con i club. I nostri tecnici, preparatori, fisioterapisti girano e si spiegano. Importante è mettere il giocatore e lo sviluppo al centro. In Europa ci sono 50 federazioni, ognuna deve trovare un progetto, qualunquei esso sia. Il mio ora è: spingere tanto il basket femminile, il 3×3, i paesi piccoli. Cominciamo a supportarli per 4 anni con milioni di euro perché i piccoli Paesi non hanno risorse tali per svilupparsi. I criteri devono essere molto chiari, come e dove spendere. Poi dobbiamo avere più donne manager, sviluppare qualità in ogni settore. Viaggerò un anno in tutta Europa, per spiegare, convincere, meglio: coinvolgere. Poi dovremo essere sufficientemente flessibili per cambiare se sarà opportuno».
    Ha fatto cenno a Scariolo, al centro del vostro progetto tecnico da anni. Lo avete tenuto anche part-time. Ci può spiegare il vostro rapporto? «Dovrei dire tante cose, le nostre vite si sono incrociate tante volte. La prima nel 1997 a Vitoria: due anni assieme in cui lui mi ha fatto capire cosa si deve fare per diventare un professionista vero. Mi ha dato l’indirizzo e questo mi ha aiutato tantissimo per il prosieguo della carriera, poi ci siamo ritrovati a Malaga, nel Khimki, anche in Nazionale. Infine, da presidente è diventato il mio allenatore. Sergio spinge tanto e mette pressione, ma sempre par far crescere l’organizzazione in cui lavora. Questo è molto importante. Il nostro rapporto è molto profondo, professionale e personale. Parliamo tanto e ci capiamo facilmente, anche con uno sguardo. Poi pensa basket 24 ore al giorno. Mi chiamava all’una di notte dal Canada per dirmi di aver trovato un ragazzo futuribile di 16 anni»
    L’importanza delle finestre per Fiba Europe e per le singole federazioni: la Spagna ha allargato il bacino di giocatori per la Nazionale. Ma non solo. «Ogni cambio di regole è difficile, ma bisogna adattarsi. Ci siamo detti di provare in due modi concreti a sfruttarle per crescere. E anche su questo Scariolo è stato decisivo. Prima per scegliere i 12 giocatori potevamo pescare tra 18-20. Oggi ce ne sono quasi 50. Nel 2017 abbiamo fatto un raduno nei pressi di Malaga con pochi giocatori che non erano mai stati in Nazionale. Nessuno capiva perché lo facessimo. Volevamo valutarli da vicino e far capire loro cosa significa indossare la maglia. Un’altra osservazione sbagliata era: “chi gioca le gare della Nazionale nelle finestre poi non gioca in estate quando conta”. Nel 2019 quando abbiamo vinto il Mondiale e c’erano tre giocatori provenienti dalle finestre, nell’oro di Eurobasket 2022 ben l’80% veniva dalle finestre. Per noi è stata un’opportunità incredibile di sviluppo dei giocatori. Poi c’è la promozione. La Nazionale gioca sempre nelle grandi arene delle città principali: le finestre ci hanno permesso di portarla in città non grandi, o non di basket. Per rendere popolare uno sport bisogna portare la Nazionale in giro, renderla accessibile. Vale anche per Fiba Europe e per Paesi che non avevano esperienza di organizzare ad alto livello. Parlo anche di ticketing, promozione, tv. Ora tutte le federazioni sanno come fare». Finalmente Fiba Europe e Euroleague dialogano. Voi avete cominciato togliendo una finestra, Euroleague ha scelto di non sovrapporre il calendario a quella rimasta. Un inizio. «È importante il primo passo. Come in una maratona bisogna cominciare. Per Fiba Europe è fondamentale non avere più sovrapposizione di partite. L’ultima volta c’era l’Italia che giocava e in contemporanea o quasi Milano-Bologna di Eurolega. Ma resta tantissimo da fare. Dobbiamo avere la voglia di riordinare il basket in Europa: non soltanto le finestre, ma anche i campionati nazionali, chi possa giocare, quante competizioni di club vogliamo in Europa: se 4 come oggi o meno. Abbiamo un anno o due per cercare di arrivare a un accordo, non sarà facile, ma essere seduti allo stesso tavolo e poter parlare spesso è fondamentale. Non so se arriveremo a un accordo però la comunicazione è molto intensa, stretta. Dobbiamo rimettere i giocatori al centro. Per esempio non possiamo permetterci che Rudy Fernandez che vuole giocare perché ama il basket giochi quasi 95 partite tra campionato, coppe, supercoppe e quant’altro. Dobbiamo salvaguardare la salute e non pensare che un protagonista possa esserci sempre o che sia al massimo. Significa anche salvaguardare lo show».
    Il futuro degli Europei? «Se parliamo di maschile, l’ultimo Europeo è stato il migliore tra quelli recenti per organizzazione e livello tecnico, atmosfera, intensità. Incredibile, Ora dobbiamo aiutare le federazioni che organizzeranno il prossimo a mantenere questo livello. Nel femminile, invece, abbiamo visto che il pubblico non è stato come vorrei. Dobbiamo pensare e trovare i motivi per cui non è stato così attrattivo. Cambiare per cambiare non serve, dobbiamo trovare la strada giusta. E sempre sul femminile dobbiamo pensare anche alle coppe. Col basket femminile abbiamo un’opportunità: sono stanco di sentire che dobbiamo aiutare giocatrici e club femminili. Dobbiamo dare loro valore. Ci sono state partite di altissimo livello. Se uno vede una partita, poi torna. Dobbiamo promuovere meglio, rendere più visibile. Partendo dai campionati Nazionali? A volte le cose crescono dal basso verso l’alto, a volte viceversa. Ci sono momenti in cui devi fare un grande sforzo promozionale per i grandi eventi. Allora il pubblico, i ragazzini e le ragazzine si interessano. L’anno scorso nella finale di Coppa della Regina c’erano 10mila persone. Giorni fa mi chiedevano se il successo giovanile in Spagna sia stato dettato dai club o dalla Federazione. Domanda senza senso perché il basket è uno. E c’è una sola squadra». LEGGI TUTTO

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    F1 GP Spagna 2023, diretta qualifiche: dove vederle in tv

    BARCELLONA – Scattano le qualifiche del Gran Premio di Spagna, ottavoappuntamento stagionale del mondiale Formula 1. Dopo il weekend a Monaco, i piloti si daranno battaglia per la pole position sul circuito di Barcellona. La terza sessione di prove libere del GP è in programma sabato 3 giugno alle ore 12:30, mentre le qualifiche prenderanno il via alle ore 16:00. Entrambe le sessioni saranno trasmesse in diretta su Sky Sport F1 (canale 207), oltre che in chiaro su TV8 e in streaming su Sky Go e NOW. LEGGI TUTTO

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    MotoGP, la classifica aggiornata dopo la gara del GP di Spagna

    JEREZ – Francesco Bagnaia si riprende la testa della classifica piloti di MotoGP dopo il Gran Premio di Spagna. Il campione del mondo della Ducati vince e convince in quel di Jerez, battendo l’ostica resistenza delle KTM, tornando sul gradino più alto del podio dopo due cadute consecutive, e andando a scavalcare in classifica Marc Bezzecchi, finito a terra nella gara odierna.   LEGGI TUTTO

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    MotoGP, diretta gara GP Spagna 2023: orario e dove vederla in tv

    JEREZ – Sul circuito di Jerez è il momento della gara del Gran Premio di Spagna, valevole come quarto round stagionale della MotoGP. A scattare dalla prima casella sarà Aleix Espargaro, in cerca di riscatto dopo una Sprint negativa, terminata con una caduta. Insegue un risultato importante anche Francesco Bagnaia, reduce da due cadute consecutive. La gara sarà trasmessa dalle ore 15 in diretta tv sui canali di Sky Sport dedicati alla MotoGP (canale 208), in streaming sul NOW e su Sky Go, oltre che in chiaro su TV8. LEGGI TUTTO

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    MotoGP Spagna: Binder vince la Sprint a Jerez, secondo Bagnaia

    JEREZ – E’ Brad Binder a conquistare la Sprint nel Gran Premio di Spagna, valevole per la quarta tappa del Mondiale 2023 di MotoGP. Il sudafricano trionfa sul circuito di Jerez nella mini-gara del sabato, precedendo la Ducati di Pecco Bagnaia e l’altra KTM di Jack Miller, che perde il comando solo alle battute finali. Ai piedi del podio c’è Jorge Martin, che manca la top 3 per un soffio e si mette davanti a Miguel Oliveira e Dani Pedrosa, ancora super in un weekend che lo vede presente solo come wild card. LEGGI TUTTO

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    MotoGP Spagna: Espargaro in pole a Jerez, quinto Bagnaia

    JEREZ – E’ Aleix Espargaro a prendersi la pole position nel Gran Premio di Spagna, valevole per la quarta tappa del Mondiale 2023 di MotoGP. Il pilota dell’Aprilia, con il tempo di 1:37.216, partirà davanti a tutti nella Sprint di sabato e nella gara di domenica. In prima fila ci saranno anche la KTM di Jack Miller e la Ducati Pramac di Jorge Martin. Una KTM anche da aprire la seconda fila, con Brad Binder appena davanti a Pecco Bagnaia e Dani Pedrosa, tornato in pista grazie a una wild card nel wekeend di Jerez. Miguel Oliveira partirà dalla settima casella, davanti a Johann Zarco e Luca Marini, mentre a chiudere la top ten del Q2 c’è Maverick Vinales. Marco Bezzecchi, leader della classifica piloti, partirà invece tredicesimo. LEGGI TUTTO

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    Scariolo esclusivo: “Numeri 1 ma nel momento del ricambio generazionale”

    Scariolo, le sensazioni sue e della Spagna al sorteggio?
    «Pensare di essere n. 1 del ranking mondiale, oro mondiale ed europeo fa un po’ sorridere, perché sappiamo benissimo di non essere né i migliori del mondo, né d’Europa. Però abbiamo meritato per il cammino, superando squadre più forti, giocando molto bene. In questo momento noi siamo in un evidente ricambio generazionale, dobbiamo traghettare verso la nuova generazione dei nati intorno al 2005/2006 che promette di essere grandissima. Però siamo nel mezzo. Stiamo lanciando giocatori nuovi, e quanto fatto ci dà ancora più fiducia e coraggio. Ma ci sono almeno 3-4 squadre più forti in Europa».

    Intanto avete lanciato giocatori con esperienze nelle coppe, ma non ritenuti fenomeni. Eppure avete vinto.
    «Sono frutti del grande lavoro che ormai da 8 anni almeno stiamo facendo per far crescere giocatori con coesione e compattezza di valori, metodologia tecnica e tattica fin dalle giovanili. Questo permette loro di inserirsi con maggiore facilità a un livello più alto e sofisticato, lavorando in linea con quello che fanno da diversi anni. Questa grande capacità di trasformare i valori individuali in valore collettivo è il punto fondante».

    Perché agli altri non riesce?
    «Non sono indicato a rispondere perché non ho conoscenza dettagliata degli altri. Posso però dire che a volte sorrido quando spieghiamo il nostro sistema e chi ha posto domande risponde subito: “ma quello noi non possiamo farlo”. Un grande cammino è fatto di piccoli passi tra i quali il primo è imprescindibile. Mi viene in mente il Topolino quand’ero bambino: zio Paperone faceva lustrare tutte le monete a Paperino e gli regalava un dollaro che il nipote buttava. Al che Paperone gli ricordava che il deposito era partito da 1 cent».

    Ai Mondiali avrete Lorenzo Brown?
    «Sì, è stato felicissimo e non smette di ringraziarci, quando un po’ di gratitudine la dovremmo a lui, soprattutto per l’atteggiamento. La Nazionale dà un tipo di gratificazione diverso anche a chi è stato Nba ed è considerato tra i più forti del ruolo in Eurolega. Anche se non è nato nel Paese di cui difende la maglia. Nemmeno io sono spagnolo, però è una grande emozione, perché so quanta gente e lavoro stiano dietro. E ciò mi dà più allegria è quando in giro mi ringraziano. Ho la sensazione che non solo si tratta di vincere medaglie o coppe, ma di trasmettere qualcosa a chi magari il giorno dopo va in fabbrica o in ufficio con il sorriso. Non è retorica, ce lo dicono».

    All’Olimpiade tutti i fenomeni vogliono partecipare. Al Mondiale si aspetta più defezioni?
    «Io credo che anche al Mondiale i giocatori abbiano l’idea di andare. Non mi aspetto tante defezioni che non ci sarebbero ai Giochi. La variabile è legata alle condizioni fisiche. Poi la dedizione in qualche Paese è stata sviluppata meglio che in altri. Ma è sempre stato così».

    Mondiale nelle Filippine: ci sta, vista la passione. Ma nel 2027 in Qatar. Che ne pensa?
    «Che la globalizzazione lo richiede. Del resto delle ultime 4 Olimpiadi, due sono state in Asia. Il Qatar ha dimostrato di avere organizzazione con il calcio. E nelle Filippine mi aspetto grandissimo entusiasmo. Io ho fatto un’Olimpiade  e un Mondiale in Oriente ed è stata una bella esperienza».

    Campione Nba da assistente a Toronto, è tornato in Eurolega con la Virtus. Si gioca troppo, è un fatto. Ma differenze reali nei calendari?
    «Ce ne sono un paio evidenti: la prima è che nella Nba si gioca di più rispetto all’Eurolega. Le squadre hanno pure il campionato nazionale, ma non tutte le gare sono di uguale valore. In Eurolega invece tutte le partite pesano molto. Nella Nba no, perché i back to back, le franchigie in ricostruzione, le partite in cui restano fuori titolari, tutto questo crea una quota di partite meno impegnative. Eppoi l’Eurolega ha un livello di tolleranza dei contatti più alto. Nella Nba la grande priorità è proteggere i giocatori di talento da infortuni e azioni violente, non si lascia troppo spago alla difesa. Gli arbitri hanno l’input chiaro. Qui l’asticella è più alta, certe azioni sono tollerate, la fisicità è molto forte. Noi europei siamo più abituati, non avvertiamo la mancanza degli spazi di cui godono i giocatori Nba. Ma è chiaro che questo incida».

    Cosa ha pensato ascoltando Giannis Antetokounmpo opporsi all’idea del fallimento sportivo?
    «Mi dà pena che ci siano stati commenti del tipo “però guadagna milioni”. Sono parole ignoranti, di gente che ignora quale di competitor sia lui e quale dedizione e leadership metta. A partire dalla scelta di rimanere a Milwaukee e non andare in un mercato più ricco. È il frutto della subcultura che regna in molte fasce della popolazione e dell’informazione, soprattutto nel sud Europa e che ormai siamo aiutati a razionalizzare, quando invece dovremmo restarne fuori. La cultura sportiva di un Paese non si cambia da oggi a domani o perché due sanno parlare, comincia dal far crescere i bambini in maniera sana, anche nello sport».

    Un commento sulla rissa di Eurolega tra Real e Partizan.
    «Credo che occorra distinguere un po’ tra la reazione di Punter su un fallo duro, ma entro i limiti del botta e risposta campo. Mi spiego: Punter provoca con i palleggini e tutti sanno che dia fastidio a risultato acquisito, Llull risponde come non dovrebbe. Però mi piace si siano spiegati con messaggi social distensivi. Quanto è successo dopo è inqualificabile. Ci sono tensioni molto grosse, è qualunquistico dire che se uno guadagna dovrebbe sapersi comportare, salute e condizione mentale non dipendono da quello, lo dimostra che ci siano miliardari in depressione, o uomini molti ricchi che si sono suicidati. Chiaro, i campioni devono imparare a essere responsabili per il ruolo pubblico. Altrettanto chiaro che un’azione come quella di Yabusele a livello inferiore di Lessort non possono essere giustificate, neanche se si gioca in promozione».

    Chiudiamo con la Virtus. A che punto siete? E cercherete un lungo?
    «Il problema sotto canestro rimarrà, non sarà incorporato nessun giocatore in maniera definitiva. Io penso ci sia una generale soddisfazione, siamo in Italia la squadra n. 2, abbiamo fatto 3 competizioni: primi in Supecoppa, secondi in Coppa italia e nel peggiore dei casi in A finiremo nella nostra posizione di riferimento. In Europa, sommando lo scotto del debutto e la falcidia degli infortuni che ha avuto uguali solo in Milano, siamo rimasti in gioco fino a 3-4 giornate dalla fine nell’Eurolega più competitiva ed equilibrata di sempre. In campionato vorremmo mantenere il 1° posto, garantisce un fattore campo che magari per una volta può contare e qualifica il lavoro di 7 mesi. Poi nei playoff si tratta di fare bene per un mese. E lì vorremo giocarcela fino in fondo». LEGGI TUTTO